ISSN 1080-3521
EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY
and
CRITICAL CARE MEDICINE - Italia -
Il giornale Italiano online di anestesia Vol 8 No 05 Maggio 2003
Vincenzo Lanza, MDServizio di Anestesia e RianimazioneOspedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, ItalyE-mail: lanza@mbox.unipa.it |
Keith J Ruskin, MDDepartment of Anesthesiology Yale University School of Medicine333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USAE-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu |
Copyright (C) 1997 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine |
In questo numero:
ATTI CONGRESSUALI ONLINE XVII Congresso
Nazionale della Società Italiana di Terapia Intensiva S.I.T.I
dal corso "Tossicologia Clinica"
2 Intossicazioni da Esteri OrganoFosforici e Carbamati
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ATTI CONGRESSUALI ONLINE
XVII Congresso
Nazionale della Società Italiana di Terapia Intensiva S.I.T.I.
La redazione di Esia-Italia dedica
alcuni suoi numeri alla
presentazione online di una selezione degli atti del XVII Congresso Nazionale
SITI (Società Italiana di Terapia Intensiva), tenutosi nel Settembre 2003 a
Palermo.
Attraverso ESIA, i
presidenti, il comitato organizzatore e il comitato scientifico del congresso SITI hanno
deciso di offrire il materiale scientifico congressuale per la libera
consultazione online, certi di incontrare il bisogno di formazione e di
aggiornamento dei lettori: anestesisti-rianimatori, infermieri, chirurghi e altri
addetti ai lavori dell'area critica. La selezione degli articoli spazia tra le
diverse aree di interesse, valorizzando le competenze mediche e
infermieristiche delle tematiche trattate, a sottolineare che solo una crescita
culturale di tutto il gruppo di lavoro può garantire i migliori risultati di
cura sui pazienti critici.
Pertanto Esia-Italia, perseguendo le proprie finalità costitutive di strumento
elettronico di formazione scientifica e tecnica, si offre come canale di pubblicazione dei lavori
congressuali; in
ogni caso la redazione di Esia-Italia non si riterrà responsabile di errori o
di omissioni ravvisabili nei testi prodotti nè dell'eventuale impropria
utilizzazione delle tecniche descritte.
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Intossicazioni da Paraquat e Diquat
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Paraquat e Diquat
I
composti dipiridilici paraquat e diquat sono ebicidi di contatto non selettivi ampiamente utilizzati soprattutto in agricoltura,
dalle agenzie
governative e dalle industrie come diserbanti. Mentre il paraquat è un pesticida sottoposto a uso controllato
nelle sue formulazioni negli Stati Uniti, il suo vasto impiego conduce a
potenziali rischi d’intossicazioni accidentali ed intenzionali. Negli anni
precedenti, il paraquat è stato utilizzato diffusamente a scopo suicida, ma
recenti esperienza indicano un declino in tale avvelenamento intenzionale.
Paraquat e diquat sono composti altamente tossici ed il trattamento degli
avvelenamenti richiede una grande esperienza e la conoscenza delle procedure
più appropriate.
Quando ingerito in quantità elevate (vedi sotto), il paraquat ha effetti minacciosi per la vita sul tratto gastrointestinale, rene, fegato, cuore e altri organi. La DL 50 negli uomini è approssimativamente di 3-5 mg/kg, che corrisponde a 10-15 ml di una soluzione al 20% (1,2). Il principale organo bersaglio del paraquat è il polmone e gli effetti polmonari rappresentano la più letale e trattabile manifestazione di tossicità. La tossicità per inalazione comunque è rara. Il meccanismo principale è la generazione di radicali liberi con danno ossidativo del tessuto polmonare (1,2). Mentre edema polmonare acuto e danno polmonare precoce possono verificarsi entro poche ore da un’esposizione acuta severa (3,4), il danno tossico tardivo di fibrosi polmonare , la causa usuale di decesso, nella maggior parte dei casi si manifesta 7-14 giorni dopo l’ingestione. In pazienti che hanno ingerito una grande quantità di soluzione concentrata (20%), alcuni sono deceduti più rapidamente (entro 48 ore) per insufficienza cardiocircolatoria (5).
