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La Donazione ed il Trapianto d'Organo: Aspetti
etici ed infermieristici
(Assistenza al Trapianto Renale)
_______________________________________________________(parte 2 di 2)
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Nicola Torina, Infermiere di Sala Operatoria, Ospedale Buccheri La Ferla F.B.F. - Palermo / Tesi di Laurea in Infermieristica |
Il
Donatore Cadavere
e la
Sala Operatoria
Uno dei progressi più importanti nel campo dei trapianti si è avuto negli ultimi
anni grazie alla tecnica sempre più diffusa ed oggi sistematica del prelievo multiorgano. Questa pratica ha permesso di aumentare notevolmente il numero dei
trapianti, ma nello stesso tempo ha complicato il protocollo di prelievo
chirurgico, avendo ciascun organo le proprie necessità biologiche e i propri
tempi chirurgici. La sua esecuzione deve essere la più rapida possibile e le
equipe chirurgiche devono essere coordinate e puntuali.
Il prelievo di organi si effettua solo quando sono soddisfatte alcune ben
precise condizioni legali e cliniche verificate da apposite commissioni
integrate e non oggetto di questa trattazione.
Lo stato di morte cerebrale è caratterizzato da una grande instabilità pressoria e metabolica, per questo il donatore deve essere trattato con
particolari e complesse tecniche rianimatorie.
Controindicano il prelievo un’infezione sistemica, una pregressa neoplasia, la
presenza di anticorpi anti-HIV, la non idoneità dei singoli organi (in questo
caso si preleveranno solo quelli idonei).
Il donatore cadavere viene posizionato in decubito dorsale sul lettino
operatorio e si prepara un campo chirurgico che comprende tutto il tronco. Una
spennellatura con soluzione antisettica sul torace e l’addome assicura un’asepsi
rigorosa, mentre i teli sterili coprono il capo e gli arti superiori e inferiori
e un rivestimento plastico adesivo isola ulteriormente le zone che dovranno
essere incise. L’incisione cutanea va dal giugulo al pube per via mediana,
spesso allargata con un incisione ombelicale traversa, l’emostasi e’ assicurata
da un largo uso delI’elettrobisturi e la prima cavità ad essere aperta è quella
addominale.
I chirurghi addominali avranno cura di esplorare tutti gli organi viscerali per
ricercare un’eventuale patologia fino allora ignorata.
Il primo tempo e’ rivolto all’isolamento dei grossi vasi retroperitoneali, che
si ottiene scollando il colon destro ed il blocco duodenopancreatico fino al
margine sinistro dell’aorta; viene sezionata la radice del mesentere e, dopo
avere isolato e incannulato la vena mesenterica inferiore per la perfusione
epatica attraverso il sistema portale, l’insieme di colon e tenue è spostato in
alto verso sinistra. L’aggressione dei vasi retroperitoneali può essere fatta
incidendo il retroperitoneo sul margine sinistro del duodeno, tra questo e la
vena mesenterica inferiore.
Inizia il tempo della preparazione del fegato per il suo prelievo: sono
sezionate le vie biliari principali ed è preparata l’arteria gastro-duodenale
all’altezza della testa del pancreas, sezionando il quale si espongono la vena e
l’arteria mesenterica superiore, subito al di sotto della quale sarà poi
sezionata l’aorta; sono isolate le arterie epatica, gastroduodenale e splenica
fino al tronco celiaco, al di sopra del quale sarà successivamente sezionata
l’aorta. La colecisti si incide sul fondo, il suo liquido è aspirato e
abbondanti lavaggi, prevengono eventuali contaminazioni. Sono sezionati i
legamenti epatici.
L’équipe toracica esegue la sternotomia mediana subito prima dell’incannulamento
dei grossi vasi addominali e ciò per limitare le perdite di sangue e ritardare
il raffreddamento del donatore. E’ sezionato il diaframma fino al suo iatus
aortico ed è controllata l’idoneità del cuore e dei polmoni. Un’arteriotomia
trasversa è fatta sull’aorta subito prima della sua biforcazione e allo stesso
livello anche una venotomia sulla cava; attraverso tali brecce sono introdotte e
fissate con lacci le cannule di perfusione (aorta) e deflusso del sangue venoso
(cava). Nello stesso tempo i chirurghi toracici eseguono l'arteriotomia sulla
radice aortica e sono introdotte le cannule per la perfusione della cardioplegia.
E’ questo il momento in cui dovrà cominciare il tempo della cosiddetta “ischemia
calda”: dopo avere somministrato eparina sodica, vengono clampate l’aorta prima
della biforcazione e, allo stesso livello, la cava; inizia la perfusione fredda
con soluzione di Belzer (da 4 a 6 litri) attraverso la grossa cannula aortica e
quella più piccola posta nella vena mesenterica inferiore; la soluzione
cardioplegica invade le cavità cardiache, l’aorta toracica è clampata prima
dell’emergenza dell’anonima; è sezionata di netto la vena cava subito al di
sopra del diaframma e il sangue venoso defluisce via attraverso l’altra grossa
cannula posta all’interno della cava inferiore. Il cuore è ora fermo, parte del
sangue venoso è raccolto con l’aspiratore dalla breccia della cava inferiore del
suo tratto toracico e la soluzione di perfusione, attraverso il circolo
arterioso e quello portale, spingendo via il sangue dai vari parenchimi, lava
tutti i tessuti. Abbondante ghiaccio sterile è posto sia in cavità toracica, che
più abbondantemente, in quella addominale.
I chirurghi in questo tempo sono veloci ed efficaci, quasi frenetici: nel più
breve tempo possibile tutti gli organi da prelevare devono abbandonare il corpo
del donatore per essere immersi nel ghiaccio sterile dei vari contenitori.
Il cuore viene deconnesso sezionando l’aorta, l’arteria polmonare, le vene
polmonari di sinistra, la cava superiore, la riflessione del foglietto
pericardico sul tetto dell’atrio sinistro, le vene polmonari di destra. Il
fegato, già preparato a cuore battente, è asportato sezionando la vena cava
inferiore subito al di sopra delle vene renali.
Inizia ora il prelievo dei reni in unico blocco: sezione degli ureteri nella
loro porzione distale e, seguendo in modo smusso prima l’uno poi l’altro, si
asportano i due reni, rispettando l’aorta e la cava, già sezionate a monte e a
valle.
Massima attenzione è posta da tutti i chirurghi alle varianti anatomiche,
soprattutto vascolari, che quando presenti, se non verificate prima, possono
portare ad errori di prelievo con danni conseguenti che portano fino al non
utilizzo dell’organo stesso.
Il cuore, il fegato e i reni (questi separati al banco) sono immersi in
soluzione fredda di Belzer e chiusi in un primo sacchetto sterile di plastica;
questo è inserito in un secondo sacchetto con ghiaccio sterile, che a sua volta
è chiuso in un terzo sacchetto, anch’esso con ghiaccio sterile. Gli organi
possono ora essere riposti in contenitori rigidi termici, pieni di ghiaccio per
il trasporto.
La tecnica di prelievo subisce delle variazioni quando devono essere prelevati
anche i polmoni, il pancreas e l’intestino.
I polmoni devono essere trasfusi attraverso il tronco dell’arteria polmonare con
soluzione fredda pneumoplegica, contenente mannitolo, prostacicline e sangue
dello stesso donatore; il pericardio è inciso anche nella sua porzione
posteriore; i tronchi sopraortici, l’istimo dell’aorta, la vena azigos, la cava
superiore sono sezionati per prelevare il blocco cuore-polmoni; infine si
sezionano i peduncoli polmonari e la trachea; i polmoni sono tenuti in leggera
insufflazione.
Il pancreas è dissecato accuratamente ed è prelevata anche la prima porzione di
duodeno e l’angolo duodeno-digiunale.
Quando bisogna prelevare anche l’intestino la tecnica è quella del monoblocco
(fegato, pancreas, duodeno, milza, digiuno) e poi un’accurata preparazione al
banco sotto protezione anti-ischemia.
L’ischemia calda dura il tempo che va dall’interruzione del flusso sanguigno
(cuore fermo) al posizionamento dell’organo nel ghiaccio e riprende per il tempo
chirurgico del trapianto fino alla riperfusione dell’organo all’interno del
corpo del ricevente; comporta una alterazione del metabolismo tessutale per
deficit di ossigeno ed accumulo di cataboliti tossici: al metabolismo aerobico,
che durante il ciclo di Krebs produce un gran numero di elettroni riduttori con
formazione di NADH che permette la rigenerazione di ADP, si sostituisce il
metabolismo anaerobico con attivazione della glicolisi, scarsa produzione di ADP
e accumulo di lattato, protoni e biossido di carbonio; la conseguenza sarà
l’acidificazione del medium cellulare e l’alterazione della funzione
dell’organo.
L’ischemia fredda, che determina un ulteriore deterioramento dello stato di
vitalità tessutale, si realizza quando l’organo è asportato dal corpo del
donatore e messo in ghiaccio e dura per tutto il tempo che l’organo rimane
conservato.
L’ipotermia è fattore essenziale per la protezione degli organi e si ottiene
perfondendo l’organo con un’apposita soluzione fredda attraverso l’arteria che
lo nutre. In ischemia fredda tutte le manifestazioni ischemiche sono solo
rallentate per inattivazione parziale (da freddo) degli enzimi, ma non sono del
tutto soppresse: persiste un metabolismo di base che si traduce in un consumo di
ossigeno (0,13 ml/02/min. ogni 100 g. di tessuto miocardio a 5°C) con la
conseguenza di una riduzione marcata del livello energetico cellulare e di
un’acidificazione tessutale.
Le soluzioni di perfusione si raggruppano in due classi: extracellulare, la cui
composizione è simile a quella del plasma con conseguente equilibrio
tessutale e concentrazione normale di calcio, ed intracellulare, dove la minore
concentrazione di calcio e sodio viene bilanciata dalle alte concentrazioni di
glucosio, destano e mannitolo. Le extracellulari vengono usate per le
cardioplegie, mentre le intracellulari per preservare reni e fegato, anche se
cominciano ad essere usate anche per la conservazione di cuore-polmoni.
Risalgono agli anni 50 i primi studi per mantenere vitali quanto più a lungo
possibile gli organi da trapiantare. Nel 1969 Collins propose una soluzione di
perfusione che consentì di conservare i reni per 24 ore. Le modifiche proposte
da Sacks nel 1979 consentirono di allungare tale tempo fino a 48 ore. Oggi si
usa prevalentemente la soluzione di Belzer a 40C infusa attraverso l’arteria
nutritiva dell’organo. Tale soluzione ha soppiantato le altre perché ha
introdotto un nuovo concetto: prima si riteneva che in ischemia fredda la
cellula rimanesse in riposo metabolico e quindi fosse sufficiente un solo
apporto elettrolitico per una corretta osmolarità ad evitare l’edema da accumulo
di sodio intracellulare; Belzer ha visto che, specie dopo le prime ore, un certo
metabolismo era presente, per cui era necessario fornire alle cellule anche un
apporto energetico che assicurasse loro un corretto nutrimento al fine di
consentire una sollecita ripresa funzionale.
Composizione della
Soluzione di Belzer:
Sodio (mmol/l) 30, Glutatione (mmol/l) 3,
Potassio (mmol/l) 120, Allopurinolo (mmol/l) 1,
Magnesio (mmol/l) 5, Insulina (UI/l) 100,
Solfato (mmol/l) 5, Desametazone (mg/l) 8,
Lactobionato (mmol/l) 100 Bactrim (ml/l) 0,5,
Fosfato (mmol/l) 25, HES (g/l) 50,
Raffinosio (mmol/l) 30,
Adenosina (mmol/l) 5, Osmolarità 320, Ph 7,4.
Da poco tempo anche in Italia e’ possibile prelevare arti a scopo di trapianto.
