__________________________________________________________________ __________________________________________________________________ ISSN 1080-3521 EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia - Il giornale italiano on line di anestesia Vol 8 No 05 Maggio 2003 __________________________________________________________________ __________________________________________________________________ Pubblicato elettronicamente da: Vincenzo Lanza, MD Servizio di Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy E-mail: (lanza@mbox.unipa.it) Keith J Ruskin, MD Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine 333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA Office: 203-785-2802 E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu Copyright (C) 1996 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente, curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine. __________________________ In questo numero: ATTI CONGRESSUALI ONLINE XVII Congresso Nazionale della Società Italiana di Terapia Intensiva S.I.T.I dal corso "Tossicologia Clinica" 1 Intossicazioni da Paraquat e Diquat 2 Intossicazioni da Esteri OrganoFosforici e Carbamati _______________________________________________________ ATTI CONGRESSUALI ONLINE XVII Congresso Nazionale della Società Italiana di Terapia Intensiva S.I.T.I. La redazione di Esia-Italia dedica alcuni suoi numeri alla presentazione online di una selezione degli atti del XVII Congresso Nazionale SITI (Società Italiana di Terapia Intensiva), tenutosi nel Settembre 2003 a Palermo. Attraverso ESIA, i presidenti, il comitato organizzatore e il comitato scientifico del congresso SITI hanno deciso di offrire il materiale scientifico congressuale per la libera consultazione online, certi di incontrare il bisogno di formazione e di aggiornamento dei lettori: anestesisti-rianimatori, infermieri, chirurghi e altri addetti ai lavori dell'area critica. La selezione degli articoli spazia tra le diverse aree di interesse, valorizzando le competenze mediche e infermieristiche delle tematiche trattate, a sottolineare che solo una crescita culturale di tutto il gruppo di lavoro può garantire i migliori risultati di cura sui pazienti critici. Pertanto Esia-Italia, perseguendo le proprie finalità costitutive di strumento elettronico di formazione scientifica e tecnica, si offre come canale di pubblicazione dei lavori congressuali; in ogni caso la redazione di Esia-Italia non si riterrà responsabile di errori o di omissioni ravvisabili nei testi prodotti nè dell'eventuale impropria utilizzazione delle tecniche descritte.  _______________________________________________________ Intossicazioni da Paraquat e Diquat _______________________________________________________ Paraquat e Diquat I composti dipiridilici paraquat e diquat sono ebicidi di contatto non selettivi ampiamente utilizzati soprattutto in agricoltura, dalle agenzie governative e dalle industrie come diserbanti. Mentre il paraquat è un pesticida sottoposto a uso controllato nelle sue formulazioni negli Stati Uniti, il suo vasto impiego conduce a potenziali rischi d’intossicazioni accidentali ed intenzionali. Negli anni precedenti, il paraquat è stato utilizzato diffusamente a scopo suicida, ma recenti esperienza indicano un declino in tale avvelenamento intenzionale. Paraquat e diquat sono composti altamente tossici ed il trattamento degli avvelenamenti richiede una grande esperienza e la conoscenza delle procedure più appropriate.  Tossicologia Quando ingerito in quantità elevate (vedi sotto), il paraquat ha effetti minacciosi per la vita sul tratto gastrointestinale, rene, fegato, cuore e altri organi. La DL 50 negli uomini è approssimativamente di 3-5 mg/kg, che corrisponde a 10-15 ml di una soluzione al 20% (1,2). Il principale organo bersaglio del paraquat è il polmone e gli effetti polmonari rappresentano la più letale e trattabile manifestazione di tossicità. La tossicità per inalazione comunque è rara. Il meccanismo principale è la generazione di radicali liberi con danno ossidativo del tessuto polmonare (1,2). Mentre edema polmonare acuto e danno polmonare precoce possono verificarsi entro poche ore da un’esposizione acuta severa (3,4), il danno tossico tardivo di fibrosi polmonare , la causa usuale di decesso, nella maggior parte dei casi si manifesta 7-14 giorni dopo l’ingestione. In pazienti che hanno ingerito una grande quantità di soluzione concentrata (20%), alcuni sono deceduti più rapidamente (entro 48 ore) per insufficienza cardiocircolatoria (5). Sia gli pneumociti I e II sembrano accumulare selettivamente paraquat. La biotrasformazione del paraquat in queste cellule produce radicali liberi con conseguente perossidazione lipidica e danno callulare (1,2,4). L’edema proteinaceo emorragico e i leucociti infiltrano gli spazi alveolari, con successiva rapida proliferazione di fibroblasti. Vi è un progressivo declino nella tensione arteriosa di ossigeno e nella diffusione della CO2. Una tale compromissione degli scambi respiratori causa una progressiva proliferazione di tessuto connettivo fibroso negli alveoli ed eventuale morte per asfissia e anossia tissutale (6). Uno studio prospettico di sopravvissuti suggerisce che alcuni dei danni tossici fibrosi possono essere reversibili poichè esistono evidenze di drammatici miglioramenti della funzionalità polmonare 3 mesi dopo la sopravvivenza (7). Danni cutanei locali includono dermatite da contatto. Un contatto prolungato produce eritema, vescicole, abrasioni, ulcerazioni ed alterazioni delle unghia (9). Sebbene l’assorbimento attraverso la cute intatta sia lento, una pelle abrasa o erosa permette un