Traduzione in lingua italiana autorizzata dalla Società Americana di Terapia Intensiva SCCM
| Parte 1 | Parte 2 | Tabelle e Appendice |
Practice parameters for evaluating new fever in critically ill adult patients 
(Part 1)

Indicazioni pratiche per la valutazione di una nuova febbre nel paziente critico adulto
(Parte 1)

Naomi P. O'Grady, MD; Philip S. Barie, MD, FCCM; John Bartlett, MD; Thomas Bleck, MD, FCCM; Glenda Garvey, MD; Judith Jacobi, PharmD, FCCM; Peter Linden, MD; Dennis G. Maki, MD; Myung Nam, MD; William Pasculle, ScD; Michael D. Pasquale, MD; Debra L. Tribett, RN, MS; Henry Masur, MD

 
Obiettivo: Sviluppo di indicazioni pratiche per la valutazione di pazienti adulti che sviluppano un nuovo processo febbrile in una unità di terapia intensiva (ICU), con lo scopo di guidare la pratica clinica.
Partecipanti: Un gruppo di studio di 13 esperti nelle discipline correlate alla medicina intensiva, alle malattie infettive e alla chirurgia è stato riunito dalla Society of Critical Care Medicine e dalla Infectious Disease Society of America.
Evidenza: I membri del gruppo di studio hanno fornito la loro personale esperienza e scelto la letteratura pubblicata articoli su (MEDLINE, libri di testo, etc.) da cui è stato raggiunto un consenso tecnico. La letteratura pubblicata è stata rivista e classificata in una delle quattro categorie, secondo il disegno dello studio e il valore scientifico.
Consenso: Il gruppo di studio si è riunito diverse diverse volte e due volte al mese si è incontrato in teleconferenze per un periodo di un anno per identificare la letteratura pertinente e raggiungere delle raccomandazioni di consenso. E' stata sottolineata la relazione tra peso dell'evidenza scientifica e l'opinione degli esperti. Sono state preparate delle bozze dei documenti e poi dibattute dal gruppo di studio fino a raggiungere il consenso attraverso la procedura del gruppo nominale.
Conclusioni: la commissione di studio ha concluso che, poiché la febbre può avere diverse eziologie infettive e non infettive, una febbre di nuova insorgenza in un paziente in ICU dovrebbe innescare un'attenta valutazione clinica piuttosto che ingenerare automatiche disposizioni per eseguire esami di laboratorio e indagini radiologiche. Un approccio cosciente dei costi nell'ottenere esami colturali e diagnostica per immagini dovrebbe essere intrapreso solo se indicato dopo valutazione clinica. L'obiettivo di un tale approccioè di determinare in maniera diretta se è presente o meno un'infezione, così da evitare ulteriori esami e intraprendere opportune opzioni terapeutiche. (Crit Care Med 1998; 26:392–408)
Parole chiave: febbre, unità di terapia intensiva, malattia critica, colture ematiche, infezione da catetere, polmonite, colite, sinusite, infezione di ferita, infezione nosocomiale.
 

In alcune terapie intensive (ICUs), il riscontro di una ipertermia di nuova insorgenza innesca una procedura automatica che include diversi esami che spesso sprecano tempo, sono costosi e dispersivi. (Tabella 1). Inoltre, il paziente può sperimentare sofferenza, essere esposto a radiazioni non necessarie o essere soggetto a considerevoli perdite ematiche a causa di questi prelievi, che spesso vengono ripetuti varie volte entro le 24 ore, e poi giornalmente. In un'epoca in cui l'utilizzazione delle risorse sanitarie è sotto stretto controllo, è appropriato decidere come tali febbri debbano essere valutate in maniera prudente ed efficace sotto il profilo dei costi.

L'American College of Critical Care Medicine della Society of Critical Care Medicine e la Infectious Disease Society of America hanno convenuto  un gruppo di studio per fornire delle indicazioni pratiche per la valutazione di una febbre di nuova insorgenza nei pazienti in terapia intensiva, con lo scopo di promuovere un utilizzo razionale delle risorse e un valutazione efficace dell'evento. Queste indicazioni pratiche presumono che che ogni aumento inspiegato della temperatura corporea merita una valutazione clinica da parte degli operatori sanitari che include una revisione della storia del paziente e un esame obiettivo mirato prima di prescrivere qualsiasi esame di laboratorio o indagine diagnostica per immagini.

Queste indicazioni pratiche mirano specificamente a come valutare una nuova febbre in un paziente adulto già degente in ICU che precedentemente è stato apirettico e in cui la causa della febbre non è inizialmente chiara. Se la valutazione iniziale della storia e l'esame obiettivo rilevano un polmone consolidato, una ferita infetta, o una gamba flebitica, la diagnosi e la terapia dovrebbero cominciare da quel processo infettivo: tale gestione è indirizzata da altre indicazioni pratiche specificamente mirate alla polmonite, alle infezioni da catetere, etc. Le questioni specifiche poste da queste indicazioni pratiche mirano alla ricerca della causa scatenante la nuova febbre e includono: a) Quale temperatura dovrebbe indurre una valutazione ? b) Quando sono giustificate le emocolture ? c) Quando i cateterri intravascolari dovrebbero essere coltivati o rimossi ? d) Quando sono giustificate le culture delle secrezioni respiratorie, dell'urina, delle feci, del liquor ? e) Quando sono giustificate le indagini radiologiche ? 

Queste indicazioni pratiche non si riferiscono ai bambini, poiché i bambini hanno problemi diversi che meritano una discussione in un altro documento. Inoltre queste indicazioni pratiche non si riferiscono a un approccio a una febbre persistente dopo la valutazione iniziale  o a un'infezione localizzata, una volta che è stata identificata la sede anatomica. Questi problemi sono discussi in altre monografie o indicazioni pratiche. Il presente documento inoltre non indica quale terapia è desiderabile nè se orientarsi per una terapia empirica contro una specifica poiché le necessità terapeutiche sono dipendenti dalla valutazione clinica e dalla malattia sottostante. Non è sembrato a questo gruppo di studio che potessero essere facilmente fornite utili linee guida che tenessero conto della acuzie della malattia, del processo patologico causale, delle terapie concomitanti (per esempio, farmaci immunosoppressori, e antiinfettivi) della tossicità e della differente suscettibilità geografica agli antibiotici.

Ogni ICU deve stabilire le proprie regole per valutare un processo febbrile, che tengano conto del tipo di ICU (es. medica, chirurgica, per ustionati), della specifica popolazione di pazienti (es. pazienti immunosoppressi a fronte di immunocompetenti, pazienti anziani contro pazienti giovani), recenti epidemie (esplosioni di diarrea da Clostridium difficile o da Enterococcus vancomicina-resistente), o da patogeni endemici (es. Staphylococcus aureus meticillina-resistente). Si spera che queste indicazioni pratiche assistano gli intensivisti e i responsabili medici come punto di partenza per sviluppare un approccio efficace e cosciente dei costi, appropriato per la loro popolazione di pazienti. Le raccomandazioni specifiche sono definite in base alla forza dell'evidenza, usando i criteri pubblicati dalla Società Americana di Terapia Intensiva (Tabella 2).

