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2 Miglioramento della qualità del trattamento del dolore postoperatorio nelle pazienti neoplastiche sottoposte a chirurgia della mammella
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Francesco Nicosia, Diego Carrossino, Elisabetta Lampugnani

Servizio di Anestesia e Terapia Intensiva

Istituto Nazionale per la Ricerca contro il Cancro, Genova

Introduzione

La definizione di soddisfazione del paziente come indicatore della qualità della cura risulta sempre più importante alla luce della crisi del sistema di assistenza sanitario e delle conseguenti restrizioni delle risorse economiche. E' ben noto dalla letteratura che il dolore postoperatorio è scarsamente considerato (1,2). Per ottenere un discreto controllo del dolore postoperatorio è necessario un ripetuto monitoraggio. Per assicurare un controllo efficace del dolore e riscontrare specifici problemi o ostacoli, è necessario sviluppare degli strumenti di monitoraggio efficaci.

Owen et al (3) hanno messo in evidenza notevoli discrepanze tra le aspettative preoperatorie per il dolore ed il dolore effettivamente riscontrato con un' analgesia postoperatoria standard non specifica. Considerato che i pazienti risulteranno più soddisfatti con un dolore inferiore a quello atteso, è stato effettuato uno studio per conoscere l' efficacia del trattamento somministrando un questionario sulle aspettative per il dolore postoperatorio a tutti i pazienti per un periodo di due mesi prima di un intervento per chirurgia addominale o plastica. Lo scopo di questo studio era di comparare il valore preoperatorio del dolore atteso a quello realmente provato nel postoperatorio.

Prima fase - Valutazione del dolore postoperatorio

Metodi

Vennero selezionati pazienti da sottoporre ad interventi di chirurgia plastica della mammella e addominali. 24 ore prima dell'intervento chirurgico e 24 ore dopo veniva chiesto ai pazienti di quantificare la loro aspettativa del dolore postoperatorio su una scala verbale a cinque punti ( nessun dolore, dolore lieve, dolore moderato, dolore forte, dolore insopportabile). La stessa scala fu adoperata per il dolore postoperatorio realmente provato, assieme al VAS (scala analogica visiva), a prescindere dalle differenti tecniche analgesiche adoperate nei due tipi di intervento. Sulla base delle correlazioni tra le due registrazioni, tutti i pazienti vennero divisi in tre gruppi:

Gruppo 1, pazienti che riportavano nel postoperatorio un dolore maggiore di quello atteso.

Gruppo 2, pazienti che riportavano nel postoperatorio un dolore maggiore di quello atteso.

Gruppo 3, pazienti che riportavano nel postoperatorio un dolore maggiore di quello atteso.

Risultati

I dati vennero collezionati in 116 pazienti. 54 pazienti (47%) riferirono meno dolore di quello atteso, mentre 25 (21.5%) dichiararono di aver sofferto più di quanto atteso. Esaminando le diverse categorie chirurgiche, i pazienti "plastici" che riferivano più dolore di quello atteso erano il doppio (33.4%) dei pazienti addominali (14.8%). Al contrario i pazienti "plastici" riportarono meno dolore di quello atteso nel 30.1% dei casi rispetto ai chirurgici (55.4%).

Nel nostro ospedale i pazienti chirurgici sono trattati con morfina ed anestetici locali somministrati prima dell' intervento e per le 24 ore successive, ed antinfiammatori per i tre giorni successivi. Per la chirurgia della mammella e per il pazienti "plastici" vengono adoperati esclusivamente gli antinfiammatori. Per ambedue i gruppi era resa disponibile una PCA con oppiacei. Da tali dati si può assumere che i pazienti sottoposti a chirurgia addominale sono trattati più efficacemente dei pazienti sottoposti a chirurgia superficiale o plastica. Conseguentemente venne pianificato un programma per migliorare il trattamento del dolore postoperatorio nella chirurgia plastica e superficiale.

Seconda fase. Valutazione del dolore postoperatorio nella chirugia della mammella.

Dopo aver ottenuto il consenso informato, un campione di pazienti da sottoporre a linfadenectomia, quadrantectomia e nodulectomia ascellare in anestesia generale furono assegnate casualmente ad uno dei seguenti gruppi di trattamento:

Gruppo 1. Ketoprofene ev 100 mg prima dell' interevnto e 200 mg al giorno per infusione continua.