assorbimento efficace. Il tratto gastrointestinale è la sede della fase I della tossicità sulle superficie mucose in seguito all’ingestione della sostanza. Tale tossicità si manifesta con edema, tumefazione, ulcerazioni dolorose della bocca, faringe, esofago, stomaco ed intestino. Con livelli maggiori, altri effetti di tossicità gastroenterica includono danno epatocellulare centrozonale che causa aumento di bilirubina e degli enzimi epatocellulari come GOT, GPT ed LDH. Il danno al tubulo prossimale renale è più spesso reversibile della distruzione del parenchima polmonare. Il danno renale, comunque, può giocare un ruolo determinante nell’outcome dell’intossicazione da paraquat. Le cellule tubulari secernano attivamente paraquat nelle urine, depurandolo efficacemente dal sangue. Elevate concentrazioni plasmatiche, tuttavia possono danneggiare i meccanismi secretori e distruggere le cellule. L’intossicazione da diquat produce classicamente un maggior danno renale rispetto al paraquat. Necrosi focale dei muscoli scheletrici e del miocardio sono le principali caratteristiche di tossicità del tessuto muscolare e si verificano tipicamente nella seconda fase. L’ingestione è stata riportata causare edema cerebrale e danno neurologico (10). Nonostante il grande allarmismo sugli effetti della marijuna contaminata con paraquat, gli effetti tossici causati con questo meccanismo sono stati rari se non inesistenti. La maggior parte del paraquat che contamina la marijuana viene scisso per pirolisi in dipiridil, che è un prodotto di combustione delle foglie (inclusa la marijuana) e presenta scarso effetto tossico. Segni e sintomi dell’intossicazione  I segni clinici iniziali dipendono dalla via di esposizione. Segni e sintomi precoci per ingestione sono dolore urente alla bocca, gola, torace, addome superiore, dovuto all’effetto corrosivo del paraquat sulla mucosa. Può manifestarsi diarrea talvolta ematica. Vertigini, cefalea, febbre, mialgie, letargia e coma sono altri esempi di effetti sul SNC e su altri organi. Una pancreatite può causare dolore addominale severo. Proteinuria, ematuria, piuria e iperazotemia riflettono il danno renale. Oliguria/anuria indica necrosi tubulare acuta. Poiché il rene è pressoché l’unica via di eliminazione del paraquat dall’organismo, l’insufficienza renale innalza la concentrazione tessutale, inclusa quella del polmone. Questa sequenza patogenetica, sfortunatamente, può verificarsi nelle prime ore successive all’ingestione di paraquat, generando concentrazione letali di paraquat nel tessuto polmonare prima che le misure terapeutiche di limitare l’assorbimento e di aumentare la cinetica del paraquat abbiamo effetto. E’ probabilmente per questa ragione che i metodi per aumentare la cinetica del paraquat diverse ore dopo l’ingestione hanno avuto scarso effetto sulla mortalità. Tosse, dispnea e tachipnea si verificano solitamente 2-4 giorni dopo l’ingestione del paraquat, ma possono essere ritardate fino a 14 giorni. Cianosi progressiva e dispnea riflettono deterioramento degli scambi gassosi per danno polmonare. In alcuni casi la comparsa di espettorato schiumoso (edema polmonare) è la precoce e principale manifestazione di danno polmonare da paraquat. L’esperienza clinica ha offerto una scala dose-effetto grossolana sulla quale basare la prognosi in caso d’ingestione da paraquat (9): Meno di 20 mg di paraquat ione per kg di peso corporeo (meno di 7.5 ml di concentrato di paraquat al 20%). Nessun sintomo o sintomi gastroenterici. Recupero probabile Da 20 a 40 mg di ione paraquat per kg di peso corporeo (7.5-15 ml della soluzione al 20% di paraquat concentrato). Segue fibroplasia polmonare. La morte si verifica nella maggior parte dei casi, ma può essere ritardata di 2-3 settimane. Maggiore di 40 mg di ione paraquat per kg di peso corporeo (più di 15 ml di paraquat concentrato (20%): si verifica un danno multiplo d’organo come nella classe II, ma è più rapidamente progressiva. Spesso caratterizzata da ulcerazione profonde dell’orofaringe. La mortalità è del 100% in 1-7 giorni. I segni cutanei sono comuni tra gli agricoltori con tossicità acuta da paraquat. Soprattutto nella forma concentrata, il paraquat causa danni localizzati nei tessuti con i quali viene a contatto. Sono riportate intossicazioni fatali come risultato di contaminazione cutanea protratta da paraquat , ma questo è frequente che succeda quando la pelle è abrasa, erosa o con patologie, quando si verificano assorbimenti sistemici maggiori. Con un’intatta barriera cutanea, il paraquat lascia le mani secche e fissurate, può causare avvallamento orizzontale delle unghia con perdita delle stesse. Il contatto prolungato con la pelle crea ulcerazioni ed abrasioni, sufficienti per permettere assorbimento sistemico. Alcuni agricoltori, inoltre, possono essere esposti tramite prolungate inalazioni di particelle spray e sviluppare epistassi per danno locale. L’inalazione, tuttavia, non determina tossicità sistemica, per la bassa tensione di vapore e la minore concentrazione delle formulazioni di paraquat per l’agricoltura. La contaminazione oculare con diquat concentrato o con soluzioni ancora più potenti determina congiuntiviti gravi con, a volta, opacità corneali protratte. Il danno epatico da paraquat può essere abbastanza grave da determinare ittero, che esprime danno severo. L’epatotossicità comunque è raramente una maggiore determinante dell’esito clinico. Nessun altro segno o sintomo epatico è presente oltre i valori di laboratorio menzionati nella sezione tossicologica. DIQUAT L’intossicazione da diquat è molto meno frequente di quella da paraquat, tanto che cronache umane e dati sperimentali