INIZIARE A VALUTARE UNA FEBBRE: MISURARE LA TEMPERATURA CORPOREA E DEFINIRE LA FEBBRE COME SOGLIA PER GLI SFORZI DIAGNOSTICI

Definizione di Febbre
La definizione di febbre è arbitraria e dipende dallo scopo per cui è definita. Parte della letteratura definisce la febbre come una temperatura centrale >38.0°C (100.4°F) (1, 2), mentre per altri si definisce febbre due innalzamenti consecutivi della temperatura >38.3°C (101°F). Data la considerevole variabilità della "temperatura  normale" in una popolazione di soggetti adulti sani, e poiché il sito e il metodo di misurazione può influenzare il valore misurato, sono accettabili diverse definizioni arbitrarie di febbre in rapporto a quanto si preferisca sensibile l'indicatore di anormalità termica da utilizzare in ICU. Più bassa è la temperatura prescelta per definire la febbre, più sensibile risulta come indicatore per scoprire un processo infettivo, ma allostesso tempo risulterà il meno specifico, infatti un maggior numero di pazienti dovranno essere studiat per individuare una vera malattia infettiva.

La temperatura corporea normale è generalmente considerata a 37.0°C (98.6°F). Negli individui sani, questa temperatura varia da 0.5° a 1.0°C, in rapporto al ritmo circadiano e al ciclo mestruale (3). Sotto sforzo intenso, la temperatura può aumentare di 2° - 3°C. Se molti processi biologici possono alterare la temperatura corporea, anche diversi fattori ambientali in una ICU possono alterare la temperatura, come particolari materassi, lampade, aria condizionata, bypass cardiopolmonare, lavaggio peritoneale, dialisi ed emofiltrazione continua. I meccanismi termoregoaltori possono alterarsi anche per l'effeto di farmaci (es. antipiretici o immunosoppressori) o per danno al sistema nervoso centrale o neurovegetativo. Perciò è spesso difficile determinare se una temperatura anormale è dovuta a un processo fisiologico, a un farmaco o aun fattore ambientale.

Un'ampia varietà di processi biologici, alcuni infettivi e molti non infettivi, possono causare aumento della temperatura. Alcune delle eziologie non infettive possono mettere in pericolo la vita come le infezioni, per es. l'insufficienza surrenalica, le crisi tireotossiche, l'ipertermia maligna o l'ictus cerebrale. Perciò l'infezione non è il solo tipo di processo che provocando aumento della temperatura necessita un'immediata attenzione. Per contro in alcuni gruppi di pazienti in ICU, come alcuni postoperati, o pazienti con certe patologie neurologiche, o pazienti affetti da particolari malattie, un aumento della temperatura è così prevedibile che che tali ipertermie non dovrebbero necessariamente innescare esami di laboratorio e radiologici mirati alla ricerca di un'infezione a meno che segni e sintomi specifici non suggeriscano che la causa della febbre sia diversa da quella prevista. Questa situazione chiaramente richiede un'attenta valutazione del paziente, esperienza con una data popolazione di pazienti e acume clinico.

Per contro, un sostanzioso gruppo di pazienti infetti possono essere non febbrili: tali pazienti possono essere eutermici o ipotermici. Questi pazienti comprendono gli anziani, i pazienti con ferite addominali aperte, i pazienti con vaste ustioni, i pazienti a ossigenazione a membrana extracorporea, i pazienti che prendono farmaci antiinfiammatori o antipiretici. Un paziente ipotermico può essere affetto da un'infezione pericolosa per la vita. Altri segni e sintomi, come ipotensione altrimenti inspiegabili, tachicardia, tachipnea, confusione,  rigor, lesioni cutanee, manifestazioni respiratorie, oliguria, acidosi lattica, leucocitosi, leucopenia, o trombocitopenia può opportunamente obbligare a una ricerca estensiva per infezione e a una terapia empirica immediata e aggressiva.

In generale è ragionevole in molte ICUs considerare febbrile un soggetto con una temperatura >38.3°C (>101°F) e porre particolare attenzione per determinare se è in atto un'infezione. Una gestione efficace ma sensibile ai costi dei pazienti in una ICU obbliga a considerare l'infezione indipendentemente dalla temperatura, mentre le indagini di laboratorio per individuare l'infezione dovrebbero essere intraprese nel paziente febbrile solo se il giudizio clinico indica una ragionevole possibilità che l'infezione sia presente.

Sedi e Tecnologie per la Misurazione della Temperatura
La temperatura corporea tradizionalmente è stata misurata per via orale, rettale, a livello centrale (a mezzo di termistori intravascolari), e a livello ascellare. In una ICU, la misurazione della temperatura a livello ascellare dovrebbe essere scoraggiata a causa della inaffidabile correlazione con la temperatura centrale e della ridotta riproducibilità (4–6).

Il sistema ideale per la misurazione della temperatura dovrebbe offrire affidabilità con valori sicuramente e confortevolmente riproducibili. Ogni strumento deve essere calibrato appropriatamente e periodicamente controllato secondo le raccomandazioni del costruttore.

Molte fonti autorevoli considerano il termistore di un catetere in arteria polmonare come lo standard di misurazione della temperatura centrale in comparazione agli altri strumenti di misurazione (4–9). Non tutti i pazienti hanno questo termistore in situ. Anche quando disponibili, questi termistori non sono tutti uguali per efficienza tecnica. Le letture dei cateteri ben funzionanti possono essere alterate dalle infusioni di grossi volumi di liquidi dalla via per l'atrio destro. I termistori dei cateteri vescicali forniscono  essenzialmente letture identiche ai termistori dei siti intravascolari, ma raramente sono usati in molte ICUs (4, 5, 8).

La temperatura rettale ottenuta con un termometro a mercurio o con una sonda elettronica (intermittente o continua) sono strumenti di misurazione tradizionale. Le letture dalla sede rettale sono spesso di qualche decimo di grado più alte della temperatura centrale (4, 6, 9, 10). La misurazione della temperatura rettale è spesso percepita dal paziente come spiacevole e invasiva. L'accesso al retto può essere limitata dalla posizione del paziente. inoltre vi è un piccolo rischio di trauma o di perforazione rettale che costituisce particolare problema nei pazienti neutropenici, coagulopatici, o che hanno subito recente chirurgia rettale. Le misurazioni della temperatura rettale sono anche implicate nella diffusione di patogeni enterici come il Clostridium difficile, o Enterococcus  vancomicina-resistente per via nosocomiale attraverso le sonde o gli operatori sanitari (11, 12).

