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Gli Antagonisti delle Benzodiazepine

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 GLI ANTAGONISTI DELLE BENZODIAZEPINE

 

Carlo Locatelli, Valeria Petrolini, Raffaella Butera, Luigi Manzo*

Servizio di Tossicologia, Centro Nazionale di Informazione Tossicologica e Centro Antiveleni di Pavia, I.R.C.C.S. Fondazione Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione, Pavia, e *Dipartimento di Medicina Interna e Terapia Medica, Sezione Medicina Interna e Tossicologia Clinica, Università di Pavia

Indirizzo: Servizio di Tossicologia, Centro Nazionale di Informazione Tossicologica e Centro Antiveleni di Pavia, I.R.C.C.S. Fondazione Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione, via A. Ferrata 8, 27100 Pavia Telefono: 0382 26261 (per tutti gli autori) fax: 0382 24605 (per tutti gli autori) e-mail: clocatelli@fsm.it (per tutti gli autori)


INTRODUZIONE

Le benzodiazepine (BDZ) sono farmaci ampiamente utilizzati nella pratica clinica grazie ai molteplici effetti farmacologici (ipnotico, ansiolitico, miorilassante, anticonvulsivante) ed a un favorevole indice terapeutico. Alcune BDZ (es. flunitrazepam, diazepam, midazolam) vengono estesamente impiegate anche in campo anestesiologico e intensivistico.

A causa della loro grande diffusione, le BDZ risultano oggi tra le sostanze più frequentemente coinvolte nelle intossicazioni, sia accidentali che a scopo autolesivo. Le BDZ inoltre possono determinare effetti collaterali (es. sedazione e ipostenia prolungate dopo sedazione per interventi ambulatoriali) che in alcuni casi ne limitano l’impiego clinico.

Diverse molecole sono state utilizzate nel passato come antidoti nel sovradosaggio da BDZ (es. fisostigmina, aminofillina) [[1] [2][3]]), ma dopo l’introduzione nella pratica clinica dell’antagonista recettoriale specifico flumazenil (dal 1989 disponibile anche in Italia) tali farmaci hanno conservato solo un interesse storico. Il flumazenil è oggi l’antagonista di scelta delle BDZ e le sue indicazioni cliniche comprendono il trattamento del sovradosaggio e la neutralizzazione degli effetti prolungati o indesiderati (es. effetto paradosso) di questi farmaci.

 

I recettori specifici e il meccanismo d'azione delle benzodiazepine

Le BDZ si caratterizzano chimicamente per la presenza di un anello benzenico condensato con un anello diazepinico; la presenza di un radicale arilico in posizione 5, configura il gruppo delle 5-aril-1,4-benzodiazepine. L'inserimento di un anello imidazolico in posizione 1,2 dà origine alle imidazo-BDZ, fra le quali figurano il midazolam e il flumazenil.

 

Figura 1. Schema del complesso recettoriale GABAA-benzodiazepine. GABA-r = recettore per il GABA; BZ-r = recettore per le BDZ

L'azione farmacologica delle BDZ si realizza attraverso il legame con specifici siti recettoriali (Tallman e Gallager, 1985; Torta e Biggio, 1995; Iyo et al, 1991; Farrell e Roberts, 1998). Nel sistema nervoso centrale (SNC), a livello della membrana post-sinaptica, i recettori per le BDZ (BZr) formano un complesso recettoriale con un tipo di recettore per l’acido g-aminobutirrico (recettore GABAA) (figura 1); tale complesso è costituito da due subunità a (siti di legame per le BDZ), due subunità b (siti di legame per il GABA) e un canale ionoforo per il cloro (figura 2). Il legame del GABA al suo sito recettoriale determina l'apertura di questo canale e la penetrazione nella cellula di ioni cloro con conseguente iperpolarizzazione della membrana neuronale, che diviene meno eccitabile (Haefely et al, 1975). Il ruolo dei BZr presenti a livello del SNC accoppiati a quelli per il GABA consiste nel modulare l'attività di quest’ultimo. Ai BZr si legano fisiologicamente molecole endogene (endozepine o benzodiazepine endogene) (Rothstein et al, 1992a; Taupin et al, 1993; Li e Pelletier, 1995) che possono aumentare o diminuire la permeabilità agli ioni cloro, esercitando effetti opposti (Torta e Biggio, 1995), e avere un ruolo nella genesi di malattie neuropsichiatriche (Polc, 1995). Un aumento della concentrazione sierica e liquorale di una di queste, la endozepina-4, sembra essere correlata alla comparsa dello "stupor idiopatico ricorrente" (Rothstein et al, 1992b).

 

Figura 2 Rappresentazione del complesso recettoriale costituito da quattro subunità e dal canale ionoforo per gli ioni cloro (Cl-).

Sui recettori centrali per le BDZ possono agire tre principali tipi di legandi esogeni: gli agonisti (es. diazepam), gli agonisti inversi (es. beta-carboline) e gli antagonisti (es. flumazenil) (Möhler e Richards, 1988; Nutt et al, 1982). I primi due inducono una modificazione della conformazione del canale del cloro, rispettivamente aumentando e diminuendo il flusso di ioni cloro e quindi lo stato di inibizione neuronale. Gli antagonisti, invece, si oppongono al legame con il recettore sia degli agonisti che degli agonisti inversi, senza modificare l’interazione tra il recettore per il GABA e il canale per il cloro: essi sono quindi privi di effetto specifico sul recettore (figura 3).

I recettori centrali delle BDZ sono distinti in due sottotipi denominati BZ1 (W1) e BZ2 (W2), rispettivamente accoppiati a due sottotipi di recettori GABAA. Benché non ancora completamente chiarita, l'eterogeneità degli

 

Figura 3. Ligandi per il recettore benzodiazepinico (BZ-r) centrale. L'attività intrinseca è schematicamente indicata con + se positiva e - se negativa. Il flumazenil non è dotato di attività intrinseca. (GABA-r: recettore per il GABA).

 

effetti prodotti dalla somministrazione di BDZ suggerisce una specificità funzionale dei singoli sottotipi di recettori. Studi condotti con farmaci attivi selettivamente sui recettori W1 (alpidem e zolpidem) hanno suggerito il ruolo prevalente di questi recettori negli effetti sedativo e ipnotico; la loro stimolazione non sembra invece indurre incoordinazione motoria né esercitare effetto anticonvulsivante (Monti, 1989; Wheatley, 1989; Langtry e Benfield, 1990; Benavides et al, 1993). I farmaci che agiscono selettivamente su questi recettori, inoltre, non inducono tolleranza e dipendenza. Tali studi sembrano pertanto suggerire che i recettori W2 possano essere maggiormente coinvolti nei meccanismi di miorilassamento, nella determinazione di alcuni effetti collaterali (es. atassia) e, probabilmente, anche nei fenomeni di tolleranza e dipendenza alle BDZ (Sanger et al, 1994; Torta e Biggio, 1995; Davies et al, 1994; Lavoisy et al, 1992; Miller et al, 1992).

La distribuzione dei recettori per le benzodiazepine nel SNC non è uniforme: essi risultano maggiormente rappresentati a livello corticale, mentre la loro densità è bassa nella sostanza bianca e intermedia a livello dello striato e del talamo (Price et al, 1993; Lassen et al, 1995, Millet et al, 1995). In particolare, i recettori W1 rappresentano circa il 60-70% dei recettori benzodiazepinici nella corteccia cerebrale e cerebellare, nel pallido ventrale e nella sostanza nera, mentre gli W2 sono localizzati per lo più nell'ippocampo, nel midollo spinale e nei gangli della base (Torta e Biggio, 1995).

