ISSN 1080-3521
EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY
and
CRITICAL CARE MEDICINE - Italia -
Il giornale Italiano online di anestesia Vol 3 No 8 Agosto 1998
Vincenzo Lanza, MDServizio di Anestesia e RianimazioneOspedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, ItalyE-mail:
lanza@mbox.unipa.it
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Keith J Ruskin, MDDepartment of Anesthesiology Yale University School of Medicine333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USAE-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu |
Copyright (C) 1997 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine |
In questo numero:
1 Ingestione di litio e Imipramina a dosi tossiche: caso clinico
2 Il TQM nell'attività anestesiologica
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1 Ingestione di litio e Imipramina a dosi tossiche: caso clinico
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In questa sezione di ESIA - Italia curata dal dott. A.PIGNATARO sarà ospitata la descrizione ed il relativo commento di un caso di intossicazione acuta.
A. Pignataro, P. Villari,
G. Chiaramonte
Servizio di Anestesia e Rianimazione, Ospedale Buccheri
La Ferla, FBF, Palermo
A. Pignataro e-mail: pignata@tin.it
Introduzione
Le intossicazioni polifarmacologiche, sia espressione
d'interazioni di diversi composti terapeutici, sia frutto di
gesti autolesivi, si manifestano in maniera imprevedibile e
sfuggono ad inquadramenti clinici rigidi. I farmaci psicotropi
occupano il primo posto tra i prodotti responsabili di tentati
suicidi ad opera di malati di mente o di giovani "delusi
d'amore". Nel caso descritto qui di seguito, ci occuperemo
delle manifestazioni cliniche e delle interazioni di due
importanti classi farmacologiche utilizzate per la terapia dei
disturbi dell'umore.
Caso clinico
Una domenica
mattina l'anestesista di guardia in ospedale, chiamato in urgenza
in pronto soccorso, vi trovava, al suo arrivo, una ragazza di 26
anni priva di coscenza, in ventilazione spontanea, tachipnoica e
cianotica. La ragazza, a detta del medico del pronto soccorso,
era giunta, trasportata dai familiari, pochi minuti prima. Ad un
primo esame la giovane donna si presentava irresponsiva allo
stimolo verbale; il medico dell'emergenza riferiva al collega di
avere appena praticato 5 mg di valium per via endovenosa per
domare 2 episodi convulsivi ravvicinati che la ragazza aveva
manifestato all'arrivo in pronto soccorso; la successiva fase
d'apnea l'aveva indotto a consultarlo. L'esame neurologico
mostrava una donna in coma, non responsiva allo stimolo verbale,
con movimenti incontrollati e suoni incompresibili elicitati
dalla stimolazione dolorosa (GCS=9). Non vi erano segni
neurologici focali. Le pupille erano di dimensioni intermedie e
normoreagenti. Non vi era rigidità nucale. La pressione
arteriosa era 70/50 mmHg il polso era aritmico e la frequenza
cardiaca 130/min. La temperatura corporea era normale. Non vi
erano segni di traumi cranici o lesioni sulla superficie
corporea.
I genitori della ragazza asserivano di averla trovata riversa sul
proprio letto e di non essere stati capaci di svegliarla; per
terra vi erano tracce di vomito e di urine. In base alle
ricostruzioni dell'accaduto e grazie al ritrovamento di diverse
confezioni di farmaci vuote vicino al letto della ragazza, la
madre faceva risalire alle prime ore della mattina l'epoca
dell'ingestione di una quantità imprecisata di carbonato di
litio da 300 mg, di imipramina e di
sulfametossazolo/trimethoprim. La madre sosteneva che la figlia
era ricorsa a quel gesto disperato per via della loro difficile
situazione familiare; i farmaci costituivano in realtà la
terapia antidepressiva prescrittale dal suo psichiatra e che,
come avrebbe raccontato lei stessa il giorno dopo, per lo stesso
motivo della figlia, aveva ingoiato una quantità imprecisata di
benzodiazepine per "farla finita".