Riguarda solo parte dell’avambraccio e mano ed e’ tuttora una metodica
consentita in fase sperimentale solo per un certo numero di trapianti. Sarà
rivalutata l’opportunità di continuare alla luce dei risultati dei primi
trapianti.
Possono essere prelevati anche cute, vasi, ossa, cornee e tali prelievi vengono
fatti a cuore fermo; ciò per la scarsa sensibilità all’ischemia di tali tessuti
e la loro capacità di riprendere la normale funzione dopo il trapianto. Alcuni
di questi, prima del trapianto, subiscono un trattamento che li rende
antigenicamente inerti per cui non stimoleranno risposte immunitarie: i pazienti
che ricevono tessuti così trattati non necessiteranno di terapia
immunosoppressiva.
Casistica
Le esperienze riportate sono state vissute presso la 1^ Divisione di
Rianimazione dell’Ospedale Civico di Palermo.
Esperienza Vissuta “A”
M. di anni 18 giunge di notte in gravissime condizioni: trauma cranico in
politrauma, areflessico e midriatico.
Sottoposto ad intervento chirurgico, le condizioni del paziente permangono in
uno stato di gravità.
I familiari sono fin dal primo momento informati delle gravi condizioni del
congiunto.
Il medico di guardia si dilunga nell’incontro con i familiari, padre, madre e
due sorelle e riscontra una forte resistenza nelle figure femminili a recepire
il messaggio trasmesso. Solo il padre, sebbene in uno stato quasi di trance,
sembra capire la gravità della situazione.
La mattina seguente per il permanere dello stato di midriasi e areflessia dopo
l'intervento chirurgico, viene eseguito un tracciato elettrico cerebrale. Questo
mette in evidenza una depressione gravissima dei ritmi bioelettrici del
cervello.
Durante i tre giorni seguenti i familiari hanno accesso al reparto ed incontrano
il proprio caro, ricevono informazioni sullo stato clinico da parte del medico
di guardia. L’ informazione è costante, conferma la gravità delle condizioni di
salute del paziente e ha come obiettivo quello di far comprendere ai familiari
che queste difficilmente potranno evolvere in un miglioramento.
Durante i giorni di ricovero, non sempre la relazione fra i familiari, in
particolare con una delle sorelle del paziente, sono facili. Spesso si creano
momenti di conflitto con gli operatori della Terapia Intensiva. Questi episodi
evidenziano da parte dei familiari:
- mancanza di fiducia nella struttura che assiste il congiunto;
- rabbia per il limite della scienza dinanzi alla “cura della mente”.
I familiari rifiutano l’idea dell’imminenza della morte e accanto al paziente si
rapportano in maniera inadeguata al suo stato clinico:
- elencano promesse che realizzeranno, per stimolare il suo risveglio;
- gli propongono la musica preferita con una radio cuffia; iniziativa che viene
ostacolata dagli operatori sanitari.
Il quarto giorno il tracciato E.E.G. è certificato isoelettrico dal
neurofisiopatologo, la famiglia viene convocata per comunicare l’inizio
dell’osservazione. Dopo avere atteso l’arrivo del padre, che e’ “irreperibile”,
il medico decide di parlare con le persone presenti: la madre e le sorelle. Il
medico di guardia è lo stesso che era presente al momento della accettazione del
ragazzo in reparto e che ha avuto l’opportunità nei giorni precedenti di parlare
con la famiglia. Il medico comunica lo stato di morte: i familiari reagiscono
violentemente negando l’evento. La sorella con una reazione incontrollata cerca
di fuggire dalla stanza, preoccupando il personale per un eventuale azione
suicida minacciata dalla ragazza: gli animi si riscaldano, tutti gli operatori
presenti (infermieri, medici, terapista, ausiliario, assistente sociale) vengono
coinvolti nel contenere le reazioni dei familiari, e richiedono la presenza di
due agenti di polizia per controllare la situazione. Vengono proposte delle
gocce di sedativo che la madre rifiuta di prendere. Nel frattempo si cercano
nell’androne i congiunti per un supporto ai familiari, ma nessuno è idoneo a
tale compito, anzi manifestano anche loro una reazione negativa e si allontanano
dal locale.
Durante la fase dell’osservazione, i familiari si relazionano con il proprio
congiunto, stimolandolo verbalmente per ottenerne il risveglio, negando ancora
una volta l’evidenza della morte. Ad un successivo colloquio del medico per
proporre la donazione degli organi, i familiari rispondono in maniera aggressiva
e con rabbia, in particolare la madre riferisce:”non abbiamo ricevuto nulla e
nulla daremo".
A poco più di un mese dalla morte del paziente in reparto giunge la sorella
dello stesso, quella che agli operatori sanitari era sembrata psicologicamente
più instabile e refrattaria ad accettare gli eventi. Chiede di parlare con
qualcuno per capire la “vera “causa della morte del fratello e pone vari
quesiti.
Ad accoglierla l’infermiera del reparto che era presente durante la fase
dell’osservazione.
Con disponibilità si ascoltano i quesiti e ripercorrendo gli eventi vissuti
durante il ricovero in reparto si cerca di dare le risposte ai dubbi manifestati
e agli eventi vissuti; si informa inoltre sulla possibilità di richiedere copia
della cartella clinica per chiarire ulteriori dubbi . Il colloquio si svolge in
maniera serena; a conclusione dell’incontro l’infermiera nota sollievo nella
ragazza per aver soddisfatto un suo desiderio: parlare con qualcuno che
conosceva gli eventi.
Esperienza vissuta da “B”
All’arrivo di una ragazza vittima di un grave incidente stradale, alla prima
domanda, sempre la stessa, “Quanti anni ha?”, segue una reazione di sgomento,
perché nessuno ama lavorare su persone così giovani e così gravi.
Mentre si commenta che a venti anni non si può morire, si prepara tutto il
necessario per l’accoglienza di L. Nessuno si sarebbe aspettato tanta bellezza
in quel corpo inerme, si reagisce tutti alla stessa maniera facendosi cogliere
da un sentimento di rabbia. Un infermiere supporta il medico nelle varie
procedure operative (arteria, vena centrale etc.). Il medico, precedentemente
informato dal collega che ha accompagnato L. informa sulle modalità
dell’incidente, quasi a fare intendere l’estremità della situazione. Da quel
momento il pensiero corre ai genitori della ragazza: Hanno capito?
Ognuno ha una diversa risposta emotiva, qualcuno anche di fuga, che lo porta ad
estraniarsi da quanto sta accadendo. Finite le procedure, il medico di guardia
chiede di fare entrare i signori C.
Si vedono entrare un uomo e una donna distrutti dal dolore, che si sostengono
l’un l’altro, dignitosi nel proprio dolore. Si fanno accomodare, si cerca di
tirare fuori un sorriso rassicurante, anche se si ha la consapevolezza di
bleffare. Qualcuno rimane vicino al medico di guardia, per supportarlo in un
momento doloroso per tutti. Ci si guarda sperando che qualcuno parli, che faccia
nascere delle speranze nonostante la consapevolezza della gravità delle
condizioni di L.
Il medico di guardia informa i genitori sulle condizioni attuali della figlia,
evidenziando che queste potrebbe variare da un momento all’altro, facendo
intuire comunque che la situazione potrebbe precipitare da un momento all’altro.
I signori C. si affidano alle cure, facendo intendere la loro fiducia. Vengono
spiegate loro le modalità (in questo caso crudeli) per vedere L.: si può entrare
una volta al giorno, per un’ora mentre si può accedere più volte per avere
continui aggiornamenti.
Ciascuno di noi non può fare a meno di porsi delle domande: “E se capitasse a
me?” - “Se io fossi uno dei genitori, sarei già andato fuori di testa!” Si
trovano gli spazi per un caffè, per una battuta spiritosa, ma poi si torna a
parlare di lei, si chiede al medico come sta evolvendo la situazione, bastano
poche parole per avere conferme precise. Sì la stiamo perdendo! Si comincia a
fare entrare i genitori più spesso, quasi a voler mandare loro un messaggio
preciso e trasparente. Si parla in maniera più chiara con loro, i volti si
trasformano giorno per giorno.
Ci si accorge di lavorare sempre più tesi, si spera di non esserci quando
morirà. Diventa difficile pensare a questo “evento” che comunque già tocchiamo
con mano. Si rimane sempre più vicini ai genitori, ai quali non si riesce quasi
più a parlare, si chiede loro se hanno bisogno di qualcosa, si prendono delle
sedie per farli sostare accanto alla figlia, e quando capita di ascoltare le
parole che la madre rivolge a L., viene voglia di sprofondare; tutti sanno ciò
che accade in quella stanza anche se non si è presenti, tutti raccontano. Stare
vicino ai signori C. è facile perché non reagiscono con modi violenti, sono
pacati, addolorati ma silenziosi, quasi che non volessero sprecare le loro
energie in reazioni disperate. Li guardiamo ammirati perché comunque riescono a
colmare i vuoti con quei racconti che tutti vorremmo stare lì ad ascoltare. Il
dolore ci insegna a crescere, noi stiamo crescendo. Si richiede il primo EEG, il
tecnico prepara la ragazza, tutti si sentono coinvolti come se fosse scattata
l’ora x, si guarda il tracciato: è piatto! E adesso? Adesso bisogna dirlo ai
genitori, ai compagni di scuola dietro quella porta. Vengono convocati i
genitori nella stanza del medico di guardia, l’atmosfera è pesante, non può
essere altrimenti, ci si sente lacerare dentro. Viene loro data la notizia, gli
sguardi sono sgomenti, quasi non ci si crede, viene ripetuta più volte in modo
diverso, hanno capito, in fondo tutto era chiaro già dall’inizio.
Un caso particolare: assistenza
infermieristica nel trapianto del rene
Come si è già avuto modo di accennare, parlare di donazione significa parlare
inevitabilmente di trapianto. Finora si e’ parlato di donazione e di assistenza
infermieristica tout court. Sembra opportuno trattare, seppur brevemente, di una
particolare ipotesi di donazione e di assistenza infermieristica nel trapianto
del rene.
Il trapianto di rene rappresenta una possibilità di trattamento per una
nefropatia in stadio terminale. Anche se non considerato curativo questo tipo di
intervento può offrire ai pazienti, in alcune situazioni, una qualità di vita
migliore di quella offerta dalla dialisi. Il trapianto di rene si basa sulla
donazione di organi. Vi sono due fonti di donatori: donatori viventi e donatori
cadaveri. Molti dei donatori viventi sono parenti di sangue del ricevente. Può
venire preso in considerazione ciascun parente, anche se tanto più stretto è il
grado di parentela, tanto migliore è la probabilità di un elevata concordanza
dell’antigene leucocitario umano. Occasionalmente, può venire impiegato un
donatore vivente emotivamente correlato, quale un coniuge. Gli organi da
cadavere costituiscono la più frequente fonte di reni per i trapianti. Molti
donatori di reni di cadaveri sono di età inferiore ai 65 anni e sono vittime di
traumi o di accidenti cerebro-vascolari che hanno determinato una morte
cerebrale irreversibile. I donatori devono essere privi di neoplasie, infezioni
malattie organiche principali. Prima della donazione dell’organo devono essere
mantenute una buona perfusione renale e diuresi. Con l’impiego di
apparecchiature di perfusione, questi organi possono essere mantenuti vitali per
un periodo sino a 72 ore.