animali d’intossicazioni da diquat sono molto meno estese di quelle da paraquat. Il diquat assorbito per via sistemica non si concentra selettivamente nel tessuto polmonare come il paraquat, e il danno polmonare da diquat è meno grave. In studi animali, il diquat causa lievi e reversibili danni ai pneumociti di tipo I, ma non a quelli di tipo II. Nelle intossicazioni da diquat non è stata riscontrata fibrosi polmonare progressiva (11-13). Il diquat, tuttavia, ha severi effetti tossici sul sistema nervoso centrale che non sono tipici dell’intossicazione da paraquat. (12,13). Mentre esperimenti di laboratorio hanno suggerito che il diquat non è direttamente neurotossico, sono state notate consistenti alterazioni patologiche cerebrali in casi fatali d’intossicazione da diquat. Queste consistono di infarti del tronco cerebrale, interessanti particolarmente il tronco (12). Non è chiaro se queste alterazioni post-mortem rappresentino effetti di una tossicità diretta o secondaria alla malattia sistemica e alla terapia. (vedi la sezione Segni e Sintomi per effetti sul SNC). Vi è un probabile significativo assorbimento di diquat attraverso la cute abrasa o ulcerata. Segni e *Sintomi In molte intossicazione da diquat nell’uomo, i segni clinici di tossicità neurologica sono i più importanti. Questi includono, nervosismo, irritabilità, irrequietezza, aggressività, disorientamento, ragionamenti insensati, incapacità a riconoscere familiari o amici e riduzione dei riflessi. Gli effetti neurologici possono progredire fino al coma, accompagnato da convulsioni tonico-cloniche, e culminare nella morte del paziente (12,13). Sono stati riportati fenomeni di parkinsonismo in seguito ad esposizioni cutanee di diquat (14). Eccetto per i segni neurologici elencati nel precedente paragrafo, i primi segni d’intossicazione per ingestione di diquat sono simili a quelli del paraquat in relazione agli effetti corrosivi sui tessuti. Questi includono dolore urente alla bocca, gola, torace, addome, intensa nausea e vomito e diarrea. Se la dose è piccola tali segni possono ritardare 1-2 giorni. Nel vomito e nelle feci può comparire sangue. Ileo intestinale con sequestro di fluidi intestinali, ha caratterizzato numerose intossicazioni umane da diquat. Il rene è la principale via escretoria del diquat assorbito nell’organismo. Il danno renale è quindi un importante indice d’intossicazione. Proteinuria, ematuria e piuria possono progredire fino all’insufficienza renale e all’uremia. Può verificarsi ittero. Aumento di fosfatasi alcalina, GOT/P e LDH riflettono danno epatico. Se il paziente sopravvive diverse ore o giorni, può verificarsi un’insufficienza cardiocircolatoria per disidratazione. Può presentarsi Ipotensione e tachicardia , con shock che evolve verso la morte. Il quadro può evolvere verso problemi cardiorespiratori come una cardiomiopatia tossica o un’infezione secondaria come una broncopolmonite. Il diquat è meno dannoso per la pelle del paraquat, ma in seguito ad una contaminazione cutanea con il prodotto concentrato possono comparire effetti irritanti. Vi è probabilmente un assorbimento significativo di diquat attraverso la cute abrasa o ulcerata. La stragrande maggioranza delle intossicazioni con paraquat e diquat sono state causate da ingestione a scopo suicida, particolarmente in Giappone e in molti paesi in via di sviluppo. Dal 1987, vi è stato un declino nella maggioranza dei paesi nel numero totale di morti suicide attribuite al paraquat an diquat. Quasi tutti i pochi casi di esposizione occupazionale sono sopravvissuti, ma la mortalità tra le persone che hanno ingerito paraquat o diquat rimane elevata (1,5). La riduzione della mortalità è da mettere in relazione con le strategie di prevenzione o nella precoce interruzione dell’assorbimento gastroenterico dopo che il tossico è stato ingerito.Anche se l’assorbimento intestinale dei dipiridili è relativamente lento, la captazione di quantità letali ad opera di organi e tessuti vitali si verifica in 18 ore, e possibilmente entro 6 ore, in seguito all’ingestione di quantità tossiche di paraquat o diquat. I biperidilici hanno un grande volume di distribuzione. Una volta che è avvenuta la distribuzione ai tessuti, le misure per rimuovere i biperidilici dal sangue sono insufficienti nel ridurre la quantità corporea totale. Sono state testate diverse strategie per ridurre la frequenza di questi eventi. Tali strategie includono l’aggiunta di emetici, agenti odoranti, sostanze gelificanti e agenti sgradevoli come il denatonium di sodio.   Conferma dell’intossicazione: Paraquat e diquat Un semplice test colorimetrico viene usato per identificare il paraquat ed il diquat nelle urine, e per dare una indicazione approssimativa dell’entità della dose assorbita. Aggiungere ad un volume di urine, 0.5 volumi di ditionito di sodio al 1% (sodio idrosolfito) in sodio idrossido 1 normale (1 N NaOH). Osservare il colore dopo 1 minuto. Un colore blu indica la presenza di paraquat in eccesso di 0.5 mg per litro. Eseguire controlli positivi e negativi per escludere che il ditionito non si sia ossidato nella conservazione. Quando vengono testate le urine raccolte entro 24 ore dall’ingestione di paraquat, il test alla ditionite sembra possedere valore prognostico; concentrazioni inferiori ad 1 mg per litro (assenza di colorazione fino al blu chiaro) generalmente predicono esito favorevole, mentre concentrazioni superiori ad 1 mg per litro (dal blu marina al blu scuro) spesso predicono un esito fatale. Il diquat nelle urine produce un colore verde con il test alla ditionite. Sebbene vi sia minore esperienza con questo test nell’intossicazione da diquat, l’associazione di prognosi sfavorevole con un colore intenso è probabilmente simile. Paraquat e diquat possono essere misurati nelle urine spetrrofotometricamente, con gas cromatografia, cromatografia liquida e metodi radioimmunologici. Questi test sono disponibili in numerosi laboratori clinici e talvolta forniti dalle compagnie di produzione. La sopravvivenza è probabile se la concentrazione plasmatica non eccede 2.0, 0.6, 0.3, 0.16, e 0.1 mg per litro a 4, 6, 10, 16, e 24 ore, rispettivamente, dall’ingestione (15).   