 

 

IL FLUMAZENIL

 

Figura 4. Formula di struttura di flumazenil

 

Il flumazenil (RO 15-1788; FMZ) è una imidazo-benzodiazepina con formula C15H14FN3O3 (figura 4). E’ una base debole, liposolubile, con un peso molecolare di 303,3 daltons e un pKa pari a 1 (Wanke, 2000). A basse concentrazioni (10%) la molecola è solubile in acqua.

In Italia il FMZ è commercializzato con il nome di Anexate® (Roche SpA) in fiale per uso endovenoso da 0,5 e 1 mg (5 e 10 ml, rispettivamente) che possono essere conservate a temperatura ambiente (15-30 °C). La preparazione può essere diluita in soluzione fisiologica, glucosata al 5%, e in ringer lattato; le soluzioni così ottenute hanno stabilità superiore a 24 ore (Wanke, 2000; Hojer et al, 1990). La preparazione per somministrazione orale non viene commercializzata ed è sperimentalmente impiegata per il trattamento dell'epilessia (v. oltre).

 

Meccanismo d’azione

Il flumazenil si lega al recettore per le BDZ, per il quale ha elevata affinità, spiazzando da questo gli agonisti e gli agonisti inversi. Tale legame non provoca importanti modificazioni steriche del recettore, e di conseguenza, il FMZ a dosi terapeutiche è sprovvisto di attività farmacologica propria (Hunkeler et al 1981).

Studi nell’uomo hanno dimostrato che il FMZ si localizza nel SNC nelle aree a maggior concentrazione di reccettori benzodiazepinici (Mindus et al, 1986). Esso si lega con elevata affinità tanto ai recettori BZ1 (W1) che BZ2 (W2), risultando pertanto efficace sia nei confronti delle BDZ che di farmaci W1-selettivi strutturalmente non correlati alle benzodiazepine quali la imidazopiridina zolpidem (Naef et al, 1989; Lheureux et al, 1990) e la pirazolopirimidina zaleplon (Hurst e Noble, 1999).

Il flumazenil, inoltre, non interferisce con farmaci e sostanze (es. barbiturici, neurolettici) i cui effetti si esplicano attraverso l’interazione con recettori diversi da quelli benzodiazepinici (Brogden e Goa, 1988; Amrein et al, 1988a; Amrein et al, 1988b; Hunkeler et al, 1981; Darragh et al, 1981b; Darragh et al, 1982; Lauven et al, 1985; Klotz et al, 1985b).

 

Farmacocinetica

I parametri farmacocinetici del FMZ sono stati ampiamenti studiati (Tabella 1) e configurano un modello di tipo bicompartimentale.

L’assorbimento dopo somministrazione orale è rapido (emivita di assorbimento: 20 minuti) e il picco plasmatico viene raggiunto dopo 20-90 minuti. La biodisponibilità orale è tuttavia bassa (approssimativamente 16%) a causa di un esteso effetto di primo passaggio epatico (Klotz, 1988; Roncari et al, 1986; Klotz e Kanto, 1988).

 

Tab 1 Principali parametri farmacocinetici di flumazenil


emivita di assorbimento per os

0,3 ore

picco plasmatico (somministrazione per os)

20-90 minuti

biodisponibilità per via orale

16%

fase di distribuzione dopo iniezione endovenosa

< 5 minuti

volume di distribuzione

0,63-1,60 L/kg

legame con le proteine plasmatiche

40-50%

rapporto sangue/plasma

0,8-1,3

rapporto cervello/sangue (10 min dopo iniezione)

3:1

percentuale di metabolismo epatico

99%

emivita di eliminazione (T ½b)

0,7-1,4 ore

farmaco escreto immodificato nelle urine

0,1%

clearance plasmatica totale (CLpl)

1 L/minuto


 

 

Dopo iniezione endovenosa nell'adulto, la fase di distribuzione è molto breve (inferiore a 5 minuti) (Wanke, 2000). Il farmaco passa velocemente nel SNC concentrandosi nella sostanza grigia prevalentemente a livello della corteccia cerebrale (rapporto cervello/sangue pari a 3:1 dieci minuti dopo somministrazione endovenosa) (Klotz e Kanto, 1988; Persson et al, 1985), con una scomparsa dal circolo pari al 90 e il 99% della dose iniettata rispettivamente dopo circa 2 e 4 ore (Wanke, 2000).

Nell’uomo il FMZ è legato alle proteine plasmatiche per il 40-50% (di cui 2/3 all’albumina), mostra un rapporto sangue/plasma pari a 0,8-1,3 e ha un volume di distribuzione compreso tra 0,63 e 1,60 L/Kg (Klotz et al, 1984; Klotz e Kanto, 1988; Roncari et al, 1986; Roncari et al, 1993).

La clearance plasmatica totale del FMZ è di circa 1 L/minuto (Breimer et al, 1991, Roncari et al, 1993), ed è attribuibile quasi interamente al fegato, che metabolizza rapidamente circa il 99% del farmaco in un derivato acido carbossilico e nel suo corrispondente glucuronide (entrambi inattivi) (Klotz et al, 1984; Brogden e Goa, 1988; Roncari et al, 1986; Klotz e Kanto, 1988; Amrein e Hetzel,1990). La clearance renale è invece trascurabile, poiché solo lo 0,1% della dose somministrata viene escreta immodificata nelle urine. Nei pazienti con significativa insufficienza epatica, pertanto, la clearance del FMZ può risultare ridotta del 40-75% e l’emivita plasmatica può aumentare di sette volte (van der Rijt et al, 1991).

L'eliminazione segue una cinetica di primo ordine e la sua velocità è proporzionale alla dose iniziale. L’emivita di eliminazione è di circa 1 ora (da 0,7 a 1,4 ore) (Klotz et al, 1984; Roncari et al, 1986; Klotz e Kanto, 1988; Klotz, 1988). Uno studio più recente (Breimer et al, 1991) ha evidenziato una cinetica di eliminazione bifasica, con un’emivita media a di 4,1 minuti e un’emivita b di 70,2 minuti.

L’assorbimento e i parametri farmacocinetici del flumazenil non vengono influenzati dall’età (Roncari et al, 1993) né da interazioni reciproche con le BDZ.

 

Concentrazioni plasmatiche efficaci e comparsa dell’effetto terapeutico

Il FMZ può essere dosato nel plasma mediante mediante HPLC (high performance liquid chromatography) con rilevatore UV (Timm e Zell, 1983) o GLC (gas liquid chromatography) con rilevatore azoto-fosforo (Abernethy et al, 1983). Tale determinazione, tuttavia, non è di pratica utilità per l’impiego clinico dell’antidoto. Il FMZ non interferisce con le determinazioni delle BDZ (es. diazepam, oxazepam) (Doem e Unger 1988)

Dopo somministrazione di una singola dose orale di 200 mg di FMZ si ottiene un picco di concentrazione plasmatica di 143-439 ng/mL entro 20-90 minuti (media: 41 minuti), seguito da una rapida diminuzione dei livelli sotto il limite di rilevabilità (10 ng/mL) entro 4-6 ore (Brogden e Goa, 1988; Brogden e Goa, 1991; Roncari et al, 1986).

Dati osservati durante la sperimentazione clinica dell’antidoto mostrano che la somministrazione di 0,1-0,2 mg e di 1-2 mg per via endovenosa determina concentrazioni plasmatiche rispettivamente di 3-6 e 10-20 ng/mL: le prime esercitano un antagonismo solo parziale, mentre quelle più elevate risultano efficaci nel risolvere l’effetto depressivo sul SNC indotto dalle usuali dosi sedative di BDZ (es: 30 mg diazepam, 10 mg midazolam) (Klotz et al, 1984; Klotz et al, 1985b).

