Numero in formato solo testo


ISSN 1080-3521

EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY

and

CRITICAL CARE MEDICINE - Italia -

Il giornale Italiano online di anestesia Vol 8 No 02 Febbraio 2003


Pubblicato elettronicamente da

Vincenzo Lanza, MD

Servizio di Anestesia e Rianimazione

Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy

E-mail: lanza@mbox.unipa.it

Keith J Ruskin, MD

Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine

333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA

E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu

Copyright (C) 1997 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine

__________________________

In questo numero:

ATTI CONGRESSUALI ONLINE XVII Congresso Nazionale della Società Italiana di Terapia Intensiva S.I.T.I
dal corso "Anestesia in Ostetricia"

1 Fisiologia del Travaglio di Parto e del Parto per il Vertice: ciò che l'Anestesista deve ricordare

2 Indicazioni e Controindicazioni alle Tecniche di Anestesia Rachidea: considerazioni generali valide per l'Anestesia in Ostetricia

3 Gli Anestetici Locali in rapida rassegna per l' Anestesia in Ostetricia

_______________________________________________________
ATTI CONGRESSUALI ONLINE
XVII Congresso Nazionale della Società Italiana di Terapia Intensiva S.I.T.I.

La redazione di Esia-Italia dedica alcuni suoi numeri alla presentazione online di una selezione degli atti del XVII Congresso Nazionale SITI (Società Italiana di Terapia Intensiva), tenutosi nel Settembre 2003 a Palermo.
Attraverso ESIA, i presidenti, il comitato organizzatore e il comitato scientifico del congresso SITI hanno deciso di offrire il materiale scientifico congressuale per la libera consultazione online, certi di incontrare il bisogno di formazione e di aggiornamento dei lettori: anestesisti-rianimatori, infermieri, chirurghi e altri addetti ai lavori dell'area critica. La selezione degli articoli spazia tra le diverse aree di interesse, valorizzando le competenze mediche e infermieristiche delle tematiche trattate, a sottolineare che solo una crescita culturale di tutto il gruppo di lavoro può garantire i migliori risultati di cura sui pazienti critici. Pertanto Esia-Italia, perseguendo le proprie finalità costitutive di strumento elettronico di formazione scientifica e tecnica, si offre come canale di pubblicazione dei lavori congressuali; in ogni caso la redazione di Esia-Italia non si riterrà responsabile di errori o di omissioni ravvisabili nei testi prodotti nè dell'eventuale impropria utilizzazione delle tecniche descritte. 

 

_______________________________________________________

Fisiologia del Travaglio di Parto e del Parto per il Vertice: ciò che l'Anestesista deve ricordare _______________________________________________________

FISIOLOGIA DEL TRAVAGLIO DI PARTO E DEL PARTO PER IL VERTICE
Prof. G. Vegna
Divisione di Ostetricia e Ginecologia - Ospedale Buccheri La Ferla, Palermo

Introduzione
In un testo che si occupi di analgoanestesia ostetrica, trova giusta collocazione un capitolo che, puntualizzando, sia pure sinteticamente, quelli che sono gli eventi che si susseguono durante il travaglio fino al parto, ne analizzi le varie fasi ed evidenzi le eventuali relazioni connesse all’uso di farmaci utilizzati per indurre lo stato di analgoanestesia peridurale.
Tale metodica, ormai universalmente riconosciuta la più idonea in ostetricia, è largamente utilizzata nel nostro Reparto nel quale oltre il 50% delle pazienti richiede di partorire in anestesia peridurale.

Per travaglio di parto si intende quell’insieme di fenomeni meccanici e dinamici, fra di loro integrati, che conducono all’espulsione del feto e dei suoi annessi dall’organismo materno.

La sua insorgenza coincide con l’inizio delle contrazioni dolorose associate alle modificazioni anatomiche del collo uterino che via via si appiana e si dilata ( fenomeni dinamici ).

Per convenzione durante il travaglio di parto si distinguono tre stadi:

  • 1° STADIO : dall’inizio del travaglio alla dilatazione completa della cervice (fase dilatante);

  • 2° STADIO: dalla dilatazione completa della cervice al parto (fase espulsiva)

  • 3° STADIO: dal parto all’espulsione della placenta (secondamento).

