Criteri di trattamento medico

Questo testo rappresenta una sintesi ragionata basata sia sulla letteratura che sull'opinione di un gruppo di esperti. Tale sintesi ha uno scopo eminentemente clinico e ciò giustifica la stringatezza delle argomentazioni e la schematicità delle indicazioni.
È stato scelto il termine "raccomandazioni" invece di quello di "linee guida" per i motivi metodologici e prudenziali già esposti nella
premessa (Minerva Anestesiol. 1999;65). È importante ribadire che la maggior parte dei concetti esposti non si basa su un'adeguata evidenza scientifica ed è suscettibile di continua revisione. Queste "raccomandazioni" sono il prodotto del lavoro comune di Anestesisti-Rianimatori e Neurochirurghi e completano la parte di trattamento medico.

Lo scopo della terapia medica del traumatizzato cranico è quello di evitare o ridurre gli insulti cerebrali secondari.
Negli ultimi decenni sono stati effettuati notevoli progressi nella comprensione fisiopatologica dell'evento traumatico. Uno dei concetti fondamentali emerso da ricerche di tipo clinico e sperimentale è che
il danno neurologico non si esaurisce al momento dell'impatto (danno primario) ma evolve nelle ore e nei giorni successivi (danno secondario).
Il
danno secondario può essere dovuto a cause intracraniche o extracraniche. La maggior parte degli insulti secondari produce conseguenze neuropatologiche di tipo ischemico.
Le cause intracraniche includono: ipertensione endocranica, lesioni espansive, edema, idrocefalo, infezioni, crisi comiziali, alterazioni di flusso regionale e globale, danno da radicali liberi e da sostanze eccitotossiche.
Le cause extracerebrali comprendono: ipotensione arteriosa, ipossia, anemia, ipertermia, iper/ipocapnia, anormalità elettrolitiche (prevalentemente l'iposodiemia), ipo/iperglicemia, disturbi dell'equilibrio acido-base.

  Il primo insulto in ordine di importanza è la ritardata diagnosi ed evacuazione di ematomi intracranici.
Va pertanto sottolineato che la terapia medica, in presenza di lesioni aggredibili chirurgicamente, permette solamente di "guadagnare tempo" affinchè possa essere raggiunta rapidamente la sala operatoria. La terapia medica non può sostituire l'evacuazione chirurgica che, quando indicata, è l'unica terapia potenzialmente efficace.

 

Emodinamica
Volemia Pressione arteriosa Inotropi e vasocostrittori

 

Volemia
Pressione arteriosa
Inotropi e vasocostrittori

 

Ventilazione - Ossigenazione

Non esistono indicazioni all' iperventilazione prolungata e l'iperventilazione preventiva (in assenza di pressione endocranica elevata) dovrebbe essere evitata particolarmente nelle prime 24 ore post-trauma .

Scelta dei farmaci
Sedazione - Analgesia Curari trattamenti di supporto anti-Epilettici

 

Sedazione: È necessario provvedere sempre, previa assistenza respiratoria, ad una adeguata sedazione ed analgesia, anche se non sono presenti lesioni associate al trauma cranico.

Obiettivi
- controllo della sindrome da stress;
- controllo delle stimolazioni algogene;
- tolleranza al tubo tracheale;
- adattamento al ventilatore;
- riduzione delle alterazioni intracraniche indotte dal nursing.

Proprietà del farmaco ideale
- rapido inizio di azione e rapido metabolismo;
- non accumulo;
- assenza di metaboliti attivi;
- riduzione della PIC e del metabolismo cerebrale;
- non effetti collaterali cardiocircolatori;
- rapida reversibilità per effettuare l'esame neurologico;
- basso costo.
(Non esiste attualmente in commercio alcun farmaco che presenti tutte queste caratteristiche.)

Nella scelta del tipo di sedazione è fondamentale che si considerino alcuni aspetti fondamentali:
- soprattutto nelle prime ore sono necessarie valutazioni neurologiche ripetute e frequenti e deve essere possibile effettuarle dopo pochi minuti dalla sospensione del farmaco;
- la stabilità emodinamica è essenziale in particolare in pazienti ipovolemici. Occorre evitare l'infusione troppo rapida ed il bolo endovenoso. È consigliabile la somministrazione continua con l'utilizzo di pompe infusionali. Deve essere quindi privilegiato il farmaco con meno effetti depressivi sul sistema cardiovascolare.