Sia gli pneumociti I e II sembrano accumulare selettivamente paraquat. La biotrasformazione del paraquat in queste cellule produce radicali liberi con conseguente perossidazione lipidica e danno callulare (1,2,4). L’edema proteinaceo emorragico e i leucociti infiltrano gli spazi alveolari, con successiva rapida proliferazione di fibroblasti. Vi è un progressivo declino nella tensione arteriosa di ossigeno e nella diffusione della CO2. Una tale compromissione degli scambi respiratori causa una progressiva proliferazione di tessuto connettivo fibroso negli alveoli ed eventuale morte per asfissia e anossia tissutale (6). Uno studio prospettico di sopravvissuti suggerisce che alcuni dei danni tossici fibrosi possono essere reversibili poichè esistono evidenze di drammatici miglioramenti della funzionalità polmonare 3 mesi dopo la sopravvivenza (7).
Danni cutanei locali includono dermatite da contatto. Un contatto prolungato produce eritema, vescicole, abrasioni, ulcerazioni ed alterazioni delle unghia (9). Sebbene l’assorbimento attraverso la cute intatta sia lento, una pelle abrasa o erosa permette un assorbimento efficace.
Il tratto gastrointestinale è la sede della fase I della tossicità sulle superficie mucose in seguito all’ingestione della sostanza. Tale tossicità si manifesta con edema, tumefazione, ulcerazioni dolorose della bocca, faringe, esofago, stomaco ed intestino. Con livelli maggiori, altri effetti di tossicità gastroenterica includono danno epatocellulare centrozonale che causa aumento di bilirubina e degli enzimi epatocellulari come GOT, GPT ed LDH.
Il danno al tubulo prossimale renale è più spesso reversibile della distruzione del parenchima polmonare. Il danno renale, comunque, può giocare un ruolo determinante nell’outcome dell’intossicazione da paraquat. Le cellule tubulari secernano attivamente paraquat nelle urine, depurandolo efficacemente dal sangue. Elevate concentrazioni plasmatiche, tuttavia possono danneggiare i meccanismi secretori e distruggere le cellule. L’intossicazione da diquat produce classicamente un maggior danno renale rispetto al paraquat. Necrosi focale dei muscoli scheletrici e del miocardio sono le principali caratteristiche di tossicità del tessuto muscolare e si verificano tipicamente nella seconda fase. L’ingestione è stata riportata causare edema cerebrale e danno neurologico (10). Nonostante il grande allarmismo sugli effetti della marijuna contaminata con paraquat, gli effetti tossici causati con questo meccanismo sono stati rari se non inesistenti. La maggior parte del paraquat che contamina la marijuana viene scisso per pirolisi in dipiridil, che è un prodotto di combustione delle foglie (inclusa la marijuana) e presenta scarso effetto tossico.
Segni e sintomi dell’intossicazione
I segni clinici iniziali dipendono dalla via di esposizione. Segni e sintomi precoci per ingestione sono dolore urente alla bocca, gola, torace, addome superiore, dovuto all’effetto corrosivo del paraquat sulla mucosa. Può manifestarsi diarrea talvolta ematica. Vertigini, cefalea, febbre, mialgie, letargia e coma sono altri esempi di effetti sul SNC e su altri organi. Una pancreatite può causare dolore addominale severo. Proteinuria, ematuria, piuria e iperazotemia riflettono il danno renale. Oliguria/anuria indica necrosi tubulare acuta.
Poiché il rene è pressoché l’unica via di eliminazione del paraquat dall’organismo, l’insufficienza renale innalza la concentrazione tessutale, inclusa quella del polmone. Questa sequenza patogenetica, sfortunatamente, può verificarsi nelle prime ore successive all’ingestione di paraquat, generando concentrazione letali di paraquat nel tessuto polmonare prima che le misure terapeutiche di limitare l’assorbimento e di aumentare la cinetica del paraquat abbiamo effetto. E’ probabilmente per questa ragione che i metodi per aumentare la cinetica del paraquat diverse ore dopo l’ingestione hanno avuto scarso effetto sulla mortalità.