Trattamento Decontaminazione cutanea ed oculare. Lavare la cute immediatamente con copiose quantità di acqua. Il materiale schizzato negli occhi deve essere rimosso con irrigazione prolungata con acqua corrente. La contaminazione oculare dovrebbe essere successivamente trattata da un oculista. Una reazione cutanea lievi di solito risponde se non vi è stato ulteriore contatto con il pesticida, ma l’irritazione può impiegare diverse settimane per guarire. Lesioni gravi con infiammazione, fissurazione, infezione secondaria o danno ungueale dovrebbero essere trattate da un dermatologo. Decontaminazione gastrointestinale. Se sono stati ingeriti paraquat o diquat, l’immediata somministrazione di un adsorbente è tra le misure terapeutiche quella che ha un effetto favorevole. La bentonite (sospensione al 7.5%) e la terra di Fuller (sospensione al 15%) sono molto efficaci, ma a volte non disponibili.   Dosaggio della bentonite e della terra di Fuller Adulti e bambini sopra i 12 anni: 100-150 g. Bambini sotto i 12 anni: 2g/kg di peso corporeo.   Avvertenza: ipercalcemia e fecalomi si sono verificati a volte in seguito alla somministrazione delle terra di Fuller. Il carbone attivato è egualmente efficace e diffusamente disponibile. Il lavaggio gastrico non si è dimostrato efficace e non dovrebbe essere eseguito tranne che non si faccia entro 1 ora dall’ingestione. Un lavaggio tardivo corre il rischio di indurre sanguinamenti, perforazioni, o lesioni dovute al trauma aggiuntivo a tessuti già traumatizzati. Ripetute somministrazione di carbone attivato o di altri adsorbenti ogni 2-4 ore può essere di beneficio negli adulti e nei bambini, ma l’uso di un catartico come il sorbitolo dovrebbe essere evitata dopo la prima dose. Catartici e dosi ripetute di carbone attivato non dovrebbero essere somministrate se l’intestino è atonico. Controllare frequentemente i rumori intestinali. L’ileo si verifica comunemente nell’intossicazione da diquat, meno spesso in quella da paraquat. Prelievi. Eseguire un prelievo ematico appena possibile per l’analisi del paraquat, ed un prelievo d’urina per paraquat e diquat. Prelievi seriali d’urina per entrambe la sostanze e di plasma per il paraquat possono essere eseguiti per informazioni prognostiche. Respirazione. Non somministrare ossigeno supplementare fino a quando il paziente non sviluppa un’ipossiemia severa. Alte concentrazioni di ossigeno a livello polmonare aumentano il danno indotto dal paraquat e possibilmente anche dal diquat. Potrebbero essevi dei vantaggi a collocare il paziente in un ambiente moderatamente ipossico (es. 15-16%), sebbene il beneficio di questo trattamento non è stato stabilito nelle intossicazioni dell’uomo. E’ stata suggerita l’inalazione di ossido nitrico come metodo per mantenere l’ossigenazione tessutale a basse concentrazioni di ossigeno, ma la sua efficacia non è stata provata. Quando il danno polmonare è così avanzato che non vi è aspettativa di risoluzione, l’ossigeno può essere somministrato per alleviare la fame d’aria. Terapia intensiva. Nelle intossicazioni gravi, il trattamento deve essere garantito in terapia intensiva, per permettere un appropriato monitoraggio delle funzioni vitali e per l’esecuzione competente del necessario monitoraggio e delle procedure invasive. Liquidi. E’ essenziale mantenere un’adeguata diuresi (4). Somministrare fuidi endovenosi: soluzione fisiologica, ringer acetato, glucosata al 5%. Questo è estremamente vantaggioso nelle prime fasi dell’intossicazione per correggere la disidratazine, accelerare l’eliminazione del tossico, ridurre la concentrazione del paraquat nel liquido tubulare renale e correggere l’acidosi metabolica. Il bilancio dei liquidi inoltre deve essere monitorizzato attentamente per prevenire il sovraccarico idrico se si sviluppa insufficienza renale. Controllare le urine regolarmente per la presenza di proteine e cellule, per annunciare un’imminente necrosi tubulare. Se si verifica insufficienza renale l’infusione endovenosa di liquidi deve essere stoppata ed è indicato ricorrere all’emodialisi. L’emodialisi tuttavia non è efficace nel depurare il paraquat o il diquat dal sangue e dai tessuti. L’Emoperfusione. Su colonna di carbone attivato può essere presa in considerazione. La procedura è stata usata in molte intossicazioni da paraquat perché il carbone adsorbe efficacemente il paraquat dal sangue. Recenti recensioni, tuttavia, non hanno mostrato alcuna riduzione della mortalità come risultato dell’emoperfusione (1,4). L’apparente ragione di questi risultati è la piccola porzione di paraquat che si trova nel torrente ematico anche dopo poche ore dall’ingestione. In teoria, un paziente che può essere trattato con l’emoperfusione entro 10 ore dall’ingestione di paraquat può avere benefici marginali, ma questo non è stato ancora dimostrato. Se si intraprende l’emoperfusione, bisogna monitorizzare la concentrazione di calcio e piastrine, che devono essere rimpiazzate se vengono deplete durante la procedura. Controllo delle convulsioni. Le convulsioni e le manifestazioni psicotiche a volte riscontrate nell’intossicazione da paraquat possono