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Trapianti di rene in Sicilia: anni 1993-2001 |
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Trapianti di rene in Sicilia per Centro trapianti |
ASSISTENZA NEL PRE TRAPIANTO
Normalmente il potenziale ricevente viene ospedalizzato poco prima
dell’intervento: le ore di attesa che precedono il trapianto sono molto
stressanti sia per il paziente che per i suoi familiari; in questo periodo egli
deve essere messo al corrente di quanto accadrà durante l’intervento, della
possibilità di doversi sottoporre a dialisi nell’immediato periodo
post-operatorio, delle terapie per via parenterale che riceverà e della
necessità del cateterismo vescicale. Fornire queste informazioni è in genere
compito del medico che eseguirà il trapianto, ma il personale infermieristico in
questa fase deve saper rispondere adeguatamente al desiderio di informazione del
paziente anche perché spesso, nelle fasi convulse che precedono il trapianto, le
spiegazioni mediche risultano sbrigative e troppo tecniche per la gran parte dei
pazienti.
Parlare con l’infermiere, che il paziente sente più vicino e meno coinvolto
nelle operazioni che seguiranno, è di grande aiuto e contribuisce a ridurre
l’ansia che precede l’intervento. Logicamente l’infermiere deve essere ben
preparato e pronto a rispondere a tutte le domande in modo da instaurare un
rapporto di fiducia e rappresentare un punto di riferimento per il paziente più
vicino e valido del medico per tutti i problemi che non sono di stretta
competenza medica.
Una fase importante nella preparazione pre operatoria del ricevente è quella
dell’esecuzione dei controlli clinici necessari alla valutazione finale
dell’idoneità del paziente all’intervento.
Verranno eseguiti alcuni prelievi per i test ematochimici di routine, il
dosaggio degli elettroliti ematici, per evidenziare se il paziente deve essere
sottoposto ad una seduta dialitica prima dell’intervento, i prelievi per markers
virali, anche per poter monitorizzare una eventuale infezione virale nel post -
operatorio, nonché i tests della coagulazione, in quanto spesso è alterata nel
paziente uremico, in particolar modo se ha eseguito dialisi che come noto
comporta l’uso di eparina. Effettuati e inviati in urgenza i prelievi, è
necessario effettuare il rilevamento dei parametri vitali, come la pressione
arteriosa, che verrà rilevata sul braccio opposto a quello in cui c’è l’accesso
vascolare, la temperatura corporea, il peso attuale, è necessario inoltre
annotare il peso “secco”, all’uscita della dialisi, riferito dal paziente, ed
eventualmente la diuresi residua media, dati importanti questi ultimi per
compilare un esatto bilancio idrico nel post operatorio. Il paziente verrà
quindi accompagnato ad eseguire gli esami strumentali quali Rx torace e l’E.C.G.,
necessari per la valutazione anestesiologica e si procede alla tricotomia in
zona addominale ed inguinale. Secondo i protocolli terapeutici verranno eseguite
terapie previste prima dell’intervento, in genere somministrazione di
antibiotici o farmaci immunosoppressori. La preparazione intestinale non è molto
importante ed è in genere sufficiente che il paziente sia a digiuno da qualche
ora. Se necessario, sotto indicazione medica, verrà eseguito clistere
evacuativo. Non è necessario posizionare un sondino nasogastrico ed il catetere
vescicale viene generalmente posizionato in camera operatoria, in ambiente e con
tecnica sterile. Secondo indicazione dell’anestesista verrà effettuata una
terapia preanestetica. Il ricevente è cosi pronto per essere accompagnato in
camera operatoria.
RUOLO DELL’INFERMIERE NEL POST-INTERVENTO
Il paziente trapiantato trascorre le prime 24-36 ore nel reparto di
rianimazione, in un ambiente asettico e sottoposto a continuo monitoraggio.
Generalmente quando proviene dalla camera operatoria è ben sveglio e non
necessita di assistenza respiratoria come accade dopo il trapianto di altri
organi che richiedono interventi più complessi. Può lamentare dolore addominale
nella sede della ferita operatoria, ma di solito i dolori post operatori non
sono molto intensi. In camera operatoria viene applicato un unico drenaggio
preferibilmente non in aspirazione che è collegato ad una sacca di raccolta
graduata a circuito chiuso svuotabile con apposito rubinetto per evitare
infezioni ascendenti. Viene quasi sempre posizionato un catetere di Foley a due
vie, collegato,sempre a circuito chiuso, ad un urometro graduato.
Compiti assistenziali:
I primi giorni dopo il trapianto sono i più delicati per la possibilità di
insorgenza di complicanze precoci, pertanto risultano molto pesanti, sia per il
paziente, che per l’infermiere: le funzioni vitali e la diuresi vanno
controllate almeno ogni ora, mentre più volte al giorno vengono ripetuti esami
riguardanti il quadro ematologico, la funzione renale e gli elettroliti. Il
paziente a breve distanza dal trapianto esegue anche un ecodoppler del rene
trapiantato e dei suoi vasi per valutare la funzionalità dell’organo. Anche
quest’ultimo esame può essere ripetuto ad intervalli regolari ed insieme con i
parametri ematochimici, darà al medico l’opportunità di diagnosticare qualsiasi
deficit di carattere funzionale possa subentrare compresi i segni iniziali di un
episodio di rigetto acuto.
L’INFERMIERE DOVRÀ:
• controllare il bilancio dei liquidi, registrando le entrate ed uscite (ogni
ora nei primi giorni);
• monitorare i parametri vitali (Pressione Arteriosa, Pressione Venosa Centrale
e Temperatura Corporea) ogni ora nei primi giorni;
• mantenere la pervietà del catetere Foley;
• pesare quotidianamente il paziente;
• controllare frequentemente i drenaggi (sentinella contro le emorragie o la
perdita di altri fluidi);
• assicurarsi della sterilità della ferita che deve essere medicata
frequentemente;
• valutare la presenza di edemi (causati da eventuale eccesso di liquidi,
aumento della P.A., perdita di proteine ecc..);
• controllare almeno due volte al giorno i parametri ematochimici;
• prevenire complicazioni infettive usando la massima asepsi durante le manovre
assistenziali (medicazioni, somministrazione di terapie endovenose, svuotamento
dei drenaggi ecc), limitando almeno nel primo periodo le visite dei familiari,
eseguendo quasi quotidianamente urinocoltura e tampone faringeo (che possono
rivelare tempestivamente processi infettivi batterici, ma anche micotici che
devono essere trattati immediatamente, soprattutto a causa dell’immunodepressione
farmacologicamente indotta in questi pazienti).
L’osservazione scrupolosa di quanto sopra detto ha lo scopo di avvisare
immediatamente il medico per un intervento che risulti tempestivo per debellare
rapidamente ogni eventuale complicanza. Altro compito del personale
infermieristico è assicurarsi della somministrazione ad orario della terapia
immunossopressiva, spiegando al paziente l’importanza della continuità e della
regolarità nell’assunzione della stessa anche dopo la dimissione dall’ospedale.
Spesso ci troveremo ad ascoltare ed a rassicurare il paziente sulle sue
molteplici perplessità, vorrà notizie non solo cliniche (che normalmente vengono
esaudite dal medico), ma per lui sarà importante conoscere come sarà il futuro
dopo quanto ha affrontato. Il compito dell’infermiere in questo contesto è
importante in quanto è in grado di dare tutte l informazioni necessarie al
paziente, consigliando le precauzioni da prendere. Nel primo periodo dal
trapianto (circa tre mesi),dovrà astenersi da frequentare posti affollati e
fumosi (fonti di infezioni, in questo periodo in cui è maggiore l’immunodepressione)
ed il microambiente dovrà essere spesso rinnovato, evitando di esporsi a
correnti d’aria fredda; sarà importante consigliare la cura dell’igiene
personale e l’attenzione alla dieta da seguire (il cortisone normalmente non va
d’accordo con i dolci); spiegare il modo più semplice per fare un discreto
bilancio idrico (bere abbastanza e controllare le urine nelle 24h). Fino ad ora
abbiamo elencato le varie attenzioni che devono essere adottate durante un
assistenza ad un paziente appena trapiantato, ora approfondiamo alcuni degli
aspetti assistenziali principali.
ACCESSI VASCOLARI: generalmente il paziente appena tornato dalla
sala operatoria è fornito di un cateterino a più vie in una vena centrale
(succlavia o giugulare interna) che serve come accesso generale alla
circolazione, per l’infusione di liquidi e per la somministrazione della
terapia: attraverso di esso viene inoltre monitorizzata la pressione venosa
centrale, utile per conoscere lo stato di idratazione del paziente. In genere
esso viene tenuto in sede per poco tempo (24 - 48 ore), in quanto la paresi
intestinale post operatoria di questi pazienti è di breve durata e già dal
giorno dopo sono in grado di assumere liquidi e terapia per via orale ed
alimentarsi. In presenza di complicanze attraverso questo cateterino potrà
essere somministrata una nutrizione parenterale. Fin quando rimane in sede, del
catetere vascolare va controllata la pervietà, la pulizia della medicazione e la
presenza di eventuali segni di infezione a livello del punto di ingresso
cutaneo. In molti casi, in questi pazienti, durante l’intervento, viene
incannulata l’arteria radiale per il monitoraggio invasivo della pressione
arteriosa e per eseguire più facilmente e ripetutamente il prelievo per l’emogasanalisi,
riducendo il fastidio per il paziente. Anche di questo accesso, la cui
permanenza, come per l’accesso alla vena centrale, non sarà lunga, va
controllata la pervietà (molti dispositivi di questo tipo sono collegati ad una
sacca di soluzione fisiologica a pressione con la quale si possono effettuare
dei brevi lavaggi della cannula stessa e delle vie collegate), la pulizia e la
presenza di complicanze come ematomi o trombosi. L’accesso vascolare dialitico è
generalmente costituito dalla fistola arterovenosa, della quale va controllato
periodicamente il buon funzionamento, in quanto il trauma dell’intervento, gli
squilibri pressori che possono verificarsi col trapianto renale, la stessa
terapia immunosoppressiva possono determinare una trombosi della fistola, evento
tutt’altro che raro dopo il trapianto e da evitare il più possibile perché se il
rene non mostra subito un buon funzionamento, sarà necessario effettuare sedute emodialitiche post trapianto. In ogni caso, come di norma col paziente
emodializzato, non deve essere usata la fistola arterovenosa per i prelievi o la
somministrazione della terapia infusionale. Pazienti con problemi all’accesso
vascolare o pazienti in dialisi peritoneale, se necessitano di dialisi,
richiedono il posizionamento di un catetere vascolare in più (vena femorale,
succlavia o giugulare interna) da usare unicamente come accesso dialitico.
Questo accesso non va usato per prelievi o infusioni di liquidi, generalmente va
toccato e medicato solamente in occasione della seduta emodialitica per non
sottoporre il paziente ad inutili rischi infettivi attraverso questa via. I
prelievi ematici vanno effettuati attraverso una vena periferica e non dagli
accessi vascolari eventualmente già presenti per toccare il meno possibile i
cateteri vascolari e per non falsare il risultato degli esami a causa della
commistione del sangue con i liquidi della terapia infusionale.
DRENAGGIO DELLA FERITA CHIRURGICA: in genere il paziente trapiantato giunge
dalla sala operatoria con un unico drenaggio posto nella neologgia del rene,
quindi in sede extraperitoneale, in stretta vicinanza con le anastomosi
vascolari del trapianto. Tale drenaggio, se non sussistono complicazioni, viene
tenuto in sede per due o tre giorni. Come noto, il drenaggio addominale
rappresenta una possibile fonte di infezione per propagazione ascendente della
contaminazione batterica, pertanto, per la durata della sua permanenza, andrà
collegato a circuito chiuso con un sistema di raccolta graduato che consenta la
misurazione periodica di quanto drenato e lo svuotamento isolato, con apposito
rubinetto, che non dovrà mai essere cambiato. Il sistema di raccolta può essere
in aspirazione o meno: il sistema in aspirazione, se da un lato assicura
l’univocità della direzione dei fluidi, dall’altro può provocare problemi come
il kinking dell’uretere per aspirazione dello stesso o di tessuto grasso
periureterale, per cui in alcuni centri è stato abbandonato a favore di un
sistema gravitometrico. Il punto di ingresso cutaneo va controllato per
infezioni o emorragie, va medicato quotidianamente assieme alla ferita
chirurgica. Da questo drenaggio generalmente si raccoglie sangue in piccola
quantità. Una quantità sensibilmente elevata è spia di una complicanza
emorragica, di cui va avvertito immediatamente il medico. Alcune volte il
drenaggio da esito a quantità variabili di liquido chiaro, spesso misto a
sangue, costituito da linfa: la fossa iliaca, in sede extraperitoneale, è una
zona molto ricca di vasi linfatici che vengono lesi dall’intervento e possono
rimanere beanti originando raccolte linfatiche attorno al rene trapiantato.