Sono riportati i farmaci più comunemente utilizzati con dosaggi indicativi che, naturalmente, sono soggetti a notevole variabilità in relazione a numerosi fattori clinici, alla associazione con altri farmaci e alla durata della somministrazione. Per ridurre gli effetti collaterali dovrà essere utilizzato ragionevolmente il più basso dosaggio utile.

Benzodiazepine
- diazepam (bolo 0,03-0,1 mg/kg, l'infusione continua può essere utilizzata ma provoca accumulo del farmaco);
- midazolam (bolo 0,02-0,3 mg/kg , mantenimento 0,05-0,1 mg/kg/h);
- lorazepam (bolo 0,02-0,05 mg/kg, mantenimento 0,05-0,5 mg/kg/h).
Le benzodiazepine:
- non possiedono proprietà analgesiche;
- non provocano variazioni dinamiche intracraniche o sistemiche se infusi a basso dosaggio.
Se somministrate in bolo e a dosaggi elevati possono:
- determinare modesta ipotensione arteriosa e arresto respiratorio;
- modificare l'obiettività neurologica, ed in particolare i riflessi di tronco;
- possiedono azione anticonvulsivante;
- riducono moderatamente il metabolismo (CMRO2) ed il flusso ematico cerebrale (CBF);
- in casi particolari, in particolare negli anziani e negli etilisti, determinano reazioni paradosse caratterizzate da agitazione psico-motoria
Propofol
Bolo 1-2 mg/kg
mantenimento 1-3 mg/kg/h
- ha attività ipnotica;
- riduce il metabolismo e il flusso cerebrale e la PIC;
- ha rapidità di azione e breve cinetica di eliminazione;
- a dosi elevate e dopo somministrazione in bolo può provocare ipotensione;
- deve essere considerato l'elevato apporto di lipidi con la somministrazione continua;
- la reversibilità diminuisce dopo 36-72 ore di infusione;
- infuso a basso dosaggio è stato associato, in casi sporadici, alla comparsa di crisi motorie epilettiformi.
Oppioidi
- Morfina (2-10 mg e.v.)
- Meperidina che presenta però attività cardiodepressiva e minor managgevolezza
- Fentanyl (bolo 0,25-1,5 µg/kg, mantenimento 0,3-1,5 µg/kg/h)
Recentemente sono state introdotte nuove molecole potenti e con breve emivita.
Si consiglia l'associazione di questi farmaci nell'ambito del programma di sedazione anche se il malato non ha lesioni extracraniche di per sé algogene: il fine è una "difesa" dallo stress, dagli stimoli esterni e dalle manovre di nursing che possono provocare un aumento della PIC. L'associazione con farmaci con attività di miorisoluzione (come per esempio le benzodiazepine) previene o riduce alcuni effetti collaterali dell'uso in continuo di questi farmaci (ad es. la "rigidità" muscolare).

 

Curari
Non esistono indicazioni all'utilizzo routinario di curari. In genere è sufficiente una profonda sedazione farmacologica. Se necessario, nelle condizioni indicate nel paragrafo "criteri d'uso", utilizzare miorilassanti non depolarizzanti, in infusione continua controllata.
Criteri d'uso:
- sempre associati a sedazione adeguata;
- nel caso di grave ipertensione intracranica;
- per problematiche respiratorie;
- per evitare il disadattamento dal ventilatore;
- durante il trasporto;
- con possibilità di monitoraggio della curarizzazione.
Complicanze:
- i curari impediscono la valutazione neurologica;
- possono mascherare una crisi epilettica;
- l'uso prolungato sembra essere legato a maggior incidenza di complicanze infettive.