essere controllate dal lorazepam, somministrato per via endovenosa lentamente. Altri farmaci. Molti farmaci sono stati testati negli animali o somministrati a pazienti nell’intossicazione da derivati dipiridilici senza chiara evidenza di beneficio o danno: corticosteroidi, superossido dismutasi, propanololo, ciclofosfamide, vitamina E, riboflavina, niacina, acido ascorbico, clofibrate, desferroxiamina, acetilcisteina, e idrato di terpina. Recenti evidenze riguardanti l’uso di ciclofosfamide e metilprednisolone suggeriscono che possono essere efficaci nel ridurre la mortalità associata con intossicazione da paraquat moderata e severa. Due studi hanno trovato una riduzione della mortalità associata al trattamento, mentre un altro studio non ha trovato differenze (16). I dosaggi di ciclofosfamide e metilprednisolone utilizzati furono 1 grammo/die per 2 giorni e 1 grammo/die per 3 giorni rispettivamente, somministrati dopo l’emoperfusione. Ciascun farmaco fu somministrato in infusione per 2 ore, monitorizzando la conta dei globuli bianchi, i livelli di creatinina sierici, la radiografia del torace e i test di funzionalità epatica (16). Trattamento del dolore. La morfina è di solito richiesta per controllare il dolore associato con le profonde erosioni delle mucose della bocca, del faringe dell’esofago, così come per il dolore addominale da pancreatite ed enterite. Colluttori, liquidi freddi, gelati, o pastiglie anestetiche possono aiutare ad alleviare il dolore nella bocca e nella gola. Dosaggio della morfina:  • Adulti e bambini sopra 12 years: 10-15 mg subcutanea ogni 4 ore. • Bambini sotto 12 years: 0.1 - 0.2 mg /kg di peso ogni 4 ore. Con severa tossicità da paraquat, la guarigione del paziente può essere ottenuta soltanto con il trapianto polmonare. L’organo trapiantato, tuttavia, può subire danni dalla successiva redistribuzione del paraquat (17).    Struttura chimica Bibliografia   1. Pond SM.Manifestations and management of paraquat poisoning.Med JAust 1990;152:256-9. 2. Giulivi C, Lavagno CC, Lucesoli F, et al. Lung damage in paraquat poisoning and hyper-baric oxyen exposure: superoxide-mediated inhibition of phospholipase A2. Free Radic Biol Med 1995;18:203-13. 3. Nordquist RE, Nguyen H, Poyer JL, et al. The role of free radicals in paraquat-induced corneal lesions. Free Radic Res 1995;23:61-71. 4. Honore P, Hantson P, Fauville JP, et al. Paraquat poisoning: State of the art. Acta Clin Belg 1994;49:220-8. 5. Bismuth C, Garnier R, Dally S, et al. Prognosis and treatment of paraquat poisoning: A review of 28 cases. JToxicol ClinToxicol 1982;19:461-74. 6. Harsanyi L, Nemeth A, and Lang A. Paraquat (gramoxone) poisoning in south-west Hungary, 1977-1984. Am J Forensic Med Pathol 1987;8:131-4. 7. Lee CC, Lin JL, and Liu L. Recovery of respiratory function in survivors with paraquat intoxication (abstract). Ann Emerg Med 1995;26:721-2. 8. Tungsanga K, Chusilp S, Israsena S, et al. Paraquat poisoning: Evidence of systemic toxicity after dermal exposure. Postgrad Med J 1983;59:338-9. 9. Vale JA, MeredithTJ,and Buckley BM. Paraquat poisoning:Clinical features and immediate general management. HumToxicol 1987;6:41-7. 10. Hughes JT. Brain damage due to paraquat poisoning: A fatal case with neuropathological examination of the brain. Neurotoxicology 1988;9:243-8. 11. Lam HF,Azawa J, Gupta BN, et al.A comparison of the effects of paraquat and diquat on lung compliance, lung volume, and single-breath diffusing capacity in the rat. Toxicology 1980;18:111-23. 12. Vanholder R, Colardyn F, DeReuck J, et al. Diquat intoxication: Report of two cases and review of the literature. Am J Med 1981;70:1267-71. 13. Olson KR.Paraquat and diquat.In:Olson KR et al.(eds),Poisoning and Drug Overdose,2 nd ed. Norwalk CT: Appelton and Lange, 1994, pp. 245-6. 14. Sechi GP,AgnettiV, Piredda M, et al.Acute and persistent Parkinsonism after use of diquat. Neurology 1992;42:261-3. 15. ProudfootAT,Stewart MS,LevittT,et al.Paraquat poisoning:Significance of plasma-paraquat concentrations. Lancet 1979;2:330-2. 16. Lin JL, Wei MC, and Liu YC. Pulse therapy with cyclophosphamide and methyprednislone in patients with moderate to severe paraquat poisoning: A preliminary report. Thorax 1996;51:661-3. 17. Toronto Lung Transplant Group. Sequential bilateral lung transplantation for paraquat poi-soning. A case report. J Thoracic Cardiovas Surg 1985;89:734-42 _______________________________________________________ Intossicazioni da Esteri OrganoFosforici e Carbamati _______________________________________________________ Intossicazioni da esteri organofosforici e carbamati  Insetticidi organofosforici Introduzione Gli organofosforici (OP) sono tra gli insetticidi più utilizzati in agricoltura, in veterinaria, ma anche negli ambienti domastici, di lavoro etc. Gli OP costituiscono una classe estremamente vasta di composti con proprietà fisico-chimiche differenti tra di loro, tutti accomunati dal medesimo meccanismo d'azione : l'inibizione irreversibile dell'enzima acetilcolinesterasi (AchE).  Gli OP possiedono una tossicità acuta elevata e le intossicazioni avvengono per molteplici vie di contatto: ingestione, inalazione, per assorbimento cutaneo, e sono causate da errori d'uso o alla mancanza di precauzioni nel loro impiego. A scopo suicida, invece, vengono solitamente ingeriti.  Come prodotti fitosanitari, gli insetticidi organofosforici e i carbamati sono sottoposti ad una regolamentazione comunitaria che ne stabilisce la pericolosità in base alla DL 50 (in mg/kg) (tabella 1). La maggior parte degli OP appartengono alla categoria di fitofarmaci molto tossici, tossici e nocivi per i quali è necessario possedere un "patentino" appositamente rilasciato dalle autorità competenti che attesti la competenza di chi ne fa uso.     