Gruppo 2. Stesso trattamento associato a 100 mg di bupivacaina sottocutanea ed intradermica prima dell' incisione.

Gruppo 3. Stesso trattamento associato a 100 mg di bupivacaina dopo l' incisione.

A tutte le pazienti veniva richiesto di riempire il questionario sul Pa. Le loro risposte vennero comparate con i valori riportati del Pp e suddivise nei gruppi precedentemente descritti.

Venne richiesta una valutazione del dolore a riposo per le prime 5 ore, a 24 e a 48 ore dalla fine dell' intervento. Il VAS dinamico (abduzione dell' arto superiore a 90 gradi) fu valutato a 24 e 48 ore. In caso di mancato controllo del dolore fu concessa la buprenorfina sublinguale. Fu registrato il numero delle pazienti che richiesero medicazioni al bisogno.

Risultati

Vennero considerate 90 pazienti (30 per ciascun gruppo). Non è stata evidenziata alcuna differenza tra i gruppi sul VAS a 5 ore (Tab.1).

Tab.I. VAS medio a 5 ore nei tre gruppi di studio.
Gruppi
valore VAS medio
Gruppo 1 (FANS)
4.0
Gruppo 2 (FANS+AL preop.)
4.4
Gruppo 3 (FANS+AL postop.)
3.5

Si osservarono delle differenze nel dolore a riposo dopo 24 ore. Nel dolore a riposo e dinamico dinamico la differenza fu significativa dopo 24 ore (Tab.2).

Tab.II. VAS medio (dolore a riposo e dinamico) a 24 e 48 ore
gruppi A riposoDinamico A riposo Dinamico
24 h 24h48 h 48h
Gruppo 1
2,8
3,5
1,8
2,7
Gruppo 2
2,7
3,8
2,6
3,6
Gruppo 3
1,7
2,9
1,1
1,8

Tab.III. Numero di pazienti che non necessitarono di dosi al bisogno di buprenorfina (no), numero totale di compresse di buprenorfina somministrate al bisogno (cp), tempo in minuti richiesto per la prima somministrazione (media)(t), giorni di degenza (media)(gg)
no
cp
t
gg
Gruppo 1
11
27
155
6
Gruppo 2
14
18
417
6,5
Gruppo 3
16
16
260
6,4

Per quanto riguarda le aspettative sul dolore i pazienti con dolore maggiore di quello atteso furono il 20% nel 1 gruppo (FANS), il 16.6% nel gruppo 2 (FANS+anestetici locali preincisione), il 3,3% nel gruppo 3 (FANS+anestetici locali postincisione).

Gruppi trattamento dolore maggiore di quello atteso
Gruppo 1 FANS6 paz. su 30 (20.0%)
Gruppo 2 FANS+AL preop. 5 paz. su 30 (16.6%)
Gruppo 3 FANS+AL postop. 1 paz. su 30 (3.3%)

Discussione

Il VAS e la quantità di analgesici richiesti nel postoperatorio sono stati adoperati in vari studi per valutare l' efficacia dell' infiltrazione pre-incisionale di anestetici locali. Non rimane chiaro però se l' effetto analgesico dipende da una deafferentazione centrale o da un effetto periferico (4). Secondo la teoria della sensibilizzazione centrale (5,6) il concetto preventivo di analgesia è stato sostituito clinicamente dal concetto di analgesia preventiva. Si ritiene che la durata del blocco anestetico sia efficace quando dura oltre il tempo chirurgico per coprire anche il periodo postoperatorio, per evitare il dolore secondario. In tali fasi infatti si realizza la sensibilizzazione centrale. Probabilmente, nei pazienti del nostro studio con dolore maggiore di quello atteso malgrado la somministrazione preincisionale di anestetici locali (16.6& dei pazienti), una durata piuttosto lunga dell' intervento o comunque più lunga della durata d' azione della bupivacaina, può avere reso vana la tecnica. Al contrario i pazienti trattati con bupivacaine al termine dell' intervento, relativamente coperti durante l'intervento, venivano più protetti nel postoperatorio dal blocco anestetico, spiegando i bassi valori di VAS registrati in questo gruppo. Ulteriori studi sono in corso per esaminare se un miglior controllo del dolore postoperatorio corrisponda a un miglior outcome di lunga durata.