La comparsa dell’effetto terapeutico dopo somministrazione endovenosa si manifesta entro 1-2 minuti (Rodrigo e Rosenquist, 1987; Amrein et al, 1988a; Jensen et al, 1987; Kirkegaard et al, 1986; Alon et al, 1987; Sage et al, 1987; Wolff et al, 1986; Hofer e Scollo-Lavizzari, 1985, Locatelli et al, 1988) e ha una durata relativamente breve, variabile da 1 a 4 ore (Hofer e Scollo-Lavizzari, 1985; Jensen et al, 1987; Darragh et al, 1981a; Locatelli et al, 1988). La durata dell’effetto non sembra variare per dosi comprese tra 0,2 e 1 mg, mentre risulta raddoppiata dopo somministrazione di dosi più elevate (3 mg) (Dunton et al, 1988). Studi mediante PET (positron emission thomography) hanno dimostrato che la somminstrazione di 1,5 mg di FMZ porta a una occupazione iniziale del 55% dei recettori, mentre 15 mg bloccano pressoché totalmente i siti recettoriali benziodiazepinci (Savic et al, 1991).

 

Impiego clinico del flumazenil in medicina d’urgenza e in anestesia

L’antagonismo dell’azione depressiva sul SNC, sulla funzione muscolare e su quella respiratoria causata da BDZ rappresenta la principale indicazione clinica all’uso del FMZ (Brogden e Goa, 1991; Farrell e Roberts, 1998; Howland 1998; Saviuc e Castot, 2000). Oltre che nei casi di sovradosaggio, l’antidoto si rivela efficace nell'antagonizzare l'effetto delle BDZ assunte in dose terapeutica, qualora sedazione e ipotonia persistano per periodi eccessivamente prolungati (es. dopo sedazione per esami diagnostici) oppure nel trattamento di effetti paradossi da BDZ (es. agitazione psico-motoria).

L’assenza di attività intrinseca, inoltre, rende il FMZ utilizzabile anche nella diagnosi differenziale delle cause di insufficienza cerebrale di origine non nota (Locatelli et al, 1988; Hojer et al, 1990; Winkler et al, 1993; Weinbroum et al, 1996). Questa indicazione, tuttavia, non è univocamente condivisa in quanto lo spiazzamento delle BDZ esogene o endogene dai siti d’azione potrebbe, in alcuni casi, annullarne l’effetto protettivo nei confronti di possibili fenomeni eccitatori a carico del SNC (es. convulsioni) causati da condizioni misconosciute (concause tossiche o patologiche).

Il FMZ viene somministrato nella pratica clinica per via endovenosa, ma può essere somministrato anche per via endotracheale (Palmer et al, 1998) o per via rettale nei bambini (Lopez-Herze et al, 1994; Wanke, 2000). Il metodo di somministrazione più idoneo è quello della titolazione, che consiste nel frazionamento della dose in una serie di piccoli boli da somministrare in successione fino al raggiungimento dell’effetto desiderato o della dose massima raccomandata. Questo metodo consente di controllare l’antagonizzazione della sedazione fino al grado desiderato e di ridurre al minimo gli eventuali effetti collaterali (Wanke,1995; Howland 1998).

 

 

Tabella 2. Dosi efficaci di flumazenil nelle indicazioni cliniche accertate.

patologia/effetto da antagonizzare

dose bolo

boli successivi

infusione continua

sovradosaggio da BDZ

1-3 mg

0,5-1 mg ogni 20 min

0,2-2 mg/h

sedazione dopo anestesia

0,2-1 mg

0,2 mg/min

oppure

1 mg ogni 20 min

0,2-1 mg

0,2 mg/min oppure

1 mg ogni 20 min

sedazione in terapia

intensiva

1 mg

oppure

4 mg in 60 min

effetto paradosso

0,2-1 mg


Come ci si deve attendere in base alle caratteristiche farmacocinetiche, la comparsa dell’effetto del FMZ è rapida ma di breve durata: ciò può determinare, nei casi di sovradosaggio da BDZ, la ricomparsa di un quadro di insufficienza cerebrale nel soggetto trattato con una singola dose dell’antidoto. Per il trattamento di tali pazienti, pertanto, si rende spesso necessaria la somministrazione di ulteriori dosi bolo frazionate o l’infusione endovenosa continua (Locatelli et al, 1988; Wanke, 2000; Baud e Brouard, 1992; Howland 1998; Saviuc e Castot, 2000).

Il trattamento di una patologia da BDZ con FMZ può portare a rapida risoluzione del quadro clinico di presentazione; ciò non deve tuttavia esimere dall’effettuare l’eventuale trattamento di decontaminazione del tratto gastroenterico, il monitoraggio clinico e gli altri trattamenti di supporto. Nei casi di risposta parziale al trattamento antidotico è inoltre necessario escludere la presenza di altre cause o concause di insufficienza cerebrale.

Le dosi efficaci di FMZ (Tabella 2) variano nelle diverse indicazioni per le quali l’antidoto viene utilizzato. La maggior parte dei pazienti con intossicazione acuta da BDZ risponde a dosi di 1 mg per via endovenosa; una dose di 3 mg produce effetti simili che perdurano il doppio rispetto alla dose di 1 mg. Non è necessario modificare la posologia nei pazienti geriatrici; in presenza di insufficienza epatica, invece, le dosi successive a quella iniziale devono essere ridotte in quantità o in frequenza, a causa di una clearance significativamente ridotta (Wanke, 2000 Farrell e Roberts, 1998).

 

Intossicazione acuta da benzodiazepine

Il sovradosaggio da BDZ risulta, nella maggior parte di casi, mono-medicamentoso in età pediatrica, mentre è sovente poli-medicamentoso e massivo nell’età adulta. In Francia, le benzodiazepine sono presenti nel 60% dei casi di intossicazione volontaria da farmaci (Saviuc e Castot, 2000). Le BDZ a breve emivita, in grado di provocare intensa amnesia dei fatti recenti, vengono talvolta utilizzate con intento criminoso (sottomissione medicamentosa) (Saviuc e Castot, 2000). Intossicazioni da BDZ in età pediatrica possono conseguire a somministarzioni intenzionali per maltrattamento (Wiley e Wiley 1998).

Le benzodiazepine sono farmaci di pericolosità relativamente limitata: nelle intossicazioni pure non vi è correlazione tra dose assunta e grado di insufficienza cerebrale e i casi di morte accertata da sovradosaggio di sole BDZ sono rarissimi nonostante l’elevata frequenza di queste intossicazioni (Bozza Marrubini et al, 1987). Quadri clinici particolarmente gravi, anche letali, sono invece possibili per associazione di alte dosi di BDZ con altre sostanze o farmaci neurodepressori. L'intossicazione acuta da benzodiazepine ad azione ultrabreve (es. temazepam) sembra essere più pericolosa, con maggior possibilità di casi letali (Martin e Chan, 1986; Forrest et al, 1986; Saviuc e Castot, 2000).

L’intossicazione acuta da BDZ può comportare complicanze pericolose ove esistano particolari fattori di rischio. Nei pazienti con patologie cardiorespiratorie di base possono verificarsi ipotensione, depressione cardiorespiratoria e apnea per effetto centrale di questi farmaci (Taveira da Silva, 1998; Saviuc e Castot, 2000). Nell’anziano l’effetto miorilassante risulta accentuato e di lunga durata; ciò, unitamente all'effetto depressivo sul SNC, è all’origine delle complicanze respiratorie che si possono frequentemente osservare in questi pazienti (Saviuc e Castot, 2000).

L’uso del FMZ non sembra avere un vantaggioso rapporto costo/efficacia nelle intossicazioni intenzionali ad eziologia ignota (Barnett et al, 1999), non abbrevia il decorso delle intossicazioni acute da BDZ, ma ne modifica favorevolmente l'espressione clinica (Saviuc e Castot, 2000).