La misurazione della temperatura orale è sicura, conveniente e familiare per i pazienti svegli e collaboranti.
La respirazione attraverso la bocca, i gas riscaldati e i liquidi caldi o freddi possono alterarne la lettura. (5, 13). Le sonde orali possono danneggiare la mucosa orale, specialmente nei pazienti con mucosa anormale per trauma, danno termico, infezione, chirurgia, cancro o farmaci citotossici. Nei pazienti critici, spesso la temperatura orale non è pratica a causa dell'intubazione o della incapacità del paziente a  collaborare.

La temperatura della membrana timpanica si creda rifletta la temperatura dell'ipotalamo e perciò la temperatura corporea centrale. La misurazione diretta della temperatura della membrana timpanica richiede una sonda elettronica, e si porta dietro il rischio di trauma per il timpano. E' anche disponibile un termometro auricolare infrarosso per misurare l'energia radiante della membrana timpanica e del canale auricolare attraverso una sonda otoscopia. Questi dispositivi non sono accurati se c'è una infiammazione del condotto uditivo o della membrana timpanica, o se c'è ostruzione del canale uditivo esterno. La membrane timpanica e i dispositivi infrarossi non sono sempre ben correlati con gli altri sistemi di misurazione (4–8), cosa che può essere dovuta a una scarsa manutenzione o calibrazione.

RACCOMANDAZIONI
1. La temperatura più accuratamente misurata è quella che si ottiene con un termistore intravascolare o vescicale, tuttavia misurazioni a mezzo di sonda elettronica posta nel cavo orale, nel retto, nel canale uditivo esterno sono accettabili. Le misurazioni per via ascellare non dovrebbero essere usate (Livello 2).

2. Qualsiasi dispositivo usato deve essere mantenuto e calibrato appropriatamente, utilizzando le linee guida della casa produttrice (Livello 2).

3. Qualsiasi dispositivo usato per misurare la temperatura deve essere utilizzato in modo da non facilitare la diffusione nosocomiale di patogeni tramite lo strumentario o l'operatore (Livello 1).

4. La temperatura e la sede di misurazione della temperatura dovrebbero essere annotate sulla cartella (Livello 1).

5. Un nuovo innalzamento della temperatura >38.3°C è un ragionevole allarme per una valutazione clinica, ma non necessariamente per uno studio infettivologico di laboratorio o radiologico (Livello 3).

6. Le unità di terapia intensiva potrebbero ridurre i costi operativi in molte circostanze eliminando indagini di laboratorio e radiologiche in automatico per i pazienti con incrementi termici di nuova insorgenza (Livello 2). Peraltro, questi esami dovrebbero essere prescritti sulla base del giudizio clinico. Al contrario, uno studio infettivologico clinico e di laboratorio può essere appropriata in un paziente eutermico o ipotermico sulla base della situazione clinica.

COLTURE EMATICHE
Poichè l'informazione fornita da un'emocoltura positiva può avere tanta importanza prognostica e implicazioni terapeutiche, le emocolture dovrebbero essere ottenute nei pazienti con una nuova febbre quando la valutazione clinica non suggerisce fortemente una causa non infettiva.

Preparazione della cute
Il sito della venipuntura dovrebbe essere disinfettato con povidone iodato al 10% o con tintura di iodio al 1% - 2%. L'accesso  al dispositivo intravascolare e al tappo del flacone per l'emocoltura andrebbero disinfettati con alcol al 70% (14, 15). Il BACTEC® (Becton-Dickinson, Sparks, MD) e altri flaconi radiometrici non dovrebbero essere tamponati con antisettici iodati poichè queste soluzioni possono degradare i tappi. Dovrebbero comunque essere disinfettati con alcol al 70%.

I disinfettanti iodati devono asciugare per fornire la massima attività antisettica, e quindi minimizzare il il rischio di contaminazione. Dovrebbero essere rimossi dalla cute con alcol dopo il completamento della coltura per ridurre possibili irritazioni cutanee. Se il paziente è ipersensibile allo iodio, una adeguata disinfezione viene fornita da due applicazioni di alcol al 70%.

Quando si deve inoculare il sangue nel terreno di coltura o in un contenitore di trasporto, non è necessario sostituire l'ago usato per la venipuntura con un ago sterile. Il rischio di danno dell'ago durante le sostituzioni degli aghi si ritiene superi il rischio di contaminazione (16).

Volume di sangue e sistema di raccolta
Si definisce emocoltura prelevato in un dato momento e in una data sede, indipendentemente da quanti flaconi o contenitori il laboratorio richieda da riempire. Molti laboratori utilizzano un sistema di inoculo con rapporto di 1 mL di sangue per 5 mL di terreno di coltura. of media. Questa proporzione spesso esita in 5 mL di sangue iniettati in due o tre flaconi o provette per le colture di culture, usando differenti terreni per massimizzare la crescita di batteri aerobi e anaerobi e di Candida (
Tabella 3). La sensibilità dell'emocoltura è correlata a diversi fattori, di cui il più importante è il volume di sangue prelevato (15, 17–21). Quando possibile almeno 10 - 15 mL di sangue devono essere prelevati per ogni emocoltura.

Diversi sistemi di coltura danno risultati eccellenti (Tabella 3). I diversi laboratori decidono per la routine ottimale per loro in considerazione dei fondi disponibili, della forza lavoro, e della popolazione di pazienti. Flaconi speciali possono essere utilizzati in particolari circostanze. L'utilità dei sistemi per la rimozione antibiotica nelle emocolture è controversa, sebbene alcuni laboratori la usino routinariamente. Alcuni studi evidenziano che in comparazione con i sistemi di coltura convenzionali, i sistemi di rimozione possono aumentare il recupero di cocci aerobi, sia che il paziente riceva sia che non riceva antibiotici (22). Questi stessi sistemi non aumentano consistentemente il ritrovamento di bacilli bacilli. In considerazione delle variabili esperienze in rapporto al beneficio, e in considerazione del costo aggiuntivo sostanziale, il loro uso è considerato opzionale. 

In generale, i sistemi di campionamento pediatrico non dovrebbero essere usati per gli adulti: il prelievo di sangue di volume minore diminuirà la crescita di patogeni per gli adulti (18). Quando si verifica una batteriemia nei bambini, concentrazioni di germi è spesso considerevolemte maggiore che negli adulti. Quindi, i sistemi di campionamento pediatrico usualmente forniscono una crescita accettabile per i bambini ma non per gli adulti, a prescindere dalle dimensioni corporee degli adulti. Se comunque è impossibile ottenere il minimo volume di sangue richiesto per i sistemi di campionamento per adulti, e si prelevano <5 mL di sangue, è accettabile usare flaconi pediatrici, cosicché la percentuale di sangue nel terreno sia nelle condizioni ottimali per la crescita dei microrganismi. 