Possiamo concludere che l'iniezione di 100 mg di bupivacaina nel suttocutaneo dopo l' incisione possono migliorare il dolore dinamico a 24 e 48 ore dopo la nodulectomia ascellare rispetto agli altri trattamenti. E' abbastanza sorprendente che il gruppo trattato con bupivacaina prima dell' incisione abbia richiesto la prima somministrazione di oppiacei molto più tardi degli altri due gruppi (417 min con ketoprofene ed anestetici locali preincisione, 260 min con ketoproene e anestetici locali postincisione, 155 min con ketoprofene).

Bibliografia

  1. Khun S, Cooke K, Collins M et al. Perception of pain relief after surgery. Br Med J 1990;300:1687-1690.
  2. Edwards WT. Optimising opioid treatment of postoperatyive pain. J Pain Symptom Mange 1989;S24-S36
  3. Owen H, McMillan V, Rogovsky D. Postipertaive pain therapy: a survey of patients' expectations and their experience. Pain 1990;41:303-307.
  4. Jebeles JA, Reilly JS, Gutierrez JF et al. The effect of preincisional infiltration of tonsils with bupoivacaine on the pain following tonsillectomy under general anesthesia. Pain 1991;47:305-308.
  5. Coderre TJ, Katz J, Vaccarino et al. Contribution of central neuroplasticity to pathological pain: review of clinical and experimental evidence. Pain 1993;52:259-285.
  6. Woolf CJ. Pre-emptive analgesia. Treating postoperative pain by preventing the establishmnet of central sensitization. Anesth Analg 1993;77:362-379.

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3 Infusione continua di fisostigmina in un'intossicazione da clotiapina: descrizione di un caso clinico

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ANGOLO DI TOSSICOLOGIA CLINICA

In questa sezione di ESIA - Italia curata dal dott. A.PIGNATARO sarà ospitata la descrizione ed il relativo commento di un caso di intossicazione acuta.

Infusione continua di fisostigmina in un'intossicazione da clotiapina: descrizione di un caso clinico

Pignataro A., Calderone L., Villari P., De Michele P.

Servizio di Anestesia e Terapia Intensiva, Ospedale Buccheri La Ferla F.B.F., Palermo, Italia.

Le intossicazioni in età pediatrica costituiscono, se non le circostanze più gravi, certamente quelle nei confronti delle quali il clinico è meno preparato. Alcuni aspetti particolari (la mancanza di collaborazione del piccolo paziente, la difficoltà della raccolta anamnestica), contribuiscono, da un lato, ad esagerare spesso gli interventi terapeutici, dall'altro, a ritardare la diagnosi e il trattamento più adeguato. Il caso clinico di seguito presentato descrive un quadro d'intossicazione acuta involontaria riguardante un piccolo bambino.

Caso clinico

 Alle ore 20 dello scorso luglio l'anestesista di guardia dell'ospedale era chiamato con urgenza in pronto soccorso, per l'arrivo di una bambina in coma. La piccola, secondo il racconto dei genitori, aveva, da circa un'ora, ingerito quattro compresse (160 mg) di clotiapina (Entumin), un potente antipsicotico prescritto al fratello affetto da schizofrenia. La bambina, dell'età di 3 anni e del peso di 12 kg, si presentava priva di coscienza, in respiro spontaneo e marcatamente ipotonica. Non era presente la risposta ai comadi verbali, mentre la stimolazione dolorosa provocava un flebile pianto senza risposta motoria agli arti. Le pupille si presentavano miotiche e isocoriche; era presente inoltre un nistagmo orizzontale. La pressione arteriosa era 80/40 mmHg e la frequenza cardiaca di 100 bpm, mentre la temperatura cutanea era 35.5 C°. Le prime manovre terapeutiche consistevano nella somministrazione di ossigeno in maschera (3 l/min) e nell'incannulamento di una vena periferica per la somministrazione di cristalloidi. Una puntura arteriosa per la determinazione dell'EAB mostrava i seguenti valori:

pHpO2 pCO2BE SO2
7,37135 38-3 99

Veniva posizionato un sondino naso-gastrico e, dopo avere effettuato la gastrolusi, somministrato carbone attivo (15 g) e catartico (solfato di magnesio). Alle ore 22, veniva quindi disposto il trasferimento in terapia intensiva. All'arrivo in reparto la paziente presentava un GCS di 7. Persistevano il coma, l'ipotonia, la miosi e il nistagmo. La dinamica ventilatoria era adeguata con una saturazione arteriosa in O2 di 99%. La PA era 85/50 mmHg e la frequenza cardiaca 80 bpm. Il posizionamento di una cannula naso-faringea garantiva la pervietà delle vie aeree. Si procedeva al monitoraggio continuo della FC, della pressione arteriosa cruenta (dopo incannulamento dell'arteria radiale) e della temperatura rettale. La somministrazione di un bolo (1 mg) e.v. di fisostigmina determinava l'immediata apertura degli occhi della bambina e il superficializzarsi dello stato di coscienza con la comparsa della reattività al dolore. Si assisteva, inoltre, all'aumento della frequenza cardiaca (>120 bpm) e della pressione arteriosa (110/55 mmHg). Veniva registrato un ECG, che non evidenziava alterazioni patologiche. Dopo circa 40 minuti dalla somministrazione di fisostigmina, si verificava un nuovo peggioramento delle condizioni neurologiche, un calo pressorio e una riduzione della FC. Si instituiva, pertanto, in seguito ad un secondo bolo e.v. di fisostigmina (0,5 mg), un'infusione continua alla velocità di 1 mg/h. La velocità di somministrazione della fisostigmina veniva variata in relazione, da un lato, allo stato neurologico, respiratorio ed emodinamico della paziente e, dall'altro, alla comparsa d'effetti collaterali (salivazione, vomito, broncorrea, bradicardia..). La terapia specifica prevedeva, inoltre, 10 g di carbone attivo ogni 4 ore attraverso il SNG, e 15 g/die di solfato di magnesio fino ad evacuazione (SNG). Veniva anche eseguita antibioticoterapia (ceftriaxone 500 mg/die) e l'infusione di soluzione elettrolitica pediatrica. La mattina successiva (2a giornata), si verificava, nonostante l'infusione continua di fisostigmina (0,5 mg/h), un approfondimento del coma; un'errata somministrazione di un bolo di fisostigmina (1 mg anziché 0,5 mg) provocava, a distanza di un'ora, un episodio di vomito, senza conseguenze, per il contemporaneo miglioramento dello stato di coscienza e la presenza di validi riflessi protettivi delle vie aeree, garantito dalla fisostigmina. L'EEG mostrava un rallentamento diffuso dell'attività elettrica cerebrale, con comparsa di onde theta e delta.

La fisostigmina in infusione continua veniva proseguita per tutta la giornata riuscendo a garantire uno stato neurologico catterizzato da: apertura spontanea degli occhi, debole risposta allo stimolo algogeno, assenza di contatto verbale; persisteva, anche se di minore intensità, ipotonia e nistagmo. L'ossigenazione in machera (3 l/min) era soddisfacente, così come la rimozione della CO2. In terza giornata, in seguito ad ulteriore miglioramento del livello di coscienza, veniva interrotta la somministrazione di fisostigmina. Uno stato confusionale persisteva fino al mattino della 4a giornata. L'ingresso della madre, permetteva di recuperare il contatto con la piccola paziente, che, ripresa l'alimentazione orale, veniva trasferita in serata nel reparto di pediatria, e, a casa, in ottime condizioni, l'indomani.