Per un trattamento ottimale delle overdose da BDZ risulta opportuno somministrare il FMZ con il metodo della titolazione a piccoli boli successivi al fine di limitare la comparsa di effetti avversi. A tal fine il produttore e alcuni autori raccomandano la somministrazione di una dose iniziale per via endovenosa di 0,2 mg in 30 secondi, seguita da

 

Tabella 3. Sintomi e segni di sovradosaggio da benzodiazepine

S. NEUROLOGICI

- miosi

- insufficienza cerebrale di media gravità, fino al coma con riflesso vestibolo-oculare conservato

- ipotonia muscolare di grado elevato, non correlata al livello di insufficienza cerebrale

- iporeflessia o areflessia osteo-tendinea

S. RESPIRATORI

- insufficienza respiratoria secondaria all'ipotonia muscolare (pazienti anziani e defedati)

S. CARDIOCIRCOLATORI

- bradicardia (flunitrazepam)

- ipotensione (incostante)

TERMOREGOLAZIONE

- ipotermia (possibile)


 

una dose di 0,3 mg dopo ulteriori 30 secondi e quindi, nel caso di assenza di risposta, da dosi successive di 0,5 mg a intervalli di un minuto una dall’altra fino ad una dose cumulativa massima di 5 mg (oltre alla quale ulteriori somministrazioni di flumazenil non producono effetti aggiuntivi) (Wanke, 2000; Farrell e Roberts, 1998; Howland 1998).

L’esperienza clinica e le casistiche della relative alle intossicazioni dell’adulto e dell’anziano indicano l’uso frequente di dosi bolo di 0,2-1 mg (Prischl et al, 1988; O’Sullivan e Wade, 1987; Bismuth et al, 1985; Hofer e Scollo-Lavizzari, 1985; Weinbroum et al, 1996; Baud e Brouard, 1992). La maggior parte dei pazienti risponde a una dose bolo totale di FMZ compresa tra 1 e 3 mg, e solo in rari casi sono state utilizzate dosi bolo comprese fra 5 e 10 mg (Hofer e Scollo-Lavizzari, 1985; Lheureux e Askenasi, 1986; Scollo-Lavizzari, 1983; Hojer et al, 1991; Skielboe et al, 1991; Votey et al, 1991; Weinbroum et al, 1991: Weinbroum AA et al, (1997; Saviuc e Castot, 2000). Nelle intossicazioni da farmaci W1-selettivi (es. zolpidem) le dosi efficaci sono le stesse utilizzate nei sovradosaggi da BDZ (Naef et al, 1989; Lheureux et al, 1990).

Nelle intossicazioni pure da BDZ l’effetto del FMZ è in genere rilevabile dopo pochi minuti dalla somministrazione endovenosa di una dose complessiva che può anche essere inferiore a 1 mg; nelle intossicazioni miste il risveglio del paziente è meno rapido e completo per la persistenza degli effetti sedativi di altri farmaci, è di durata più breve ed è spesso ottenuto per dosi superiori (fino a 5 mg) (Hojer et al, 1990; Hojer e Baehrendtz, 1988, Bismuth et al, 1985; Lheureux e Askenasi, 1988, Baud e Brouard, 1992; Pollard et al, 1989).

La durata dell’effetto ottenibile con FMZ è variabile anche in funzione del tipo di BDZ coinvolta nel sovradosaggio, e varia da 15 minuti a 5 ore (Baud e Brouard, 1992; Bismuth et al, 1985; Saviuc e Castot, 2000). Nei casi di intossicazione da BDZ a breve durata d’azione (es. triazolam) e nelle intossicazioni in età pediatrica può essere sufficiente la sola somministrazione della dose bolo compresa fra 10 a 20 mg/Kg (Hofer e Scollo-Lavizzari, 1985; Bismuth et al, 1985; Lheureux e Askenasi, 1988; Wood et al,1988a; Wood et al,1988b). Nelle intossicazioni volontarie dell’adulto e nel paziente anziano, invece, si rende spesso necessario far seguire alla dose iniziale delle somministrazioni aggiuntive di 0,5-1 mg ad intervalli di 20 minuti oppure la somministrazione endovenosa continua di 0,1-2 mg/ora (Locatelli et al, 1988; Baud e Brouard, 1992; Saviuc e Castot, 2000). Il FMZ è in grado di contrastare anche alcuni effetti cardiotossici (blocco atrioventricolare di primo grado) che si possono verificare in caso di intossicazione acuta da BDZ, probabilmente contrastando la blanda azione calcio-antagoniste delle BDZ sui recettori miocardici periferici (Mullins 1999).

Nei pazienti in trattamento cronico con BDZ la somministrazione dell’antidoto può provocare sintomi da astinenza (Baud e Brouard, 1992; Kulka e Lauven, 1992). Tale effetto, ampiamente descritto negli studi su animali trattati per lunghi periodi con BDZ (Lukas e Griffiths, 1982; Rosenberg e Chiu, 1982), risulta, seppur presente, di scarsa rilevanza negli studi clinici (Hofer e Scollo-Lavizzari, 1985; Saviuc e Castot, 2000).

Le limitate casistiche sull'uso del FMZ in campo pediatrico (Wood et al, 1988a; Wood et al, 1988b, Sugarman e Paul, 1994; Perry e Shannon, 1996; Saviuc e Castot, 2000) indicano che l'uso di questo antagonista nelle intossicazioni pure da BDZ in età pediatrica è raro (intorno al 5% dei casi) (Wiley e Wiley 1998) e che sono risultate efficaci dosi bolo comprese fra 0,005 e 0,01 mg/kg e l’infusione continua di 0,1 mg/kg/ora. Il FMZ si è dimostrato efficace anche nell’impiego anestesiologico per antagonizzare la sedazione ottenuta con BDZ (Shannon et al, 1997) e per contrastare l'insufficienza respiratoria nel neonato conseguente a somministrazione di BDZ alla madre (Dixon e Dixon, 1998).

 

Diagnostica differenziale delle cause di insufficienza cerebrale. Diagnosi e trattamento di intossicazioni miste

L'assenza di attività intrinseca, e quindi di effetti farmacologici propri, ha portato ad utilizzare il FMZ nella diagnosi ex adjuvantibus delle cause di insufficienza cerebrale di origine ignota (Locatelli et al, 1988; Weinbroum et al, 1996) e come mezzo diagnostico e terapeutico nelle intossicazioni polifarmacologiche (Hojer et al, 1990; Ahmad et al, 1991; Martens et al, 1990; Farrell e Roberts, 1998; Weinbroum et al, 1996; Barnett et al, 1999; Saviuc e Castot, 2000). La somministrazione di una singola dose di FMZ risulta un test sensibile, anche se poco specifico, nella diagnosi di intossicazione da BDZ (Singh e Richell-Herren 2000).

Tale impiego, tuttavia, può spiazzare le BDZ (esogene o endogene) dai siti recettoriali e, in alcuni casi, annullarne l’effetto protettivo nei confronti di possibili fenomeni eccitatori a carico del SNC causati da condizioni misconosciute. Quadri convulsivi, ad esempio, talora associati ad aritmie cardiache, sono stati descritti dopo somministrazione di FMZ nelle intossicazioni miste da BDZ e antidepressivi triciclici, con esito anche letale (Baud e Brouard, 1992; Geller et al, 1991c; Spivey, 1992; Bodenham, 1989; Burr et al, 1989; Marchant et al, 1989; Howland 1998), oppure in pazienti epilettici in trattamento benzodiazepinico (Spivey, 1992; Haverkos et al, 1994: Chern TL, Kwan A (1996); Gueye et al, 1996).

