S.I.A.A.R.T.I Linee guida On-line

LINEE-GUIDA SIAARTI
 
IL PAZIENTE HIV-POSITIVO IN ANESTESIA E TERAPIA INTENSIVA
 

SOCIETA' ITALIANA DI ANESTESIA ANALGESIA RIANIMAZIONE E TERAPIA INTENSIVA

Aspetti organizzativi, medico-legali ed etici
 
Gruppo di Studio:
Sezione AIDS della Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI)
 
Coordinatore:
L.Stella, Servizio di Anestesia e Rianimazione, Ville Turro, Ospedale S.Raffaele, Milano
 
Componenti:
G.Azzimonti, A.Caldarella, E.Calderini, G.Ghidini, B.Mazzarella, P.Puccio, C.Zocchi.

 

PREMESSA

L'ampia diffusione che caratterizza l'andamento epidemiologico dell'infezione da virus HIV ha reso necessaria la codificazione di norme comportamentali atte a prevenire l'esposizione al virus da parte del personale sanitario addetto all'assistenza ai pazienti sieropositivi.
D'altra parte è stato necessario definire anche gli aspetti che riguardano la tutela dei diritti del malato, intesa come tutela del diritto all'assistenza medica e alla riservatezza (in particolare per quanto riguarda l'esecuzione del test anti-HIV; la notificazione di sieropositività e la ricerca di possibili comportamenti a rischio avuti dal paziente stesso).
Una certa rilevanza ha assunto inoltre il problema della definizione della responsabilità civile e penale dell'istituzione sanitaria nei confronti del dipendente contagiato nell'esercizio della sua funzione.
Tutela del personale sanitario, tutela dei diritti del malato e responsabilità dell'istituzione sono quindi i problemi considerati dai legislatori che il presente documento ha lo scopo di presentare per affrontare correttamente le problematiche legate alla gestione del paziente sieropositivo in Terapia Intensiva o nella pratica anestesiologica.
Si fa riferimento in questo documento alla legge 135 del 1990 e al Decreto Ministeriale del 28 settembre 1990 che vengono allegati per intero.


Norme di protezione del personale sanitario

I riferimenti legislativi sono espressi nell'articolo 7 della legge 135 del 1990 (art. 5, 6, 7) e nel Decreto Ministeriale del 28 settembre 1990 (art. 1, 2, 3).

Art. 7, legge 135, 1990; art. 1 DM 28 settembre 1990
"...tutti gli operatori debbono adottare misure di barriera idonee a prevenire l'esposizione di cute e mucose nei casi in cui sia prevedibile il contatto anche accidentale con sangue e altri liquidi biologici...".
È importante precisare, riguardo le norme ministeriali, quali siano i mezzi di barriera, i liquidi biologici e le manovre che possono prevedibilmente esporre al contatto col virus.
Secondo le norme ministeriali l'obbligo concerne l'uso di guanti di lattice.
Si consiglia tuttavia anche l'uso di sovrascarpe, sovracamice impermeabile e mascherina con visiera.
Queste misure sono consigliate nel corso di prelievi venosi, arteriosi, di liquor e in corso di ogni manovra invasiva di tipo anestesiologico e rianimatorio.
In corso di manovre particolarmente a rischio si consiglia l'uso di guanti antitaglio e mascherina con visiera.
Sono considerati veicoli virali: sangue, liquido seminale, secrezioni vaginali, liquor cefalorachidiano, liquido sinoviale, pleurico, pericardico, amniotico, peritoneale.
Feci, secrezioni nasali, lacrime, urine e sudore sono ritenuti infettivi solo se contengono sangue in quantità visibili.
Il trasporto di campioni da un laboratorio ad un altro o all'interno di una struttura ospedaliera deve essere attuato tramite contenitori atti ad evitare contaminazione ambientale (contenitori a chiusura ermetica di plastica rigida).

Art. 2 DM 28 settembre 1990
"...l'eliminazione di aghi, lame, bisturi ed altri oggetti taglienti o appuntiti deve avvenire con le cautele idonee ad evitare tagli o punture accidentali...".
A questo proposito è importante sottolineare che la maggior parte degli incidenti occorsi al personale sanitario nel corso dell'assistenza a pazienti HIV positivi avviene proprio nella manipolazione di strumenti (aghi, bisturi, siringhe) utilizzati per manovre invasive.
Si consiglia pertanto, al fine di evitare punture o tagli accidentali, di non rimuovere aghi o altri strumenti appuntiti dai loro supporti dopo aver effettuato le manovre previste, di non reincappucciare gli aghi, ma di riporre aghi e bisturi in contenitori appositi resistenti al taglio e alla puntura.
È consigliabile abituarsi a manovrare gli aghi con una sola mano o con l'aiuto di una pinza.
Si consiglia inoltre di non raccogliere oggetti taglienti o appuntiti da terra o da zone difficilmente raggiungibili se non in condizioni di perfetta visibilità e impiegando pinze metalliche.
Per quanto riguarda il riutilizzo di presidi medico chirurgici è prevista l'immediata disinfezione con sostanze di provata efficacia sul virus HIV prima di procedere alla sterilizzazione.
Gli standards e i riferimenti per identificare le sostanze da utilizzare vengono periodicamente definiti dalla Commissione Nazionale AIDS.
Il virus HIV è molto sensibile ai procedimenti di sterilizzazione e disinfezione.
Riportiamo, al solo scopo esemplificativo, alcune metodiche di intervento considerate efficaci sul HIV:

- sterilizzazione:
- vapore (20' a 121°C);
- calore secco (20' a 180°C);
- disinfezione:
- bollitura (20');
- chimica (immersione per almeno 30' in una delle seguenti soluzioni: ipoclorito di sodio 0,5%; cloramina 2%; alcol etilico 70%; alcol isopropilico 70%; formaldeide 4%; glutaraldeide 2%; perossido di idrogeno 0,6%).