Molto tossici (T+) Tossici (T) Nocivi (Xn) Irritanti (Xi) Non classificati Solidi DL 50 mg/kg orale 5 a 50 a 500 Rischi trascurabili per l'uomo cutanea 10 a 100 a 1000 Liquidi DL 50 mg/kg orale 25 a 200 a 2000 cutanea 50 a 400 a 4000 Gassosi DL 50 mg/kg inalatoria 0,5 a 2 a 20 Meccanismo d'azione e tossicità L'enzima acetilcolinesterasi (AchE) è deputato alla scissione dell'acetilcolina (Ach) in colina e acido acetico (figura 1). figura 1  L'acetilcolina agisce come neurotrasmettitore dell'impulso nervoso di tutte le fibre pregangliari del sistema nervoso autonomo, delle fibre postgangliari del sistema parasimpatico e di alcune fibre postgangliari simpatiche. L'acetilcolina, inoltre è il neurotrasmettitore della placca neuromuscolare della muscolatura scheletrica e di alcuni interneuroni del sistema nervoso centrale (vedi figura 2). figura 2 L'Ach, una volta liberata nello spazio intersinaptico, si lega ai recettori postsinaptici, promuovendo l'effetto farmacologico, e viene distrutta, ad opera di enzimi specifici, le acetilcolinesterasi, nell'arco di millisecondi.  L'acetilcolinesterasi (AchE) è l'enzima che inattiva l'acetilcolina (Ach).  Gli organofosforici (figura 3) formano per fosforilazione un complesso con l'enzima (AchE) rendendolo indisponibile per la degradazione dell'Ach. R = metile o etile OR' = alchile, alcossi, arile.. figura 3 Un'inibizione dell'AchE quale quella determinata dagli insetticidi organofosforici, produce nello spazio sinaptico un accumulo di Ach endogena e una conseguente iperstimolazione a livello delle terminazioni periferiche colinergiche (effetto muscarinico), della placca neuromuscolare, dei gangli simpatici (effetto nicotinico) e del SNC. Nelle terminazioni colinergiche della muscolatura liscia elevate concentrazioni di Ach determinano contrazioni muscolari così come si assiste ad aumento delle secrezioni per iperstimolazione delle terminazioni colinergiche ghiandolari. Nella placca neuromuscolare, l'accumulo di acetilcolina può determinare iperstimolazione con contrazioni muscolari o viceversa paralisi per depolarizzazione. Nelle sinapsi del SNC, l'aumento di Ach provoca alterazioni sensoriali e del comportamento, incoordinazione motoria e depressione respiratoria. Nell'uomo esistono due tipi di colinesterasi : acetilcolinesterasi (AchE): nota anche come colinesterasi intraeritrocitaria; possiede una elevatissima velocità di idrolisi; è localizzata principalmente nel tessuto nervoso centrale e nei globuli rossi. pseudocolinesterasi (PchE): è presente nel plasma, fegato e altri organi; la sua funzione è sconosciuta. Il dosaggio ematico delle colinesterasi costituisce l'indagine più importante nella diagnosi e nel monitoraggio dell'esposizione acuta agli OP. La riduzione delle colinesterasi è infatti strettamente collegata alla durata e all'intensità dell'esposizione agli OP. Le colinesterasi intraeritrocitarie, possedendo gli stessi siti recettoriali di quelle del SNC coinvolte nelle intossicazioni da OP, rappresentano un indicatore più specifico delle plasmacolinesterasi. Alcuni OP (es. malathion), tuttavia inibiscono più precocemente le PchE delle AchE per cui le prime in questo caso hanno maggiore sensibilità delle seconde. Il recupero ossia la rigenerazione delle PchE avviene prima delle AchE. Quest'ultime possono tardare giorni prima di raggiungere il loro minimo per poi restare depresse per un periodo maggiore, a volte di mesi. Le PchE possono essere ridotte nelle patologie epatiche croniche, neoplasie, malnutrizione e in gravidanza; esistono, inoltre, variazioni fisiologiche individuali nelle quantità dell'enzima. Al contrario, le PchE risultano ridotte soltanto in poche condizioni oltre che nell'intossicazione da OP. In ogni caso ogniqualvolta si assista a chiari segni d'intossicazione da OP e/o carbamati, anche in assenza di conferme di laboratorio, è opportuno iniziare il trattamento. Il processo enzima-inibitore si svolge in due tappe : nella prima tappa (fosforilazione), utilizzando un antidoto è possibile spiazzare l'organofosforico dall'enzima, ripristinandone l'attività; nella seconda tappa la fosforilazione diventa irreversibile secondo un meccanismo denominato "invecchiamento" (aging) dell'enzima. Il ritorno dell'attività funzionale dell'enzima è possibile allora soltanto con la sintesi di nuova colinesterasi, che richiede 20-30 giorni.  Il metabolismo degli OP è essenzialmente epatico, con formazione di composti meno tossici successivamente eliminati per via renale. In alcuni casi è necessaria invece un'attivazione epatica dell'insetticida che ne accresce la tossicità.  Manifestazioni cliniche E' possibile stabilire una relazione tra il livello di colinesterasi misurate e i segni clinici dell'intossicazione acuta (tab. 1) % inibiz. AchE  Grado di intossicaz. Segni clinici Prognosi 50-60 Lieve Astenia, cefalea, nausea, salivazione, lacrimazione, miosi Convalescenza 1-3 g 60-90 Moderato Astenia marcata, disturbi visivi, salivazione abbondante, sudorazione, vomito, diarrea, bradicardia, ipertonia, tremori estremità, miosi, cianosi Convalescenza in 1-2- sett. 90-100 Severo Tremori intensi, convulsioni, cianosi intensa, edema polmonare, coma Morte L'intossicazione da OP può avvenire per diverse vie di contatto: cutaneo-mucosa, inalatoria, per ingestione, a seconda delle modalità d'esposizione (accidentale o intenzionale). Le manifestazioni cliniche che si determinano, pertanto, sono espressione della dose di OP raggiunta negli organi bersaglio e delle caratteristiche fisico-chimiche del