In altri studi, tuttavia, il FMZ si è rivelato un efficace presidio diagnostico e terapeutico, sia nei casi di insufficienza cerebrale da causa ignota che nei sovradosaggi polifarmacologici (Locatelli et al, 1988; Weinbroum et al, 1996; Hojer et al, 1990; O'Sullivan e Wade, 1987; Weinbroum et al, 1996). Esso si è rivelato in grado di migliorare lo stato di coscienza ed evitare l’intubazione endotracheale senza causare effetti collaterali di rilievo, anche in caso di assunzione di sostanze con azione eccitatoria sul SNC quali gli antidepressivi triciclici e la carbamazepina (Hojer et al, 1990; Weinbroum et al, 1996, Martens et al, 1990; Saviuc e Castot, 2000). L’uso del FMZ nelle intossicazioni pure e miste, inoltre, riduce di circa il 30-40% l’impiego di procedure diagnostico-terapeutiche invasive (lavanda gastrica, intubazione e ventilazione assistita, cateterismo vescicale, TAC encefalo) e/o costose (Hojer et al 1990).

Allo stato attuale delle conoscenze e sulla base delle esperienze cliniche è pertanto da ritenersi impropria e potenzialmente pericolosa la somministrazione di FMZ in pazienti che presentino (i) anamnesi positiva per assunzione di alte dosi di sostanze ad azione potenzialmente convulsivante, (ii) anamnesi positiva per epilessia o episodi convulsivi di altra natura (specie se in trattamento benzodiazepinico), (iii) insufficienza cerebrale con sintomi di eccitazione (possibile espressione di attività anticolinergica).

Nei casi di overdose mista l'impiego del FMZ può costituire un trattamento efficace e sicuro purché la sua somministrazione venga effettuata previa un'attenta ed esperta valutazione del quadro clinico e dei dati circostanziali dell'intossicazione (Weinbroum et al, 1996; Saviuc e Castot, 2000).

 

Sedazione e insufficienza respiratoria da benzodiazepine in anestesia e analgesia

Il FMZ può essere utilizzato per antagonizzare in modo rapido la conscious sedation o l’effetto neurodepressore delle BDZ in anestesia (Whitwam 1995; Williamson et al 1997: Farrell e Roberts, 1998). Questo impiego può essere utile per abbreviare i tempi di recupero nei pazienti sedati con BDZ per interventi chirurgici ambulatoriali o indagini diagnostiche (Grande e Guerra-Narducci, 1991; Lauven e Kulka, 1990; Kirkegaard et al, 1986; Alon et al, 1987; Darragh et al, 1981a; Darragh et al, 1981b; Wolff et al, 1986; Ricou et al, 1986; Jensen et al, 1987; Sage et al, 1987; Rodrigo e Rosenquist, 1987; Raeder et al, 1987; Cooper et al, 1991; Davies et al, 1990; Philip et al, 1990; Restall et al, 1990; Gobeaux e Sardnal, 1990; Carter et al, 1990; Pearson et al, 1990; Birch et al, 1990; Kulka et al, 1990; Farrell e Roberts, 1998; Gross et al 1996; Patat et al 1994; Howland 1998; Oshima et al, 1999; Wille et al, 2000), anche nei bambini con età > di 6 anni (Peters et al, 1999). Il FMZ può risultare utile anche in caso di reazioni paradosse a BDZ (Fulton e Mullen 2000).

In terapia intensiva il FMZ può essere impiegato con efficacia per antagonizzare l’amnesia, la sedazione e la depressione respiratoria indotte da BDZ al fine di consentire una valutazione delle funzioni cognitive dei pazienti (Geller et al, 1988a; Curran e Birch, 1991; Gross et al, 1991; McKay et al, 1990; Amrein e Hetzel, 1991; Grande e Guerra-Narducci, 1991).

Per entrambe queste indicazioni è raccomandata la somministrazione dell'antidoto a piccoli boli (0,2 mg ogni 30-60 secondi fino al risveglio del paziente o fino a una dose massima di 1 mg) (Wanke, 2000). Nella somministrazione per via rettale nei bambini vengono utilizzate dosi di 0,015-0,040 mg/kg, seguite talvolta da una seconda dose di 0,010 mg/kg dopo 15 minuti (Lopez-Herce et al. 1994; Carbajal et al, 1996)

Per l'antagonismo della sedazione postoperatoria sono solitamente sufficienti dosi totali di FMZ comprese tra 0,2 e 1 mg (Wolff et al, 1986; Ricou et al, 1986; Alon et al, 1987; Sage et al,1987; Grande e Guerra-Narducci, 1991). Gli effetti collaterali per somministrazione di dosi fino a 1 mg di FMZ risultano poco frequenti e di scarsa rilevanza clinica (dolore in sede di iniezione, agitazione, ansia), e l'antagonismo della sedazione non è accompagnato da aumento della frequenza cardiaca o da riduzione dell'analgesia. Nella maggior parte dei casi i pazienti così trattati rimangono vigili per un periodo di almeno tre ore, ma nel 3-15% dei pazienti è possibile osservare una risedazione, specialmente quando sono state utilizzate elevate dosi di BDZ (es. > 20 mg midazolam) e quando l'intervento dura più di un'ora (Hennis et al, 1988). In tali casi possono essere necessarie dosi di FMZ più elevate o la ripetizione della somministrazione in bolo (0,2 mg/min. fino a un massimo di 3 mg in un'ora).

La durata dell’effetto ottenuto dipende dalla cinetica e dalla dose di benzodiazepina somministrata, e in alcuni casi una depressione centrale di vario grado può ricomparire 1-4 ore dopo la somministrazione del FMZ (Jensen et al, 1987; Darragh et al, 1981b; Kaukinen et al, 1990; Cooper et al, 1991; Davies et al, 1990; Halim et al, 1990; Whitwam, 1990). In tali casi devono essere somministrate dosi di 1 mg di FMZ ogni 20 minuti (frazionate in boli ripetuti di 0,2 mg/minuto) (Wanke, 2000) fino alla comparsa del completo risveglio del paziente.

Il FMZ viene utilizzato anche per facilitare lo svezzamento di pazienti sottoposti a ventilazione assistita e trattati con BDZ al fine di ottenere un migliore adattamento alla ventilazione meccanica. Per contrastare la depressione del centro del respiro e l'astenia dei muscoli respiratori è stata utilizzata una dose di 1 mg in bolo seguita da un’infusione di 4 mg in 60 minuti (Kleinberger al, 1985).

Recenti studi clinici hanno dimostrato che il risveglio ottenuto con 0,5 mg di FMZ in pazienti sottoposti a ventilazione meccanica e sedati con midazolam non causa reazioni acute da stess, ma solo un limitato incremento del consumo miocardico di ossigeno per aumento dell'attività simpatica per antagonismo della depressione cardiovascolare indotta da midazolam (Kamijo Y et al, 2000). Il FMZ è risultato efficace anche nel contrastare il laringospasmo indotto da somministrazione di midazolam (Davis et al, 1998).

 

Indicazioni cliniche non accertate o sperimentali del flumazenil

Epilessia

L'epilessia, soprattutto se in trattamento cronico con BDZ, e tutte le condizione patologiche "epilettogene" rappresentano una controindicazione all'uso del FMZ nel trattamento e nella diagnosi ex adjuvantibus del sovradosaggio da BDZ per la possibilità di scatenare crisi convulsive in pazienti farmacologicamente protetti da BDZ (Spivey, 1992; Wanke, 2000; Ashton, 1985).

Osservazioni sperimentali su animali, tuttavia, hanno evidenziato un effetto intrinseco anticonvulsivante del FMZ se somministrato ad alte dosi (Albertson et al, 1982; Nutt et al, 1982; Braestrup et al, 1982; Vellucci e Webster, 1983; Vellucci e Webster, 1984; File, 1984).