Altri aspetti terapeutici
Il management medico di questi malati comprende anche altri aspetti di notevole importanza, in grado di modificare l'outcome. Non è possibile descrivere o approfondire tutti questi aspetti, che non sono peculiari del trattamento del traumatizzato cranico e devono essere gestiti secondo lo stato dell'arte di una "buona terapia intensiva generale". Essi includono:
- la gastroprotezione;
- la gestione dell'apparato respiratorio;
- il mantenimento di un bilancio idro-elettrolitico adeguato;
- il controllo delle infezioni;
- la terapia nutrizionale;
- il trattamento fisioterapico.
Per quanto riguarda la terapia nutrizionale, dobbiamo ricordare che un'adeguata nutrizione è associata ad una migliore evoluzione clinica.
L'alimentazione enterale precoce è consigliata; talvolta è presente un'intolleranza gastrica e può essere utile la nutrizione enterale digiunale. Questa inoltre facilita la gestione del paziente nella fase subacuta e riabilitativa.

Terapia antiepilettica
Le crisi convulsive sono complicanze del trauma cranico ed esse sono dette "precoci" se si verificano nella prima settimana e "tardive" se si verificano più di sette giorni dopo il trauma. Nei bambini si verificano con un'incidenza maggiore; i fattori di rischio sembrano essere: la gravità del trauma, le fratture affondate del cranio, le contusioni e la presenza di ematoma. Occorre ricordare la possibilità di crisi subcliniche o "elettriche" in pazienti curarizzati.
Profilassi farmacologica:
- fenitoina e carbamazepina sono risultate efficaci nel prevenire le convulsioni post-traumatiche precoci, ma non quelle tardive. Quando i malati in fase acuta sono sedati con farmaci dotati di attività anticomiziale aspecifica (benzodiazepine, propofol) la profilassi sembra essere superflua;
- è sconsigliata per le crisi tardive.

 

Terapia medica per il controllo della Pressione Intracranica
Soglia di trattamento
Per un corretto trattamento dell'ipertensione intracranica è necessario che la PIC sia monitorizzata più precocemente possibile. Il
monitoraggio della PIC è sufficientemente sicuro e legato ad un basso numero di complicanze.
- La terapia proposta è contro l'ipertensione endocranica ed è indicata solo se la pressione endocranica è elevata.
- Il trattamento nell'adulto deve essere iniziato quando la PIC supera stabilmente (per almeno 5 minuti) valori di 20-25 mmHg (15 mmHg in presenza di craniotomia decompressiva).
Prima di attuare un trattamento specifico devono essere esclusi, ed eventualmente corretti, alcuni fattori che possono essere direttamente responsabili dell'aumento della PIC:
- ostacolo al deflusso venoso (malposizionamento del capo e del collo, disadattamento al ventilatore, pneumotorace);
- cause di vasodilatazione cerebrale (febbre, ipercapnia, ipotensione, crisi epilettiche);
- cause di ipertensione arteriosa (dolore, stimoli viscerali, sedazione inadeguata);
- brivido;
- iposodiemia;
- malfunzionamento apparecchiature.
L'iperpiressia è un fattore di aggravamento molto frequente nel decorso di questi malati e comporta modificazioni metaboliche e dinamiche che aumentano il rischio di danno secondario e di ischemia.
Va trattata energicamente ricordando però che alcuni farmaci antipiretici possono avere un impatto negativo sull'emodinamica (riducendo la pressione arteriosa).
IL mantenimento della normotermia con mezzi farmacologici e fisici è quindi un obiettivo importante del trattamento, così come la meticolosa prevenzione delle infezioni. L'ipotermia moderata (32-33°C) è da considerarsi oggi un'opzione terapeutica in attesa di verifica (vedi "Altre Opzioni") che non è tuttavia esente da possibili gravi complicanze.

 

Trattamento urgente di sospetta ipertensione endocranica

Prima che sia iniziato il monitoraggio della PIC, è ovviamente impossibile sapere se esista o meno ipertensione endocranica, e la terapia non sarebbe motivata. Tuttavia esistono condizioni nelle quali il trattamento è indicato, dato il fondato sospetto di ipertensione endocranica in atto, in particolare:
- quando siano presenti segni clinici di erniazione transtentoriale (anisocoria e segni di lato).