Questa può essere una indicazione a mantenere in sede il drenaggio più a lungo,
in quanto le raccolte linfatiche possono essere un ottimo terreno di coltura per
i batteri. In alcuni casi, dal drenaggio può uscire urina, a seguito di una
complicanza chirurgica come la deiscenza dell’anastomosi uretero-vescicale o la
rottura della cupola vescicale. Può essere molto difficile differenziare questo
liquido dalla linfa: generalmente la quantità è maggiore, il liquido è più
fluido e meno torbido e si accompagna a riduzione dell’urina drenata dal
catetere vescicale, in presenza di una funzione renale comunque buona. Test
chimico-fisici ed esami strumentali potranno poi definire meglio la diagnosi.
Dal drenaggio può infine uscire liquido purulento, segno di infezione batterica.
CATETERE VESCICALE: il catetere di Foley viene mantenuto in sede per almeno
cinque giorni, allo scopo di decomprimere la vescica e di non mettere sotto
tensione le anastomosi vescicali fresche con la diuresi del rene trapiantato. Il
sistema di raccolta deve essere opportunamente graduato, in modo da consentire
la raccolta frazionata della diuresi, con scarico a rubinetto separato. Oltre
alla quantità, devono essere osservate anche le caratteristiche delle urine:
limpidezza, presenza di sangue ecc. In genere le prime urine emesse dal rene
trapiantato sono lievemente ematiche perché raccolgono sangue dal bordo
ureterale anastomizzato alla vescica. Raramente si osserva una ematuria franca,
di cui va avvertito il medico.
Possono comunque formarsi dei coaguli ostruenti: questa è in genere l’unica
indicazione ad effettuare lavaggi del catetere, mentre negli altri casi non va
toccato per prevenire infezioni urinarie ascendenti. Quando viene posto uno
stent ureterale, il catetere viene tolto precocemente, già in prima giornata,
solamente in occasione della seduta emodialitica per non sottoporre il paziente
ad inutili rischi infettivi attraverso questa via. I prelievi ematici vanno
effettuati attraverso una vena periferica e non dagli accessi vascolari
eventualmente già presenti per toccare il meno possibile i cateteri vascolari e
per non falsare il risultato degli esami a causa della commistione del sangue
con i liquidi della terapia infusionale.
BILANCIO IDRICO: È senz’altro uno dei parametri più importanti per un paziente
trapiantato di rene, generalmente un compito impegnativo per l’infermiere che
l’assiste, anche perché le prescrizioni mediche sono generalmente poco precise
al riguardo, in quanto l’infusione di liquidi deve essere variata anche momento
per momento a seconda della diuresi. In genere si può dire che il paziente con
trapianto renale ben funzionante va mantenuto in bilancio idrico lievemente
positivo, per stimolare una buona diuresi spontanea, computando come di norma
nelle uscite non solo la diuresi ma anche i drenaggi, le deiezioni e la
perspiratio insensibilis. Specialmente i primi due giorni va misurata almeno
ogni ora la diuresi, in modo da correggere tempestivamente ogni accenno di
contrazione o con una maggiore infusione di liquidi o con diuretico.
Successivamente, quando il paziente beve e si alimenta per os ed è stato rimosso
il catetere vescicale, il monitoraggio della diuresi può essere effettuato sulle
24 ore, raccomandando al paziente di bere secondo la sete che sente (ricordiamo
che i pazienti che provengono dall’emodialisi sono generalmente abituati alla
restrizione idrica) e senza sforzarsi di bere quantità d’acqua eccessive. Il
paziente con buon funzionamento del trapianto presenta nelle prime ore
generalmente una poliuria per incapacità del rene a concentrare le urine, parte
a causa del trauma dell’espianto/trapianto o per una lieve lesione tubulare
ischemica, parte anche per il wash-out della midollare renale che segue alla
perfusione al momento del prelievo, per cui in questo caso vanno somministrare
grandi quantità di liquidi. In linea generale ci si può regolare con la diuresi
oraria, somministrando alternativamente soluzione fisiologica e soluzione
glucosata al 2.5 - 5 %. Nelle prime poche ore post trapianto, il volume da
somministrare all’ora deve essere pari alla diuresi oraria, comunque non più di
100 ml/h. Successivamente la diuresi dovrebbe cominciare a ridursi e pertanto la
somministrazione di liquidi deve sempre seguire la diuresi oraria fino ad un
massimo di 30 ml/h. Dopo le prime 24-36 ore il rene comincia a concentrare le
urine e sarà il meccanismo della sete a regolare l’assunzione di liquidi. La
somministrazione di liquidi per endovena comunque va effettuata seguendo la
diuresi e mantenendo sempre il bilancio leggermente positivo, anche sulla scorta
dei valori della pressione venosa centrale. Se il paziente non ha un buon
funzionamento del trapianto e si presenta oligurico o anurico, l’infusione di
liquidi va ridotta o sospesa per non causare un sovraccarico ponderale e
limitata alla sola terapia. Eventuali eccessi di liquido non eliminati con la
diuresi potranno poi essere rimossi con l’emodialisi.
PRESSIONE ARTERIOSA: molti pazienti uremici in trattamento sostitutivo sono
ipertesi e già in terapia, la quale poi andrà continuata nel post trapianto,
eventualmente modificata per adattarla alla somministrazione parenterale. Il
trapianto renale può indurre ulteriore aumento della pressione arteriosa per
diversi motivi: aumento della massa circolante per un bilancio idrico non
corretto, farmaci immunodepressori (soprattutto ciclosporina e cortisone
inducono ipertensione), secrezione di renina da parte di un terzo rene oltre
quelli nativi. Per tale motivo la pressione arteriosa va attentamente
monitorizzata specie nell’immediato post operatorio ed eventualmente vanno
somministrati farmaci antipertensivi di emergenza prescritti dal medico al
bisogno. Tra questi vengono molto usati i calcioantagonisti, specialmente le
formulazioni in gocce dotate di un rapido assorbimento sublinguale che possono
essere somministrati anche nei primi giorni dopo l’intervento. Sono
assolutamente da evitare in tutti i modi le crisi ipotensive, non solo per le
ovvie ripercussioni sul paziente ma perché possono provocare ipoperfusione e
danno ischemico al rene trapiantato.
ALTRI PARAMETRI VITALI: la temperatura corporea va misurata ogni ora nel post
trapianto e successivamente più volte al giorno: un suo rialzo può essere la
spia di un processo infettivo, particolarmente temibile in questi pazienti,
oppure di un rigetto acuto. La respirazione come detto generalmente non viene
influenzata dall’intervento. La presenza di dispnea può essere segno di
sovraccarico idrico, specie se si accompagna ad ipertensione, oppure di un
incidente col catetere vascolare centrale (pneumotorace, emotorace, idrotorace
ecc.), o anche di infezione. La frequenza cardiaca può essere alterata per la
febbre o per squilibri elettrolitici (ipopotassiemia da diuretici), oltre che da
patologie cardiovascolari vere e proprie.
ASSISTENZA AL TRAPIANTATO NEL LUNGO TERMINE
Il paziente trapiantato di rene, una volta conclusa la fase dell’intervento, in
assenza di complicazioni non ha bisogno di controlli clinici o ospedalizzazioni
troppo frequenti. Una volta dimesso e superato un congruo periodo di
convalescenza, è pronto a rientrare nella vita di tutti i giorni. Dovrà
sottoporsi a controlli clinici periodici in regime ambulatoriale, durante i
quali si farà il punto sulla funzione renale raggiunta e si attueranno le
necessarie modifiche della terapia immunosoppressiva. Alla dimissione il
paziente deve essere avvertito ed istruito ad aver cura del proprio trapianto:
gli va raccomandato di evitare le fonti di infezioni, l’esposizione al caldo o
al freddo eccessivo, gli sforzi eccessivi, tutti gli eccessi che possono
ulteriormente minare il sistema immunitario già indebolito dalla terapia. Devono
essergli spiegati i possibili sintomi che richiedono un immediato contatto col
centro trapianti, quali la comparsa di edemi, la contrazione di urina, il dolore
addominale e la tensione nella zona del rene trapiantato, che possono indicare
un rigetto acuto; la comparsa di febbre o di sintomi polmonari, che possono
indicare una infezione; la comparsa di irsutismo, acne, ipertrofia gengivale,
gonfiore della faccia che indicano generalmente effetti collaterali della
terapia immunosoppressiva e che pertanto non devono costituire allarme
eccessivo.
Devono essergli anche dati dei consigli alimentari: il paziente sotto terapia
steroidea presenta generalmente un vigoroso appetito, sia perché si sente bene,
sia per effetto proprio di queste terapie: va avvertito di alimentarsi
correttamente e variamente, evitando gli eccessi che potrebbero portare ad
eccessivo incremento ponderale. In caso di parziale ripresa della funzione del
rene trapiantato, il paziente va istruito a non assumere eccessivamente cibi
ricchi in proteine, ed in alcuni casi deve seguire una dieta a restrizione
proteica. L’assunzione di liquidi deve essere limitata a soddisfare il senso di
sete: il paziente trapiantato, a meno di particolari indicazioni mediche, non
deve seguire un regime di restrizione idrica come il dializzato, ma deve
comunque ricordare che ha un unico rene funzionante che non va sovraccaricato. Se
iperteso, gli va raccomandato di ridurre oppure anche eliminare il sale dalla
dieta. E’ molto importante che il paziente capisca la necessità di adeguare
strettamente la terapia immunosoppressiva alle indicazioni mediche, per il
rischio di rigetto dell’organo. Tutte queste raccomandazioni, che devono essere
sempre presenti nella mente del paziente trapiantato, sono generalmente
fornite dal personale infermieristico, che potrà inoltre chiarire
eventuali lacune interpretative grazie al più stretto contatto col paziente:
infatti è importante che il paziente si prenda cura di sé, e questo
può avvenire se è stato adeguatamente istruito e preparato da personale
competente.