Applicata una maschera facciale per ossigeno (6 l/min) e
incannulata una vena periferica, alla ragazza era subito
intrapresa l'infusione di colloidi. Un prelievo di sangue
arterioso dopo l'incannulamento dell'arteria radiale mostrava il
seguente quadro emogasanalitico.
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L'ECG presentava una fibrillazione atriale ad alta frequenza:
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Il posizionamento di una cannula
naso-faringea e l'ossigenoterapia in maschera permettevano un
rapido miglioramento dell'ossigenazione (SatO2 96%);
effettuato un prelievo venoso per gli esami di laboratorio di
routine e per la determinazione della litiemia, la ragazza era
trasferita in terapia intensiva.
In rianimazione al monitoraggio invasivo si rilevava una Part. di
80/50 mmHg e una frequenza cardiaca media (poichè persisteva la
fibrillazione atriale) di 130 bpm.; il quadro neurologico
rimaneva immodificato: coma ipotonico, reazione non coordinata al
dolore. Veniva posizionato un SNG, aspirato il contenuto gastrico
e somministrato carbone attivato (50 g) e solfato di Mg (30 g).
Il carbone attivato (20 g) era ripetuto ogni 4 ore.
La correzione dell'acidosi metabolica riscontrata all'EAB
eseguito in pronto soccorso avveniva con l'infusione di 150 ml di
soluzione di bicarbonato di sodio 1 M. Il ripristino della
pressione arteriosa richiedeva ancora 500 ml di cristalloidi,
mentre la correzione dell'ipokaliemia avveniva con 40 mEq di KCl.
Il riscontro di una diuresi contratta (dopo cateterismo
vescicale) induceva al posizionamento di un catetere a due lumi
per emofiltrazione veno-venosa continua (CVVH).
Un secondo colloquio con la madre della ragazza permetteva di
stimare in 30 le compresse di carbolitio ingerite per un totale
di 9 g., mentre non confermava l'assunzione di imipramina le cui
compresse mancanti corrispondevano alla quota consumata dalla
madre.
Il dosaggio del litio alle h. 10 era di 2.3 mEq/l.
Un secondo EAB effettuato alle ore 11 mostrava:
pH 7,31 | pO2 260 mmHg (02 4 l/min) |
pCO2 47 mmHg | SO2 99% |
BE - 1.8 mmol/l | Lattato 2.3 |
Alle ore 12, un nuovo ECG rivelava un ritorno al ritmo sinusale ed un tracciato nei limiti della norma. La Part. (110/70) restava stabile e compariva una diuresi efficace (>100 ml/h). Persisteva lo stato di coma con apertura degli occhi al dolore, emissione di suoni incomprensibili e movimenti incontrollati allo stimolo algogeno. La litiemia allo stesso orario era nella norma: 0.5 mEq/l (range ter. 0.5-1.2). Pur mantenendo una stabilità emodinamica, alle 16 il tracciato elettroencefalografico della ragazza evidenziava un bigeminismo ventr., mentre un terzo prelievo per la determinazione della litiemia evidenziava un valore di 2.2 mEq/l.
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La madre della ragazza in un nuovo
incontro con i medici rianimatori, modificava anvora una volta la
versione dei fatti, sostenendo di avere ritrovato tra le giacche
della figlia un blister vuoto di imipramina che certamente aveva
assunto la figlia per un totale di 20 compresse, cioè 500 mg.
La mattina dopo il quadro neurologico della ragazza migliorava
decisamente ovvero si osservava un ritorno alla coscienza pur
persistendo un quadro di confusione e disorientamento. I
parametri cardiovascolari erano buoni e non si registravano più
alterazioni del ritmo cardiaco. La litiemia era nella norma (0.5
mEq/l). La sera dello stesso giorno la ripresa della coscienza
era completa e al terzo giorno dopo un colloquio con lo
psichiatra, la ragazza veniva dimessa in ottime condizioni
generali.