Scelta del trattamento
L'interpretazione dei dati del monitoraggio della PIC deve essere sempre associata a frequenti valutazioni cliniche, TAC seriate e al calcolo della pressione di perfusione cerebrale. La pressione endocranica deve essere mantenuta al di sotto del valore soglia salvaguardando la Pressione di Perfusione Cerebrale, che deve restare superiore a 70 mmHg. Alcune terapie, infatti, possono ridurre la PIC ma causano, simultaneamente, diminuzioni della pressione arteriosa. Tale evenienza determina un miglioramento "cosmetico" della pressione endocranica cui non corrisponde un miglioramento della PPC, che è invece essenziale per migliorare il flusso ematico cerebrale.
Le scelte terapeutiche devono essere effettuate considerando tutti i dati clinici e strumentali disponibili

La letteratura indica due possibilità terapeutiche:
- un trattamento mirato, che presuppone una diagnosi eziopatogenetica dell'aumento della PIC ottenuta tramite l'analisi dei dati provenienti dal monitoraggio multiparametrico;
- un trattamento a scalini, che invece prende in considerazione l'utilizzo di provvedimenti meno aggressivi e meno gravati da complicanze come prima scelta per poi arrivare a trattamenti più aggressivi se non si ottiene risultato favorevole.
Non esistono prove di una superiorità di uno dei due approcci e non è sempre possibile, interpretando i dati del monitoraggio multiparametrico, identificare la causa responsabile dell'aumento della pressione intracranica.

La terapia a scalini è quindi raccomandabile per la sua semplicità e per la possibilità di essere effettuata anche in Centri in cui non sono utilizzabili monitoraggi multiparametrici.
La terapia a scalini include, oltre ad un livello basale di sedazione ed analgesia, l'utilizzo di deliquorazione, mannitolo e ipocapnia moderata, che vengono introdotti in sequenza. In molti Centri, ad esempio, si infonde mannitolo solo dopo che la deliquorazione si sia dimostrata inefficace, e la iperventilazione viene utilizzata quale ultimo presidio terapeutico, riservato ai casi nei quali la PIC resti superiore ai valori soglia nonostante il pregresso impiego di sedazione, deliquorazione e mannitolo.

Deliquorazione
La deliquorazione permette una rapida rimozione di volume intracranico con conseguente riduzione della PIC:
- la manovra è possibile solo quando è posizionato un catetere ventricolare;
- molto spesso la diminuzione della PIC è di breve durata;
- la rimozione di liquor deve avvenire lentamente;
- il gradiente tra la punta del catetere e il punto di gocciolamento del liquor deve essere di circa 10 cm H2O, per evitare i problemi illustrati al punto seguente;
- una sottrazione troppo brusca potrebbe causare sia il collabimento della parete ventricolare, con un possibile peggioramento dello shift in caso di processo espansivo controlaterale, sia vere e proprie azioni di suzione sull'ependima ventricolare con possibilità di sanguinamento;
- evitare le manipolazioni del catetere per minimizzare il rischio infettivo.
La deliquorazione impedisce la contemporanea lettura dei valori della PIC, in quanto effettuata con il sistema di misurazione aperto. Essa deve pertanto essere utilizzata in modo intermittente.

 

Mannitolo
Ha sostituito nella pratica clinica gli altri diuretici osmotici. I suoi meccanismi di azione sono probabilmente molteplici. I più conosciuti sono gli effetti emodinamici sistemici e cerebrali e l'effetto osmotico.
1) Effetti emodinamici sistemici e cerebrali:
- espansione della volemia;
- riduzione dell'ematocrito e della viscosità ematica;
- aumento della gittata cardiaca e della pressione arteriosa;
- incremento della pressione di perfusione cerebrale;
- aumento del flusso ematico cerebrale, in particolare nel microcircolo;
- riduzione della PIC.
Gli effetti sul flusso cerebrale sembrano essere più marcati in pazienti con bassa pressione di perfusione cerebrale (<70 mmHg)
2) Effetto osmotico.
Riduzione del volume intracranico, dovuta al richiamo di acqua nei vasi per il gradiente di pressione osmotica indotto dal mannitolo nelle regioni a barriera ematoencefalica integra.
- Somministrare in boli ripetuti (0,25- 1g/kg in 15-20').
Il mannitolo diffonde attraverso la barriera ematoencefalica danneggiata e quindi somministrazioni ripetute possono peggiorare la pressione intracranica per inversione del gradiente osmotico. Questo fenomeno è più frequente in corso di infusione continua.
- L'effetto è evidente 15-30 minuti dopo l'infusione e dura da 90 minuti a 6 ore.
- Monitorizzare l'osmolarità sierica e mantenerla inferiore a 320 mOsm.
- Rimpiazzare le perdite idro-elettrolitiche per evitare ipovolemia.
Il mannitolo, somministrato ad alte dosi, può provocare insufficienza renale acuta; tale rischio è aumentato se contemporaneamente vengono somministrati farmaci nefrotossici (antibiotici, vasocostrittori) o in caso di sepsi.
L'utilizzo contemporaneo di altri diuretici quali la furosemide non appare utile e inoltre l'effetto additivo dei due diuretici sommati aumenta il rischio di ipovolemia.