Colture di sangue per patogeni insoliti
In particolari gruppi di pazienti o in particolari aree geografiche, può essere opportuno per la valutazione di un processo febbrile eseguire altre colture oltre quelle di routine per gli aerobi e per gli anaerobi facoltativi. Molto spesso questo patogeni sono ritrovati in pazienti affetti da particolari malattie (per es. riceventi di trapianto allogenico o pazienti neoplastici con neutropenia protratta) o sono ritrovati a causa di esposizioni inusuali (per es. Francisella, Bartonella, o Histoplasma). In queste situazioni è opportuno comunicare con il laboratorio di microbiologia per stabilire se sono necessari diversi sistemi di coltura oltre ai sistemi di routine o se è utile preventivare tempi più lunghi di incubazione per le colture. 

Numero di colture e siti
Durante le prime 24 ore dopo l'inizio del nuovo processo febbrile non sono necessarie più di 3 emocolture (10 - 15 mL per ciascuna), e inoltre in molte situazioni 2 emocolture sono sufficienti (16). Ogni emocoltura dovrebbe essere prelevata con venipunture diverse (23, 24). Non c'è evidenza che i campioni per coltura prelevati da un'arteria siano differenti da quelli venosi eccetto in particolari situazioni caratterizzate da infezioni arteriose. Prelevare due colture da siti diversi di venipuntura a 10 minuti dall'inizio della febbre è una logica strategia per aiutare a discriminare se il germe ritrovato nel sangue rappresenti un vero patogeno (entrambe le colture sono spesso positive), o un germe contaminante (una coltura è positiva mentre l'altra è negativa). Purtroppo queste distinzioni non possono essere fatte in modo inequivocabile perché le batteriemie vere possono essere intermittenti (22). Emocolture separate a intervalli di 10 minuti, raccomandazione logica ma non sostanzialmente raccomandata, non devono procrastinare la terapia nel paziente critico. Può essere opportuno accorciare questo intervallo di tempo nei pazienti più gravi.

Se la venipuntura è difficile da effettuare e si dispone di un accesso vascolare già in situ, la seconda coltura può essere prelevata dall'accesso vascolare al momento del prelievo per venipuntura. Nella maggior parte dei casi, quando sussiste una vera batteriemia o fungemia, le due colture (quella dalla venipuntura e quella dall'accesso vascolare), daranno crescite identiche (25). Nella maggior parte dei risultati discordanti, la coltura prelevata dall'accesso vascolare sarà positiva mentre la coltura per venipuntura sarà negativa; in tali casi il microrganismo è più probabilmente un contaminante che un vero patogeno, ma anche in questo caso è necessario il giudizio clinico piuttosto che specifici criteri per interpretare il significato dei risultati discordanti (23, 26).

Non ci sono dati che supportano la validità di effettuare prelievi da ogni accesso dei cateteri a lume multiplo. Il buon senso deve guidare nella scelta del sito di prelievo, sia riguardo al catetere da usare sia riguardo al lume; è logico prelevare la coltura dal catetere inserito più recentemente, per ridurre il rischio di contaminazione con microrganismi che colonizzano i dispositivi vascolari. 

Etichettatura
Le emocolture devono essere chiaramente etichettate per ora, data e sede anatomica o lume del catetere del prelievo, e con altre indicazioni opportune. Queste etichettature sono molto utili per interpretare il significato dei risultati. 

RACCOMANDAZIONI
1. Eseguire un paio di emocolture dopo l'iniziale aumento termico. Eseguire un secondo paio di emocolture entro le prime 24 ore. Altre emocolture vanno eseguite quando il sospetto di batteriemia o di fungemia è alto.
2. Per i pazienti senza catetere vascolare in situ, eseguire due emocolture da vene periferiche con venipunture separate dopo appropriate disinfezione della cute (Livello 2).
3. Per la preparazione della cute lo iodio povidone va fatto asciugare per 2 minuti e la tintura di iodio per 30 secondi. L'alcol, accettabile alternativa per i pazienti allergici allo iodio, necessita di un tempo minimo per asciugare. (Livello 1).
4. Il tappo di iniezione del flacone di emocoltura va pulito con alcol prima di iniettare il sangue nel flacone, per ridurre il rischio di contaminazione (Livello 3).
5. Se non possono essere ottenute due colture da due siti periferici, prelevare,se possibile, un campione perifericamente e uno da un catetere inserito recentemente (Livello 2). Le colture ottenute dai cateteri vascolari danno crescite meno precise delle colture ottenute per venipuntura.
6. Prelevare almeno 10-15 ml di sangue per coltura (Livello 2).
7. Dopo le prime 24 ore, le emocolture vanno prescritte sulla base della valutazione clinica piuttosto che automaticamente per ogni incremento termico (Livello 2).

CATETERI INTRAVASCOLARI E FEBBRE
Un accesso vascolare stabile è essenziale per la gestione del paziente critico in ICU. La maggior parte dei pazienti hanno uno o più cateteri venosi centrali e un catetere arterioso. Un crescente numero di pazienti ha un qualche tipo di catetere cuffiato, tunnellizzato, impiantato chirurgicamente (per esempio tipo Hickman), o un qualche tipo di port venoso centrale sottocutaneo (per esempio Hickman®, Bard Access Systems, Salt Lake City, UT; Port-a-cath®, SIMS Deltec, St. Paul, MN). La varietà di questi dispositivi sta aumentando rapidamente.

Gli accessi vascolari possono causare febbre per infezione localizzata, infezione sistemica, o raramente per reazione allergica. Il rischio relativo di infezione ematica, causata dai diversi dispositivi intravascolari, varia ampiamente, in rapporto alla durata della loro permanenza, al tipo di dispositivo, alla popolazione di pazienti, alla tecnica usata per il loro posizionamento, e alla frequenza delle loro manipolazioni (26–30). E' stato stimato il rischio di infezione per i diversi dispositivi, sebbene l'esperienza locale varia considerevolmente. Il più alto rischio si ha per i cateteri venosi centrali, non cuffiati, per breve permanenza, nell'ordine di 5-10 casi per 1.000 giorni-catetere, ed è particolarmente alto con i cateteri temporanei per emodialisi non cuffiati. Per contro il rischio di infezione ematica con i cateteri endovenosi piccoli periferici è minore di 0,2 casi per 1.000 giorni-catetere. Con una buona cura, i dispositivi centrali cuffiati impiantati chirurgicamente sono associati a un basso rischio di infezione ematica, dell'ordine di 2 batteriemie per 1.000 giorni-catetere.