tossico; quest'ultime variano da un composto ad un altro (le DL50 degli OP variano da pochi mg a qualche g/Kg corporeo) e sono schematizzate nella tabella 2 : sistema respiratorio broncospasmo, aumento secrezioni, dispnea, dolore toracico, tosse s. gastrointestinale anoressia, nausea, vomito, crampi addominali, eruttazione, diarrea, tenesmo gh. sudoripare aumento della sudorazione gh. lacrimali aumento della lacrimazione gh. salivari aumento della salivazione vescica incontinenza urinaria mm. striati fatica, debolezza, contrazioni muscolari, fascicolazioni, crampi, debolezza generalizzata comprendente i mm. Respiratori gangli simpatici pallore, transitorio aumento della pressione arteriosa SNC vertigini, tensione, ansia, irrequietezza, labilità emotiva, insonnia, incubi, cefalea, tremori, apatia, confusione, atassia, confusione, coma s. cardiocircolatorio bradicardia, riduzione della gittata cardiaca, arresto cardiaco, paralisi del centro vasomotorio pupille miosi corpo ciliare visione offuscata Alcuni OP per via di un'elevata lipofilia sono immagazzinati nel tessuto adiposo e possono essere responsabili di manifestazioni cliniche a distanza dall'evento acuto. Non bisogna, inoltre, dimenticare i possibili effetti tossici dei solventi o co-formulati.  Gli OP sono responsabili, alcuni giorni dopo un'esposizione acuta, di una sindrome intermedia caratterizzata da debolezza muscolare (localizzata soprattutto al collo e agli arti superiori) con paralisi respiratoria. Tale sindrome non sembra essere mediata da fenomeni muscarinici, ma piuttosto da alterazioni pre e post-sinaptiche della placca neuromuscolare. Gli OP più frequentemente coinvolti sono: methyl parathion, fenthion, e dimethoate. Alcuni OP, in rare circostanze, hanno determinato una neuropatia ritardata (OPIDN = organophosphate-induced delayed neuropathy) manifestata da debolezza, paralisi o parestesie agli arti inferiori che può persistere per mesi o anni. L'evento scatenante sembrerebbe un'esposizione acuta massiva a determinati OP.  La diagnosi differenziale tra organofosforici e carbamati ambedue inibitori dell'acetilcolinesterasi e responsabili di sindromi colinergiche si basa su: minore durata della sintomatologia dei carbamati, valori di colinesterasi falsamente normali, scarsa risposta alla pralidossima. Trattamento E' importante ricordare che per l'elevata capacità di penetrazione nell'organismo degli OP l'approccio del personale di soccorso e sanitario alla vittima intossicata deve avvenire con opportuni mezzi di protezione (mascherine, camici, guanti in gomma: quelli in lattice non sono sufficienti).  Nei casi gravi il sostegno delle funzioni vitali è prioritario: l'insufficienza respiratoria acuta da paralisi muscolare e aumento delle secrezioni bronchiali è la principale causa di morte per avvelenamento da OP. Misure di trattamento Intubazione endotracheale e ventilazione meccanica Decontaminazione cutanea, oculare, gastroenterica Terapia antidotica La decontaminazione della cute, dei capelli, degli occhi e delle mucose esposte deve essere praticata immediatamente dopo o contemporaneamente al sostegno delle funzioni vitali della vittima. Tolti gli indumenti contaminati il paziente va lavato con abbondante acqua e sapone. Lo stesso dicasi per la decontaminazione oculare. La decontaminazione del tratto gastroenterico se vi è stata ingestione di OP può essere poco indicata in caso di vomito e diarrea protratta come si verifica nelle intossicazioni di grado medio-severo. Antidoti Atropina Meccanismo d'azione - Antagonista degli effetti muscarinici da iperstimolazione colinergica provocata dagli OP.  Dosaggio e modalità di somministrazione - iniezione per via endovenosa, intramuscolare o endotracheale (in assenza di approccio venoso) di 1-2 mg (0.05-0.1 mg/kg nei bambini) ripetuti ogni 15 minuti fino alla riduzione delle secrezioni polmonari e al miglioramento ossigenativo. Il proseguimento della terapia dipende dallo stato clinico del paziente. Tali dosaggi sono puramente indicativi: in esposizioni massive possono essere impiegati dosaggi centinaia di volte superiori senza un limite di dosaggio. In tali casi è opportuno istituire un'infusione continua.  Pralidossima Meccanismo d'azione - E' un riattivatore delle colinesterasi inibite dagli OP che agisce rimuovendo il fosforo dalla molecola di AchE (vedi figura). E' in grado, inoltre, di legarsi alla molecola di OP impedendo che questa inibisca l'enzima. Antagonizza gli effetti nicotinici e muscarinici degli OP, ma per la scarsa penetrazione nel SNC non è molto efficace per trattare i disturbi neurologici centrali.  Dosaggio e modalità di somministrazione - iniezione endovenosa (intramuscolo se la via venosa non è disponibile) lenta ottenuta diluendo 1-2 g in 100 ml di soluzione salina o glucosata 5% in ca 30 min. Una 2a dose può essere somministrata 1-2 ore dopo e ogni 6-8 ore per le prime 48 ore se i sintomi persistono; nei casi più gravi utilizzare un'infusione continua alla velocità di 500 mg/ora. Conclusioni Gli OP sono dei biofarmaci responsabili di intossicazioni severe. Quando l'esposizione è massiva, per qualunque via avvenga, si determinano dei gravi quadri clinici minacciosi per la vita. La rianimazione e la terapia antidotica specifica vanno impiegati congiuntamente, così come la decontaminazione cutanea, congiuntivale e digestiva. Complicazioni legate alla terapia e alle patologie preesistenti dei pazienti possono contribuire ad allungare la degenza di tali intossicazioni gravate, in ogni caso, da elevata morbidità e mortalità. Bibliografia M.O. Amdur, J. Doull, C.D. Klaassen. Tossicologia. EMSI, Ed. Italiana 1993. Effetti tossici dei