RISULTATI DEL TRAPIANTO RENALE
Al giorno d’oggi il trapianto renale è considerata una terapia sicura che
conduce nella maggior parte dei casi a successi terapeutici in termini di
recupero all’attività sociale e lavorativa e di sospensione della terapia
dialitica. Molti problemi rimangono però ancora aperti, primo tra tutti la
durata, in un certo senso limitata, del trapianto. La sopravvivenza media
dell’organo è notevolmente aumentata negli anni, grazie alla standardizzazione
delle tecniche operatorie, alla definizione delle indicazioni ed alla
applicazione di farmaci immunosoppressori sempre più efficaci, ma comunque si è
ancora lontani dal rendere definitivo il trapianto. La stessa introduzione in
terapia della ciclosporina ha migliorato in modo non sostanziale la durata del
trapianto renale: dai 7 anni di emivita media dell’era pre-ciclosporinica si è
passati ai 7,8 anni del quinquennio 85 - 90 quando questo farmaco era ampiamente
utilizzato, da solo o in associazione. Uno studio milanese su 632 trapianti
renali ha individuato come cause della perdita del trapianto renale soprattutto
il rigetto cronico (83%), seguito a distanza da glomerulonefrite (10%), recidiva
o ex novo, trombosi (5%) e tossicità da ciclosporina (1%). Si è molto parlato di
questa complicanza come di importante fattore causale della perdita del rene
trapiantato, ma la bassa incidenza rilevata in questo studio ha di molto
ridimensionato il problema, tanto che diversi autori, che mettevano a confronto
protocolli di terapia immunosoppressiva con ciclosporina da sola o in
associazione, non hanno rilevato differenze significative in termini di
sopravvivenza dell’organo, dovendosi attendere, nei gruppi di terapia di
associazione, una più bassa incidenza di tossicità da ciclosporina. Anche in
studi ove si mettevano a confronto ciclosporina e tacrolimus, che con la
ciclosporina condivide il meccanismo di azione senza averne gli effetti
collaterali a livello renale, non hanno individuato sostanziali differenze nella
sopravvivenza ad 1 anno dei reni trapiantati, a confermare che comunque la
nefrotossicità da ciclosporina non influenza significativamente la sopravvivenza
dell’organo, anche se ancora mancano studi di confronto a lungo termine. Il
nemico da battere è dunque il rigetto cronico, il quale allo stato attuale non è
purtroppo suscettibile di alcun trattamento, una volta instauratosi. L’unica
arma è dunque la prevenzione: si ritiene che l’instaurarsi del rigetto cronico
sia facilitato dalla scarsa compliance dei pazienti alla terapia oppure dal non
perfetto adeguamento della terapia alla reattività immunitaria del paziente,
insomma dal fatto che la terapia, per un motivo o per l’altro, non copre
completamente la reazione immunitaria del paziente la quale, pur non sfogandosi
in rigetti acuti, crea un rigetto subclinico che lentamente progredisce e causa
la perdita, a lungo termine, dell’organo. Negli anni passati si riteneva che la
farmacocinetica imprevedibile della ciclosporina, nella sua formulazione
classica, potesse essere in gran parte responsabile di questa parziale
scopertura della terapia immunosoppressiva: è stato pertanto introdotta, del
tutto recentemente, una nuova formulazione della ciclosporina che assicura una
totale biodisponibilità del farmaco assunto per os, una costanza dei livelli
ematici per dose somministrata ed una minore influenzabilità dell’assorbimento
dalla assunzione contemporanea di altri farmaci o di cibo. Studi effettuati con
questa nuova formulazione, che ha il nome commerciale di Neoral, hanno
evidenziato in effetti una riduzione dell’incidenza di rigetti acuti, a
dimostrazione di una maggiore copertura, ma mancano ancora dati a lungo termine
per poter dire se in tal modo si influenza anche l’insorgenza di rigetto cronico
e quindi la durata del trapianto: la sopravvivenza ad 1 anno intanto non è stata
significativamente differente da quella della vecchia formulazione. Un approccio
lievemente diverso al problema individua come causa principale del rigetto
cronico l’insorgenza di uno o più rigetti acuti, in maniera proporzionale: si
ritiene cioè che tanti più episodi di rigetti acuti si sono verificati, tanto
maggiore è la probabilità di sviluppare un rigetto cronico. Quest’ultimo in
pratica sarebbe il risultato di un rigetto acuto non completamente guarito,
eventualmente soggetto ad una o più riacutizzazioni. L’attenzione si è quindi
rivolta ad una migliore prevenzione e terapia del rigetto acuto. In questo campo
si sono fatti notevoli passi avanti con i nuovi farmaci immunosoppressori. In
particolare il Micofenolato mofetile ha dimostrato di essere in grado di ridurre
l’incidenza dei rigetti acuti al 20% confrontato con azatioprina, come è stato
dimostrato in un importante studio, sintesi dei risultati di tre grandi studi
multicentrici condotti in USA e in Europa su circa 1500 pazienti. In questo
studio, benchè non sia stata dimostrata una significativa differenza della
sopravvivenza del trapianto ad un anno, si è potuta osservare una significativa
riduzione della perdita del rene a causa di rigetto. Del tutto recentemente i
nuovi anticorpi monoclonali rivolti contro il recettore dell’IL-2 hanno
dimostrato una grande capacità di ridurre gli episodi di rigetto acuto, in
percentuali variabili dal 22% al 50% a seconda delle terapie a confronto e del
protocollo utilizzato, dimostrando anche di essere in grado di migliorare la
sopravvivenza ad 1 anno del trapianto. In conclusione, le nuove terapie
immunosoppressive recentemente introdotte nell’uso clinico o sotto studio
promettono maggiore efficacia nel garantire il prolungamento della sopravvivenza
dell’organo, ma dati definitivi potranno pervenire solamente dalla prolungata
osservazione. Per il momento, la maggiore efficacia di questi farmaci ed i
minori effetti collaterali sembrano poter garantire una minore incidenza di
patologie collaterali al trapianto,indotte dai farmaci usati: in particolare la
possibilità di sospendere precocemente la terapia steroidea apporta notevoli
vantaggi in termini di riduzione del rischio cardiovascolare e di altre
patologie notoriamente connesse all’uso prolungato di cortisonici.
L’APPARATO AMMINISTRATIVO NELLA DONAZIONE
Per concludere sembra opportuno parlare brevemente dell’apparato amministrativo
che “gestisce” la donazione di organi e la rende attuabile in concreto. Dal 1991
in Italia si e’ sviluppato il progetto di gestione di reperimento di organi per
i trapianti (TPM) con l’obiettivo principale di formare e informare gli
operatori sanitari al fine di aumentare il numero e la qualita’ di organi e
tessuti disponibili al trapianto, come fattore cardine per aumentare il tasso
di donazioni da deceduti e risolvere la carenza di donatori d’organo. Il TPM
costituisce un approccio sistematico complessivo al principio della mancanza
d’organo.
Da un punto di vista organizzativo, gli ospedali e le autorità sanitarie sono
abituati a fornire servizi sanitari ai pazienti, ma non a procurarsi in proprio
gli organi per trattare i loro pazienti. Agli albori dell’era dei trapianti i
reni venivano ricercati dal nefrologo o dal chirurgo addetto ai trapianti, ma
quando si e’ sviluppato il trapianto di altri organi risultò chiaro che ci doveva
essere qualcuno che si faveca carico delle diverse fasi del processo. Comparve
così
l’équipe di reperimento e divenne più definito il ruolo di ciascun coordinatore. Il
coordinatore dei trapianti (Transplant Procurement Manager) e’ una nuova figura
professionale che si occupa di mettere in atto tutte le strategie per
identificare i potenziali donatori e far pervenire gli organi prelevati
attraverso una rete di professionisti della salute ai pazienti in attesa di
trapianto. Come previsto dalla legge 1 APRILE 1999, N 91, ART. 7 ss., l’organizzazione dei prelievi e dei trapianti di organi e di tessuti
e’ articolata su diversi livelli:
NAZIONALE (Centro nazionale per i trapianti)
REGIONALE (Centri regionali ed interegionali)
LOCALE (Coordinatori locali)
I Coordinatori locali provvedono, secondo le modalita’ stabilite dalle regioni :
- ad assicurare l’immediata comunicazione dei dati relativi al donatore, tramite
il sistema informativo dei trapianti, al centro regionale o interregionale
competente ed al Centro nazionale, al fine dell’assegnazione degli organi;
- a coordinare gli atti amministrativi relativi agli interventi di prelievo;
- a curare i rapporti con le famiglie dei donatori;
- ad organizzare attività di informazione, di educazione e di crescita
culturale della popolazione in materia di trapianti nel territorio di
competenza.
Per citare un esempio nell’ospedale dove lo scrivente lavora il Buccheri La Ferla di Palermo, il ruolo di Coordinatore locale
e’ svolto dal dottore Amedeo Pignataro, anestesista presso il servizio di
rianimazione, il quale ha gentilmente concesso i dati relativi alle donazioni
presso il nostro ospedale.
Ricoveri UTIR dal gennaio 2000 al dic 2001 | ![]() |
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Legge 1° Aprile 1999, n. 91
"Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 15 aprile 1999
Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1.
(Finalità)
1. La presente legge disciplina il prelievo di organi e di tessuti da soggetto
di cui sia stata accertata la morte ai sensi della legge 29 dicembre 1993, n.
578, e regolamenta le attività di prelievo e di trapianto di tessuti e di
espianto e di trapianto di organi.
2. Le attività di trapianto di organi e di tessuti ed il coordinamento delle
stesse costituiscono obiettivi del Servizio sanitario nazionale. Il procedimento
per l'esecuzione dei trapianti è disciplinato secondo modalità tali da
assicurare il rispetto dei criteri di trasparenza e di pari opportunità tra i
cittadini, prevedendo criteri di accesso alle liste di attesa determinati da
parametri clinici ed immunologici.
Art. 2.
(Promozione dell'informazione)
1. Il Ministro della sanità, d'intesa con i Ministri della pubblica istruzione e
dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, sentito il Centro
nazionale per i trapianti, di cui all'articolo 8, in collaborazione con gli enti
locali, le scuole, le associazioni di volontariato e quelle di interesse
collettivo, le società scientifiche, le aziende unità sanitarie locali, i medici
di medicina generale e le strutture sanitarie pubbliche e private, promuove, nel
rispetto di una libera e consapevole scelta, iniziative di informazione dirette
a diffondere tra i cittadini:
a) la conoscenza delle disposizioni della presente legge, nonchè della legge 29
dicembre 1993, n. 578, e del decreto del Ministro della sanità 22 agosto 1994,
n. 582;
b) la conoscenza di stili di vita utili a prevenire l'insorgenza di patologie
che possano richiedere come terapia anche il trapianto di organi;
c) la conoscenza delle possibilità terapeutiche e delle problematiche
scientifiche collegate al trapianto di organi e di tessuti.
2. Le regioni e le aziende unità sanitarie locali, in collaborazione con i
centri regionali o interregionali per i trapianti di cui all'articolo 10 e con i
coordinatori locali di cui all'articolo 12, adottano iniziative volte a:
a) diffondere tra i medici di medicina generale e tra i medici delle strutture
sanitarie pubbliche e private la conoscenza delle disposizioni della presente
legge, nonchè della legge 29 dicembre 1993, n. 578, e del decreto del Ministro
della sanità 22 agosto 1994, n. 582;
b) diffondere tra i cittadini una corretta informazione sui trapianti di organi
e di tessuti, anche avvalendosi dell'attività svolta dai medici di medicina
generale;
c) promuovere nel territorio di competenza l'educazione sanitaria e la crescita
culturale in materia di prevenzione primaria, di terapie tradizionali ed
alternative e di trapianti.
3. Per le finalità di cui al presente articolo è autorizzata la spesa
complessiva di lire 2.000 milioni annue a decorrere dal 1999, di cui lire 1.800
milioni per l'attuazione del comma 1 e lire 200 milioni per l'attuazione del
comma 2.
Capo II
DICHIARAZIONE DI VOLONTÀ IN ORDINE AL PRELIEVO DI ORGANI E DI TESSUTI
Art. 3.
(Prelievo di organi e di tessuti)
1. Il prelievo di organi e di tessuti è consentito secondo le modalità previste
dalla presente legge ed è effettuato previo accertamento della morte ai sensi
della legge 29 dicembre 1993, n. 578, e del decreto del Ministro della sanità 22
agosto 1994, n. 582.
2. All'inizio del periodo di osservazione ai fini dell'accertamento di morte ai
sensi della legge 29 dicembre 1993, n. 578, e del decreto del Ministro della
sanità 22 agosto 1994, n. 582, i medici delle strutture di cui all'articolo 13
forniscono informazioni sulle opportunità terapeutiche per le persone in attesa
di trapianto nonchè sulla natura e sulle circostanze del prelievo al coniuge non
separato o al convivente more uxorio o, in mancanza, ai figli maggiori di età o,
in mancanza di questi ultimi, ai genitori ovvero al rappresentante legale.
3. È vietato il prelievo delle gonadi e dell'encefalo.