Anche nell'uomo il FMZ può avere un ruolo nella terapia anticonvulsivante. Una dose di 2,5 mg per via endovenosa o di 50 mg per os è in grado di provocare la scomparsa o la marcata riduzione dell'attività elettroencefalografica di tipo epilettico registrata in pazienti con grande male (Scollo-Lavizzari, 1984). La somministrazione di dosi comprese tra 10 e 90 mg di FMZ per os al giorno, talora in associazione ad altre terapie, si è mostrata efficace nel 70% dei pazienti epilettici non ancora sottoposti ad altri trattamenti e nel 50% dei pazienti già pretrattati con terapie convenzionali (Scollo-Lavizzari, 1988). Altri studi hanno riscontrato un’attività antiepilettica del FMZ alla registrazione elettroencefalografica in pazienti con epilessia refrattaria non responsiva al trattamento convenzionale (Sharief et al, 1993).

La capacità del FMZ di indurre convulsioni può essere sfruttata durante il monitoraggio preoperatorio per la localizzazione delle aree epilettogene in pazienti con forme di epilessia intrattabile con terapia medica (Schulze-Bonhage e Elger 2000).

Sperimentalmente, la contemporanea somministrazione di BDZ e di FMZ ad alte dosi sembra potenziare l'effetto anticonvulsivante delle benzodiazepine, oltre che ridurre la comparsa di tolleranza a queste ultime (Savic et al, 1991; Schmidt, 1994; Reisner Keller e Pham, 1995).

 

Intossicazione etanolica

Sulla base delle evidenze sperimentali di un'azione dell’etanolo sul complesso recettoriale per il GABA (Cott et al, 1976; Ticku e Burch, 1980; June e Lewis, 1994), è stato ipotizzato che il FMZ sia in grado di antagonizzare l'effetto dell'alcool etilico e possa quindi essere utilizzato come antidoto in questa intossicazione acuta. Segnalazioni su piccoli gruppi di pazienti e studi su volontari sani hanno fatto osservare una riduzione della sintomatologia e una transitoria risoluzione delle alterazioni elettroencefalografiche indotte da etanolo dopo somministrazione di dosi di FMZ comprese tra 0,5 e 10 mg (Scollo-Lavizzari e Matthis, 1985; Klotz et al, 1986; O'Sullivan e Wade, 1987).

I risultati degli studi clinici randomizzati e controllati hanno invece confutato tale ipotesi, dimostrando l'inefficacia della somministrazione di FMZ (in dosi comprese tra 0,5 e 13,8 mg per via endovenosa) sia nel migliorare la performance del paziente sia nel modificare il punteggio nel Glasgow Coma Score in caso di intossicazione acuta da etanolo (Fluckiger et al, 1988; Klotz et al, 1986; Clausen et al, 1990; Lheureux e Askenasi, 1991; Howland 2000).

 

Astinenza da etanolo

Il FMZ è stato utilizzato nel trattamento della sindrome da astinenza da etanolo sulla base di un ipotetico coinvolgimento di anomalie dei recettori benzodiazepinici o di un'azione di ligandi endogeni con effetto agonista inverso in tale sindrome. Alcuni sintomi della sindrome da astinenza da etanolo (tremori, sudorazione, nausea, ansia, depressione e irrequietezza), infatti, possono risultare significativamente meno intensi nei pazienti che ricevono flumazenil (0,5 mg ogni 6 ore per 48 ore) rispetto a placebo (Gerra et al, 1991; Nutt et al, 1993).

 

Encefalopatia epatica

L'encefalopatia epatica è una sindrome multifattoriale correlata a una condizione di grave insufficienza epatica; essa può manifestarsi acutamente con una depressione centrale di variabile gravità fino al coma oppure, come spesso avviene nelle epatopatie croniche, con sintomi caratterizzati da bradifrenia, rallentamento dei riflessi e difficoltà nell’apprendimento. Tra i molteplici meccanismi che sottendono al suo instaurarsi, l’ipertono del sistema GABAergico sembra giocare un ruolo fondamentale (Ferenci, 1991); tale conclusione è il frutto di risultati di molteplici studi sperimentali condotti su modelli animali che dimostrano un aumento del numero dei recettori GABAergici (Zeneroli, 1985; Gammal et al, 1990; Baraldi, 1990; Baraldi et al, 1984), un aumento della concentrazione di sostanze endogene con azione benzodiazepino-simile (Skolnick, 1989; Basile et al, 1989; Basile et al, 1991), oppure un'aumentata sensibilità alle benzodiazepine e agli agonisti dei recettori GABA (Jones et al, 1989). In effetti, la somministrazione di un antagonista del recettore per le benzodiazepine ad animali si è rivelato efficace nel produrre un transitorio miglioramento clinico ed elettrofisiologico (Bosman et al, 1991; Steindl et al, 1991). Recenti studi hanno dimostrato anche nell'uomo con encefalopatia epatica cronica stabile di I e II grado (in cirrosi alcool-correlata) una maggiore disponibilità di recettori benzodiazepinici cerebrali (Jalan et al, 2000).

Nell’uomo, il FMZ è stato utilizzato con beneficio nel trattamento dell'encefalopatia epatica, nella quale risulta capace di migliorare, seppure in modo variabile e non costante, lo stato di coscienza e i parametri elettroneurofisiologici del paziente (Bansky et al, 1989; Burke et al, 1988; Cadranel et al, 1995; Ferenci et al, 1989; Gammal e Jones, 1989; Grimm et al, 1988a; Grimm et al, 1988b; Klotz e Walker, 1989; Meier e Gyr, 1988; Sutherland e Minuk, 1988; Scollo-Lavizzari e Steinmann, 1985; Farrell e Roberts, 1998; Hoffman e Warren, 1993; Butterworth RF (2000).

Anche nel trattamento delle forme "croniche", caratterizzate da sola bradifrenia, il FMZ si è rivelato efficace migliorando i tempi di reazione dei pazienti trattati rispetto ai controlli (Gooday et al, 1995).

Sebbene i casi segnalati di inefficacia (Sutherland e Minuk 1988; Marsepoil 1990; van der Rijt et al, 1989) o di irrilevante efficacia (Devictor et al, 1995) siano poco numerosi rispetto a quelli più incoraggianti citati in precedenza, questa indicazione del FMZ non sembra rivestire un grande interesse nella pratica clinica. Ciò dipende in parte dalla fugacità dell'effetto (mediamente meno di un'ora e fino a un massimo di 6 ore) (Scollo-Lavizzari e Steinmann, 1985; Grimm et al, 1988b; Howland 2000), ma, soprattutto, dal fatto che esso modifica solo l'espressione finale dello scompenso di un complesso sistema senza modificarne le cause.

Le dosi di FMZ utilizzate nel trattamento dell'encefalopatia epatica variano da 0,5 a 15 mg con una dose bolo seguita da somministrazione di infusione continua per tre ore (Scollo-Lavizzari e Steinmann, 1985; Grimm et al, 1988a; Grimm et al, 1988b). Poiché l’eliminazione del farmaco dipende essenzialmente dal suo metabolismo epatico, essa risulta fortemente diminuita in presenza di gravi epatopatie (van der Rijt et al, 1991); l'aumento dell’emivita plasmatica richiede pertanto di ridurre adeguatamente le dosi di FMZ in questi pazienti, specie quando viene somministrato per boli ripetuti o per infusione endovenosa continua.

 

Altre intossicazioni da farmaci e sostanze d’abuso

Sporadiche segnalazioni della letteratura scientifica hanno riportato l'efficacia del FMZ in casi aneddotici di intossicazioni da farmaci diversi dalle BDZ, e talora in caso di sovradosaggio da miscele di numerosi farmaci.

Il FMZ si è rivelato efficace in casi di sovradosaggio da carbamazepina (Martens et al, 1990; Zuber et al, 1988; Farrell e Roberts, 1998), ma il meccanismo attraverso cui tale effetto si esplica non appare ancora chiarito. Il FMZ è risultato in grado di antagonizzare la sedazione indotta da altri farmaci non benzodiazepinici, quali il cloralio idrato (Donovan e Fisher 1989), la cui azione sedativa si pensa mediata dai recettori benzodiazepinici.