Tosse,
dispnea e tachipnea si verificano solitamente 2-4 giorni dopo l’ingestione del
paraquat, ma possono essere ritardate fino a 14 giorni. Cianosi progressiva e
dispnea riflettono deterioramento degli scambi gassosi per danno polmonare.
In alcuni casi la comparsa di espettorato schiumoso (edema polmonare) è la
precoce e principale manifestazione di danno polmonare da paraquat.
L’esperienza
clinica ha offerto una scala dose-effetto grossolana sulla quale basare la
prognosi in caso d’ingestione da paraquat (9):
Meno di 20 mg di paraquat ione per kg
di peso corporeo (meno di 7.5 ml di concentrato di paraquat al 20%).
Nessun sintomo o sintomi gastroenterici. Recupero probabile
Da 20 a 40 mg
di ione paraquat per kg
di peso corporeo (7.5-15 ml della soluzione al 20% di paraquat
concentrato). Segue fibroplasia polmonare. La morte si verifica nella maggior
parte dei casi, ma può essere ritardata di 2-3 settimane.
Maggiore di 40 mg di ione paraquat per
kg di peso corporeo (più di 15 ml di paraquat concentrato (20%): si
verifica un danno multiplo d’organo come nella classe II, ma è più
rapidamente progressiva. Spesso caratterizzata da ulcerazione profonde
dell’orofaringe. La mortalità è del 100% in 1-7 giorni.
I segni cutanei sono comuni tra gli agricoltori con
tossicità acuta da paraquat.
Soprattutto nella forma concentrata, il paraquat causa danni localizzati
nei tessuti con i quali viene a contatto. Sono riportate intossicazioni fatali
come risultato di contaminazione cutanea protratta da paraquat , ma questo è
frequente che succeda quando la pelle è abrasa, erosa o con patologie, quando
si verificano assorbimenti sistemici maggiori. Con un’intatta barriera cutanea,
il paraquat lascia le mani secche e fissurate, può causare avvallamento
orizzontale delle unghia con perdita delle stesse. Il contatto prolungato con
la pelle crea ulcerazioni ed abrasioni, sufficienti per permettere assorbimento
sistemico. Alcuni agricoltori, inoltre, possono essere esposti tramite
prolungate inalazioni di particelle spray
e sviluppare epistassi per danno
locale.
L’inalazione,
tuttavia, non determina tossicità sistemica, per la bassa tensione di vapore e
la minore concentrazione delle formulazioni di paraquat per l’agricoltura. La
contaminazione oculare con diquat concentrato o con soluzioni ancora più
potenti determina congiuntiviti gravi con, a volta, opacità corneali protratte.
Il danno epatico da paraquat può essere abbastanza grave da determinare ittero,
che esprime danno severo. L’epatotossicità comunque è raramente una maggiore determinante dell’esito clinico. Nessun
altro segno o sintomo epatico è presente oltre i valori di laboratorio
menzionati nella sezione tossicologica.
L’intossicazione
da diquat è molto meno frequente di quella da paraquat, tanto che cronache
umane e dati sperimentali animali d’intossicazioni da diquat sono molto meno
estese di quelle da paraquat. Il diquat assorbito per via sistemica non si
concentra selettivamente nel tessuto polmonare come il paraquat, e il danno
polmonare da diquat è meno grave. In studi animali, il diquat causa lievi e
reversibili danni ai pneumociti di tipo I, ma non a quelli di tipo II. Nelle
intossicazioni da diquat non è stata riscontrata fibrosi polmonare progressiva
(11-13). Il diquat, tuttavia, ha severi effetti tossici sul sistema nervoso
centrale che non sono tipici dell’intossicazione da paraquat. (12,13). Mentre
esperimenti di laboratorio hanno suggerito che il diquat non è direttamente
neurotossico, sono state notate consistenti alterazioni patologiche cerebrali
in casi fatali d’intossicazione da diquat. Queste consistono di infarti del tronco
cerebrale, interessanti particolarmente il tronco (12). Non è chiaro se queste
alterazioni post-mortem rappresentino effetti di una tossicità diretta o
secondaria alla malattia sistemica e alla terapia. (vedi la sezione Segni e
Sintomi per effetti sul SNC).