Durante il primo stadio si distinguono inoltre (Freedman):

  • UNA FASE DI LATENZA: dall’inizio di contrazioni uterine regolari all’inizio della fase attiva ( 3 - 4 cm. di dilatazione) ed

  • UNA FASE ATTIVA : dai 3 - 4 cm. di dilatazione fino alla dilatazione completa.

Questa schematizzazione forse eccessivamente didattica è oltremodo utile quale punto di riferimento per inquadrare da un punto di vista speculativo qualunque fenomeno che intervenga durante il travaglio. Secondo l’impostazione meccanicistica classica dell’ostetricia, che assimila questo evento ad un esclusivo problema di fisica (passaggio di un corpo mobile attraverso un canale a sezioni variabili spinto da una forza - vis a tergo -), i tre fattori presi in considerazione nella dinamica del parto sono: - il canale del parto - il corpo mobile - la forza.

Oggi a questa teoria esclusivamente meccanicistica si aggiunge un nuovo elemento, il fattore cervicale, le cui modificazioni non sono più interpretate come un fenomeno passivo, conseguenza della "vis a tergo", ma come fenomeno attivo indotto da vari fattori, per lo più ormonali e locali, nella cui genesi sembra che anche il feto eserciti un ruolo determinante.

 

Il canale del parto (fig.1) primo fattore da prendere in considerazione nella dinamica del parto, è costituito dalle ossa del bacino ed è rivestito internamente da tessuti molli rappresentati nella parte più craniale, dai muscoli del bacino e, nella parte più distale dai muscoli del pavimento pelvico. La localizzazione spaziale di tali muscoli e l’azione che essi esercitano hanno un ruolo determinante nella fenomenologia del travaglio di parto e del parto.

Esso mostra a considerare due piani ed uno spazio tra di essi compreso:

  • il piano dello stretto superiore,

  • lo scavo pelvico,

  • il piano dello stretto inferiore.

 

A livello dello stretto superiore, i diametri più favorevoli per l’impegno della parte presentata, sono rappresentati dai diametri obliqui destro e sinistro; nel bacino rivestito dalle parti molli infatti, il diametro trasverso risulta lievemente più corto rispetto ai diametri obliqui per la presenza dei muscoli ileo-psoas. La leggera prevalenza poi, del diametro obliquo sinistro sul destro, per una fisiologica asimmetria posturale del bacino e la presenza, all’estremo posteriore del diametro obliquo di destra, del sigma spesso pieno di feci, rende ragione della maggiore frequenza delle presentazioni anteriori sinistre, rispetto alle destre (figura 2).

 

A livello dello stretto inferiore il diametro più favorevole è rappresentato dal diametro antero-posteriore, sfalsato rispetto al primo di 45° (figura 3).

 

Logica conseguenza di questo differente orientamento dei diametri suddetti è che il corpo mobile, secondo fattore della dinamica del parto, per "progredire" attraverso lo spazio compreso fra di essi, dovrà, confrontando i suoi diametri inferiori con quelli più favorevoli del canale del parto, eseguire un movimento di avvitamento o "rotazione interna" di 45° (figura 4)

 

Figura 5 Figura 6
Figura 7

Tali movimenti di progressione e di rotazione interna, preceduti dal fenomeno di riduzione ed impegno della parte presentata (fig.5) e seguiti dal disimpegno e dalla rotazione esterna della stessa, non possono verificarsi in assenza o deficienza della "vis a tergo", terzo fattore della dinamica del parto, rappresentata dalla contrazione uterina e da quella dei muscoli del torchio addominale (figg.6,7)
Gli ultimi due tempi del parto sono costituiti dal disimpegno della parte presentata e dal movimento di restituzione della testa fetale che corrisponde alla rotazione interna del cingolo scapolare.