4. La manipolazione genetica degli embrioni è vietata anche ai fini del
trapianto di organo.
Art. 4.
(Dichiarazione di volontà in ordine alla donazione)
1. Entro i termini, nelle forme e nei modi stabiliti dalla presente legge e dal
decreto del Ministro della sanità di cui all'articolo 5, comma 1, i cittadini
sono tenuti a dichiarare la propria libera volontà in ordine alla donazione di
organi e di tessuti del proprio corpo successivamente alla morte, e sono
informati che la mancata dichiarazione di volontà è considerata quale assenso
alla donazione, secondo quanto stabilito dai commi 4 e 5 del presente articolo.
2. I soggetti cui non sia stata notificata la richiesta di manifestazione della
propria volontà in ordine alla donazione di organi e di tessuti, secondo le
modalità indicate con il decreto del Ministro della sanità di cui all'articolo
5, comma 1, sono considerati non donatori.
3. Per i minori di età la dichiarazione di volontà in ordine alla donazione è
manifestata dai genitori esercenti la potestà. In caso di non accordo tra i due
genitori non è possibile procedere alla manifestazione di disponibilità alla
donazione. Non è consentita la manifestazione di volontà in ordine alla
donazione di organi per i nascituri, per i soggetti non aventi la capacità di
agire nonchè per i minori affidati o ricoverati presso istituti di assistenza
pubblici o privati.
4. Fatto salvo quanto previsto dal comma 5, il prelievo di organi e di tessuti
successivamente alla dichiarazione di morte è consentito:
a) nel caso in cui dai dati inseriti nel sistema informativo dei trapianti di
cui all'articolo 7 ovvero dai dati registrati sui documenti sanitari personali
risulti che il soggetto stesso abbia espresso in vita dichiarazione di volontà
favorevole al prelievo;
b) qualora dai dati inseriti nel sistema informativo dei trapianti di cui
all'articolo 7 risulti che il soggetto sia stato informato ai sensi del decreto
del Ministro della sanità di cui all'articolo 5, comma 1, e non abbia espresso
alcuna volontà.
5. Nei casi previsti dal comma 4, lettera b), il prelievo è consentito salvo
che, entro il termine corrispondente al periodo di osservazione ai fini
dell'accertamento di morte, di cui all'articolo 4 del decreto del Ministro della
sanità 22 agosto 1994, n. 582, sia presentata una dichiarazione autografa di
volontà contraria al prelievo del soggetto di cui sia accertata la morte.
6. Il prelievo di organi e di tessuti effettuato in violazione delle
disposizioni di cui al presente articolo è punito con la reclusione fino a due
anni e con l'interdizione dall'esercizio della professione sanitaria fino a due
anni.
Art. 5.
(Disposizioni di attuazione delle norme sulla dichiarazione di volontà)
1. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il
Ministro della sanità, con proprio decreto, disciplina:
a) i termini, le forme e le modalità attraverso i quali le aziende unità
sanitarie locali sono tenute a notificare ai propri assistiti, secondo le
modalità stabilite dalla legge, la richiesta di dichiarare la propria libera
volontà in ordine alla donazione di organi e di tessuti del proprio corpo
successivamente alla morte, a scopo di trapianto, secondo modalità tali da
garantire l'effettiva conoscenza della richiesta da parte di ciascun assistito;
b) le modalità attraverso le quali accertare se la richiesta di cui alla lettera
a) sia stata effettivamente notificata;
c) le modalità attraverso le quali ciascun soggetto di cui alla lettera a) è
tenuto a dichiarare la propria volontà in ordine alla donazione di organi e di
tessuti successivamente alla morte, prevedendo che la dichiarazione debba essere
resa entro novanta giorni dalla data di notifica della richiesta ai sensi della
lettera a);
d) le modalità attraverso le quali i soggetti che non hanno dichiarato alcuna
volontà in ordine alla donazione di organi e di tessuti successivamente alla
morte sono sollecitati periodicamente a rendere tale dichiarazione di volontà,
anche attraverso l'azione dei medici di medicina generale e degli uffici della
pubblica amministrazione nei casi di richiesta dei documenti personali di
identità;
e) i termini e le modalità attraverso i quali modificare la dichiarazione di
volontà resa;
f) le modalità di conservazione dei dati relativi ai donatori, ai soggetti che
non hanno espresso alcuna volontà e ai non donatori presso le aziende unità
sanitarie locali, nonchè di registrazione dei medesimi dati sui documenti
sanitari personali;
g) le modalità di trasmissione dei dati relativi ai donatori, ai soggetti che
non hanno espresso alcuna volontà ed ai non donatori dalle aziende unità
sanitarie locali al Centro nazionale per i trapianti, ai centri regionali o
interregionali per i trapianti e alle strutture per i prelievi;
h) le modalità attraverso le quali i comuni trasmettono alle aziende unità
sanitarie locali i dati relativi ai residenti.
2. Alle disposizioni del presente articolo è data attuazione contestualmente
alla istituzione della tessera sanitaria di cui all'articolo 59, comma 50, della
legge 27 dicembre 1997, n. 449, con modalità tali da non comportare oneri
aggiuntivi per il bilancio dello Stato e degli enti di cui agli articoli 25 e 27
della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, rispetto a quelli
necessari per la distribuzione della predetta tessera.
3. Con il decreto di cui al comma 1 sono altresì definiti i termini e le
modalità della dichiarazione di volontà in ordine alla donazione di organi e di
tessuti successivamente alla morte da parte degli stranieri regolarmente
presenti sul territorio nazionale nonchè degli stranieri che richiedono la
cittadinanza.
Art. 6.
(Trapianto terapeutico)
1. I prelievi di organi e di tessuti disciplinati dalla presente legge sono
effettuati esclusivamente a scopo di trapianto terapeutico.
Capo III
ORGANIZZAZIONE DEI PRELIEVI E DEI TRAPIANTI DI ORGANI E DI TESSUTI
Art. 7.
(Princìpi organizzativi)
1. L'organizzazione nazionale dei prelievi e dei trapianti è costituita dal
Centro nazionale per i trapianti, dalla Consulta tecnica permanente per i
trapianti, dai centri regionali o interregionali per i trapianti, dalle
strutture per i prelievi, dalle strutture per la conservazione dei tessuti
prelevati, dalle strutture per i trapianti e dalle aziende unità sanitarie
locali.
2. È istituito il sistema informativo dei trapianti nell'ambito del sistema
informativo sanitario nazionale.
3. Il Ministro della sanità, entro novanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge, con proprio decreto, d'intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, sentita l'Autorità per l'informatica nella pubblica
amministrazione, stabilisce gli obiettivi, le funzioni e la struttura del
sistema informativo dei trapianti, comprese le modalità del collegamento
telematico tra i soggetti di cui al comma 1, nell'ambito delle risorse
informatiche e telematiche disponibili per il Servizio sanitario nazionale ed in
coerenza con le specifiche tecniche della rete unitaria della pubblica
amministrazione.
4. Per l'istituzione del sistema informativo dei trapianti è autorizzata la
spesa di lire 1.000 milioni annue a decorrere dal 1999.
Art. 8.
(Centro nazionale per i trapianti)
1. È istituito presso l'Istituto superiore di sanità il Centro nazionale per i
trapianti, di seguito denominato "Centro nazionale".
2. Il Centro nazionale è composto:
a) dal direttore dell'Istituto superiore di sanità, con funzioni di presidente;
b) da un rappresentante per ciascuno dei centri regionali o interregionali per i
trapianti, designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
c) dal direttore generale.
3. I componenti del Centro nazionale sono nominati con decreto del Ministro
della sanità.
4. Il direttore generale è scelto tra i dirigenti di ricerca dell'Istituto
superiore di sanità ovvero tra i medici non dipendenti dall'Istituto in possesso
di comprovata esperienza in materia di trapianti ed è assunto con contratto di
diritto privato di durata quinquennale. Al rapporto contrattuale si applicano,
in quanto compatibili, le disposizioni previste dall'articolo 3 del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
5. Per lo svolgimento delle proprie funzioni il Centro nazionale si avvale del
personale dell'Istituto superiore di sanità.
6. Il Centro nazionale svolge le seguenti funzioni:
a) cura, attraverso il sistema informativo dei trapianti di cui all'articolo 7,
la tenuta delle liste delle persone in attesa di trapianto, differenziate per
tipologia di trapianto, risultanti dai dati trasmessi dai centri regionali o
interregionali per i trapianti, ovvero dalle strutture per i trapianti e dalle
aziende unità sanitarie locali, secondo modalità tali da assicurare la
disponibilità di tali dati 24 ore su 24;
b) definisce i parametri tecnici ed i criteri per l'inserimento dei dati
relativi alle persone in attesa di trapianto allo scopo di assicurare
l'omogeneità dei dati stessi, con particolare riferimento alla tipologia ed
all'urgenza del trapianto richiesto, e di consentire l'individuazione dei
riceventi;
c) individua i criteri per la definizione di protocolli operativi per
l'assegnazione degli organi e dei tessuti secondo parametri stabiliti
esclusivamente in base alle urgenze ed alle compatibilità risultanti dai dati
contenuti nelle liste di cui alla lettera a);
d) definisce linee guida rivolte ai centri regionali o interregionali per i
trapianti allo scopo di uniformare l'attività di prelievo e di trapianto sul
territorio nazionale;
e) verifica l'applicazione dei criteri e dei parametri di cui alla lettera c) e
delle linee guida di cui alla lettera d);
f) procede all'assegnazione degli organi per i casi relativi alle urgenze, per i
programmi definiti a livello nazionale e per i tipi di trapianto per i quali il
bacino di utenza minimo corrisponde al territorio nazionale, secondo i criteri
stabiliti ai sensi della lettera c);
g) definisce criteri omogenei per lo svolgimento dei controlli di qualità sui
laboratori di immunologia coinvolti nelle attività di trapianto;
h) individua il fabbisogno nazionale di trapianti e stabilisce la soglia minima
annuale di attività per ogni struttura per i trapianti e i criteri per una
equilibrata distribuzione territoriale delle medesime;
i) definisce i parametri per la verifica di qualità e di risultato delle
strutture per i trapianti;
l) svolge le funzioni attribuite ai centri regionali e interregionali per i tipi
di trapianto il cui bacino di utenza minimo corrisponde al territorio nazionale;
m) promuove e coordina i rapporti con le istituzioni estere di settore al fine
di facilitare lo scambio di organi.
7. Per l'istituzione del Centro nazionale è autorizzata la spesa complessiva di
lire 740 milioni annue a decorrere dal 1999, di cui lire 240 milioni per la
copertura delle spese relative al direttore generale e lire 500 milioni per le
spese di funzionamento.
Art. 9.
(Consulta tecnica permanente per i trapianti)
1. È istituita la Consulta tecnica permanente per i trapianti, di seguito
denominata "Consulta". La Consulta è composta dal direttore dell'Istituto
superiore di sanità, o da un suo delegato, dal direttore generale del Centro
nazionale, dai coordinatori dei centri regionali e interregionali per i
trapianti, dai rappresentanti di ciascuna delle regioni che abbia istituito un
centro interregionale, da tre clinici esperti in materia di trapianti di organi
e di tessuti, di cui almeno uno rianimatore, e da tre esperti delle associazioni
nazionali che operano nel settore dei trapianti e della promozione delle
donazioni.
2. I componenti della Consulta sono nominati con decreto del Ministro della
sanità per la durata di due anni, rinnovabili alla scadenza.
3. La Consulta predispone gli indirizzi tecnico-operativi per lo svolgimento
delle attività di prelievo e di trapianto di organi e svolge funzioni consultive
a favore del Centro nazionale.
4. Per l'istituzione della Consulta è autorizzata la spesa di lire 100 milioni
annue a decorrere dal 1999.
Art. 10.