Sede dell'infezione
E' necessario valutare per i cateteri se presente infezione nella sede dell'inserzione (manifestata spesso dall'evidenza di infiammazione o pus nel punto di emergenza cutaneo o lungo il tunnel); a livello intravascolare (manifestata spesso da emocolture positive o da trombosi); o in sede prossimale rispetto al catetere (connettori e ports, o infusato). Queste distinzioni hanno importanti implicazioni terapeutiche.

E' importante tenere presente che le infusioni (liquidi parenterali, emoderivati o farmaci enodovenosi) somministrati attraverso un dispositivo intravascolare possono divenire contaminati e causare batteriemia catetere-correlata, che più frequentemente culmina in shock settico rispetto ad altre infezioni catetere correlate (27). Le infusioni contaminate sono rare. La maggior parte di infezioni nosocomiali da infusioni contaminate sono causate da bacilli Gram-negativi, introdotte durante la manifattura dell'infusione (contaminazione intrinseca) o durante la preparazione e somministrazione in ospedale (contaminazione estrinseca) (27, 31).

Diagnosi
Alcuni indizi clinici, epidemiologici,e microbiologici sono molto utili e puntano al catetere vascolarfe come causa di infezione (27, 32). Questi includono: a) batteriemia o fungemia in un paziente a basso rischio di sepsi, immunocompetente e senza malattie concomitanti; b) nessuna infezione locale identificabile; c) dispositivo intravascolare in situ all'inizio della febbre; d) infiammazione o presenza di pus nel punto di inserzxione o lungo il tragitto di tunnellizzazione del catetere; e) inizio improvviso associato a shock fulminante; e f) multiple emocolture contenenti microrganismi che possono altrimenti essere considerati come contaminanti, come staphylococchi (specialmente coagulasi-negativi staphylococchi), Corynebacterium jeikeium, Bacillus sp., Candida, o della specie Malassezia riscontrati in diverse emocolture.

Valutazione
Nell'ambito di un esame obiettivo globale, va esaminato il sito di accesso al catetere va esaminato e le eventuali secrezioni purulente o gli essudati vanno sottoposti a colorazione di Gram e a coltura. Vanno effettuate due emocolture periferiche, o una coltura dalla periferia e una dal catetere. Le emocolture dal catetere in combinazione con le colture dalla periferia sono particolarmente utili se può essere quantificata la crescita microbiologica. La decisione clinica di coltivare prelievi da ogni porta dei cateteri a lume multiplo va presa caso per caso, in base al sospetto clinico e alla possibilità del paziente di tollerare multipli prelievi ematici.

Una emocoltura quantitativa attraverso un catetere infetto potrebbe segnalare la concentrazione iniziale dei microrganismi, di solito di dieci volte o ancora di più maggiore dell'emocoltura da vena periferica. A causa dell'incremento di spesa e dell'esperienza di laboratorio necessaria, le emocolture quantitative prelevate da catetere non costituiscono parte essenziale della diagnostica routinaria della febbre. Esse comunque forniscono utili informazioni specialmente per i cateteri impiantati chirurgicamente, che non possono facilmente essere rimossi sulla base di una valutazione empirica. Un sistema di lisi-centrifugazione (Isolator®, E.I. DuPont de Nemours and Co., Wilmington, DE), è uno dei sistemi che può essere utilizzato per ottenere colture quantitative (27, 33).

Quando sono rimossi i cateteri corti (<3 inches - <7,62 cm), dovrebbe essere coltivato l'intero catetere dall'estremo della superficie cutanea alla punta. Le colture dovrebbero essere quantitative o semiquantitative. Teoricamente quando sono rimossi i grossi cateteri centrali, andrebbero coltivati un segmento interno di 2 inch (5.1cm) e la punta nello stesso contenitore, anche se può essere difficile addestrare il gruppo di curanti a mandare in laboratorio altre parti oltre alla porzione terminale del catetere. Quando sono coltivati i cateteri arteriosi polmonari flottanti, andrebbe coltivato anche l'introduttore (29, 34).

Quando sono coltivati segmenti di catetere secondo tecnica semiquantitativa su terreno solido (35–37), o secondo tecnica quantitativa su terreno liquido, i risultati possono migliorare la sensibilità e la specificità della diagnosi delle infezioni catetere correlate. Se le emocolture sono positive, il catetere può essere riconosciuto come causa dell'infezione, se la conta delle colonie ottenuta per coltura semiquantitativa è alta (>15 unità formanti colonie [colony-forming units cfu]). Tuttavia in assenza di un'emocoltura positiva, il significato di una coltura positiva di catetere è sconosciuto. Conte di colonie elevate (>15 cfu) sono correlate con infezioni ematiche catetere correlate, sebbene la correlazione è modesta. La colorazione di Gram (37) o con arancio acridina (38) di segmenti intravascolari di catetere rimossi si correlano anche con colture semiquantitative o quantitative, ma queste necessitano di tempi maggiori per essere eseguite e sono più costose. 

Per pazienti stabili con febbre, non è ravvisata la necessità di rimuovere o cambiare tutti i cateteri in situ, sebbene questo approccio sia considerato come la strategia più prudente. Se il paziente è in shock e manifesta nuovi segni clinici minacciosi, quali embolizzazione periferica, coagulazione intravascolare disseminata, o sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), è indicata la rimozione di tutti i cateteri intravascolari e il loro reinserimetno in nuovi siti, anche se trattasi di cateteri cuffiati o di dispositivi tunnellizzati (39). Se c'è evidenza clinica di compromissione vascolare, per esempio progressivo edema di un arto, o insufficienza arteriosa,  il catetere dovrà essere rimosso. Se si effettua uno studio radiologico e si evidenzia un trombo, è necessario valutare se ricorrere all'anticoagulazione, alla trombolisi o all'intervento chirurgico. L'intervento chirurgico per rimuovere un trombo infetto è raramente effettuato dato che il trattametno medico di solito è sufficiente, ma in casi di ripetuti emboli settici o di emocolture positive protratte per diversi giorni, l'intervento può essere una scelta appropriata (27, 40, 41).

La flebite settica di una vena centrale causata da un catetere venoso centrale è rara (40, 41). Nella flebite suppurativa, l'infezione ematica caratteristicamente persiste dopo la rimozione del catetere producendo un quadro clinico di sepsi travolgente con batteriemia o fungemia di alto grado, e/o embolizzazione settica. Questa sindrome è riscontrata molto spesso nei pazienti ustionati o in altri pazienti in ICU che sviluppano infezioni catetere correlate non riconosciute, permettendo così ai microrganismi di proliferare ad alti livelli dentro trombi inntravascolari. La sindrome di suppurazione intravenosa è adesso prevalentemente una complicazione dei cateteri venosi centrali, tipicamente lasciati in situ per molti giorni in pazienti di terapia intensiva molto vulnerabili, soprattutto per diversi giorni dall'inizio dell'infezione ematica catetere correlata (42).