Discussione

I farmaci antipsicotici sono classificati in fenotiazine, butirrofenoni, dibenzodiazepine, dibenzotiazepine, dibenzoxazepine, tioxanteni, e condividono molte proprietà farmacologiche e applicazioni terapeutiche. Gli effetti della somministrazione di tali farmaci a dosi terapeutiche comprendono una spiccata perdita dell'iniziativa, disinteresse all'ambiente, povertà affettiva ed emozionale. Gli antipsicotici hanno effetti anticolinergici e antidopaminergici. L'attività di blocco dei recettori dopaminergici a livello del sistema limbico determina l'effetto antipsicotico. L'effetto anticolinergico si manifesta con visione offuscata, secchezza della bocca, riduzione della motilità intestinale, tachicardia. Gli antipsicotici sono dotati, inoltre, d'attività alfa-bloccante (ipotensione, tachicardia riflessa) e antiistaminica (sedazione). La prevalenza di taluni effetti su altri dipende dalla proprietà farmacologiche dei diversi composti e dalla dose somministrata. Per os, gli antipsicotici subiscono un primo metabolismo epatico che ne riduce la biodisponibilità. Sono molecole altamente lipofile, con un elevato legame alle proteine plasmatiche e un grande volume di distribuzione; queste proprietà sono responsabili di un accumulo tissutale del farmaco e di una prolungata escrezione.

La tossicità degli antipsicotici si manifesta essenzialmente a carico del SNC e dell'apparato cardiovacolare (tabella 1) (1).

App. Cardiovascolare

Depressione miocardica, > QT e PR, alterazioni aspecifiche ST.

CNS

Sedazione, coma, ipotermia/ipertermia, convulsioni, effetti extrapiramidali, < riflessi vasomotori, < salivazione e sudorazione

Occhi

Miosi

App. Gastrointestinale

< Motilità e secrezioni

Le fenotiazine, assieme ad altri farmaci e sostanze (antidepressivi, antiistaminici, atropina, alcaloidi delle solanacee) possono determinare, a dosi tossiche, un quadro clinico conosciuto come "sindrome anticolinergica centrale" (SAC) (2). Eccitazione psicomotoria, allucinazioni, atassia, delirio, coma, costituiscono le manifestazioni neurologiche centrali della SAC, mentre tachicardia, ipertermia, blocco delle secrezioni respiratorie, della sudorazione, sono secondarie al blocco della trasmissione colinergica a livello periferico.

La clotiapina appartiene al gruppo delle dibenzotiazepine e, come attività farmacologica e meccanismo d'azione, può essere comparata alla clorpromazina; anche le caratteristiche farmacocinetiche della clotiapina sono simili a quelle della clorpromazina (3). La dose tossica per l'uomo della clotiapina non è conosciuta. In caso di sovradosaggio i sintomi prevalenti sono a carico del SNC, con depressione dell'attività cerebrale fino al coma: sono, al contrario, meno frequenti i segni extrapiramidali tipici della maggior parte degli antipsicotici. Coesiste, generalmente un'ipotonia spiccata e ipotermia. Le pupille sono in miosi. E' frequente un'ipotensione per vasoplegia. Le intossicazioni acute da clotiapina, pur non presentando le caratteristiche tipiche della SAC, per via dell'attività anticolinergica del farmaco, possono essere trattate con la fisostigmina, un inibitore reversibile dell'acetilcolinesterasi.

Nel caso clinico descritto, le condizioni neurologiche della piccola paziente migliorarono rapidamente dopo la somministrazione del primo bolo di fisostigmina (1 mg), avvenuta all'ingresso in terapia intensiva. La bambina, infatti, aveva aperto gli occhi, mosso la testa e gli arti superiori, pur non recuperando completamente lo stato di coscienza. La miosi e l'ipotermia non subirono alcuna modificazione. L'ipotensione regrediva, mentre la frequenza cardiaca aumentava per effetto della superficializzazione della coscienza. Dopo circa un'ora, la fine dell'effetto della fisostigmina, portava al ripristino del quadro clinico dell'intossicazione. Il problema principale, in realtà, che si era posto al rianimatore riguardava la ventilazione e il controllo delle vie aeree. L'EAB eseguito in pronto soccorso, confermato da un secondo all'ingresso in rianimazione, non aveva richiesto altro provvedimento che la somministrazione di O2 in maschera, ma, lo stato di coscienza e i riflessi di protezione delle vie aeree richiedevano l'intubazione endotracheale e la ventilazione meccanica. L'effetto "risvegliante"della fisostigmina permetteva di ripristinare, anche se parzialmente, la coscienza della bambina e di evitare l'intubazione. L'infusione continua di fisostigmina nasceva dall'esigenza di mantenere un tono muscolare e un'attività motoria stabile, e di minimizzare gli effetti collaterali di un'ipertono colinergico (bradicardia, aumento delle secrezioni bronchiali, broncospasmo). Il monitoraggio continuo dell'ossigenazione (pulso-ossimetro, EAB), dell'ECG, della pressione arteriosa continua, della temperatura, garantiva il mantenimento delle funzioni vitali.