Tutela dei diritti del paziente affetto da infezione da HIV/AIDS

Diritto all'assistenza sanitaria
Il diffondersi del contagio da HIV ha rimesso in discussione un concetto da sempre accettato dagli operatori sanitari e più volte ribadito nei codici deontologici di ogni epoca: il diritto del malato a ricevere un'adeguata assistenza anche a rischio degli operatori sanitari.
Negli Stati Uniti, dove per primo questo problema si è posto in tutta la sua evidenza, è stata avvertita l'esigenza di ribadire questo concetto, anche se molte contraddizioni di fondo non sono ancora state risolte: l'obbligo di assistere il paziente affetto da AIDS è riconosciuto come obbligo della società nel suo insieme, mentre molta libertà d'azione viene lasciata al singolo medico.
Questa interpretazione, sebbene indichi chiaramente che il servizio medico pubblico è obbligato ad assistere pazienti affetti da AIDS non chiarisce tuttavia quale debba essere l'atteggiamento del medico nell'esercizio privato della professione.
In ogni caso il rischio personale non può pregiudicare il diritto all'assistenza medica ad alcun paziente.

Diritto alla riservatezza
Il diritto alla riservatezza garantisce, secondo il codice di procedura penale (art. 622; art. 326), che il medico non riveli a terzi notizie riguardanti lo stato di salute di un paziente.
Nel caso particolare, l'
art. 5, legge 135 del 1990 obbliga gli operatori sanitari che vengano a conoscenza di un caso di infezione da HIV ad adottare tutte le misure per garantire il diritto alla riservatezza del paziente, sia per la notificazione di sieropositività (la comunicazione dei risultati di esami diagnostici mirati ad accertare la presenza di infezione da HIV deve essere data solo al diretto interessato) che per l'esecuzione del test anti-HIV (nessuno può esservi sottoposto senza consenso se non per motivi di necessità clinica; ad esempio nel paziente in coma in cui vi sia fondato sospetto di infezione).
L'
art. 6 della suddetta legge pone il divieto per i datori di lavoro pubblici e privati di svolgere indagini volte a definire la sieropositività HIV di un dipendente in vista dell'instaurazione di un rapporto di lavoro.
Nel nostro ordinamento giuridico il diritto alla riservatezza è quindi riconosciuto come fondamentale per la convivenza civile (
Commissione Nazionale AIDS. Documento n. 41, 17 marzo 1992).

In base a quanto sopra esposto, la rivelazione di un segreto professionale assume sempre i contorni di un atto eccezionale.
I casi in cui essa è possibile sono tre (
art. 1 Codice Deontologico Italiano del medico-chirurgo e dell'odontoiatra):

- la rivelazione è imposta dalla legge: il medico non può prendere in considerazione una deroga;
- la rivelazione è autorizzata dall'interessato o dai legali che lo rappresentano: il medico può, a sua discrezione, rivelare a no l'informazione;
- la rivelazione trova il suo fondamento in una giusta causa (tutela di un bene altrettanto rilevante: vita o integrità fisica di terzi): il medico deve adoperarsi prima per ottenere il consenso del paziente; solo la tutela di un bene più grande giustifica la rivelazione a terzi e la violazione del diritto alla riservatezza.

La rivelazione in ogni caso deve essere attuata senza pregiudicare l'immagine dell'interessato o della professione medica.

Consenso all'esecuzione del test anti-HIV
Nell'ambito del problema inerente la riservatezza si inscrivono le problematiche legate all'espressione, da parte del paziente, del consenso all'esecuzione del test anti-HIV, della notificazione di sieropositività e del contact tracing (ricerca dei possibili contatti a rischio avuti dal paziente HIV positivo).
Mentre per la notificazione di sieropositività e il contact tracing si raccomanda di seguire le direttive espresse in precedenza, per il consenso all'esecuzione del test anti-HIV molti Centri hanno adottato una formula scritta di consenso informato da parte del paziente.
Riportiamo nell'allegato un
esempio di consenso all'esecuzione del test anti-HIV.


Responsabilità civile e penale dell'Istituzione Sanitaria e obblighi del personale medico e paramedico

Responsabilità dell'Istituzione Sanitaria
Il problema della definizione della responsabilità civile e penale dell'Istituzione Sanitaria nei confronti del dipendente contagiato nell'esercizio della professione è stato affrontato in Italia a partire dal 1989 e trova il suo fondamento nella sentenza emessa dalla Procura di Torino il 22-3-1989 (Foro Italico, 1990 II, 58: "Omissione di misure anti-AIDS e contagio di un'infermiera in un reparto ospedaliero").
Il caso è quello di un'infermiera che, priva delle necessarie misure protettive, venne investita da un getto di sangue infetto fuoriuscito da una linea di monitorizzazione della pressione cruenta difettosa e contrasse l'infezione da HIV.
Fu emessa, a carico del primario e della ditta fornitrice, una sentenza di condanna per lesioni colpose gravi: a carico della ditta per non aver fornito tutte le indicazioni per un corretto uso della strumentazione, e a carico del primario per non aver fornito ai dipendenti le nozioni e i presidi atti a prevenire l'esposizione al virus.
L'accertamento della responsabilità penale di questo caso implica anche, da parte del primario e della ditta fornitrice, una responsabilità civile nei confronti della persona danneggiata (responsabilità extracontrattuale), con tutto ciò che ne consegue (risarcimento danni patrimoniali e non).
In questo caso anche la struttura sanitaria può far valere una responsabilità nei confronti della ditta fornitrice.
Inoltre la persona danneggiata potrà intraprendere un'azione legale nei confronti della pubblica amministrazione (art. 2987 c.c.; artt. 4 - 7 DPR 547/1955) che si potrà rivalere nei confronti del primario a meno che questo non provi la sua estraneità al fatto.