RACCOMANDAZIONI
1. Esaminare il paziente per infiammazione o pus al sito di emergenza del catetere o lungo il tragitto di tunnellizzazione e valutare i segni di compromissione vascolare o l'evidenza di fenomeni embolici (Livello 2).

2. Ogni secrezione purulenta dal sito di accesso al catetere va sottoposta a colorazione di Gram e a coltura (Livello 2).

3. Se vi è evidenza di infezione del tunnel, di fenomeni embolici, di compromissione vascolare o di sepsi, il catetere va rimosso e coltivato e va posizionato un nuovo catetere in un sito diverso (Livello 2).

4. Due emocolture vanno prelevate perifericamente per venipuntura o, se sono disponibili le colture quantitative, una coltura va prelevata con venipuntura e almeno una coltura va prelevata attraverso il catetere (Livello 2). La porta prossimale dei cateteri a lume multiplo è la sede più logica dalla quale prelevare la coltura, se non è possibile prelevare da ogni porta del catetere. Quando sono sospettati di infezione i cateteri venosi centrali non cuffiati di breve permanenza, è meglio di solito sostituire il catetere che effettuare colture quantitative (Livello 2).

5. La coltura della punta del catetere può fornire utili informazioni se si sospetta infezione o colonizzazione del catetere. Per i cateteri arteriosi polmonari flottanti, se si sospetta infezione catetere correlata, va effettuata coltura sia della punta dell'introduttore che del catetere (Livello 2).

6. Non è di solito necessario effettuare colture di campioni delle infusioni, come parte della diagnostica delle infezioni catetere correlate, a meno che c'è una forte evidenza epidemiologica che ne giustifichi l'esecuzione (Livello 2).

INFEZIONI POLMONARI e POLMONITI ACQUISITE IN ICU
In genere la diagnosi di polmonite in un paziente febbrile è facile da esprimere, sulla base della radiografia del torace, delle secrezione respiratorie, dei segni e dei sintomi. Tuttavia in ICU, può essere difficile stabilire se una febbre è dovuta a polmonite, laddove i pazienti sono affetti da altri processi non infettivi, che causano alterazioni delle radiografie del torace e degli scambi respiratori (per esempio insufficienza cardiaca congestizia, atelettasie, ARDS). Molti pazienti in ICU sono intubati e sedati, non possono tossire e presentano altre cause di secrezioni respiratorie patologiche. Perciò stabilire se causa della febbre è un'infezione delle basse vie respiratorie e se trattasi di tracheite, tracheobronchite, polmonite o ascesso polmonare può essere difficile. 

Valutazione diagnostica
La valutazione iniziale comprende esame obiettivo, radiografia del torace ed esame delle secrezioni polmonari. Radiografie con apparecchio portatile in posizione supina o eretta, in antero-posteriore e laterale, tomografia assiale computerizzata o risonanza magnetica rispettivamente forniscono sempre più informazioni. Per la valutazione iniziale di una febbre, le radiografie del torace con apparecchio portatile sono generalmente sufficienti. Andrebbero effettuate, se possibile in posizione seduta eretta durante l'inspirazione profonda. L'assenza di infiltrati, masse o versamenti in questo esame non esclude polmonite, ascesso o empiema come causa di febbre. E' necessario il giudizio clinico per stabilire se il sospetto di infezione polmonare è tanto alto da giustificare il trasporto del paziente alla divisione radiologica per uno studio a più alta risoluzione. 

Le secrezione respiratorie possono essere ottenute con diverse tecniche: per espettorazione, induzione salina, aspirazione tracheale profonda, aspirazione broncoscopica o lavaggio bronchiale broncoscopico o non broncoscopico. Ognuna di queste tecniche ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi (43, 44). Per una valutazione iniziale della febbre, prima che sia o meno manifesta una polmonite, è di solito sufficiente un esame dell'espettorato contro campioni ottenuti in modo più invasivo o con aspirazione tracheale profonda. La soluzione salina andrebbe instillata nel tubo endotracheale solo se non può essere ottenuto un campione adeguato a mezzo di aspirazione tracheale profonda senza l'instillazione di soluzione fisiologica, per il fatto che la soluzione fisiologica diluisce il campione e può introdurre patogeni nelle basse vie aeree. 

L'utilità della broncoscopia a fibre ottiche è variabile in rapporto ai patogeni e alla tecnica. Gli aspirati dal canale interno del broncoscopio sono soggetti a contaminazione con patogeni della flora delle vie aeree superiori, con le stesse limitazioni dell'espettorato (45, 46). La broncoscopia non è praticabile di routine perchè è costosa e richiede un'esperienza tecnica che può essere difficile da ottenere al momento necessario; inoltre è gravata da occasionali complicanze. Tuttavia può essere particolarmente utile per la scoperta di patogeni selezionati quali Pneumocystis carinii, cytomegalovirus (CMV), e Mycobacterium sp., oltre che in pazienti selezionati, soprattutto nell'ospite immunocompromesso. 

Comunque ottenute le secrezioni polmonari per l'esame microbiologico, esse vanno trasportate in laboratorio e processate entro 2 ore cosicché i microrganismi difficili come lo Streptococcus pneumoniae non muoiano. Per ogni espettorato, è importante che in laboratorio sia eseguita la microscopia diretta sul campione per determinare se è presenta saliva (predominanza di cellule epiteliali), o secrezioni delle basse vie respiratorie (predominanza di leucociti per i pazienti non neutropenici).

Se il campione ha origine dalle basse vie respiratorie, va effettuata una colorazione di Gram e il campione va coltivato di routine per i batteri aerobi. Quando necessario, vanno effettuati altri esami diretti sul campione, quali test a fresco all'idrossido di potassio per funghi, test immuno enzimatico per l'influenza A, colorazione acida veloce per micobatteri, colorazione immunofluorescente per Legionella o virus respiratorio sinciaziale (RSV), test per l'antigene urinario della Legionella pneumophila, o colorazione immunofluorescente per Pneumocystis. E' conveniente coltivare i campio per funghi, micobatteri, Legionella, Adenovirus, Coxsackie virus, Influenza virus, Parainfluenza virus, e RSV.