Vi è un probabile
significativo assorbimento di diquat attraverso la cute abrasa o ulcerata.
Segni e
*Sintomi
Eccetto per i segni neurologici elencati nel precedente paragrafo, i primi segni d’intossicazione per ingestione di diquat sono simili a quelli del paraquat in relazione agli effetti corrosivi sui tessuti. Questi includono dolore urente alla bocca, gola, torace, addome, intensa nausea e vomito e diarrea. Se la dose è piccola tali segni possono ritardare 1-2 giorni. Nel vomito e nelle feci può comparire sangue. Ileo intestinale con sequestro di fluidi intestinali, ha caratterizzato numerose intossicazioni umane da diquat.
Il rene è la principale via escretoria del diquat assorbito nell’organismo. Il danno renale è quindi un importante indice d’intossicazione. Proteinuria, ematuria e piuria possono progredire fino all’insufficienza renale e all’uremia. Può verificarsi ittero.
Aumento di fosfatasi alcalina, GOT/P e LDH riflettono danno epatico.
Se il paziente sopravvive diverse ore o giorni, può verificarsi un’insufficienza cardiocircolatoria per disidratazione. Può presentarsi Ipotensione e tachicardia , con shock che evolve verso la morte. Il quadro può evolvere verso problemi cardiorespiratori come una cardiomiopatia tossica o un’infezione secondaria come una broncopolmonite.
Il diquat è meno dannoso per la pelle del paraquat, ma in seguito ad una contaminazione cutanea con il prodotto concentrato possono comparire effetti irritanti. Vi è probabilmente un assorbimento significativo di diquat attraverso la cute abrasa o ulcerata. La stragrande maggioranza delle intossicazioni con paraquat e diquat sono state causate da ingestione a scopo suicida, particolarmente in Giappone e in molti paesi in via di sviluppo. Dal 1987, vi è stato un declino nella maggioranza dei paesi nel numero totale di morti suicide attribuite al paraquat an diquat. Quasi tutti i pochi casi di esposizione occupazionale sono sopravvissuti, ma la mortalità tra le persone che hanno ingerito paraquat o diquat rimane elevata (1,5). La riduzione della mortalità è da mettere in relazione con le strategie di prevenzione o nella precoce interruzione dell’assorbimento gastroenterico dopo che il tossico è stato ingerito.Anche se l’assorbimento intestinale dei dipiridili è relativamente lento, la captazione di quantità letali ad opera di organi e tessuti vitali si verifica in 18 ore, e possibilmente entro 6 ore, in seguito all’ingestione di quantità tossiche di paraquat o diquat. I biperidilici hanno un grande volume di distribuzione. Una volta che è avvenuta la distribuzione ai tessuti, le misure per rimuovere i biperidilici dal sangue sono insufficienti nel ridurre la quantità corporea totale. Sono state testate diverse strategie per ridurre la frequenza di questi eventi. Tali strategie includono l’aggiunta di emetici, agenti odoranti, sostanze gelificanti e agenti sgradevoli come il denatonium di sodio.
Un semplice test colorimetrico viene usato per identificare il paraquat ed il diquat nelle urine, e per dare una indicazione approssimativa dell’entità della dose assorbita. Aggiungere ad un volume di urine, 0.5 volumi di ditionito di sodio al 1% (sodio idrosolfito) in sodio idrossido 1 normale (1 N NaOH). Osservare il colore dopo 1 minuto. Un colore blu indica la presenza di paraquat in eccesso di 0.5 mg per litro. Eseguire controlli positivi e negativi per escludere che il ditionito non si sia ossidato nella conservazione. Quando vengono testate le urine raccolte entro 24 ore dall’ingestione di paraquat, il test alla ditionite sembra possedere valore prognostico; concentrazioni inferiori ad 1 mg per litro (assenza di colorazione fino al blu chiaro) generalmente predicono esito favorevole, mentre concentrazioni superiori ad 1 mg per litro (dal blu marina al blu scuro) spesso predicono un esito fatale. Il diquat nelle urine produce un colore verde con il test alla ditionite. Sebbene vi sia minore esperienza con questo test nell’intossicazione da diquat, l’associazione di prognosi sfavorevole con un colore intenso è probabilmente simile.