pesticidi. V. Danel, P. Barriot. Les intoxications aigues. Arnette M. Bozza Marrubini, R. Ghezzi Laurenzi, P. Uccelli. Intossicazioni acute. OEMF, 2a edizione 1987 P. Viccellio. Handbook of medical toxicology. Little, Brown and Company JE. Davies, A. Barquet, VH. Freed, R. Haque, C. Morgade, RE Sonneborn, C.Vaclavek. Human pesticide poisoning by a fat-soluble organophosphate insecticide. Arch Environ Health 1975 ; 30 :608-613 Worek F; Backer M; Thiermann H; Szinicz L; Mast U; Klimmek R; Eyer. Reappraisal of indications and limitations of oxime therapy in organophosphate poisoning. Hum Exp Toxicol 1997 Aug;16(8):466-72    EPA, United States Environmental Protection Agency, Recognition and Management of Pesticide Poisonings, 5th Edition Carbamati  Introduzione I carbammati al pari degli organofosforici (OP) sono largamente impiegati come insetticidi principalmente in agricoltura ma anche in veterinaria, nell'uso domestico e comunitario (giardini, scuole). Sebbene possiedano una tossicità acuta inferiore a quella degli OP, il medesimo meccanismo d'azione li rende una categoria di tossici pericolosi per la salute dell'uomo. Meccanismo d'azione e tossicità I carbammati hanno un'azione anticolinesterasica identica a quella degli OP. Entrambi inibiscono l'azione dell'acetilcolinesterasi (AchE) responsabile della scissione enzimatica dell'acetilcolina ai diversi livelli nei quali agisce come neurotrasmettitore. La differenza con gli OP tuttavia è sostanzialmente la reversibilità del complesso carbamato-acetilcolinesterasi con conseguente riattivazione dell'enzima e recupero della funzione. La velocità di riattivazione dei carbamati può rendere la determinazione del livello delle colinesterasi poco attendibile: il processo di riattivazione, infatti, avviene alla stessa maniera in vivo ed in vitro determinando quindi valori falsamente normali di colinesterasi.  I carbamati inoltre al contrario degli OP mostrano una maggiore velocità di degradazione. L'assorbimento nell'organismo dei carbamati avviene per via inalatoria, digerente e cutanea, anche se per quest'ultima la capacità di penetrazione è sensibilmente inferiore alle altre vie di contatto.  Manifestazioni cliniche Come effetto della reversibilità dell'inibizione dell'AchE, le manifestazioni cliniche in caso d'intossicazione acuta da carbammati tendono ad essere meno durature e quindi meno gravi. Per il resto il comune meccanismo d'azione con gli OP determina un quadro d'iperstimolazione colinegica che si esprime in segni nicotinici (tremori muscolari, paralisi, tachicardia, ipertensione), segni muscarinici (salivazione, sudorazione, broncorrea, lacrimazione, bradicardia) e segni neurologici centrali (confusione, incoordinazione motoria, turbe del comportamento). Anche per i carbamati l'insufficienza respiratoria acuta è la principale causa di morte. Per tale motivo è importante in caso d'intossicazione vera o presunta con insetticidi carbamati, non dilazionare il trattamento in attesa di conferme di laboratorio sul livello delle colinesterasi. Le manifestazioni cliniche di adulti e bambini possono differire, nel senso che quest'ultimi presentano più frequentemente segni neurologici.  Trattamento Il trattamento sintomatico non differisce da quello previsto per le intossicazioni da OP: supporto delle funzioni vitali, decontaminazione cutanea, oculare e gastroenterica. La terapia antidotica si avvale dell'uso dell'atropina per controbilanciare gli effetti da iperstimolazione colinergica determinata dai carbamati; . Le dosi impiegate vanno personalizzate e non possono essere stabilite "a priori"; in genere sono necessari quantità inferiori a quelle impiegate con gli OP. La pralidossima, invece, per via della rapida riattivazione dell'AchE, non è indicata, e può essere dannosa; può essere somministrata nel caso ci si trovi di fronte ad un'intossicazione mista OP/carbamati. Bibliografia M. Bozza Marrubini, R. Ghezzi Laurenzi, P. Uccelli. Intossicazioni acute. OEMF, 2a edizione 1987 Ecobichon DJ. Toxic effect of pesticides. In: Klaassen CD (ed), Casarett & Doull’s Toxicology: The Basic Science of Poisons, 5 th ed. New York: McGraw-Hill, 1996, p. 659. Lifshitz M, Shahak E, Bolotin A, et al. Carbamate poisoning in early childhood and in adults. Clin Toxicol 1997;35:25-7. EPA, United States Environmental Protection Agency, Recognition and Management of Pesticide Poisonings, 5th Edition Informazioni sulla rivista ESIA-Italia EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia costituisce la parte Italiana della versione Americana, pubblicata su Internet da Keith J Ruskin, Professore di Anestesia alla Università di Yale. I lavori saranno accettati sia in lingua Italiana che Inglese. In quelli di lingua Italiana un corposo riassunto in Inglese verrà preparato dalla redazione, qualora l'autore non fosse in grado di fornirlo. A cura della redazione sarà inoltre la traduzione in Italiano dei manoscritti inviati in lingua Inglese. La rivista sarà inviata gratuitamente a tutti quelli che ne faranno richiesta, inviando il seguente messaggio "Desidero ricevere ESIA versione italiana" indirizzato a LANZA@UNIPA.IT La rivista pubblica rewiews e lavori originali compiuti nei campi dell'anestesia e della medicina critica. I lavori originali riguardano ricerche cliniche, di laboratorio e la presentazione di casi clinici. Le reviews includono argomenti per l'Educazione Medica Continua (EMC), articoli di revisione generale o riguardanti le attrezzature tecniche. ESIA pubblica le lettere all'Editore contenenti commenti su articoli precedentemente publicati ed anche brevi comunicazioni. 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