(Centri regionali e interregionali)
1. Le regioni, qualora non abbiano già provveduto ai sensi della legge 2
dicembre 1975, n. 644, istituiscono un centro regionale per i trapianti ovvero,
in associazione tra esse, un centro interregionale per i trapianti, di seguito
denominati, rispettivamente, "centro regionale" e "centro interregionale".
2. Il Ministro della sanità stabilisce con proprio decreto, da emanare entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, d'intesa
con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, il bacino di utenza minimo, riferito
alla popolazione, in corrispondenza del quale le regioni provvedono
all'istituzione di centri interregionali.
3. La costituzione ed il funzionamento dei centri interregionali sono
disciplinati con convenzioni tra le regioni interessate.
4. Il centro regionale o interregionale ha sede presso una struttura pubblica e
si avvale di uno o più laboratori di immunologia per i trapianti per
l'espletamento delle attività di tipizzazione tissutale.
5. Qualora entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge le
regioni non abbiano promosso la costituzione dei centri regionali o
interregionali il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della sanità,
previo invito alle regioni inadempienti a provvedere entro un termine congruo,
attiva i poteri sostitutivi.
6. Il centro regionale o interregionale svolge le seguenti funzioni:
a) coordina le attività di raccolta e di trasmissione dei dati relativi alle
persone in attesa di trapianto nel rispetto dei criteri stabiliti dal Centro
nazionale;
b) coordina le attività di prelievo e i rapporti tra i reparti di rianimazione
presenti sul territorio e le strutture per i trapianti, in collaborazione con i
coordinatori locali di cui all'articolo 12;
c) assicura il controllo sull'esecuzione dei test immunologici necessari per il
trapianto avvalendosi di uno o più laboratori di immunologia per i trapianti
allo scopo di assicurare l'idoneità del donatore;
d) procede all'assegnazione degli organi in applicazione dei criteri stabiliti
dal Centro nazionale, in base alle priorità risultanti dalle liste delle persone
in attesa di trapianto di cui all'articolo 8, comma 6, lettera a);
e) assicura il controllo sull'esecuzione dei test di compatibilità immunologica
nei programmi di trapianto nel territorio di competenza;
f) coordina il trasporto dei campioni biologici, delle èquipes sanitarie e degli
organi e dei tessuti nel territorio di competenza;
g) cura i rapporti di collaborazione con le autorità sanitarie del territorio di
competenza e con le associazioni di volontariato.
7. Le regioni esercitano il controllo sulle attività dei centri regionali e
interregionali sulla base di apposite linee guida emanate dal Ministro della
sanità.
8. Per l'istituzione e il funzionamento dei centri regionali e interregionali è
autorizzata la spesa di lire 4.200 milioni annue a decorrere dal 1999.
Art. 11.
(Coordinatori dei centri regionali e interregionali)
1. Le attività dei centri regionali e dei centri interregionali sono coordinate
da un coordinatore nominato dalla regione, o d'intesa tra le regioni
interessate, per la durata di cinque anni, rinnovabili alla scadenza, tra i
medici che abbiano acquisito esperienza nel settore dei trapianti.
2. Nello svolgimento dei propri compiti, il coordinatore regionale o
interregionale è coadiuvato da un comitato regionale o interregionale composto
dai responsabili, o loro delegati, delle strutture per i prelievi e per i
trapianti presenti nell'area di competenza e da un funzionario amministrativo
delle rispettive regioni.
Art. 12.
(Coordinatori locali)
1. Le funzioni di coordinamento delle strutture per i prelievi sono svolte da un
medico dell'azienda sanitaria competente per territorio che abbia maturato
esperienza nel settore dei trapianti designato dal direttore generale
dell'azienda per un periodo di cinque anni, rinnovabile alla scadenza.
2. I coordinatori locali provvedono, secondo le modalità stabilite dalle
regioni:
a) ad assicurare l'immediata comunicazione dei dati relativi al donatore,
tramite il sistema informativo dei trapianti di cui all'articolo 7, al centro
regionale o interregionale competente ed al Centro nazionale, al fine
dell'assegnazione degli organi;
b) a coordinare gli atti amministrativi relativi agli interventi di prelievo;
c) a curare i rapporti con le famiglie dei donatori;
d) ad organizzare attività di informazione, di educazione e di crescita
culturale della popolazione in materia di trapianti nel territorio di
competenza.
3. Nell'esercizio dei compiti di cui al comma 2 i coordinatori locali possono
avvalersi di collaboratori scelti tra il personale sanitario ed amministrativo.
4. Per l'attuazione dell'articolo 11 e del presente articolo è autorizzata la
spesa di lire 50 milioni annue a decorrere dal 1999.
Art. 13.
(Strutture per i prelievi)
1. Il prelievo di organi è effettuato presso le strutture sanitarie accreditate
dotate di reparti di rianimazione. L'attività di prelievo di tessuti da soggetto
di cui sia stata accertata la morte ai sensi della legge 29 dicembre 1993, n.
578, e del decreto del Ministro della sanità 22 agosto 1994, n. 582, può essere
svolta anche nelle strutture sanitarie accreditate non dotate di reparti di
rianimazione.
2. Le regioni, nell'esercizio dei propri poteri di programmazione sanitaria e
nell'ambito della riorganizzazione della rete ospedaliera di cui all'articolo 2
della legge 28 dicembre 1995, n. 549, come modificato dall'articolo 1 del
decreto-legge 17 maggio 1996, n. 280, convertito, con modificazioni, dalla legge
18 luglio 1996, n. 382, provvedono, ove necessario, all'attivazione o al
potenziamento dei dipartimenti di urgenza e di emergenza sul territorio ed al
potenziamento dei centri di rianimazione e di neurorianimazione, con particolare
riguardo a quelli presso strutture pubbliche accreditate ove, accanto alla
rianimazione, sia presente anche un reparto neurochirurgico.
3. I prelievi possono altresì essere eseguiti, su richiesta, presso strutture
diverse da quelle di appartenenza del sanitario chiamato ad effettuarli, nel
rispetto delle vigenti disposizioni sulla incompatibilità dell'esercizio
dell'attività libero-professionale, a condizione che tali strutture siano idonee
ad effettuare l'accertamento della morte, ai sensi della legge 29 dicembre 1993,
n. 578, e del decreto del Ministro della sanità 22 agosto 1994, n. 582.
Art. 14.
(Prelievi)
1. Il collegio medico di cui all'articolo 2, comma 5, della legge 29 dicembre
1993, n. 578, nei casi in cui si possa procedere al prelievo di organi, è tenuto
alla redazione di un verbale relativo all'accertamento della morte. I sanitari
che procedono al prelievo sono tenuti alla redazione di un verbale relativo alle
modalità di accertamento della volontà espressa in vita dal soggetto in ordine
al prelievo di organi nonchè alle modalità di svolgimento del prelievo.
2. I verbali di cui al comma 1 sono trasmessi in copia, a cura del direttore
sanitario, entro le settantadue ore successive alle operazioni di prelievo, alla
regione nella quale ha avuto luogo il prelievo ed agli osservatori
epidemiologici regionali, a fini statistici ed epidemiologici.
3. Gli originali dei verbali di cui al comma 1, con la relativa documentazione
clinica, sono custoditi nella struttura sanitaria ove è stato eseguito il
prelievo.
4. Il prelievo è effettuato in modo tale da evitare mutilazioni o dissezioni non
necessarie. Dopo il prelievo il cadavere è ricomposto con la massima cura.
5. Il Ministro della sanità, sentita la Consulta di cui all'articolo 9,
definisce, con proprio decreto, da emanare entro sessanta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, i criteri e le modalità per la
certificazione dell'idoneità dell'organo prelevato al trapianto.
Art. 15.
(Strutture per la conservazione dei tessuti prelevati)
1. Le regioni, sentito il centro regionale o interregionale, individuano le
strutture sanitarie pubbliche aventi il compito di conservare e distribuire i
tessuti prelevati, certificandone la idoneità e la sicurezza.
2. Le strutture di cui al comma 1 sono tenute a registrare i movimenti in
entrata ed in uscita dei tessuti prelevati, inclusa l'importazione, secondo le
modalità definite dalle regioni.
Art. 16.
(Strutture per i trapianti)
1. Le regioni individuano, nell'ambito della programmazione sanitaria, tra le
strutture accreditate quelle idonee ad effettuare i trapianti di organi e di
tessuti. Con decreto del Ministro della sanità, sentiti il Consiglio superiore
di sanità ed il Centro nazionale, sono definiti i criteri e le modalità per
l'individuazione delle strutture di cui al presente articolo, in base ai
requisiti previsti dal decreto del Ministro della sanità 29 gennaio 1992,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1o febbraio 1992, nonchè gli
standard minimi di attività per le finalità indicate dal comma 2.
2. Le regioni provvedono ogni due anni alla verifica della qualità e dei
risultati delle attività di trapianto di organi e di tessuti svolte dalle
strutture di cui al presente articolo revocando l'idoneità a quelle che abbiano
svolto nell'arco di un biennio meno del 50 per cento dell'attività minima
prevista dagli standard di cui al comma 1.
3. Per l'attuazione degli articoli 13 e 15, nonchè del presente articolo, è
autorizzata la spesa di lire 2.450 milioni annue a decorrere dal 1999.
Art. 17.
(Determinazione delle tariffe)
1. Il Ministero della sanità, sentita la Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
determina periodicamente la tariffa per le prestazioni di prelievo e di
trapianto di organi e di tessuti, prevedendo criteri per la ripartizione della
stessa tra le strutture di cui agli articoli 13 e 16, secondo modalità tali da
consentire il rimborso delle spese sostenute dal centro regionale o
interregionale, nonchè il rimborso delle spese aggiuntive relative al trasporto
del feretro nel solo ambito del territorio nazionale sostenute dalla struttura
nella quale è effettuato il prelievo.
2. Per il rimborso delle spese aggiuntive relative al trasporto del feretro, nei
limiti indicati dal comma 1, è autorizzata la spesa di lire 200 milioni annue a
decorrere dal 1999.
Art. 18.
(Obblighi del personale impegnato in attività di prelievo e di trapianto)
1. I medici che effettuano i prelievi e i medici che effettuano i trapianti
devono essere diversi da quelli che accertano la morte.
2. Il personale sanitario ed amministrativo impegnato nelle attività di prelievo
e di trapianto è tenuto a garantire l'anonimato dei dati relativi al donatore ed
al ricevente.
Capo IV
ESPORTAZIONE E IMPORTAZIONE DI ORGANI E DI TESSUTI E TRAPIANTI ALL'ESTERO
Art. 19.
(Esportazione e importazione di organi e di tessuti)
1. L'esportazione a titolo gratuito di organi e di tessuti prelevati da soggetti
di cui sia stata accertata la morte ai sensi della legge 29 dicembre 1993, n.
578, e del decreto del Ministro della sanità 22 agosto 1994, n. 582, nonchè
l'importazione a titolo gratuito di organi e di tessuti possono essere
effettuate esclusivamente tramite le strutture di cui agli articoli 13 e 16,
previa autorizzazione del rispettivo centro regionale o interregionale ovvero
del Centro nazionale nei casi previsti dall'articolo 8, comma 6, lettera l),
secondo modalità definite con decreto del Ministro della sanità, da emanare
entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, in
base a princìpi che garantiscano la certificazione della qualità e della
sicurezza dell'organo o del tessuto e la conoscenza delle generalità del
donatore da parte della competente autorità sanitaria.
2. È vietata l'esportazione di organi e tessuti verso gli Stati che ne fanno
libero commercio.
3. L'autorizzazione di cui al comma 1 non è richiesta per le esportazioni e le
importazioni effettuate in esecuzione di convenzioni stipulate ai sensi
dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 26 gennaio 1980, n.
197, nonchè delle intese concluse ai sensi dell'accordo quadro tra la Repubblica
italiana e la Repubblica d'Austria, reso esecutivo con legge 8 marzo 1995, n.