Discussione
Il litio è un metallo alcalino di basso
peso molecolare che, in forma di sale carbonato o gluconato,
viene utilizzato nei disordini maniaco-depressivi. L'analogia
delle proprietà fisico-chimiche con quelle del sodio e del
potassio hanno motivato l'impiego del litio come sostituto del
sale da cucina nei soggetti sottoposti a dieta iposodica;
numerosi casi d'intossicazione acuta ne hanno rapidamente
sconsigliato l'uso in quelle circostanze (1).
Per il suo basso indice terapeutico, la FDA non ne ha permesso
l'uso negli Stati Uniti se non nel 1970. I casi d'intossicazione
da litio sono frequenti e sono conseguenti ad episodi autolesivi,
spesso di soggetti già in trattamento con il farmaco, oppure a
tossicità cronica in pazienti con insufficienza renale. Il
meccanismo d'azione del litio non è chiaro, ma interverebbe
nell'alterare gli scambi ionici a livello delle membrane delle
cellule nervose ormonosensibili. Le dosi per la terapia degli
stati maniacali variano da 300 a 3000 mg al giorno e vanno
personalizzate. Il litio possiede lo stesso volume di
distribuzione dell'acqua dell'organismo ma il raggiungimento
dell'equilibrio tra i vari compartimenti avviene molto
lentamente. Ha uno scarso legame con le proteine plasmatiche e
non viene metabolizzato a livello epatico, ma eliminato come tale
ed in parte riassorbito a livello del tubulo renale prossimale.
Disidratazione, iponatriemia, insufficienza cardiaca e renale,
così come la contemporanea assunzione di neurolettici
favoriscono la ritenzione del litio e la sua tossicità. La
litiemia raccomandata nella terapia psichiatrica varia tra 0.8 e
1.2 mEq/l.
Tossicità | Acuta | Cronica |
Correlazione tra litiemia e clinica | Scarsa | Buona |
Disturbi gastroint. | 42% | 20% |
Effetti sul SNC | ritardati, poco frequenti | comuni con litiemia > 2 mEq/l |
Alteraz. ECG | di solito assenti | > QT. Possibili aritmie ventr. |
Effetti renali | poco significativi | costanti |
Recupero | rapido | ritardato (>15 gg.), sequele nel 10% |
Il dosaggio plasmatico del litio, soprattutto nelle intossicazioni acute, non è strettamente correlato ai disturbi clinici (3). Il trattamento delle overdose deve tenere conto anzitutto delle condizioni cliniche del paziente e della litiemia e consiste nel supporto delle funzioni vitali, nella decontaminazione del tratto gastroenterico e nella terapia depurativa extrarenale. Sebbene il carbone attivato non sembri adsorbire il litio efficacemente esso va comunque somministrato assieme ad un catartico, specie in caso di co-ingestioni (1).
Insufficienza renale |
Litiemia in intossicazioni acute > 4.5 mEq/l |
Coma/Convulsioni |
Ipotensione non responsiva a fluidi e inotropi |
Le tecniche di depurazione extrarenale continua (CVVH / CVVHDF) sono state impiegate per minimizzare il rischio di rebound della litiemia alla sospensione del trattamento (4).
Dall'anno (1959) della scoperta dell'imipramina, gli antidepressivi triciclici rappresentano una classe farmacologica estremamente importante per la loro efficacia nel trattamento della depressione e per la loro tossicità. Il nome di triciclici è dovuto alla struttura chimica, simile a quella delle fenotiazine, costituita da 3 anelli di cui 1 ottagonale, centrale e 2 esagonali.