Obblighi del personale medico e paramedico
È fatto obbligo al Primario di rendere edotti i dipendenti delle normative vigenti e controllare che le normative stesse vengano rispettate.
Allo scopo di garantire che le disposizioni in materia e le avvertenze siano efficacemente recepite si consiglia di esprimere dette raccomandazioni per iscritto ad ogni singolo dipendente medico e paramedico dandone comunicazione in copia alla Direzione Sanitaria.
Nella comunicazione dovrà essere fatto cenno alla disponibilità dei mezzi di protezione previsti (art. 1, 2 DM) e all'obbligo di impiego nelle situazioni previste (art. 9 DM).
Si consiglia inoltre di esporre all'ingresso delle degenze nella Terapia Intensiva, nelle Sale Operatorie e nei locali di Pronto Soccorso una copia delle avvertenze di cui sopra.
Dovrà inoltre essere chiaramente indicato che ogni forma di non ottemperanza a quanto previsto sarà adeguatamente sanzionata.
Il personale medico e paramedico è tenuto ad osservare scrupolosamente le norme citate negli artt. 5, 6 DM 8-10-1990 e a far uso dei mezzi di protezione messi a disposizione.
Poiché l'incidenza di contagio con il virus HIV tra il personale dei Servizi di Anestesia e Rianimazione non è trascurabile, i responsabili di tali Servizi dovrebbero farsi promotori presso le rispettive Direzioni Sanitarie di un "sistema di sorveglianza del personale".
Si consiglia di registrare il nome del dipendente incidentato, del paziente fonte del possibile contagio, delle modalità dell'incidente e degli esami di laboratorio eseguiti.
Il dipendente infortunato dovrebbe venir sottoposto a test anti-HIV al momento dell'incidente, a tre, sei, nove e 12 mesi.
Attualmente, non esistendo specifici presidi medici in caso di esposizione al virus, si consiglia di eseguire lavaggi ripetuti con disinfettanti attivi sul virus o abbondanti lavaggi con acqua se l'esposizione è avvenuta a livello della mucosa congiuntivale e della cornea.


Legge 5 giugno 1990, n. 135
Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Promulga la seguente legge:


Art 1. - Piano di interventi contro l'AIDS
1) Allo scopo di contrastare la diffusione delle infezioni da HIV mediante le attività di prevenzione e di assicurare idonea assistenza alle persone affette da tali patologie, in particolare quando necessitano di ricovero ospedaliero, è autorizzata l'attuazione dei seguenti interventi, nell'ambito dell'apposito piano ministeriale predisposta dalla Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS:
a) interventi di carattere poliennale riguardanti la prevenzione, l'informazione, la ricerca, la sorveglianza epidemiologica ed il sostegno dell'attività del volontariato, attuati con le modalità previste dall'azione programmata del Piano sanitario nazionale riguardante la lotta all'AIDS, e nei limiti degli stanziamenti ivi previsti anche a carico del bilancio del Ministero della sanità;
b) costruzione e ristrutturazione dei reparti di ricovero per malattie infettive, comprese le attrezzature e gli arredi, la realizzazione di spazi per attività di ospedale diurna e l'istituzione o il potenziamento dei laboratori di virologia, microbiologia e immunologia negli ospedali, nonché nelle cliniche ed istituti previsti dall'articolo 39 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, per un ammontare complessivo massimo di lire 2.100 miliardi, con priorità per le opere di ristrutturazione e con graduale realizzazione delle nuove costruzioni, secondo le indicazioni che periodicamente verranno date dalla Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS sentiti la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome e il Consiglio sanitario nazionale, in relazione alle previsioni epidemiologiche e alle conseguenti esigenze assistenziali;
c) assunzione di personale medico e infermieristico a completamento degli organici delle strutture di ricovero di malattie infettive e dei laboratori di cui alla lettera b), e del personale laureato non medico e tecnico occorrente per gli stessi laboratori negli ospedali, nonché nelle cliniche ed istituti di cui all'articolo 39 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, a graduale attuazione degli standard indicati dal decreto ministeriale 13 settembre 1988, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 225 del 24 settembre 1988, fino ad una spesa complessiva annua di lire 120 miliardi, a regime, e di lire 80 miliardi per l'anno 1990;
d) svolgimento di corsi di formazione e di aggiornamento professionale per il personale dei reparti di ricovero per malattie infettive e degli altri reparti che ricoverano ammalati di AIDS da tenersi fuori dall'orario di servizio, con obbligo di frequenza e con corresponsione di un assegno di studio dell'importo di lire 4 milioni lordi annui, fino ad una spesa annua complessiva di lire 35 miliardi;
e) potenziamento dei servizi di assistenza ai tossicodipendenti mediante la graduale assunzione di unità di personale sanitario e tecnico, da ripartire tra le regioni e le province autonome in proporzione alle rispettive esigenze, fino ad una spesa complessiva annua di lire 38 miliardi a regime e di lire 20 miliardi per l'anno 1990;
f) potenziamento dei servizi multizonali per le malattie a trasmissione sessuale mediante la graduale assunzione di unità di personale sanitario e tecnico, da ripartire tra le regioni e province autonome in proporzione alle rispettive esigenze, fino ad una spesa complessiva annua di lire 6 miliardi, a regime;
g) potenziamento dei ruoli del personale dell'Istituto superiore di sanità. Per far fronte alle esigenze di cui al presente articolo ai fini del raggiungimento degli obiettivi di cui alla presente legge, le dotazioni organiche dei ruoli dell'Istituto superiore di sanità previste dalla tabella B, quadro I lettere a) e b), quadro II lettere a) e b), quadro III lettera a) e quadro IV, annessi alla legge 7 agosto 1973, n. 519, e successive modificazioni, sono incrementate, a partire dal 1° gennaio 1991, rispettivamente di 4, 20, 5; 5, 5 e 20 unità. Al relativo onere, valutato in lire 2.018,5 milioni in ragione d'anno, si provvede mediante quota parte delle maggiori entrate di cui al successivo periodo. Le tariffe dei servizi a pagamento resi a terzi dall'Istituto superiore di sanità sono adeguate entro il 31 dicembre 1990, con la procedura di cui al comma terzo dell'articolo 3 della legge 7 agosto 1973, n. 519, in modo da assicurare un gettito in ragione d'anno non inferiore a lire 10.000 milioni. Le unità di personale di cui ai quadri II, III e IV portati in aumento, potranno essere reperite, in deroga alle vigenti disposizioni, mediante utilizzo alle vigenti disposizioni, mediante utilizzo delle graduatorie dei concorsi espletati nell'ultimo quinquennio.
2) Le unità sanitarie locali, sulla base di indirizzi regionali, promuovono la graduale attivazione di servizi per il trattamento a domicilio dei soggetti affetti da AIDS e patologie correlate, finalizzati a garantire idonea e qualificata assistenza nei casi in cui, superata la fase acuta della malattia, sia possibile la dimissione dall'ospedale e la prosecuzione delle occorrenti terapie presso il domicilio dei pazienti. Il trattamento a domicilio ha luogo mediante l'impiego, per il tempo necessario, del personale infermieristico del reparto ospedaliero da cui è disposta la dimissione che opererà a domicilio secondo le stesse norme previste per l'ambiente ospedaliero con la consulenza dei medici del reparto stesso, la partecipazione all'assistenza del medico di famiglia e la collaborazione, quando possibile, del volontariato e del personale infermieristico e tecnico dei servizi territoriali. Il trattamento a domicilio, entro il limite massimo di 2.100 posti da ripartire tra le regioni e le province autonome in proporzione alle rispettive esigenze ed entro il limite di spesa complessiva annua di lire 60 miliardi, a regime, e di lire 20 miliardi per il 1990, può esser attuato anche presso idonee residenze collettive o case alloggio, con il ricorso ad istituzioni di volontariato o ad organizzazioni assistenziali diverse all'uopo convenzionate o a personale infermieristico convenzionato che opererà secondo le indicazioni dei responsabili del reparto ospedaliero. Le modalità di convenzionamento sono definite da un apposito decreto ministeriale.
3) Gli spazi per l'attività di ospedale diurno, da realizzare secondo le previsioni del comma I, lettera b), sono funzionalmente aggregati alle unità operative di degenza, nel rapporto di un posto di assistenza a ciclo diurno per ogni cinque posti di degenza ordinari, tra loro pienamente equivalenti agli effetti degli standard di personale. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanare ai sensi dell'articolo 5 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, sono stabiliti criteri uniformi per l'attivazione da parte delle unità sanitarie locali dei posti di assistenza a ciclo diurno negli ospedali, con particolare riguardo ai reparti di malattie infettive e alle specifiche esigenze di diagnosi e cura delle infezioni da HIV nonché criteri uniformi per l'attivazione dei servizi di cui al comma 2 e sugli organici relativi.
4) Nelle singole regioni e province autonome, gli interventi di costruzione e ristrutturazione dei posti letto e quelli di adeguamento degli organici, entro le complessive previsioni quantitative stabilite al comma 1, lettere b) e c), possono essere realizzati anche in altri reparti che siano prevalentemente impegnati, secondo i piani regionali, nell'assistenza ai casi di AIDS, per oggettive e documentate condizioni epidemiologiche.
5) Al finanziamento degli interventi di cui al comma 1, lettera b), si provvede con operazioni di mutuo con la BEI, con la Cassa depositi e prestiti e con gli istituti e aziende di credito all'uopo abilitati, secondo modalità e procedure da stabilirsi con decreto del Ministro del tesoro. I finanziamenti predetti sono iscritti in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero della sanità. Alla relativa gestione si provvede con le modalità di cui al comma 1 dell'articolo 5 del decreto-legge 8 febbraio 1988, n. 27, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1988, n. 109. All'onere di ammortamento dei mutui, valutato in ragione di lire 250 miliardi annui a decorrere dall'anno 1990, si fa fronte in relazione alla mancata utilizzazione della quota di lire 3.000 miliardi autorizzata per il 1988 dal comma 5 dell'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67.
6) Al finanziamento degli interventi di cui al comma 1, lettere c), d) ed e) e al comma 2 si provvede con quote del fondo sanitario nazionale di parte corrente, che vengono vincolate allo scopo.
7) Al finanziamento degli interventi di cui al comma 1, lettera f), si fa fronte con gli stanziamenti di cui al capitolo 2547 dello stato di previsione del Ministero della sanità.