76.
4. È vietata l'importazione di tessuti e di organi a scopo di trapianto da Stati
la cui legislazione prevede la possibilità di prelievo e relativa vendita di
organi provenienti da cadaveri di cittadini condannati a morte.
Art. 20.
(Trapianti all'estero)
1. Le spese di iscrizione in organizzazioni di trapianto estere e le spese di
trapianto all'estero sono a carico del Servizio sanitario nazionale
limitatamente al trapianto di organi e solo se la persona è stata iscritta nella
lista di attesa di cui all'articolo 8, comma 6, lettera a), per un periodo di
tempo superiore allo standard definito con decreto del Ministro della sanità per
ciascuna tipologia di trapianto e secondo le modalità definite con il medesimo
decreto.
2. Le spese di trapianto all'estero sono altresì a carico del Servizio sanitario
nazionale nei casi in cui il trapianto sia ritenuto urgente secondo criteri
stabiliti dal Centro nazionale.
Capo V
FORMAZIONE DEL PERSONALE
Art. 21.
(Formazione)
1. Il Ministro della sanità, sentito il Ministro dell'università e della ricerca
scientifica e tecnologica, con proprio decreto istituisce borse di studio per la
formazione del personale di cui al comma 2, anche presso istituzioni straniere,
e per l'incentivazione della ricerca nel campo dei prelievi e dei trapianti di
organi e di tessuti.
2. Le borse di studio di cui al comma 1 sono riservate al personale delle
strutture che svolgono le attività di cui alla presente legge nonchè alla
qualificazione del personale anche non laureato addetto all'assistenza ai
donatori e alle persone sottoposte a trapianto.
3. Il numero e le modalità di assegnazione delle borse di studio sono
annualmente stabiliti con il decreto di cui al comma 1 nel limite di lire 1.000
milioni annue a decorrere dal 1999.
4. Le regioni promuovono l'aggiornamento permanente degli operatori sanitari ed
amministrativi coinvolti nelle attività connesse all'effettuazione dei
trapianti.
Capo VI
SANZIONI
Art. 22.
(Sanzioni)
1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque viola le disposizioni degli
articoli 13, 15 e 16 è punito con la sanzione amministrativa consistente nel
pagamento di una somma da lire 2 milioni a lire 20 milioni.
2. La sanzione di cui al comma 1 è applicata dalle regioni con le forme e con le
modalità previste dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive
modificazioni.
3. Chiunque procura per scopo di lucro un organo o un tessuto prelevato da
soggetto di cui sia stata accertata la morte ai sensi della legge 29 dicembre
1993, n. 578, e del decreto del Ministro della sanità 22 agosto 1994, n. 582,
ovvero ne fa comunque commercio, è punito con la reclusione da due a cinque anni
e con la multa da lire 20 milioni a lire 300 milioni. Se il fatto è commesso da
persona che esercita una professione sanitaria, alla condanna consegue
l'interdizione perpetua dall'esercizio della professione.
4. Chiunque procura, senza scopo di lucro, un organo o un tessuto prelevato
abusivamente da soggetto di cui sia stata accertata la morte ai sensi della
legge 29 dicembre 1993, n. 578, e del decreto del Ministro della sanità 22
agosto 1994, n. 582, è punito con la reclusione fino a due anni. Se il fatto è
commesso da persona che esercita una professione sanitaria, alla condanna
consegue l'interdizione temporanea fino ad un massimo di cinque anni
dall'esercizio della professione.
Capo VII
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Art. 23.
(Disposizioni transitorie)
1. Fino alla data di cui all'articolo 28, comma 2, è consentito procedere al
prelievo di organi e di tessuti da soggetto di cui sia stata accertata la morte
ai sensi della legge 29 dicembre 1993, n. 578, e del decreto del Ministro della
sanità 22 agosto 1994, n. 582, salvo che il soggetto abbia esplicitamente negato
il proprio assenso.
2. Nelle ipotesi di cui al comma 1, il coniuge non separato o il convivente more
uxorio o, in mancanza, i figli maggiori di età o, in mancanza di questi ultimi,
i genitori ovvero il rappresentante legale possono presentare opposizione
scritta entro il termine corrispondente al periodo di osservazione ai fini
dell'accertamento di morte, di cui all'articolo 4 del decreto del Ministro della
sanità 22 agosto 1994, n. 582.
AE1 3. La presentazione della opposizione scritta di cui al comma 2 non è
consentita qualora dai documenti personali o dalle dichiarazioni depositate
presso la azienda unità sanitaria locale di appartenenza, secondo le previsioni
del decreto del Ministro della sanità di cui all'articolo 5, comma 1, risulti
che il soggetto abbia espresso volontà favorevole al prelievo di organi e di
tessuti, salvo il caso in cui gli stessi soggetti di cui al comma 2 presentino
una successiva dichiarazione di volontà, della quale siano in possesso,
contraria al prelievo.
4. Il Ministro della sanità, nel periodo che intercorre tra la data di entrata
in vigore della presente legge e la data di cui all'articolo 28, comma 2,
promuove una campagna straordinaria di informazione sui trapianti, secondo le
modalità previste dall'articolo 2, comma 1.
5. Fino alla data di attivazione del sistema informativo dei trapianti di cui
all'articolo 7, e comunque non oltre i ventiquattro mesi successivi alla data di
entrata in vigore della presente legge, i centri istituiti ai sensi
dell'articolo 13 della legge 2 dicembre 1975, n. 644, ovvero i centri regionali
o interregionali di cui all'articolo 10 della presente legge, predispongono le
liste delle persone in attesa di trapianto secondo criteri uniformi definiti con
decreto del Ministro della sanità da emanare, sentito l'Istituto superiore di
sanità, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, e sono tenuti alla trasmissione reciproca delle informazioni relative
alle caratteristiche degli organi e dei tessuti prelevati al fine di garantirne
l'assegnazione in base all'urgenza ed alle compatibilità tissutali.
Art. 24.
(Disposizioni per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di
Trento e di Bolzano)
1. Restano salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province
autonome di Trento e di Bolzano che disciplinano la materia di cui alla presente
legge secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.
Art. 25.
(Copertura finanziaria)
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, valutati
complessivamente in lire 11.740 milioni annue a decorrere dal 1999, si provvede,
per gli anni 1999, 2000 e 2001, mediante corrispondente riduzione dello
stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1999-2001, nell'ambito
dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato
di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica per l'anno 1999, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a lire
10.000 milioni l'accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei
ministri e, quanto a lire 1.740 milioni, l'accantonamento relativo al Ministero
della sanità.
2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è
autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di
bilancio.
Art. 26.
(Verifica sull'attuazione)
1. Il Ministro della sanità, nell'ambito della Relazione sullo stato sanitario
del Paese prevista dall'articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, e successive modificazioni, riferisce sulla situazione dei
trapianti e dei prelievi effettuati sul territorio nazionale.
Art. 27.
(Abrogazioni)
1. La legge 2 dicembre 1975, n. 644, e successive modificazioni, è abrogata.
2. L'articolo 1 della legge 12 agosto 1993, n. 301, è abrogato a decorrere dalla
data di cui all'articolo 28, comma 2. Le disposizioni recate dagli articoli 2, 3
e 4 della legge 12 agosto 1993, n. 301, continuano ad applicarsi ai prelievi ed
agli innesti di cornea.
Art. 28.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
2. Le disposizioni previste dall'articolo 4 acquistano efficacia a decorrere
dalla data di attivazione del sistema informativo dei trapianti di cui
all'articolo 7.
BIBLIOGRAFIA
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di organi, Editrice Compositori s.r.l, Bologna, 2000.
Joseph M. Civetta, Trattato di rianimazione e terapia intensiva, Antonio Delfino
Editore, Roma, 1995.
A.A.V.V. Trapianti di organi e tessuti , in L’assistenza infermieristica nel
nord America, vol. 12 num. 2, Piccin Editore, Padova 1991.
R.Sala, La donazione degli organi. Appunti a margine della nuova legge dei
trapianti, in Nursing Oggi, num. 1-1999, pag. 13 ss.
A.A.V.V.,Diagnosi di morte cerebrale,in Inserto Scenario 2/98,pag. XXXIII ss.
M.Meroni, La diagnosi di morte:gli aspetti medici ,in Scenario 3/97,pag. 11.
C.Rago , La diagnosi di morte:gli aspetti giuridici,in Scenario 3/97,pag. 12-14.
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A. Martino-A.Carola,Trapianti d’organo:il prelievo da cadavere,problemi etici e
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Linee guida per un Centro di Rianimazione a cura di Giuseppe Nardi ed Elvio De
Blasio; Antonio Delfino Editore, Roma 2002, pag.116-127.
Informazioni sulla rivista
ESIA-Italia
EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia
costituisce la parte Italiana della versione Americana, pubblicata su Internet
da Keith J Ruskin, Professore di Anestesia alla Università di Yale. I lavori
saranno accettati sia in lingua Italiana che Inglese. In quelli di lingua
Italiana un corposo riassunto in Inglese verrà preparato dalla redazione,
qualora l'autore non fosse in grado di fornirlo. A cura della redazione sarà
inoltre la traduzione in Italiano dei manoscritti inviati in lingua Inglese. La
rivista sarà inviata gratuitamente a tutti quelli che ne faranno richiesta,
inviando il seguente messaggio "Desidero ricevere ESIA versione
italiana" indirizzato a LANZA@UNIPA.IT
La rivista pubblica rewiews e lavori originali
compiuti nei campi dell'anestesia e della medicina critica. I lavori originali
riguardano ricerche cliniche, di laboratorio e la presentazione di casi clinici.
Le reviews includono argomenti per l'Educazione Medica Continua (EMC), articoli
di revisione generale o riguardanti le attrezzature tecniche. ESIA pubblica le
lettere all'Editore contenenti commenti su articoli precedentemente publicati ed
anche brevi comunicazioni. La guida per gli autori può essere consultata
collegandosi al sito ANESTIT all'indirizzo: http://anestit.unipa.it/
utilizzando la sezione riservata ad ESIA-Italia; oppure
può essere richiesta inviando un messaggio a lanza@unipa.it
EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and
CRITICAL CARE MEDICINE Sezione Italiana
Il numero della rivista è anche ottenibile
attraverso World-WideWeb WWW: l'URL per questo numero di ESIA è:
http://anestit.unipa.it/esiait/esit200312.txt
Il nome della rivista è esitaaaamm, dove aaaa è l'anno
ed mm il mese (per esempio questo numero è esit200312.txt)
LA REDAZIONE DI ESIA ITALIA
DIRETTORE: Vincenzo LANZA
Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla
Fatebenefratelli Palermo LANZA@UNIPA.IT
Terapia Intensiva
Antonio Braschi
Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione 1 - Policlinico S. Matteo -
IRCCS Pavia
Anestesia Cardiovascolare
Riccardo Campodonico
Responsabile dell'Unità di Terapia Intensiva Cardiochirurgica - Azienda
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Anestesia e malattie epatiche
Andrea De Gasperi
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Medicina critica e dell'emergenza
Antonio Gullo
Professore di Terapia Intensiva - Direttore del Dipartimento di Anestesia e
Terapia Intensiva -Università di Trieste
Anestesia ed informatica
Vincenzo Lanza
Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione - Ospedale Buccheri La
Ferla Fatebenefratelli - Palermo
Tossicologia
Carlo Locatelli
Direttore del Centro di Informazione Tossicologica Centro antiveleni di
Pavia - Fondazione Scientifica "Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e
della Riabilitazione"- Pavia
Terapia Antalgica e Cure Palliative
Sebastiano Mercadante
Responsabile dell' Unità d'Anestesia e di Terapia del Dolore e Cure
Palliative - Dipartimento Oncologico La Maddalena - Palermo terapiadeldolore@la-maddalena.it