Assorbimento | A dosi terapeutiche: 2 h. | A dosi tossiche: prolungato |
Distribuzione | liposolubilità elevata in forma non-ionizzata | ridotta nella forma ionizzata |
Metabolismo | epatico con circolo enteropatico | |
Eliminazione | renale in forma di metaboliti |
Non vi è relazione tra i segni
clinici dell'intossicazione con antidepressivi triciclici e i
valori ematici: in alcuni tessuti, infatti la concentrazione del
tossico può essere più volte superiore a quella del plasma. Non
tutti i laboratori sono in grado di determinarli e il dosaggio
può richiedere ore. Il legame proteico varia considerevolmente a
seconda del pH: in ambiente acido è minore con conseguente
maggiore quota libera del farmaco.
La quantità di antidepressivi ingerita è di solito indicativa
della severità dell'intossicazione: dosi inferiori a 20 mg/kg
sono raramente fatali, mentre dosi tra 35 e 50 mg/kg sono
considerati mortali (7). Gli effetti clinici nell'intossicazione
riguardano soprattutto il SNC, il sistema parasimpatico e quello
cardiovascolare. I disturbi di conduzione e l'ipotensione sono i
i segni che possono essere minacciosi per la vita: essi sono
dovuti a 3 meccanismi:
Effetti cardiovascolari | Effetti sul SNC | Effetti anticolinergici |
Ipotensione | Convulsioni | Cute secca |
Tachicardia sin. | Delirio/agitazione | Midriasi |
Blocchi di branca | Allucinazioni | Visione offuscata |
Aritmie ventricolari | Coma | < Motilità intest. |
Aritmie sopraventr. | Mioclonie | Ipertermia |
Fibrillazione ventr. | Depressione resp. | |
Blocchi A-V |
La combinazione di questi effetti
cardiotossici con fattori quali ipossia, acidosi, alterazioni
elettrolitiche, stimolazione del SNC determina quadri clinici
estremamente variabili. La tossicità cardiaca degli
antidepressivi triciclici, pertanto, è difficilmente prevedibile
ed impone una sorveglianza attenta dei pazienti in overdose. La
depressione respiratoria è responsabile di ipossia, ma sindromi
d'aspirazione del contenuto gastrico e ARDS possono complicare il
quadro respiratorio; edema polmonare può verificarsi in
conseguenza di idratazioni generose per correggere l'ipotensione
(8).
In ogni caso la presentazione clinica di un paziente che ha
ingerito una dose tossica di antidepressivi triciclici varia da
quadri paucisintomatici a quadri clinici molto gravi.
Il trattamento prevede una fase di osservazione della durata di
almeno sei ore nei pazienti asintomatici; se sono presenti
tachicardia, ipotensione e/o segni neurologici che non si
risolvono con la terapia infusionale è richiesto il ricovero in
terapia intensiva. La decontaminazione gastroenterica si basa sul
lavaggio gastrico anche dopo molto tempo dall'ingestione (>
4h.); per il rischio di convulsioni o turbe della coscienza, di
comparsa tardiva, è prudente effettuare la gastrolusi previa
intubazione endotracheale e ventilazione assistita. E'
sconsigliato il ricorso all'emesi indotta. La correzione
dell'acidosi metabolica, di riscontro frequente in pazienti
intossicati con antidepressivi triciclici, è spesso efficace per
dominare le turbe del ritmo cardiaco. L'infusione di bicarbonato
di sodio e di colloidi e/o cristalloidi (per la corrazione
dell'ipotensione) possono da soli essere risolutivi. La gravi
tachiaritmie ventricolari vanno trattate con lidocaina o in casi
estremi con la defibrillazione. Le bradiaritmie e i blocchi A-V
di secondo e terzo grado, se non risponsive a bicarbonato e
all'infusione di liquidi, possono indicare il posizionamento di
un PM temporaneo. Alcuni farmaci invece vanno evitati:
fisostigmina (9), beta-bloccanti, antiaritmici di tipo Ia
(chinidina, procainamide, disopiramide) e verapamil rischiano di
peggiorare i disturbi della conduzione o deprimere ulteriormente
la contrattilità cardiaca.