Conclusioni

La fisostigmina può essere considerato il rimedio di scelta nella sindrome anticolinergica, e un farmaco efficace nel trattamento degli effetti anticolinergici da intossicazioni acute di fenotiazine, con minimi effetti collaterali, sia in bolo che in infusione continua. Il mantenimento delle funzioni vitali deve essere, tuttavia, costantemente garantito.

Bibliografia

1. Goldfrank's, Toxicologic Emergencies. 4th edition. Appleton & Lange 1990

2. M. Bozza Marrubini, R. Ghezzi Laurenzi, P. Uccelli, Intossicazioni acute. 2a edizione OEMF 1989.

3. C. Bismuth. Toxicologie clinique. 4e édition. Médecine-Sciences Flammarion.


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4 Manuali di Anestesia: Anestesia in Chirurgia Toracica

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Questa rubrica, curata dal dott. Lelio Guglielmo, presenta i protocolli anestesiologici adottati ,nelle varie specialità chirurgiche , dal Servizio di Anestesia e Rianimazione dell' Ospedale Buccheri La Ferla. Questi manuali che sono il frutto di studi e dell'esperienza di oltre 15 anni di attività anestesiologica non pretendono ovviamente di avere un carattere "universale" . E' evidente altresì che l'applicazione delle procedure descritte va valutata criticamente in relazione al proprio ambiente di lavoro. La parte riguardante le considerazioni chirurgiche è stata realizzata in collaborazione con i chirurghi delle varie specialità, operanti nel nostro ospedale.

Qualsiasi commento o critica è bene accetta e deve essere inviata a leliobuc@mbox.vol.it. oppure alla redazione LANZA@mbox.unipa.it

Anestesia in chirurgia toracica

Lobectomia-pneumonectomia

CONSIDERAZIONI CHIRURGICHE
Gli interventi di chirurgia toracica più frequentemente eseguiti sono la lobectomia (o bilobectomia nel polmone di dx) o la pneumonectomia. L'incisione standard è quella postero-laterale col paziente posto in decubito laterale. Dopo avere inciso a metà tra le apofisi spinose vertebrali e lungo il margine della scapola, vengono sezionati il m.grande dorsale e parte del m.dentato anteriore.Viene generalmente asportata una costa facendo attenzione a non ledere il fascio vascolo-nervoso intercostale. Dopo avere individuato i principali rami arteriosi e venosi polmonari essi vengono generamente suturati con un filo tradizionale ; I rami bronchiali vengono invece suturati meccanicamente. Il dreanggio toracico standard che segue una lobectomia richiede l'utilizzazione di due tubi , uno posizionato anteriormente e l'altro posteriormente. Tali tubi sono collegati ad un sistema di aspirazione con valvole ad acqua. L'aspirazione (-20 cm H20) viene utilizzata al fine di migliorare l'espansione del lobo o dei lobi residui e facilitare il drenaggio di aria e fluidi dal cavo pleurico. Nel caso di pneumonectomia viene posizionato un solo tubo di drenaggio che viene tenuto chiuso con una pinza, per ridurre lospostamento del mediastino dovuto alla ventilazione del polmone controlaterale. La pinza viene tolta per qualche minuto ogni ora per consentire la fuoriuscita di sangue. Il drenaggio viene rimosso quando sono cessate le perdite di sangue, solitamente il giorno dopo l'intervento.