Tre casi di intossicazione da prometazina sono stati trattati con FMZ (O'Sullivan e Wade, 1987; Plant e MacLeod, 1994); in uno di questi, la somministrazione di 0,5 mg di FMZ ha risolto la depressione centrale indotta dall'errata somministrazione di 200 mg di prometazina (Plant e MacLeod, 1994). L'effetto del FMZ su tale farmaco (derivato fenotiazinico con potente azione sui recettori H1 e dopaminergici) è stato correlato al fatto che la sua azione sedativa sembra, almeno in parte, mediata da un effetto sui recettori benzodiazepinici (Zorumsky e Yang, 1992; Speeg et al, 1981).

Il FMZ, invece, risulta efficace a basse dosi (0,2 mg in bolo seguito da infusione di 0,1 mg/ora) nel trattamento del sovradosaggio da zopiclone, un ipnotico ciclopirrolonico che, benché strutturalmente non correlato alle BDZ, ne possiede effetti farmacologici simili (Ahmad et al, 1991; Goa e Heel, 1986; Farrell e Roberts, 1998). L'effetto di tale farmaco si realizza attraverso un aumento dell'azione GABA dipendente da un'azione a livello del complesso recettoriale GABA-benzodiazepine, ma su un sito differente da quello benzodiazepinico e a quest'ultimo legato allostericamente (Brun, 1988; Griffiths et al, 1986). Lo zopiclone sembra legarsi a tali recettori solo a livello cerebrale corticale, cerebellare e ippocampale; non si legherebbe invece ai recettori periferici (Blanchard et al, 1982; Trifiletti e Snyder, 1984; Blanchard et al, 1983; Shibuya e Sato, 1984).

Il FMZ risulta efficace anche nel contrastare l’effetto neurodepressore del miorilasaante centrale clorzoxazone, farmaco non benzodiazepinico che può interagire con il recettore delle BDZ (Roberge et al, 1998). Similmente, il FMZ antagonizza l’effetto neurodepressore del carisoprodol, farmaco con effetti analgesico e miorilassante centrali, che, come il metabolita attivo meprobamato, potrebbe agire come agonista indiretto del recettore GABA attraverso effetti sulla conduttanza al cloro simili a quelli delle BDZ (Roberge et al, 2000).

In rari casi di interesse pediatrico il FMZ ha antagonizzato la depressione centrale da cannabis (Rubio et al, 1993).

 

Stupor idiopatico ricorrente

Lo "stupor idiopatico ricorrente" è una sindrome caratterizzata da episodi ricorrenti di stupor o coma spontaneo non associato a patologie metaboliche, tossiche o ad anomalie strutturali cerebrali conosciute. Esso sembra invece correlato ad un aumento, da causa non nota, dei livelli di endozepina-4, una benzodiazepina endogena. In questi pazienti, durante gli episodi di stupor o coma, le concentrazioni sieriche e liquorali di endozepina-4 risultano circa 300 volte superiori a quelle di individui normali (Rothstein et al, 1992b; Montagna et al, 1995; Tinuper et al, 1992; Tinuper et al, 1995).

La sindrome è stata descritta in pazienti in buono stato di salute e di età compresa fra 18 e 67 anni. Gli episodi si presentano in modo imprevedibile e possono durare da due ore a cinque giorni; la loro frequenza varia da meno di uno all'anno fino a 2-3 per settimana, e in alcuni casi possono scomparire spontaneamente dopo 1-6 anni di malattia (Rothstein et al, 1992b; Tinuper et al, 1992).

Durante gli episodi non si riscontra mai compromissione delle funzioni vitali: la respirazione è spontanea e regolare, sono presenti ipotonia muscolare e miosi, e i pazienti sono in genere risvegliabili (ma per un periodo breve) con stimolazioni tattili, verbali o dolorose. La somministrazione di 0,4-2 mg di FMZ determina immediato risveglio del paziente accompagnato da comparsa di tracciato di veglia alla registrazione EEGrafica (Rothstein et al, 1992b; Tinuper et al, 1992); l'effetto del FMZ svanisce dopo 20-40 minuti se non vengono effettuate ulteriori somminisrazioni.

 

Apnea notturna, apnea ostruttiva postoperatoria e riflessi delle vie aeree superiori

Le BDZ aumentano il numero e la gravità degli episodi ostruttivi nei pazienti con apnea ostruttiva notturna a causa dell’effetto inibitorio sull’attività del muscolo genioglosso (Leiter et al, 1985). Quando usate in anestesia, esse (es. midazolam) possono essere causa ostruzione delle vie aeree superiori nel post-operatorio per effetto sul tono dei muscoli faringei (Dhonneur et al, 1999; Oshima et al, 1999). Questi effetti possono essere contrastati dal FMZ (Schonhofer e Kohler 1996).

Il FMZ contrasta la depressione indotta da BDZ sui riflessi delle vie aeree superiori (Murphy et al 1994; Negus e Street 1994).

 

 

Controindicazioni, precauzioni, effetti collaterali e interazioni farmacologiche del flumazenil

La somministrazione di flumazenil è controindicata nei pazienti con nota ipersensibilità al farmaco o alle BDZ e nei pazienti in trattamento con BDZ per il controllo delle convulsioni e dell'aumento della pressione intracranica (Wanke, 2000; Chiolero et al, 1988; Mastronardi, 1992).

Tra gli effetti indesiderati da somministrazione di FMZ, il rischio di convulsioni per spiazzamento delle BDZ dai loro siti di legame è sicuramente il più temuto e accomuna situazioni differenti nelle quali il farmaco deve essere utilizzato con cautela: queste comprendono le intossicazioni miste (con sostanze potenzialmente convulsivanti), le lesioni cerebrali (ove sussiste anche il rischio di un’alterazioni del flusso ematico cerebrale), e una positività anamnestica per episodi convulsivi (soprattutto nei pazienti in trattamento cronico con BDZ). La prevalenza di convulsioni dopo somministrazione di FMZ è bassa anche in pazienti che abusano di BDZ o alcool (Spivey et al, 1993), ma può avere esito letale (Spivey, 1992: Haverkos et al, 1994) e accadere nei bambini (McDuffee e Tobias, 1995). Su circa 3500 pazienti trattati nei trials clinici, vengono riportati 37 casi di convulsioni correlate all’uso di FMZ, la maggioranza dei quali in pazienti in trattamento anticonvulsivante (12 casi), con intossicazioni miste da sostanze convulsivanti (20 casi), dipendenza da BDZ (3 casi). I 6 casi letali si sono verificati in pazienti affetti da una sottostante patologia convulsiva o in intossicazioni miste, per dosi di FMZ comprese tra 2 e 10 mg in bolo per via endovenosa (Wanke, 2000).

Le convulsioni, in ogni caso, non rappresentano l’espressione di un’attività intrinseca del flumazenil, ma un rischio legato alla presenza di altri fattori pro-convulsivanti (sostanze assunte o condizioni patologiche preesistenti o concomitanti) (Ng et al, 1994; Spivey, 1992; Farrell e Roberts, 1998). Si tratta pertanto di un’evenienza evitabile attraverso un’adeguata selezione dei pazienti da trattare e l’uso di piccole dosi di FMZ (non superiori a 1 mg) (Spivey et al, 1992); le convulsioni da FMZ rispondono in genere a trattamento con BDZ (Geller et al, 1991c).

Nei pazienti in trattamento cronico con BDZ, nei quali si può instaurare una dipendenza da tali farmaci, il FMZ può precipitare una sindrome da astinenza (tabella 4) (Kulka e Lauven, 1992; Wanke, 2000; Farrell e Roberts, 1998; Mintzer et al, 1999); intensa agitazione è stata osservata anche in un caso di overdose da lorazepam trattato con 1 mg di FMZ e che non presentava una storia di abuso da BDZ (Lopez e Rebollo, 1990). La capacità del FMZ di precipitare sindrome d’astinenza può essere limitata se non si supera la dose di 1 mg poiché questa dose lascia liberi circa il 50% dei recettori benzodiazepinici (Persson et al, 1989). Il trattamento della sindrome da astinenza richiede una sedazione con BDZ o barbiturici (Kulka e Lauven, 1992; Wanke, 2000).