 

Iperventilazione (ipocapnia)
L'iperventilazione permette una rapida riduzione della PIC producendo una vasocostrizione cerebrale quando la reattività dei vasi cerebrali alle variazioni di CO2 è mantenuta. Studi in volontari sani hanno rilevato una riduzione del flusso ematico cerebrale del 40% dopo una riduzione della PaCO2 di 10 mmHg. La riduzione di flusso ematico cerebrale è circa del 3% per ogni mmHg di riduzione di PaCO2.
L'iperventilazione preventiva non si è dimostrata efficace ed è prudente evitarla soprattutto nelle prime 24 ore.
Determinazioni di flusso ematico cerebrale in pazienti traumatizzati cranici hanno dimostrato che questo nella maggioranza dei casi è ridotto precocemente e che si approssima alla soglia ischemica nelle prime ore dopo il trauma. Misurazioni concomitanti della saturazione di ossiemoglobina al bulbo giugulare (SjO2) hanno rilevato riduzioni della saturazione correlabili ad ischemia e rallentamenti EEG. L'ipoperfusione cerebrale aumenta il rischio di ischemia indotta o peggiorata dall'ipocapnia. L'unico studio prospettico sull'utilizzo dell'iperventilazione preventiva ha dimostrato un peggiore outcome dei pazienti mantenuti ipocapnici.
Nella fase preospedaliera l'iperventilazione è indicata in presenza di segni clinici di erniazione transtentoriale (comparsa di anisocoria e di segni di lato). In tale situazione estrema l'iperventilazione va associata al mannitolo, allo scopo di "guadagnare tempo" per effettuare la TAC ed intervenire chirurgicamente.
L'ipocapnia moderata (PaCO2 tra 30 e 35 mmHg), è considerabile un trattamento relativamente esente da gravi complicanze e frequentemente efficace nel controllare un aumento della pressione intracranica. La sua indicazione "mirata" è l'iperemia cerebrale assoluta o relativa, difficilmente diagnosticabile e monitorizzabile nella pratica clinica. Per minimizzare il rischio di peggiorare una eventuale ipoperfusione cerebrale è consigliabile una condotta prudenziale, mantenendo un'ipocapnia moderata solo per il tempo necessario sulla guida della PIC, con monitoraggio della EtCO2 e frequenti determinazioni dei valori emogasanalitici e, possibilmente, della saturazione venosa giugulare
L'ipocapnia marcata (con PaCO2 tra 25 e 30 mmHg) è un'opzione terapeutica quando l'ipertensione intracranica non risponde alla terapia standard. È prudente escludere una eventuale ischemia cerebrale misurando la saturazione venosa giugulare o, dove possibile, il flusso ematico cerebrale.

Questo atteggiamento terapeutico non è da considerare standard, in quanto non vi è evidenza di efficacia, ma consigliabile in pazienti selezionati sulla base delle attuali conoscenze.