Diagnosi preoperatoria abituale : Carcinoma polmonare

POSIZIONE

laterale

INCISIONEpostero-laterale
STRUMENTI SPECIALI
tubo endotracheale a doppio lume (DLT)
ANTIBIOTICIceftriaxone
TEMPO CHIRURGICO2-3 ore
PERDITE EMATICHE< 500 ml
POST-OPUtir
MORTALITA'3%
MORBIDITA'aritmie : 20-30% ; embolia ; infarto ; fistola bronco-pleurica ; enfisema sottocutaneo ; lesione del n.frenico ;lesione del n.ricorrente
PAIN SCORE7-8

CONSIDERAZIONI ANESTESIOLOGICHE

PREOPERATORIO

APP.RESP. All'anamnesi è solitamente presente una storia di dispnea, tosse produttiva e fumo. All'esame obbiettivo bisogna valutare la presenza di cianosi, ronchi, rantoli, il ritmo ed il pattern respiratorio. La morbidità e la mortalità che seguono la toracotomia sono incrementate in caso di preesistenti patologie polmonari, cardiovascolari e neurologiche.
Tests : spirometria, Rx torace, TAC torace (anche per ricercare eventuali ostruzioni o deviazioni delle vie aeree), emogasanalisi il giorno prima dell'intervento. In caso di pneumonectomia occorrono dei tests specifici che analizzino i polmoni singolarmente (spirometria monopolmonare, studi di ventilazione-perfusione). Una capacità vitale (VC) di almeno 3 volte il tidal. Una VC <50% pongono il paziente ad un incrementato rischio di complicanze nel post-operatorio. Il rischio aumenta se il paziente è ipercapnico (PaCO2>45mmHg) in aria, se il rapporto FEV1/FVC è < 50% del previsto, se il FEV1 è <2L, se >60-70% del flusso ematico raggiunge il polmone leso, e se la pressione arteriosa polmonare media è >30 mmHg quando venga clampata un'arteria polmonare.
APP.CARDIOV. All'ECG bisogna ricercare eventuali segni di ipertrofia del ventricolo dx, difetti di conduzione e la presenza di alterazioni ischemiche.
S.N.C. Ricercare eventuali neuropatie periferiche.
MUSCOLO-SCHELET. I pazienti con cancro del polmone possono sviluppare una sindrome miastenica con incrementata sensibilità ai miorilassanti non depolarizzanti. E' necessario monitorizzare la curarizzazione con lo stimolatore.
SANGUE Mantenere l'ematocrito tra il 25% ed il 35%.Occorrono 2-4 unità di emazie concentrate. Se possibile eseguire l'emoprelievo subito prima dell'intervento (emodiluizione).

INTRAOPERATORIO

Monitoraggio ECG, Pa cruenta, SaO2, etCO2, doppler esofageo, EAB, diuresi oraria
Accessi vascolari 1 vena periferica + v.centrale
Tecnica di anestesia AG + AP o Intrapleurica. Il cateterino peridurale viene posizionato a T12-L1 e, dopo la dose test, si iniettano 6-10 ml di Lido 2%. Il cateterino intrapleurico viene introdotto a T12-L1 e si iniettano 15 ml di Lido 2%.
Intubazione

Normalmente si utilizza un DLT sn per la ch. polmonare dx e un DLT dx per la ch.polmonare sn., noi preferiamo utilizzare sempre un DLT per la maggiore semplicità di posizionamento. In caso di dubbi sul posizionamento del DLT è conveniente utilizzare un fibroscopio a fibre ottiche.

Posizionamento Decubito laterale con rotolo sotto l'ascella ; piano aereo dove fissare l'arto superiore omolaterale all'emitorace da incidere ; proteggere e imbottire i punti del corpo sottoposti a pressione
Ventilazione monopolmonare (OLV) Utilizzare un tidal standard (8-10ml/kg) durante la ventilazione bi-polmonare ; inserire una PEEP di non più di 5 cm H20. Non modificare i parametri ventilatori durante l'OLV. Durante l'OLV la compliance sarà ridotta e le resistenze saranno incrementate ; le pressioni di picco saranno più alte. Se durante OLV compare una ipossiemia è opportuno usare un FiO2 =1. Se essa persiste è opportuno ricontrollare la posizione del DLT (ostruzione del bronco lobare superiore,etc.) oppure si insufflerà il polmone operato e collassato con 02 applicando una CPAP di 5-10 cm di H20 (vedi fig. a lato)
Mantenimento Anestesia Propofol (secondo protocollo)+ infusione continua peridurale o intrapleurica di 6-9 ml di Marc.0.3%. Nel caso si AG pura associare al propofol il Remifentanil in infusione continua (secondo protocollo). La manipolazione del polmone durante l'intervento determina il rilascio di sostanze vasoattive che interferiscono con il riflesso della vasocostrizione polmonare ipossica. Diversi studi indicano che il riflesso di vasocostrizione polmonare ipossica viene mantenuto sia con agenti anestetici endovenosi che con quelli inalatori utilizzati alle concentrazioni cliniche abituali. Non sono necessari grandi quantità di liquidi.
Risveglio Prima di chiudere il torace i polmoni vengono insufflati con una pressione fino a 30 cm di H2O al fine di riespandere aree atelettasiche e verificare significative perdite di aria. Il paziente, se le condizioni lo consentano,può essere estubato in S.O. Nel caso in cui si richieda un'assistenza ventilatoria ,il DLT verrà sostituito con un tubo endotracheale normale.