La somministrazione di flumazenil può scatenare un attacco di panico nei pazienti affetti da tale patologia (Wanke, 2000; Nutt et al, 1990; Woods et al, 1991).

Gli effetti collaterali più comunemente osservati nei trials clinici (Wanke, 2000; Zuurmond et al, 1989; Riishede et al, 1988; Breimer et al, 1988; Winckler et al, 1988; Wolff, 1988; Merry et al, 1988; Prischl et al, 1988) sono rappresentati da nausea e vomito (incidenze variabili dal 6% al 16 %); può comparire vasodilatazione cutanea con sudorazione, rossore e vampate calde. A carico del sistema nervoso centrale gli effetti secondari sono rappresentati da vertigini (1,07% dei casi) e, in genere con incidenza inferiore all'1%, amnesia, irritabilità, confusione, depressione, euforia, paura, allucinazioni, astenia, cefalea, sensazione di freddo, brividi, ansia, tremori; agitazione, eccitazione e irrequietezza. Gli effetti collaterali a carico del sistema cardiovascolare sono più rari (incidenza 0,9%) e sono caratterizzati principalmente da aritmie cardiache, bradicardia, tachicardia, ipotensione, ipertensione con dolore toracico (Geller et al, 1991c; Howland, 2000). È stato riportato un caso di aritmia ventricolare in un paziente che ha ricevuto FMZ per un'intossicazione da cloralio idrato (Short et al, 1988). Sono stati inoltre descritti sintomi locali quali dolore all’iniezione (Claeys et al, 1988; Dunton et al, 1988; Breimer et al, 1988). Il singhiozzo è stato riscontrato raramente (Dunton et al, 1988), e non sono invece state riportate alterazioni ematologiche (Wanke, 2000).

 

 

Tabella 4. Sindrome di astinenza da benzodiazepine

SEGNI E SINTOMI PSICHICI

delusione

paranoia

depersonalizzazione

depressione

agorafobia

insonnia

ansia

confusione

disorientamento temporo-spaziale

panico

allucinazioni

delirio

"craving"

anoressia

SEGNI E SINTOMI SOMATICI

cefalea

parestesie

dolori diffusi

scosse miocloniche

tremori

ipertono muscolare

atassia

anomalie visive

tinnitus

nausea, vomito

ipertermia

convulsioni

SEGNI STRUMENTALI (EEG)

anomalie diffuse

aumento della fase REM


Nota 1: farmaci (i) che hanno mostrato un effetto teratogeno o embriocida nell'animale, ma per i quali non esistono studi controllati nelle donne, oppure (ii) per i quali non esistono studi disponibili sia nell'animale che nell'uomo

Nota 2: farmaci che sono stati assunti solo da un limitato numero di donne incinte e donne in età fertile senza che siano stati osservati un aumento della frequenza di malformazioni o altri effetti pericolosi diretti e indiretti sul feto. Studi in animali hanno mostrato evidenza di un aumento di danno fetale il cui significato è considerato incerto nell’uomo.

 

Agli abituali dosaggi terapeutici, il FMZ non causa significative alterazioni dei parametri emodinamici o respiratori in pazienti con cardiopatia ischemica: non sono pertanto necessarie particolari precauzioni o variazioni posologiche in questi pazienti (Croughwell et al, 1990; Geller et al, 1991a; Geller et al, 1991b).

Il FMZ è classificato dalla casa produttrice nella categoria C del FDA Pregnancy Category (Nota 1) (FDA, 1982) e nella categoria B3 della Australian Drug Evaluation Committee (ADEC 1996).

 

Interazioni farmacologiche

La contemporanea somministrazione di BDZ e del FMZ non ne modifica le rispettive cinetiche (Darragh et al, 1982; O'Boyle et al, 1983; Doem e Unger, 1988; Klotz et al, 1985b; Klotz et al, 1985a; Wala e Sloan, 1995). L'etanolo, invece, prolunga la durata dell’effetto del flumazenil ma non ne ritarda l’inizio (Baehrendtz e Hojer, 1988).

Uno studio controllato in doppio cieco verso placebo in campo anestesiologico ha inoltre dimostrato che il FMZ diminuisce la durata dell'effetto del tiopentone (intervallo di tempo tra somministrazione di tiopentone e primo movimento), ma non quella del propofol (Fassoulaki et al, 1993).

 

 

ALTRI ANTAGONISTI DELLE BENZODIAZEPINE

Varie molecole di sintesi, utilizzate principalmente nella ricerca preclinica, mostrano attività antagonista (reversibile o irreversibile) per il recettore benzodiapenico. Fra queste merita particolare interesse il RO 15-4513, una imidazobenzodiazepina strutturalmente analoga al flumazenil che è stata ampiamente utilizzata negli studi di affinità al recettore delle BDZ, al quale si lega in modo reversibile (Sieghart et al, 1987). Il RO 15-4513 ha stimolato l'attenzione dei ricercatori dopo la segnalazione che la molecola era in grado di antagonizzare, sperimentalmente, alcuni effetti neurochimici, comportamentali ed elettrofisiologici dell'etanolo (Suzdak et al, 1986). Tali dati fecero supporre il possibile sviluppo di una molecola con effetto specifico di "antagonista dell'alcool etilico". Numerosi studi in vitro e in vivo hanno valutato i meccanismi attraverso i quali questa molecola, con caratteristiche di agonista parziale inverso (a bassa efficacia) dei recettori benzodiazepinici risulta in grado di antagonizzare gli effetti centrali dell'etanolo (Lister e Nutt, 1987) e il danno gastrico (Naijim e Karim, 1993). Il RO 15-4513 ha mostrato di possedere un'alta affinità per il recettore, e di essere in grado di antagonizzare gli effetti depressori delle BDZ e, in parte, anche di barbiturici ed etanolo (Bonetti et al, 1988). Esso tuttavia non protegge dagli effetti letali dell'etanolo negli animali di laboratorio e quindi non sembra poter essere di beneficio nel caso di intossicazioni con livelli potenzialmente letali di etanolo nell'uomo (Nutt et al, 1988) ed è un proconvulsivante (Lister e Nutt, 1987; Bonetti et al, 1988). Oltre a ciò, non appare etico rendere disponibile un farmaco in grado di antagonizzare gli effetti comportamentali dell'etanolo inducendo una sensazione di sobrietà in soggetti intossicati. Tale effetto, peraltro transitorio, potrebbe infatti consentire di intraprendere attività che richiedano un elevato livello di concentrazione (es. guida di veicoli) e consentire l'ulteriore assunzione di alcool. Inoltre, il Ro 15-4513 non esercita un'attività antagonista nei confronti dei meccanismi che sottendono all'istaurarsi dei molteplici danni organici associati all'abuso cronico di alcool (lesioni neurologiche, epatopatie ecc.).

Il Ro 15-4513 potrebbe avere un ruolo nei trattamenti tendenti a ridurre il consumo cronico di alcool qualora si dimostrasse in grado di bloccare in modo completo le sue proprietà stimolanti; se il blocco non risultasse completo, infatti, il consumo di alcool potrebbe aumentare, come dimostrato per soggetti trattati con basse dosi di antagonisti di altre sostanze di abuso (Goldberg et al, 1971; Yokel e Wise, 1976). Recenti studi sembrano indicare la necessità di un intervento polifarmacologico per meglio di antagonizzare i molteplici effetti tossici dell'alcool (Elmer e George, 1995).

 


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