Come già accennato le strutture muscolo-aponeurotiche del pavimento pelvico, che chiudono la parte più distale del canale del parto, esercitano una azione fondamentale per la progressione fetale; è infatti grazie alla loro azione tonica che la parte presentata, spinta dalle contrazioni uterine, riceve una controspinta che gradualmente le permette di ridurre i suoi diametri e di progredire attraverso lo scavo pelvico, consentendo quel movimento di avvitamento di 45° verso il basso ed in avanti (rotazione interna) indispensabile per superare il "ginocchio " del canale del parto - e di presentarsi al piano perineale.

E’ soprattutto in questa fase che una analgesia peridurale mal condotta può interferire negativamente sulla evoluzione del travaglio; un eccessivo rilasciamento dei muscoli del pavimento pelvico, non consente più infatti, la controspinta che solo un adeguato stato di tonicità muscolare, può determinare. I muscoli, rilasciati, tendono ad accogliere, come in una coppa elastica, la parte presentata non permettendole di ruotare per disporsi lungo il diametro più favorevole e di progredire fino a giungere al piano perineale. Se a questo poi, si aggiunge la mancata percezione da parte della donna in anestesia peridurale, del riflesso di Fergusson (sensazione di spinta che la parte presentata evoca al contatto dei muscoli del pavimento pelvico, tonici), ben si comprende la etiopatogenesi di tutte le distocie conseguenti a tale stato di cose.

Il terzo fattore determinante per l’espletamento del parto è costituito dalla forza o "vis a tergo" che si esprime, sostanzialmente, attraverso le contrazioni uterine, in mancanza delle quali il parto non si può espletare e, accessoriamente, attraverso le contrazioni dei muscoli del torchio addominale (m. dell’addome e del diaframma) la cui deficienza, anche se non compromette del tutto la possibilità di espletamento del parto, può creare notevoli problemi in fase espulsiva e dar forza a quella parte della Letteratura che vuole un significativo aumento dei parti operativi nelle pazienti sottoposte ad analgoanestesia peridurale.

La nostra esperienza a tal proposito, confortata da buona parte della Letteratura, non concorda con queste opinioni, ma ritorneremo sull’argomento più diffusamente quando parleremo di management dell’Anestesia Peridurale e dell’incidenza, nelle nostre pazienti, dei darti operativi.

Nessuna influenza la peridurale esercita infine sui fenomeni plastici che si verificano a carico della parte presentata fetale, conseguenza dell’adattamento di essa al canale del parto; così come una vigile assistenza e un adeguato uso di ossitocici durante il secondamento ed il postpartum mettono al riparo da eventuali patologie emorragiche di tali fasi.

_______________________________________________________

Indicazioni e Controindicazioni alle Tecniche di Anestesia Rachidea: considerazioni generali valide per l'Anestesia in Ostetricia

_______________________________________________________

Indicazioni e controindicazioni alle tecniche di anestesia rachidea
Amedeo Pignataro
Servizio di anestesia e rianimazione, ospedale Buccheri La Ferla FBF, Palermo

Esistono poche controindicazioni assolute all'AP e all'AS. L'esatta conoscenza delle caratteristiche anatomiche rachidee, della farmacologia degli anestetici locali impiegati, ed in generale l'esperienza dell'anestesista con le tecniche d'anestesia loco-regionale, collocano l'AP e l'AS tra le tecniche di scelta in svariate condizioni, nelle quali, le condizioni cliniche del paziente, la sede dell'intervento chirurgico, la necessità di una soddisfacente analgesia postoperatoria, rendono l'anestesia generale poco indicata.

Indicazioni
Le tecniche d'anestesia rachidea, permettono di controllare la risposta neuroendocrina allo stress chirurgico e gli stimoli nocicettivi ad esso associati. Le indicazioni all'uso dell'AP e dell'AS riguardano la chirurgia dell'addome inferiore, del perineo e degli arti inferiori; associate all'anestesia generale nella chirurgia maggiore rappresentano tecniche efficaci sia nella conduzione dell'intervento che nell'analgesia postoperatoria . La preservazione della funzionalità di organi vitali quale quello respiratorio, cardiovascolare e nervoso centrale rendono l'AP e l'AS le tecniche di scelta nei pazienti con affezioni respiratorie, anziani, obesi, nelle condizioni con elevato rischio d'aspirazione di materiale gastrico (es. ostetricia). Se ben condotte le anestesie rachidee possono essere utilizzate nei pazienti coronaropatici, con malattia cardiaca congestizia e con patologie valvolari. Nella chirurgia ortopedica l'AP e l'AS hanno mostrato di ridurre il sanguinamento e l'incidenza di trombosi venose profonde e d'embolia polmonare; effetti positivi sullo stato d'ipercoagulabilità sono state riscontrate anche in chirurgia vascolare. Il migliore controllo del dolore postoperatorio, rispetto ai farmaci antalgici parenterali, con la somministrazione di anestetici locali e/o oppioidi per via rachidea, ha implicazioni importanti nell'assistenza perioperatoria del paziente e nella riduzione di mortalità e morbidità. In alcune condizioni particolari come nel travaglio e nel parto, le anestesie rachidee determinano un'eccellente analgesia senza effetti negativi sul feto.