Art. 2. - Interventi in materia di costruzioni e ristrutturazioni
1) In considerazione della eccezionale urgenza degli interventi in materia di strutture ospedaliere per malattie infettive, sulla base del fabbisogno di posti letto per l'anno 1992 indicato nel piano triennale della Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS in relazione all'andamento epidemiologico stimato di tale patologia, all'attuazione degli interventi necessari si provvede con le modalità di cui al presente articolo.
2) In relazione alle indicazioni tecniche della Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS, le regioni e le province autonome determinano e comunicano al Ministro della sanità, entro il termine perentorio di 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la distribuzione e la localizzazione degli interventi di ristrutturazione edilizia e di edificazione di nuove strutture per malattie infettive. In caso di mancata osservanza del termine, decide sulla materia il Ministro della sanità, sentita in via di urgenza la Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS.
3) Il CIPE, su proposta del Ministero della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, approva entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il programma degli interventi, suddiviso per regioni e province autonome e con l'indicazione delle localizzazioni e del dimensionamento delle strutture da realizzare. Con la stessa deliberazione il CIPE individua tra società con idonea qualificazione uno o più soggetti incaricati dell'espletamento, in concessione di servizi, dei compiti organizzativi afferenti all'esecuzione del programma. La deliberazione del CIPE è resa esecutiva con decreto del Ministro del bilancio e della programmazione economica, di concerto con il Ministro della sanità. La dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza è implicita per tutte le opere indicate nel decreto. La convenzione con il soggetto o i soggetti incaricati concessionari è stipulata dal Ministro della sanità sentito il Ministro dei lavori pubblici.
4) Il concessionario o i concessionari, anche mediante affidamento di incarichi professionali, provvedono: al compimento di tutte le operazioni preliminari, ivi compresi gli studi geologici e le espropriazioni; alla redazione dei progetti; all'assistenza ed istruttoria relativa agli appalti; alla direzione dei lavori, alla contabilità e all'assistenza fino ai collaudi. Il concessionario o i concessionari rispondono, altresì, mediante la previsione di penalità contrattuali, di eventuali carenze progettuali, nonché nel rispetto dei tempi convenuti per le opere da eseguire.
5) Il nucleo di valutazione di cui all'articolo 20, comma 2, della legge 11 marzo 1988, n. 67, esprime sui singoli progetti il parere di conformità per quanto concerne gli aspetti tecnico-sanitari e di coerenza con il programma nazionale. Sui progetti predisposti dal concessionario o dai concessionari il parere del nucleo di valutazione si estende, altresì, alla congruità della soluzione, ai prezzi applicati, alle singole categorie di opere e ai tempi di realizzazione.
6) All'esecuzione degli interventi si provvede mediante contratti di appalto, previa gara da espletarsi ai sensi dell'articolo 3 della legge 17 febbraio 1987, n. 80, tra imprese di costruzione, anche cooperative, consorzi o raggruppamenti temporanei di imprese, in possesso dei requisiti minimi di carattere economico-finanziario e tecnico-organizzativi ivi indicati. Per le opere di minore consistenza e comunque inferiori a 20 miliardi o nell'eventualità di opere da realizzare in sedi con lavori già in corso, si provvede utilizzando le più adeguate modalità previste dalla normativa vigente in materia di esecuzione delle opere pubbliche. I contratti di appalto devono globalmente riguardare il complesso delle opere e forniture necessarie per il funzionamento delle strutture di ricovero e dei laboratori, comprese le attrezzature e gli arredi, nonché gli impianti e le attrezzature inerenti ai servizi di diagnostica per immagini ad elevata tecnologia, da realizzare, ove mancanti, nei centri ospedalieri di più alta qualificazione.
7) Delle commissioni giudicatrici delle gare di cui al comma 6 fanno parte un rappresentante del Ministro della sanità e un rappresentante del Ministro dei lavori pubblici. Il Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro della sanità, nomina con propri decreti le commissioni di collaudo e assicura l'esercizio delle funzioni di alta sorveglianza.

Art. 3. - Conferenze regionali
1) Per consentire l'immediata realizzazione degli interventi previsti dalla presente legge, il Ministro della sanità promuove, d'intesa con ciascuna regione, un'apposita conferenza alla quale partecipano i responsabili dei competenti uffici delle amministrazioni e degli enti statali, regionali e locali comunque tenuti ad assumere atti di intesa, autorizzazioni, approvazioni, concessioni e nulla osta previsti da leggi statali e regionali.
2) La conferenza acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità dei progetti con le esigenze ambientali, territoriali, paesaggistiche e culturali ed entro quindici giorni dalla convocazione si esprime su di essi nella seduta all'uopo convocata.
3) L'approvazione assunta all'unanimità sostituisce ad ogni effetto gli atti di intesa, i pareri, le autorizzazioni, le approvazioni, i nulla osta previsti dalle leggi statali e regionali. Ad essa si applicano le disposizioni di cui ai commi primo, quarto e quinto dell'articolo 1 della legge 3 gennaio 1978, n. 1, e successive modificazioni.
4) In assenza di unanimità e su motivata richiesta del Ministro della sanità, si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio medesimo. Tale decreto ha gli stessi effetti previsti dal comma 3.
5) Non sono comunque derogabili le norme della legge 13 settembre 1982, n. 646, e successive modificazioni, nonché i vincoli di inedificabilità e le prescrizioni sostanziali contenute in vincoli previsti dalle leggi in materia paesaggistica, ambientale e storico-monumentale.