Tiopentone sodico
I barbiturici appaiono esercitare i loro effetti di protezione cerebrale e riduzione della pressione endocranica attraverso due diversi meccanismi:
1) riduzione del flusso ematico cerebrale e del metabolismo cerebrale
2) inibizione della perossidazione lipidica mediata dai radicali liberi.
I principali effetti collaterali sono:
- la depressione cardiocircolatoria e l'ipotensione arteriosa;
- la maggior incidenza di sepsi;
- l'induzione degli enzimi epatici;
- il favorire lesioni da decubito.
Indicazione:
- Non vi è indicazione d'uso come sedazione.
L'impiego precoce a scopo preventivo ("protezione cerebrale" o prevenzione dell'ipertensione intracranica) non ha dimostrato benefici clinici.
3) Il tiopentone ad alte dosi è un'opzione terapeutica in pazienti che presentino una ipertensione intracranica refrattaria alla terapia standard. Questo atteggiamento terapeutico è da considerare una terapia estrema, non routinaria, non essendoci evidenze di efficacia. Il suo utilizzo deve essere attentamente valutato in una coorte selezionata di pazienti che presentino ipertensione intracranica refrattaria alla terapia".
Prerequisiti per intraprendere il trattamento:
- normovolemia e condizioni emodinamiche stabili;
- possibilità di monitoraggio EEG;
- disponibilità di adeguate risorse di nursing.
Se necessario, si dovranno utilizzare farmaci inotropi e vasopressori. La situazione emodinamica deve essere monitorizzata; oltre al monitoraggio standard (pressione cruenta e pressione venosa centrale) è consigliabile posizionare un catetere di Swan-Ganz.
Regime terapeutico
Tiopentone sodico con bolo lento di 30 mg/kg; il mantenimento viene effettuato con dosi estremamente variabili, indicativamente di 2-10mg/kg/h, ma può essere necessario utilizzare dosaggi superiori per ottenere costantemente periodi di soppressione dell'EEG di 10-20 sec. La somministrazione deve essere scalata gradualmente e mantenuta al dosaggio minimo che permetta di mantenere la soppressione EEG desiderata; tale dosaggio può variare notevolmente tra paziente e paziente, a secondo della durata dell'infusione e del tipo di lesione cerebrale. Non essendoci una correlazione lineare con la depressione metabolica cerebrale, i livelli ematici sono di scarsa utilità come guida del trattamento.
Solo l'attività di burst suppression all'EEG, che andrebbe monitorizzato in continuo, è correlata alla riduzione utile di metabolismo e flusso (circa del 50%).
La letteratura anglosassone considera nei protocolli regimi terapeutici applicati al pentobarbital (protocollo di Eisenberg: dose carico = 10 mg/kg in 30 minuti poi 5 mg/kg ogni ora per 3 ore e mantenimento 1 mg/kg/ora) ma in Italia questo farmaco non è disponibile. Il tiopentone è maggiormente liposolubile e quindi presenta maggiori problemi legati all'accumulo del farmaco.

 

Altre opzioni
La letteratura propone numerose opzioni terapeutiche per il controllo della pressione intracranica e per il trattamento medico del trauma cranico. Per nessuna di esse si è raggiunta evidenza di efficacia in condizioni controllate.
- Il trattamento con ossigeno iperbarico.
- La somministrazione di farmaci vasocostrittori, come l'indometacina, l'ergotamina (che, insieme ad altri provvedimenti fanno parte della cosiddetta terapia di Lund).
- L'ipotermia moderata è stata studiata prospetticamente in un trial clinico e pare in grado di offrire vantaggi rispetto al gruppo trattato convenzionalmente. Un secondo studio multicentrico statunitense è stato invece sospeso per motivi di sicurezza dei pazienti. I dati non sono ancora stati pubblicati. Sono perciò necessarie prove ulteriori per poter esprimere raccomandazioni. È tuttavia comunque da considerare prioritariamente nel rapporto tra benefici incerti e rischi conosciuti la possibilità di instabilità circolatoria e di gravi complicanze indotte dal mantenimento del paziente a temperature inferiori ai 34°C.