Le indicazioni e le controindicazioni alle anestesie midollari, in ogni caso, sono soggette alle analisi del rapporto rischio/beneficio al pari di qualsiasi altra tecnica anestesiologica.

Le controindicazioni assolute all'AP e all'AS (tab1). vedono al primo posto il rifiuto del paziente.

Tale aspetto va ridimensionato, in quanto, spesso l'opposizione alle tecniche d'anestesia rachidea è legata alla disinformazione, nonché alle aneddotiche conoscenze del paziente sugli effetti negativi della "puntura lombare". La paura delle sequele neurologiche dell'anestesia rachidea impedisce ancora oggi la diffusione di tale tecnica. In secondo luogo, chi deve essere sottoposto ad un intervento chirurgico in anestesia periferica ha il terrore di stare "sveglio" in sala operatoria. Una visita preoperatoria nella quale l'anestesista spieghi correttamente il motivo del ricorso alle tecniche rachidee piuttosto che all'anestesia generale è nella maggior parte dei casi sufficiente a ottenere il consenso del paziente. L'indicazione alla tecnica, più che il timore di problemi medico-legali in caso di complicanze, dovrebbe guidare l'attività dell'anestesista.

Un'altra "classica" controindicazione all'AP e AS è rappresentata dalle turbe della coagulazione.

Se per le gravi coagulopatie esiste una larga convergenza tra gli anestesisti nell'evitare le anestesie rachidee, casistiche di decine di migliaia di anestesie midollari eseguite nelle condizioni più diverse e con protocolli differenti ha permesso di stabilire i limiti minimi di sicurezza per l'esecuzione di tali tecniche (tab. 2). Ancora dibattuta è la condotta anestesiologica nei pazienti in trattamento con basse dosi di eparina o con aspirina e dicumarolici. Sebbene la terapia con basse dosi di eparina non frazionata (5000 U.I. x 2/die) possa alterare in una piccola percentuale di casi i tests di coagulazione, il suo uso non controindica un'anestesia midollare; l'uso profilattico di eparina a basso peso molecolare (EBPM), presenta l'indubbio vantaggio della mono-somministrazione giornaliera, che può essere praticata la sera precedente l'intervento; sulla sicurezza delle EBPM in corso di anestesie rachidee, le casistiche riportate in letteratura sono discordanti: Bergqvist ( ) non ha riscontrato complicazioni emorragiche in 9000 blocchi, mentre in altri lavori ( ) sono stati riportata ematomi spinali dopo uso di EBPM. E' consigliabile, a nostro avviso, discontinuare la sera prima dell'intervento l'EBPM sostituendola con l'eparina non frazionata, oppure praticare l'EBPM la vigilia dell'intervento. L'intervallo di tempo che deve intercorrere tra la somministrazione di eparina e l'anestesia rachidea varia enormemente tra i centri che la praticano: dalla veglia dell'intervento a due ore prima dell'anestesia. La nostra pratica prevede l'ultima somministrazione di eparina la sera prima dell'intervento; nel periodo postoperatorio, tranne che in caso di puntura traumatica o di sopravvenute trombopenie, sebbene sia possibile riprendere la terapia eparinica a basse dosi a distanza di almeno due ore dalla puntura, considerando che il preriempimento vascolare e l'abitudine di mantenere uno stato di relativa ipervolemia durante le anestesie rachidee garantisce di per sè contro i rischi tromboembolici, è nostra routine attendere 10-12 ore prima di somministrare l'eparina non frazionata.