Art. 4. - Norme in materia di personale
1) Nei limiti delle dotazioni organiche e di spesa di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), alla copertura di posti vacanti di personale medico e laureato nelle strutture di ricovero per malattie infettive e nei laboratori nel triennio 1990-1992, si provvede, in deroga alle vigenti disposizioni, me-diante pubbliche selezioni regionali per titoli, da effettuarsi a cura di apposita commissione nominata dall'assessore alla sanità della regione o provincia autonoma e composta dallo stesso assessore o da un suo rappresentante, con funzioni di presidente, da un professore universitario titolare di cattedra di malattie infettive, da un rappresentante dell'ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri del capoluogo di regione o della provincia autonoma, da un funzionario dirigente del Ministero della sanità designato dal Ministro, da un medico di ruolo in posizione apicale, incluso nell'elenco nazionale della disciplina delle malattie infettive, e da un funzionario della carriera amministrativa della regione o provincia autonoma, con funzioni di segretario. Si applicano alle selezioni i criteri di valutazione dei titoli previsti dalle vigenti disposizioni per i corrispondenti pubblici concorsi, con particolare considerazione, nell'ambito del curriculum formativo, alle attività svolte nel settore delle infezioni da HIV. Il bando per la prima selezione è emanato, per i posti disponibili, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Si applica, in caso di inadempienza, il disposto di cui al comma 2 dell'articolo 6 della legge 23 ottobre 1985, n. 595.
2) Nei limiti delle dotazioni organiche e di spesa di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), e in deroga alle vigenti disposizioni, alla copertura dei posti vacanti del personale non medico nelle strutture di ricovero per malattie infettive, nel triennio 1990-1992, si provvede mediante pubbliche selezioni per titoli presso ciascuna unità sanitaria locale. Si applicano a tali selezioni le norme vigenti, per i corrispondenti pubblici concorsi, in materia di composizione delle commissioni esaminatrici e di criteri di valutazione dei titoli, con particolare considerazione, nell'ambito del curriculum formativo, alle attività svolte nel settore delle infezioni da HIV.
3) Le unità sanitarie locali, entro la concorrenza di spesa di cui all'articolo 1, comma 1, lettera d), organizzano annualmente corsi di formazione e di aggiornamento per il personale che opera presso i reparti ospedalieri di malattie infettive, con specifico riferimento ai problemi tecnico-sanitari connessi con l'attività di assistenza, ai problemi psicologici e sociali e a quelli che derivano dal collegamento funzionale nel trattamento a domicilio. Il Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, con proprio decreto disciplina l'istituzione e l'effettuazione dei corsi, nonché le modalità di erogazione dell'assegno da corrispondere ai partecipanti.
4) Con le stesse procedure previste dal presente articolo si provvede alla assunzione delle unità di personale sanitario e tecnico di cui all'articolo 1, comma 1, lettera f), del personale dei laboratori di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), e del personale occorrente per l'adeguamento degli organici nei reparti di cui all'articolo 1, comma 4, utilizzando, per le commissioni di cui al comma 1 del presente articolo, docenti universitari e medici delle specifiche discipline.
5) Per far fronte alle esigenze assistenziali connesse agli interventi previsti dalla presente legge e nei limiti dei posti previsti nelle piante organiche, le unità sanitarie locali possono provvedere, in deroga alle vigenti disposizioni, all'assunzione per chiamata diretta di infermieri professionali, con rapporto di lavoro a tempo parziale, da reperirsi tra gli infermieri professionali in quiescenza che non abbiano raggiunto i limiti d'età per il pensionamento. Le assunzioni per chiamata diretta sono possibili solo qualora le procedure di reclutamento per titoli previste dal comma 2 non abbiano coperto le dotazioni organiche disponibili. Il reclutamento per chiamata diretta è effettuato sulla base di graduatorie per titoli. Il rapporto di lavoro è disciplinato con contratto di diritto privato a tempo determinato e con la tutela previdenziale propria di tale tipo di rapporto.
6) L'assunzione ha luogo sulla base di graduatorie predisposte dai coordinatori amministrativi e sanitari tenendo conto dei punteggi previsti dalle vigenti norme sui pubblici concorsi per i titoli di carriera, di studio ed accademici.
7) Il trattamento giuridico ed economico del predetto personale viene definito nell'ambito della contrattazione per il comparto del Servizio sanitario nazionale.

Art. 5. - Accertamento dell'infezione
1) Gli operatori sanitari che, nell'esercizio della loro professione, vengano a conoscenza di un caso di AIDS, ovvero di un caso di infezione da HIV anche non accompagnato da stato morboso, sono tenuti a prestare la necessaria assistenza adottando tutte le misure occorrenti per la tutela della riservatezza della persona assistita.
2) Fatto salvo il vigente sistema di sorveglianza epidemiologica nazionale dei casi di AIDS conclamato e le garanzie ivi previste, la rilevazione statistica della infezione da HIV deve essere comunque effettuata con modalità che non consentano l'identificazione della persona. La disciplina per le rilevazioni epidemiologiche e statistiche è emanata con decreto del Ministro della sanità che dovrà provvedere modalità differenziate per i casi di AIDS e i casi di sieropositività.
3) Nessuno può essere sottoposto, senza il suo consenso, ad analisi tendenti ad accertare l'infezione da HIV se non per motivi di necessità clinica nel suo interesse. Sono consentite analisi di accertamento di infezioni da HIV nell'ambito di programmi epidemiologici, soltanto quando i campioni da analizzare siano stati resi anonimi con assoluta impossibilità di pervenire alla identificazione delle persone interessate.
4) La comunicazione di risultati di accertamenti diagnostici diretti o indiretti per infezione da HIV può essere data esclusivamente alla persona cui tali esami sono riferiti.
5) L'accertata infezione da HIV non può costituire motivo di discriminazione, in particolare per l'iscrizione alla scuola, per lo svolgimento di attività sportive, per l'accesso o il mantenimento di posti di lavoro.

Art. 6. - Divieti per i datori di lavoro
1) È vietato ai datori di lavoro, pubblici e privati, lo svolgimento di indagini volte ad accertare nei dipendenti o in persone prese in considerazione per l'instaurazione di un rapporto di lavoro l'esistenza di uno stato di sieropositività.
Si applica alle violazioni delle disposizioni contenute nel comma 1 il sistema sanzionatorio previsto dall'articolo 38 della legge 20 maggio 1970, n. 300.

Art. 7. - Protezione dal contagio professionale
1) Il Ministro della sanità, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, emana, sentiti la Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS e l'Istituto superiore di sanità, un decreto recante norme di protezione dal contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie ed assistenziali, pubbliche e private.

Art. 8. - Comitato interministeriale per la lotta all'AIDS
1) È istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Comitato interministeriale per la lotta all'AIDS, presieduto dal Presidente del Consiglio o da un suo delegato, del quale fanno parte i Ministri della sanità, per gli affari sociali, dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, della pubblica istruzione, del lavoro e della previdenza sociale, della difesa, di grazia e giustizia, dell'interno e dei lavori pubblici.
2) Il Comitato interministeriale coordina gli interventi per l'attuazione del piano globale di lotta all'AIDS e indica le misure necessarie per adattare gli interventi e le risorse finanziarie alle evoluzioni della epidemia da HIV.
3) Il Governo riferisce annualmente al Parlamento sullo stato di attuazione delle strategie attivate per fronteggiare l'infezione da HIV.