POST-OPERATORIO

COMPLICANZE

Trauma delle vie aeree da intubazione,rottura tracheobronchiale Non sovradistendere le cuffie del DLT !
Lesioni causate dal malposizionamento laterale Possibile danni da compressione all'orecchio,all'occhio al naso, al plesso brachiale
Danni strutturali connessi alla toracotomia neurologici (nn.frenico e ricorrente laringeo) ; al midollo spinale toracico ; fistola broncopleurica
Complicanze chirurgicheerniazione cardiaca,pneumotorace ipertensivo, emorragia,torsione del lobo residuo,infezione
Complicanze cardiopolmonariaritmie sopraventricolari,cuore polmonare acuto,atelettasie,polmonite

TRATTAMENTO DEL DOLORE POSTOPERATORIO

Infusione peridurale o intrapleurica continua con Marc.0.3% a 6-9 mlh oppure infusione continua e.v. con Remifentanil (se paz.in UTIR) oppure meperidina + diclofenac i.m. se il paziente va in reparto. Un buona analgesia è di fondamentale importanza perchè consente al paziente di tossire efficacemente,di respirare profondamente e di mobilizzarsi precocemente.

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EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY

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La rivista pubblica rewiews e lavori originali compiuti nei campi dell'anestesia e della medicina critica. I lavori originali riguardano ricerche cliniche, di laboratorio e la presentazione di casi clinici. Le reviews includono argomenti per l' Educazione Medica Continua (EMC), articoli di revisione generale o riguardanti le attrezzature tecniche. ESIA pubblica le lettere all'Editore contenenti commenti su articoli precedentemente publicati ed anche brevi comunicazioni.La guida per gli autori può essere consultata collegandosi al sito ANESTIT all'indirizzo:

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CRITICAL CARE MEDICINE Sezione Italiana

E' anche ottenibile attraverso World-Wide Web WWW: L' URL per questo numero di ESIA è:

http://mbox.unipa.it/~lanza/esiait/esit9708.txt

Il nome della rivista è

esitaamm, dove aa è l'anno ed mm il mese

(per esempio questo numero è esit9708.txt)

LA REDAZIONE DI ESIA ITALIA

DIRETTORE

Vincenzo LANZA

Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli

Palermo LANZA@MBOX.UNIPA.IT

Terapia Intensiva

Antonio Braschi

Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione 1

Policlinico S. Matteo - IRCCS Pavia

Anestesia Cadiovascolare

Riccardo Campodonico

Responsabile dell'Unità di Terapia Intensiva Cardiochirurgica

Azienda Ospedaliera di Parma ricrob@mbox.vol.it

Anestesia e malattie epatiche

Andrea De Gasperi

Gruppo trapianti epatici / CCM

Ospedale Niguarda - Milano

Medicina critica e dell'emergenza

Antonio Gullo

Professore di Terapia Intensiva

Direttore del Dipartimento di Anestesia e Terapia Intensiva-Università di Trieste

Anestesia ed informatica

Vincenzo Lanza

Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli

Palermo

Tosssicologia

Carlo Locatelli

Direttore del Centro di Informazione Tossicologica Centro antiveleni di Pavia

Fondazione Scientifica

"Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione"

Pavia

Terapia Antalgica e Cure Palliative

Sebastiano Mercadante

Aiuto del Servizio d'Anestesia e Rianimazione

Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli

Palermo