Nei riguardi di pazienti in trattamento aspirinico, per via degli effetti del farmaco sull'aggregabilità piastrinica che perdura per alcuni giorni dopo la sospensione, nonostante non siano riportati in letteratura casi di sanguinamento peridurale o spinale in pazienti in terapia con aspirina, si preferisce l'interruzione del trattamento, quando possibile, per circa 3 giorni prima di eseguire l'anestesia midollare. Se s'intende praticare un'AP in un paziente trattato con aspirina, è prudente non associare l'eparinizzazione profilattica.

Infezione nel sito della puntura:

Le controindicazioni relative riguardano le malattie neuromuscolari come ad es. la sclerosi multipla, che, per essere caratterizzata da fasi cliniche di remissione e acuzie, potrebbe rendere difficile l'interpretazione di nuovi deficit neurologici, peraltro possibili dopo stress, interventi chirurgici e gravidanza, comparsi dopo anestesia midollare. Non c'è evidenza che le tecniche regionali aggravino la malattia e, pertanto la scelta a favore dell'AP o di una AS richiede, da un lato un'attenta valutazione dello stato neurologico prima e subito dopo l'anestesia, dall'altro il consenso ed una corretta informazione del paziente. Lesioni neurologiche stabili come ad es. emiparesi consecutive ad accidenti cerebrovascolari o neuropatie periferiche associate a diabete mellito, ben valutate e documentate pre-operatoriamente, non controindicano le anestesie midollari. L'infezione nel sito della puntura e uno stato settico generalizzato sono una controindicazione assoluta, ma le ipertermie, relativamente frequenti nella donna in travaglio, determinate da infezioni urinarie, corioamnite, devono condurre l'anestesista e l'equipe ostetrica a considerare i rischi di un'anestesia generale o di un'anestesia rachidea, fronte a situazioni ostetriche a rischio (travaglio indotto, anomalie pelviche) e a patologie materne.

Il dolore lombare è un evento frequente nella popolazione generale (ca.10%), ma la percentuale sale al 50% delle donne gravide. Le cause responsabili della lombalgia sono innumerevoli e possono essere primitive, cioè a partenza delle strutture muscolo-scheletriche rachidee, secondarie a neoplasie, riferite, in relazione a patologie ostetriche, urinarie, prostatiche o appendicolari e, infine, psicogene. Sebbene una maggiore incidenza di dolore lombare sia stato associato alle tecniche di anestesia midollare, nessuno studio ha finora dimostrato inequivocabilmente il nesso causale tra anestesia regionale e lombalgia postoperatoria.

Gli interventi pregressi al rachide sono stati in passato ritenuti un'impedimento all'esecuzione delle anestesie rachidee; in realtà sia l'AS che l'AP si rivelano semplici ed efficaci nella maggior parte dei pazienti con pregressa chirurgia del rachide.

Bibliografia

1) M. F. Milroy. Indications and contraindication for regional anesthesia. ASA, 1992 Annual Refresher Course Lectures

2) Manuel d’anesthésie clinique. Protocoles du Massachusetts General Hospital, 1988 édition pradel.

3) P. R. Knowles. Central nerve block and drugs affescting hemostasis - are they compatible? Current Anaesthesia and Critical Care, (1996), 7, 281-288.

4) D. Berqvist, D. Lindbland, T. Matzsch. Low molecolar weight heparin for thromboprophylaxus and epidural/spinal anaesthesia - is there a risk? Acta Anaesth Scand 1992; 36: 605-609

5) J. E. Sternlo, C. H. Hybbinette. Spinal subdural bleeding after attempted epidural and subseguent spinal anaesthesia in a patient on tromboprophylaxis with low molecular weight heparin. Acta Anaesth Scand 1995; 39: 557-559

6) O. Cloquet R. Krisovic-Horber, M. Delecroix, M. Huriau, J. P. Pruvo. Spinal subaracnoid hematoma after spinal anaesthesia and low molecular weight heparin. Ann Fr Anesth Reanim 1993; 12: 428-430