I clinici devono essere consapevoli che i microrganismi ritrovati nelle secrezioni respiratorie sono virtualmente tutti patogeni e comprendono Legionella, Chlamydia, Mycobacterium tuberculosis, influenza virus, RSV, Parainfluenza virus, Strongyloides, Toxoplasma gondii, Pneumocystis carinii, Histoplasma capsulatum, Coccidiodes immitus, Blastomyces dermatidis, e Cryptococcus neoformans. Patogeni potenziali quali Pseudomonas aeruginosa, Enterobacteraceae, Streptococcus pneumoniae, Staphylococcus aureus, e Haemophilus influenzae sono frequentemente riscontrati nelle secrezioni respiratorie e possono rappresentare contaminanti che colonizzano le vie aeree superiori o possono essere veri patogeni responsabili di polmonite. La distinzione tra patogeni e colonizzanti o contaminanti è facilitata dal riscontro di patogeni come flora dominante nella colorazione diretta di Gram, e/o nella loro presenza nelle secrezioni respiratorie in concentrazione moderata o elevata. Le colture quantitative delle secrezioni delle basse vie aeree ottenute per via broncoscopica o altrimenti prelevate, possono inoltre facilitare la distinzione tra batteri colonizzanti e patogeni. L'uso di queste tecniche quantitative non è considerato standard per la gran parte dei pazienti nella valutazione delle infezioni delle vie respiratorie in ICU, sebbene questa tecnologia può essere utile in pazienti selezionati, laddove la metodologia è ben standardizzata. L'utilità di queste colture quantitative per identificare il patogeno causale è stata rivista in altre pubblicazioni (47–49).

Risulta appropriato eseguire emocolture per tentare di identificare la causa di polmonite. Tali colture sono caratterizzate da bassa crescita, ma quando i patogeni respiratori sono identificati attrverso emocoltura, l'informazione è altamente specifica e utile per pianificare la strategia di gestione del paziente. 

Molti pazienti febbrili in ICU hanno piccoli versamenti pleurici dovuti a insufficienza cardiaca congestizia, ipoalbuminemia o processi postoperatori. Non è necessario ottenere un campione di liquido pleurico per coltura in ogni paziente febbrile. La toracentesi per prelevare liquido da sottoporre a colorazione, coltura e citologia (e anche a misurazione di pH, proteine, glucosio e lattatodeidrogenasi) risulta particolarmente appropriata se c'è abbastanza liquido da aspirare in regime di sicurezza e in casi di adiacente infiltrato polmonare, sospetto di tubercolosi o possibile contaminazione dello spazio pleurico a causa di intervento chirurgico, trauma o fistola. Il liquido va coltivato per aerobi e per anaerobi; le colture per funghi o batteri vanno effettuate se epidemiologicamente opportune. 

Dopo l'esecuzione delle colture e la crescila dei patogeni in laboratorio, vanno effettuati i test di sensibilità agli antibiotici dei patogeni isolati per gli aerobi e i batteri facoltativi, compreso lo Streptococcus pneumoniae. La sensibilità degli anaerobi, dei funghi o dei virus non è indicata routinariamente; la sua utilità per la gestione di particolari pazienti va discussa con il microbiologo, se si ritiene che possa essere necessaria.

RACCOMANDAZIONI
Se in un paziente febbrile si sospetta una infezione delle basse vie respiratorie sulla base della valutazione clinica e/o radiologica: 

1. Ottenere un campione delle secrezioni delle basse vie respiratorie per l'esame diretto e la coltura. Possono essere usati efficacemente l'espettorato, l'espettorato indotto, le secrezioni tracheali, o materiale ottenuto per via broncoscopica. Se si documenta una polmonite con l'esame fisico p con la diagnostica radiologica, va considerata l'opportunità, in base alle considerazioni discusse in altre referenze, di utilizzare la broncoscopia o altre tecniche diagnostiche invasive (Livello 2).

2. Le secrezioni respiratorie, prelevate per lo studio microbiologico, vanno trasportate in laboratorio entro 2 ore dal loro prelievo (Livello 2).

3. Le secrezioni respiratorie, ritenute campioni adeguati per l'invio al laboratorio, vanno sottoposti a colorazione di Gram e a coltura routinaria per aerobi e batteri facoltativi. Colorazioni aggiuntive, test rapidi, colture e altri test vanno effettuati se ritenuti epidemiologicamente opportuni (Livello 2).

4. Va effettuato uno studio radiologico del torace. Nella maggior parte dei casi la radiografia del torace in antero-posteriore in posizione eretta è l'esame più facilmente fattibile. Le radiografie con proiezioni laterali o lo studio tomografico offrono maggiori informazioni e vanno eseguiti quando clinicamente indicati (Livello 1).

5. Il liquido pleurico va prelevato per colorazione di Gram e per colture di routine (o sottoposto a esami di labopratorio addizionali, se clinicamente indicato) se è presente un infiltrato adiacente o altra situazione suggestiva di infezione e se il liquido può essere aspirato in regime di sicurezza (Livello 2).

VALUTAZIONE DELLE FECI NEL PAZIENTE FEBBRILE IN ICU
Molti pazienti in ICU hanno diarrea, spesso causata da nutrizione enterale o da farmaci. La sola causa enterica di febbre comune in ICU è il Clostridium difficile, che va sospettato in ogni paziente con febbre e diarrea, che ha ricevuto antibatterici o chemioterapici entro tre settimane prima dell'inizio della diarrea (50). Il C. difficile è causa del 10-25% di tutti i casi di diarrea antibiotico associata e virtualmente di tutti i casi di colite pseudo-membranosa antibiotico-associata (51). Altri microrganismi che possono causare febbre e diarrea includono Salmonella, Shigella, Campylobacter jejuni, Aeromonas, Yersinia, Escherichia coli 0157:H7, Entamoeba histolytica, e diversi virus che non sono usualmente identificati con le tecniche standard. In generale queste sono malattie acquisite in comunità e solo raramente causano diarree infettive acquisite dopo che un paziente è stato ricoverato in ICU. Se il paziente non è stato inizialmente ricoverato in ospedale con diarrea, e non è infettato dal virus umano dell'immunodeficienza (HIV), è improbabile che questi microrganismi producano diarrea e febbre in ICU  (52). Perciò mandare campioni di feci per colture batteriche o microbiologia per uova e parassiti in genere viene evitato come diagnostica della febbre, a meno che il paziente è stato ricoverato in ospedale con diarrea o è infetto da HIV.

Presentazione
La maggior parte di pazienti che hanno febbre causata dal C. difficile, hanno anche diarrea. (La diarrea è definita in questo documento come due o più evacuazioni al giorno di feci liquide, di consistenza tale per cui assumono la forma del contenitore in cui sono riposte). Tuttavia, alcuni rari pazienti, specialmente i postoperati, possono presentare ileo o megacolon tossico con diarrea, come manifeswtazione della malattia da C. difficile. In questi pazienti la diagnosi di malattia da C. difficile può essere difficile, a causa della inaccessibilità delle feci (53).

Le caratteristiche cliniche che supportono la diagnosi di C. difficile sono: esposizione ad agenti probabilmente inducenti (cefalosporine, ampicillina, clindamicina); risposta infiammatoria sistemica, altrimenti inspiegabile (febbre e/o leucocitosi, compresa una reazione leucemoide); colite pseudomembranosa alla coloscopia; evidenza di colite dimostrata con TAC, endoscopia o esame positivo per leucociti fecali (53, 54).