Art. 9. - Programmi delle regioni e delle province autonome
1) Le regioni e le province autonome, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, predispongono i programmi per le attività di cui all'articolo 1, comma 1, lettere c), d), e) e f), e comma 2. Decorso tale termine senza che siano stati adottati da parte delle regioni e delle province autonome i suddetti programmi, il Ministro della sanità procede alla nomina di commissari per il compimento degli atti necessari.
2) Le regioni e le province autonome, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, utilizzando personale già in servizio o personale in posizione di comando dalle unità sanitarie locali, istituiscono centri di riferimento aventi il compito di coordinare l'attività dei servizi e delle strutture interessate alla lotta contro l'AIDS, di attuare la sorveglianza epidemiologica e di pianificare gli interventi di informazione e formazione. La responsabilità dei centri deve essere affidata a personale medico che sia almeno in possesso dell'idoneità nazionale per le funzioni di primario di malattie infettive.

Art. 10. - Entrata in vigore
1) La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addì 5 giugno 1990
COSSIGA
ANDREOTTI, Presidente del Consiglio dei Ministri
DE LORENZO, Ministro della sanità
VISTO, il Guardasigilli: VASSALLI


Decreto 28 settembre 1990
Norme di protezione dal contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie ed assistenziali pubbliche e private

IL MINISTRO DELLA SANITÀ
Vista la legge 5 giugno 1990, n. 135, riguardante la prevenzione e la lotta contro l'AIDS;
Visto, in particolare, l'art. 7 della predetta legge, che prevede che il Ministro della sanità emani un decreto recante norme di protezione dal contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie ed assistenziali, pubbliche e private;
Tenuto conto che l'attuazione della richiamata legge, per la parte che riguarda il programma di costruzioni e ristrutturazioni dei reparti più direttamente interessati all'assistenza alle persone affette da AIDS e patologie correlate consentirà di adeguare le condizioni di funzionalità dei predetti reparti dal punto di vista sia della strutturazione edilizia e delle dotazioni strumentali che dei requisiti ambientali e di sicurezza;
Visti i documenti prodotti dalla commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS, ed in particolare le "Linee-guida di comportamento per gli operatori sanitari per il controllo dell'infezione da HIV";
Considerato che, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, non è possibile identificare con certezza tutti i pazienti con infezione da HIV e che pertanto, in aggiunta alle misure che si riferiscono all'assistenza ai soggetti per i quali è già nota l'infezione, è necessario definire precauzioni finalizzate alla protezione del contagio con riferimento alle attività che vengono prestate, nelle strutture sanitarie ed assistenziali pubbliche e private, nei confronti della generalità delle persone assistite;
Sentiti la commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS e l'istituto superiore di sanità;
DECRETA:

Art. 1. - Precauzioni di carattere generale
Tutti gli operatori, nelle strutture sanitarie ed assistenziali, pubbliche e private, inclusi i servizi di assistenza sanitaria in condizioni di emergenza e i servizi per l'assistenza ai tossicodipendenti, nonché quanti partecipano alle attività di assistenza e trattamento domiciliare di pazienti, debbono adottare misure di barriera idonee a prevenire l'esposizione della cute e delle mucose nei casi in cui sia prevedibile un contatto accidentale con il sangue o con altri liquidi biologici.
Tali precauzioni, basate sulle modalità di trasmissione in ambito assistenziale, vanno in particolare applicate oltre che al sangue, al liquido seminale, alle secrezioni vaginali, ai liquidi cerebrospinali, sinoviale, pleurico, peritoneale, pericardico e amniotico. Esse non vanno, invece, applicate a feci, secrezioni nasali, sudore, lacrime, urine e vomito, salvo che non contengano sangue in quantità visibile.
Nell'effettuazione di prelievi tecnicamente di difficile esecuzione, per le condizioni del paziente o per la particolarità del sito di prelievo e durante l'istruzione del personale all'esecuzione dei prelievi stessi è obbligatorio l'uso dei guanti.
Il trasporto ai laboratori di campioni di sangue, liquidi biologici e tessuti deve avvenire tramite l'utilizzazione di appositi contenitori idonei ad evitare perdite.

Art. 2. - Eliminazione di aghi e di altri oggetti taglienti
L'eliminazione degli aghi e degli altri oggetti taglienti, utilizzati nei confronti di qualsiasi paziente, deve avvenire con cautele idonee ad evitare punture o tagli accidentali. In particolare gli aghi, le lame di bisturi e gli altri strumenti acuminati o taglienti monouso non debbono essere rimossi dalle siringhe o da altri supporti né in alcun modo manipolati o rincappucciati, ma riposti, per l'eliminazione, in appositi contenitori resistenti alla puntura.
I presidi riutilizzabili debbono, dopo l'uso, essere immediatamente immersi in un disinfettante chimico di riconosciuta efficacia sull'HIV prima delle operazioni di smontaggio o pulizia, da effettuare come preparazione per la sterilizzazione.

Art. 3. - Precauzioni per i reparti di malat-tie infettive
Nell'ambito dei reparti di malattie infettive e negli altri reparti che ordinariamente provvedono all'assistenza a pazienti infetti da HIV, in corrispondenza della molteplicità di agenti infettanti che possono colpire le persone assistite, debbono essere adottate misure di igiene individuale e generale nonché tecniche assistenziali di isolamento enterico e respiratorio idonee ad evitare la contaminazione ambientale da parte dei microrganismi veicolati dai predetti pazienti.