Le intossicazioni acute
conseguenti all'ingestione di più farmaci in quantità
sconosciuta, come nel caso clinico qui descritto, sono evenienze
frequenti in pronto soccorso. Pazienti privi di coscienza, che
vengono soccorsi da familiari o da testimoni casuali e
trasportati in ospedale, offrono poche informazioni sulle
circostanze dell'intossicazione.
La madre della ragazza, in quest'occasione, era scarsamente
attendibile: in trattamento con farmaci psicotropi, aveva abusato
della terapia e aveva fornito differenti versioni dei fatti. La
coesistenza di gravi turbe della coscienza, di alterazioni del
ritmo cardiaco e d'ipotensione grave aveva comunque indirizzato i
sanitari verso l'ipotesi dell'assunzione contemporanea di litio e
di imipramina. Ambedue le sostanze possono determinare mioclonie,
convulsioni e coma. Le aritimie e l'ipotensione sono più comuni
nell'intossicazioni da antidepressivi triciclici. Alcuni fatti
possono aggravarne altri: così la perdita della coscienza, le
convulsioni (due sicuramente documentate al pronto soccorso), il
vomito provocano ipossia e alterazioni idroelettrolitiche.
L'ipotensione determina acidosi metabolica e tutte queste
condizioni concorrono con le sostanze ingerite a provocare turbe
del ritmo cardiaco. D'altra parte, anche gli interventi
terapeutici (es. sedativi per controllare le convulsioni) possono
interagire con i tossici. Le tecniche di depurazione
gastroenterica a molte ore dall'epoca (presunta) dell'ingestione,
sono poco efficaci. La gastrolusi che, nell'intossicazione da
antidepressivi triciclici, è consigliata anche dopo moltre ore
dall'ingestione, nel nostro caso, a paziente in coma, avrebbe
richiesto l'intubazione endotracheale. Con una ventilazione
spontanea mantenuta, un'ossigenazione soddisfacente con bassi
flussi di ossigeno in maschera e la sorveglianza continua in
ambiente intensivo, è stato preferito evitare l'intubazione e
impiegare soltanto il carbone attivato a dosi ripetute ed un
catartico. L'impiego del bicarbonato di sodio, l'infusione di
colloidi e cristalloidi e il reintegro della Kaliemia si sono
rivelati i provvedimenti terapeutici risolutivi del quadro
cardiotossico. Il ricorso all'emofiltrazione continua, peraltro
efficace nell'intossicazione da litio, ma non in quella da
antidepressivi triciclici, non è stata necessaria per la rapida
ripresa della diuresi, in presenza di una funzionalità renale
normale e per la normalizzazione del ritmo cardiaco. Il dosaggio
ematico del litio da noi determinato, si è rivelato, come noto,
poco correlato all'entità del quadro clinico. La determinazione
plasmatica dell'imipramina non è stata effettuata perchè non
eseguita nel laboratorio del nostro ospedale; tuttavia avrebbe
potuto dare maggiori chiarimenti sulla sostanza ingerita.
Conclusioni
L'assunzione di più sostanze tossiche, possibilità da sospettare sempre nel caso di tentati suicidi, vede coinvolti spesso i farmaci psicotropi. Molecole appartenenti a classi con caratteristiche farmacologiche molto diverse tra loro, espressione della volontà di trattare la malattia di base e i suoi effetti indesiderati, tendono a volte a "coprirsi", cioè una sostanza minimizza gli effetti tossici dell'altra e viceversa. In questi casi, l'uso degli antidoti può, determinare quadri clinici anche più gravi di quelli iniziali. Il sostegno delle funzioni vitali, pertanto, rimane sempre il primo approccio alle gravi intosicazioni e, a volte, anche il secondo!
Bibliografia