Paraquat
e diquat possono essere misurati nelle urine spetrrofotometricamente, con gas
cromatografia, cromatografia liquida e metodi radioimmunologici. Questi test
sono disponibili in numerosi laboratori clinici e talvolta forniti dalle
compagnie di produzione. La sopravvivenza è probabile se la concentrazione
plasmatica non eccede 2.0, 0.6, 0.3, 0.16, e 0.1 mg per litro a 4, 6, 10, 16, e 24 ore,
rispettivamente, dall’ingestione (15).
Decontaminazione cutanea ed oculare. Lavare la cute immediatamente con copiose quantità di acqua. Il materiale schizzato negli occhi deve essere rimosso con irrigazione prolungata con acqua corrente. La contaminazione oculare dovrebbe essere successivamente trattata da un oculista. Una reazione cutanea lievi di solito risponde se non vi è stato ulteriore contatto con il pesticida, ma l’irritazione può impiegare diverse settimane per guarire. Lesioni gravi con infiammazione, fissurazione, infezione secondaria o danno ungueale dovrebbero essere trattate da un dermatologo.
Decontaminazione gastrointestinale. Se sono stati ingeriti paraquat o diquat, l’immediata somministrazione di un adsorbente è tra le misure terapeutiche quella che ha un effetto favorevole. La bentonite (sospensione al 7.5%) e la terra di Fuller (sospensione al 15%) sono molto efficaci, ma a volte non disponibili.
Dosaggio della bentonite e della terra di Fuller
Adulti e bambini sopra i 12 anni: 100-150 g.
Bambini sotto i 12 anni: 2g/kg di peso corporeo.
Avvertenza: ipercalcemia e fecalomi si sono verificati a volte in seguito alla somministrazione delle terra di Fuller. Il carbone attivato è egualmente efficace e diffusamente disponibile. Il lavaggio gastrico non si è dimostrato efficace e non dovrebbe essere eseguito tranne che non si faccia entro 1 ora dall’ingestione. Un lavaggio tardivo corre il rischio di indurre sanguinamenti, perforazioni, o lesioni dovute al trauma aggiuntivo a tessuti già traumatizzati. Ripetute somministrazione di carbone attivato o di altri adsorbenti ogni 2-4 ore può essere di beneficio negli adulti e nei bambini, ma l’uso di un catartico come il sorbitolo dovrebbe essere evitata dopo la prima dose. Catartici e dosi ripetute di carbone attivato non dovrebbero essere somministrate se l’intestino è atonico.
Controllare frequentemente i rumori intestinali. L’ileo si verifica comunemente nell’intossicazione da diquat, meno spesso in quella da paraquat.
Prelievi. Eseguire un prelievo ematico appena possibile per l’analisi del paraquat, ed un prelievo d’urina per paraquat e diquat. Prelievi seriali d’urina per entrambe la sostanze e di plasma per il paraquat possono essere eseguiti per informazioni prognostiche.
Respirazione. Non somministrare ossigeno supplementare fino a quando il paziente non sviluppa un’ipossiemia severa. Alte concentrazioni di ossigeno a livello polmonare aumentano il danno indotto dal paraquat e possibilmente anche dal diquat. Potrebbero essevi dei vantaggi a collocare il paziente in un ambiente moderatamente ipossico (es. 15-16%), sebbene il beneficio di questo trattamento non è stato stabilito nelle intossicazioni dell’uomo. E’ stata suggerita l’inalazione di ossido nitrico come metodo per mantenere l’ossigenazione tessutale a basse concentrazioni di ossigeno, ma la sua efficacia non è stata provata. Quando il danno polmonare è così avanzato che non vi è aspettativa di risoluzione, l’ossigeno può essere somministrato per alleviare la fame d’aria.