Art. 4. - Norme per gli operatori odontoiatrici
Gli operatori odontoiatrici, oltre ad osservare le precauzioni di carattere generale, debbono indossare i guanti durante le manovre che possono comportare contatto con mucose, sangue, saliva e fluido gengivale, sostituendoli per ogni singolo paziente.
I manipoli, gli ablatori ad ultrasuoni, le siringhe aria/acqua, le frese e qualsiasi altro strumento che venga a contatto con le mucose, dopo l'utilizzo, se riutilizzabili, vanno sterilizzati per ogni singolo paziente. Nei casi in cui la sterilizzazione non sia tecnicamente possibile, è obbligatoria la disinfezione degli strumenti con sostanze chimiche di riconosciuta efficacia sull'HIV
Tutti i rifiuti dei gabinetti dentistici debbono essere eliminati secondo la procedura di cui alla legge 10 febbraio 1989, n. 45.

Art. 5. - Precauzioni per gli operatori addetti alle autopsie
Gli operatori addetti alle autopsie, fermo restando quando disposto dal decreto del Presidente della Repubblica 21 ottobre 1975, n. 803, in ordine al trasporto delle salme, debbono indossare, durante le procedure, maschere, occhiali, guanti e camici a tenuta d'acqua.
Gli strumenti e le superfici contaminate durante le procedure debbono essere decontaminati con un disinfettante chimico di riconosciuta efficacia sull'HIV

Art. 6. - Precauzioni specifiche per i laboratori
Il personale che opera nei laboratori, oltre ad osservare precauzioni di ordine generale, deve adottare idonee misure protettive durante la manipolazione di campioni di sangue, e degli altri materiali biologici indicati nell'art. 1. Al termine delle attività il personale deve decontaminare i piani di lavoro con un disinfettante chimico di riconosciuta efficacia sull'HIV.
La gestione dei campioni clinici, dei materiali biologici indicati nell'art. 1 e dei tessuti, deve essere effettuata in modo da minimizzare la diffusione di materiali patologici per limitare la conseguente possibilità di contaminazione dell'operatore e dell'ambiente.
Le attività che comportano la produzione di virus in concentrazioni elevate, debbono essere eseguite in laboratori di sicurezza livello 3, della classificazione adottata dall'Organizzazione mondiale della sanità.
Per il pipettamento è obbligatoria l'adozione di sistemi di tipo meccanico.
Tutta la vetreria di laboratorio, il materiale monouso e i rifiuti dell'attività di laboratorio debbono essere eliminati secondo la procedura di cui alla legge 10 febbraio 1989, n. 45.
Le apparecchiature debbono essere decontaminate prima di qualsiasi intervento di manutenzione o riparazione.

Art. 7. - Precauzioni per il personale addetto alle operazioni di primo soccorso e trasporto degli infermi e degli infortunati
Il personale sanitario che effettua operazioni di primo soccorso e trasporto di infermi ed infortunati deve utilizzare, oltre alle precauzioni di carattere generale, sistemi meccanici di respirazione che evitino il contatto diretto con le mucose dell'infermo.

Art. 8. - Obblighi degli organi preposti
Gli organi preposti alle strutture sanitarie ed assistenziali, pubbliche e private, i titolari di studi professionali e di laboratori, nonché i responsabili delle istituzioni di volontariato o delle organizzazioni assistenziali previste dalle leggi vigenti, debbono:
1) rendere edotti, con adeguati strumenti di informazione, gli operatori dei rischi specifici cui sono esposti e portare a loro conoscenza le norme di prevenzione di cui al presente decreto;
2) assicurare agli operatori mezzi, presidi e materiali per l'attuazione delle presenti norme;
3) disporre e vigilare affinché gli operatori osservino le precauzioni stabilite ed usino i mezzi di protezione messi a loro disposizione.

Art. 9. - Obblighi degli operatori
Tutti gli operatori di cui all'art. 1 debbono:
1) osservare le norme del presente decreto nonché le misure correntemente riconosciute per il controllo delle infezioni;
2) usare, nelle circostanze previste dal presente decreto, i mezzi di protezione messi a loro disposizione;
3) comunicare immediatamente all'organo preposto l'accidentale esposizione a sangue o ad altri liquidi biologici per l'adozione degli opportuni provvedimenti;
4) comunicare immediatamente, all'organo preposto, eventuali proprie ferite o lesioni cutanee essudative, per l'adozione degli opportuni provvedimenti.

Art. 10. - Raccomandazioni ed indicazioni tecniche
Specifiche raccomandazioni tecniche ed indicazioni sulle sostanze chimiche di riconosciuta validità per la protezione dal contagio professionale da HIV; potranno essere periodicamente definite dalla commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS.
Con le stesse modalità potranno essere, altresì, proposti standard di riferimento per presidi e materiali da utilizzare nelle procedure assistenziali.
Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 28 settembre 1990
Il Ministro: DE LORENZO



Modulo di consenso informato:

test diagnostico per l'HIV

Gentile Signora/e
riteniamo doveroso informarLa che, tra gli esami che riteniamo opportuno eseguire al Suo ingresso nel nostro Reparto ......... è inserito il test diagnostico per l'HIV (virus dell'AIDS).
Questo esame ci permetterà, con beneficio comune, di venire a conoscenza di eventuali portatori asintomatici del virus.
Per tale esame è previsto dalla legge il Suo consenso: nel caso, quindi, ritenesse di accettare, La preghiamo di firmare questo foglio, tenendo presente che, in ogni caso, la comunicazione degli esiti diagnostici verrà data esclusivamente alla Sua persona e tale comunicazione rimarrà allegata alla cartella clinica.
Le garantiamo, pertanto, la massima riservatezza e restiamo a Sua completa disposizione per ogni chiarimento a proposito.

Il medico responsabile di Reparto: ...........................................................

Presa visione e consapevole di quanto sopra specificato.
In fede....................................................