 

Terapie farmacologiche di "protezione cerebrale"
L'evidenza oggi disponibile è a sfavore dell'utilizzo degli steroidi. Una recente metanalisi ha tuttavia posto le basi per nuovi trials prospettici.
Altre molecole che hanno dimostrato in laboratorio interessanti proprietà di protezione cerebrale sono state testate in trial clinici o sono attualmente in corso di studio con appropriati studi clinici policentrici. Al momento attuale nessuna molecola è risultata capace di modificare significativamente gli esiti neurologici a distanza.
Questi trattamenti non hanno dimostrato in modo convincente la loro efficacia. Essi possono, invece, presentare effetti collaterali estremamente gravi o costi organizzativi ed economici molto rilevanti. Nuovi studi sono necessari per dimostrarne l'efficacia e la sicurezza, prima di proporne l'utilizzo nella pratica clinica.

 


Conclusioni

Benché solo alcuni siano fondati sull'evidenza scientifica, i suggerimenti esposti sono apparsi, sulla base della revisione della letteratura e dell'esperienza clinica, ragionevoli ed utili nella pratica clinica e nell'organizzazione attuale.
La situazione organizzativa non è adeguata al trattamento corretto di questi pazienti in numerose zone del Paese; deve quindi al più presto essere ridiscussa e ridefinita in modo più omogeneo, nonostante le ristrettezze economiche, secondo criteri più funzionali di efficacia.
È auspicabile che questo lavoro possa contribuire a rendere più forti e motivate le richieste degli operatori sanitari, anche in termini di strutture, di personale e di attrezzature.

La prevenzione e il trattamento immediato di tutti i fattori di aggravamento, sistemici e cerebrali, e il mantenimento dell'omeostasi sono obiettivi prioritari e di sicura efficacia nel prevenire il danno cerebrale secondario e favorire il miglior recupero del paziente.
Nel caso in cui il monitoraggio della PIC mostri un aumento dei valori pressori intracranici si suggerisce di:
1) escludere le cause extracraniche (compresa l'inadeguata sedazione ed analgesia) e le masse evacuabili chirurgicamente (TAC);
2) garantire una pressione di perfusione superiore ai 70 mmHg;
3) intraprendere provvedimenti specifici: deliquorazione, mannitolo e ipocapnia moderata (PaCO2 di 30-35 mmHg).
Solo in caso di inefficacia:
4) effettuare terapie di secondo livello, gravate da maggiori complicanze: ipocapnia spinta (PaCO2 di 25-30 mmHg), barbiturici ad alte dosi (Burst-suppression EEG) ed eventualmente decompressioni chirurgiche (interne e/o esterne).
Il trattamento intensivo medico è ancora in gran parte basato su opinioni e studi clinici non conclusivi. Queste "Raccomandazioni" sono pertanto suscettibili di continua revisione ed hanno lo scopo di:
- suggerire comportamenti equilibrati ed improntati a una prudente valutazione dei vantaggi e dei rischi nell'impiego di ogni terapia;
- stimolare ricerche cliniche controllate di elevata qualità scientifica.


Ringraziamenti. - Si ringraziano tuttio i Colleghi che hanno partecipato alle riunioni plenarie dei Gruppi di studio congiunti, contribuendo alla riuscita dei lavori.

Il gruppo di lavoro congiunto (1995-1997) era completato da: F. Albertario (Pavia), C.Anile* (Terni), C.Arienta* (Milano), L.Bolli (Terni), D.Caldiroli (Sondalo), G.Caruselli* (Ancona), G.Caruso* (Legnano), M.Cenzato* (Milano), M.Cormio (Monza), L.Cristofori* (Verona), A.Ducati* (Ancona), G.Faccani* (Torino), R.A. Fontana* (Milano), G.Frank* (Bologna), G.Galli* (Brescia), R.Galzio° (Teramo), G.Iapichino (Milano), N.Latronico (Brescia), C.Mariotti* (Firenze), P.Martorano (Ancona), L.Mascia (Bari), R.Massei (Lecco), C.Ori (Padova), A.Paolin (Treviso), A. Parma (Milano), G.Profeta* (Napoli), M.Scerrati* (Roma), E.Sganzerla* (Monza), L. Targa (Cesena), G.Trincia* (Mestre), G.Vecchi (Milano), D.Zappi (Cesena).

Indirizzo per la richiesta di estratti: F.Procaccio - Servizio Anestesia Rianimazione B, Ospedale Maggiore di Verona, Piazza Stefani, 1 - 37126 Verona. E-mail: francesco.proc@iol.it

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