Diagnostica per C. difficile
La coltura tissutale per la tossina del C. difficile è il gold standard, sebbene la maggior parte dei laboratori adesso utilizza il test immunoenzimatico (enzyme immunoassay EIA) per l'identificazione della tossina A o di entrambe le tossine A e B. Il EIA test è leggermente meno sensibile della coltura tissutale ma è tecnicamente più facile e fornisce una risposta entro 2-3 ore. La sensibilità del EIA sui campioni fecali per la tossina del C. difficile è del 72% per il primo campione e del 84% per il secondo campione, mentre la sensibilità della coltura tissutale è del 81% per il primo campione e del 91% per il secondo campione (54). Una volta fatta la diagnosi e cominciata la terapia, non vanno ripetuti i test per la ricerca della tossina, per valutare la risposta alla terapia o per discontinuare le precauzioni enteriche, in quanto molti pazienti ospitano il germe come portatori sani senza manifestazioni cliniche di colite. 

L'esame per i leucociti fecali è sensibile per identificare una diarrea infiammatoria ma non è specifico. Se i leucociti fecali sono dimostrati con la colorazione al blu di metilene, la sensibilità per C. difficile è del 40%; usando la tecnica di agglutinazione al latex lattoferrina la sensibilità aumenta al 75% (55).

Le colture per C. difficile sono tecnicamente impegnative, richiedono 2-3 giorni per la crescita, non sono specifiche nel distinguere i ceppi tossino-positivi, tossino-negativi e i portatori asintomatici (54, 56). Le colture sono utili nell'evidenziare emergenze nosocomiali, laddove gli isolati sono necessari per la tipizzazione dei ceppi con finalità epidemiologiche (50).

La visualizzazione delle pseudomembrane è altamente specifica per la colite da C. difficile (57). In termini di sensibilità, nei pazienti con malattia grave, solo nel 71% dei pazienti sono state documentate le pseudomembrane a mezzo di visualizzazione diretta, mentre furono ritrovate solo nel 23% dei pazienti con malattia moderata (58). Il problema dei costi, del rischio di perforazione durante l'endoscopia, e la relativa facilità dei test alle citotossine, ha escluso la sigmoidoscopia e la coloscopia dalla diagnostica di prima linea. Tuttavia può avere importanza la visualizzazione diretta, nei casi che richiedono una rapida diagnosi se il laboratorio ritarda nei risultati o se c'è sospetto di falsi negativi per C. difficile nei test di ricerca delle tossine (50). Molti clinici, comunque trattano questi pazienti empiricamente piuttosto che effettuare sigmoidoscopia o coloscopia. 

Diagnostica per altri Patogeni Enterici
Pazienti che hanno storia recente e significativa di viaggi nei paesi in via di sviluppo, pazienti con HIV e pazienti con esposizione infettiva domestica non solita, possono richiedere una più estensiva diagnostica. Pazienti con recente storia di viaggi vanno studiati per i patogeni più frequentemente riscontrati nelle aree da loro visitate, sebbene la causa più comune di diarrea del viaggiatore è la E. coli enterotossigena, che non è ricercata con i comuni test di laboratorio. Per i pazienti che hanno viaggiato in aree dove le malattie da parassiti sono comuni, va effettuato uno studio delle feci per uova e parassiti specifico per Cyclospora, Entamoeba histolytica, e Strongyloides.

I pazienti con HIV hanno frequentemente diarrea cronica, causata da Salmonella, Microsporidium, CMV, o forse Mycobacterium avium complex. La malattia enterica da CMV è di solito associata a febbre, mentre le parassitosi sono meno frequentemente causa di febbre; l'identificazione del Microspordium richiede colorazioni speciali delle feci o piccole biopsie intestinali. La diagnosi di CMV va fatta endoscopicamente a mezzo di biopsia. Inoltre risultano utili le colorazioni dei leucociti fecali; le principali malattie associate a leucociti fecali in questi pazienti sono CMV, salmonellosi, e colite associata a C. difficile.

RACCOMANDAZIONI
Se un paziente a rischio per C. difficile, manifesta più di due scariche diarroiche al giorno e se il quadro clinico evidenzia la necessità di una diagnostica di laboratorio:

1. Al primo giorno mandare un campione di feci per la diagnostica del C. difficile (Livello 2).

2. Se il rpimo campione è negativo per C. difficile, mandare un secondo campione per la diagnostica del C. difficile (Livello 2).

3. Se si manifesta un grave quadro clinico e i test rapidi per il C. difficile sono negativi o non disponibili, considerare la sigmoidoscopia flessibile (Livello 3).

4. Se si manifesta un grave quadro clinico, considerare la terapia empirica con metronidazolo in attesa dei referti di laboratorio. La terapia empirica non è di solito raccomandata se due campioni di feci sono negativi utilizzando tecniche affidabili. Sebbene per il rapporto costo efficacia può essere più conveniente rispetto alla diagnostica, l'uso empirico di antibiotici, specialmente la vancomicina, è scoraggiato per il rischio di produrre patogeni resistenti (Livello 2).

5. Le coprocolture per altri patogeni enterici sono raramente indicate per i pazienti che non si sono presentati in ospedale con diarrea o nei pazienti che non sono infetti con l' HIV. Mandare coprocolture per altri patogeni enterici e sottoporle a esame per uova e parassiti solo se epidemiologicamente indicato (Livello 2).

Continua... Parte 2


  | Inizio pagina | Indice delle Linee guida |

Dal Gruppo di studio del Collegio Americano di Terapia Intensiva della Società Americana di Terapia Intensiva (vedi Appendice), in collaborazione con la Società Americana di Malattie Infettive.

Approvato dalla Società Americana di Epidemiologia Medica, dalla Società di infezioni Chirurgiche e approvato come linee guida pratiche dalla Società Americana di Malattie Infettive.

Queste linee guida sono state riviste e approvate dal Consiglio della Società Americana di Terapia Intensiva (SCCM). L'opinione quivi espressa riflette l'opinione ufficiale della SCCM, e non è stata strutturata per esprimere i punti di vista di altri comitati specialistici. 

Nota dell'Editore: Come le precedenti linee guida pubblicate in questo giornale, queste linee guida non sono state sottoposte a tradizionale revisione magistrale. Vedi Crit Care Med 1991; 19:137 and 1992; 20:447.

Queste Indicazioni Pratiche e l'insieme delle Linee Guida e delle Indicazioni pratiche della Società Americana di terapia Intensiva possono essere richieste alla SCCM. Per ulteriori informazioni contattare  SCCM, 8101 East Kaiser Boulevard, Suite 300, Anaheim, CA 92808-2259. Phone: (714) 282-6056.

Copyright © Society of Critical Care Medicine. Tutti i diritti riservati.

  Traduzione del testo conforme all'originale inglese