Terapia intensiva. Nelle intossicazioni gravi, il trattamento deve essere garantito in terapia intensiva, per permettere un appropriato monitoraggio delle funzioni vitali e per l’esecuzione competente del necessario monitoraggio e delle procedure invasive.
Liquidi. E’ essenziale mantenere un’adeguata diuresi (4). Somministrare fuidi endovenosi: soluzione fisiologica, ringer acetato, glucosata al 5%. Questo è estremamente vantaggioso nelle prime fasi dell’intossicazione per correggere la disidratazine, accelerare l’eliminazione del tossico, ridurre la concentrazione del paraquat nel liquido tubulare renale e correggere l’acidosi metabolica. Il bilancio dei liquidi inoltre deve essere monitorizzato attentamente per prevenire il sovraccarico idrico se si sviluppa insufficienza renale. Controllare le urine regolarmente per la presenza di proteine e cellule, per annunciare un’imminente necrosi tubulare. Se si verifica insufficienza renale l’infusione endovenosa di liquidi deve essere stoppata ed è indicato ricorrere all’emodialisi. L’emodialisi tuttavia non è efficace nel depurare il paraquat o il diquat dal sangue e dai tessuti.
L’Emoperfusione. Su colonna di carbone attivato può essere presa in considerazione. La procedura è stata usata in molte intossicazioni da paraquat perché il carbone adsorbe efficacemente il paraquat dal sangue. Recenti recensioni, tuttavia, non hanno mostrato alcuna riduzione della mortalità come risultato dell’emoperfusione (1,4). L’apparente ragione di questi risultati è la piccola porzione di paraquat che si trova nel torrente ematico anche dopo poche ore dall’ingestione. In teoria, un paziente che può essere trattato con l’emoperfusione entro 10 ore dall’ingestione di paraquat può avere benefici marginali, ma questo non è stato ancora dimostrato. Se si intraprende l’emoperfusione, bisogna monitorizzare la concentrazione di calcio e piastrine, che devono essere rimpiazzate se vengono deplete durante la procedura.
Controllo delle convulsioni. Le convulsioni e le manifestazioni psicotiche a volte riscontrate nell’intossicazione da paraquat possono essere controllate dal lorazepam, somministrato per via endovenosa lentamente.
Altri farmaci. Molti farmaci sono stati testati negli animali o somministrati a pazienti nell’intossicazione da derivati dipiridilici senza chiara evidenza di beneficio o danno: corticosteroidi, superossido dismutasi, propanololo, ciclofosfamide, vitamina E, riboflavina, niacina, acido ascorbico, clofibrate, desferroxiamina, acetilcisteina, e idrato di terpina. Recenti evidenze riguardanti l’uso di ciclofosfamide e metilprednisolone suggeriscono che possono essere efficaci nel ridurre la mortalità associata con intossicazione da paraquat moderata e severa. Due studi hanno trovato una riduzione della mortalità associata al trattamento, mentre un altro studio non ha trovato differenze (16). I dosaggi di ciclofosfamide e metilprednisolone utilizzati furono 1 grammo/die per 2 giorni e 1 grammo/die per 3 giorni rispettivamente, somministrati dopo l’emoperfusione. Ciascun farmaco fu somministrato in infusione per 2 ore, monitorizzando la conta dei globuli bianchi, i livelli di creatinina sierici, la radiografia del torace e i test di funzionalità epatica (16).
Trattamento del dolore. La
morfina è di solito richiesta per controllare il dolore associato con le
profonde erosioni delle mucose della bocca, del faringe dell’esofago, così
come per il dolore addominale da pancreatite ed enterite. Colluttori, liquidi freddi, gelati, o
pastiglie anestetiche possono aiutare ad alleviare il dolore nella bocca e
nella gola.
Dosaggio
della morfina:
• Adulti e
bambini sopra 12 years: 10-15 mg subcutanea ogni 4 ore.
• Bambini sotto 12
years: 0.1 - 0.2 mg /kg di peso ogni 4 ore.
Con severa tossicità da paraquat, la guarigione del paziente può essere ottenuta soltanto con il trapianto polmonare. L’organo trapiantato, tuttavia, può subire danni dalla successiva redistribuzione del paraquat (17).
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