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ESRA 2002 Italian Chapter - Workshops
2 - INFUSIONE EPIDURALE CONTINUA E PCEA NELL’ANALGESIA PER IL TRAVAGLIO DI PARTO
M.G. Frigo, A. Veneziani*, D. Celleno,**M. Bosco
U.O. Anestesia e Rianimazione Ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina - Roma
*U.O Anestesia e Rianimazione Ospedale Nuovo San Giovanni di Dio – Firenze
**Università Cattolica "Sacro Cuore" Policlinico A. Gemelli Roma
Dr. Andrea Veneziani Via delle Campora 19/19 50124 Firenze tel. 055 2049374 e-mail:
andyven@ciao.cc
Introduzione
Le tecniche di analgesia epidurale in infusione continua (IEC) o controllata dal paziente (PCEA) sono state impiegate anche durante il travaglio di parto. Pur con vantaggi e svantaggi rispetto alle somministrazioni in boli singoli, hanno avuto ed hanno una certa diffusione a seconda delle istituzioni in cui vengono impiegate, indubbiamente superiore rispetto ad altri metodi analgesici per via endovenosa. A questi può essere talora riservato un ruolo in situazioni particolari come la presenza di febbre durante il travaglio o di sepsi neonatale, in cui una somministrazione endovenosa di fentanyl controllata dalla paziente (PCA) può rivelarsi un’alternativa valida e sicura all’analgesia epidurale, tanto per la madre che per il feto 1 .
L’INFUSIONE EPIDURALE CONTINUA
Viene impiegata generalmente dopo la somministrazione di una dose carico. Può avvalersi di pompe elettroniche a dosaggio variabile o di pompe elastomeriche che hanno minore flessibilità terapeutica in quanto erogano dosi orarie fisse. Gli scopi della tecnica sono quelli di garantire un’analgesia priva d’interruzioni dovute alla latenza tra il fabbisogno della donna e la somministrazione d’anestetico, prevenire piuttosto che abolire il dolore, mantenere un tasso costante epidurale di anestetico locale (AL), ridurre gli interventi del personale di assistenza, provocare minor tachifilassi farmacologica. Tuttavia nel corso del travaglio può essere necessario modificare la velocità d’infusione della miscela anestetica o somministrare boli aggiuntivi se l’analgesia, che dipende da diverse variabili come la concentrazione di AL impiegata, l’aggiunta di oppioidi, la velocità d’infusione, la risposta della paziente, la progressione del parto ecc., si rivela insufficiente. Si preferiscono di solito basse concentrazioni di AL con volumi abbastanza elevati che si sono rivelati più efficaci di concentrazioni maggiori in volumi ridotti 2 . La concentrazione minima impiegata è solitamente bassa ( 0.0625% o 0.300% per bupivacaina e levobupivacaina; 0.1% o 0.05% per la ropivacaina) poiché in genere si associa un farmaco oppioide, il fentanyl o il sufentanil . Anche se la qualità dell’analgesia e la soddisfazione materna sono in genere ottime, di solito si ottiene un blocco motorio superiore che impiegando le altre tecniche d’infusione epidurale (specie utilizzando, come avveniva soprattutto in passato, concentrazioni anestetiche maggiori) ed in più la tecnica è poco flessibile nei confronti delle variazioni esistenti tra le pazienti e delle diverse necessità durante le varie fasi del parto 24 .
La PCEA (Patient Controlled Epidural Analgesia)
E’ una tecnica d’infusione peridurale per il travaglio in cui la madre si
autosomministra piccoli boli di una miscela di AL e oppiacei. attraverso il
catetere epidurale precedentemente posizionato.
L’introduzione della tecnica in ambito ostetrico, dopo il primo impiego di
una tecnica PCEA endovenosa già nel 1970 3 ,
avvenne nel 1988 4 , ovviamente sull’entusiasmo della sua applicazione nel trattamento del dolore
post-operatorio e dei vantaggi riconosciuti dall’impiego delle prime pompe specifiche
computerizzate messe a disposizione dall'industria. La potenzialità che la tecnica offre
sui comuni metodi di infusione continua o di somministrazione di boli si basa una serie
di prerogative che comprendono l’autonomia nel determinare l’entità del
sollievo dal dolore, una maggior facilità di titrare il livello sensitivo minimizzando le
dosi, una analgesia di ottima qualità con effetti collaterali minimi, una
soddisfazione materna maggiore e una riduzione dei tempi richiesti all’assistenza. Di fatto
nonostante questa ampia flessibilità, l’entusiasmo e il consenso raccolto in suo favore non
è stato pari a quello suscitato dalla PCA nel trattamento del dolore postoperatorio. E’
difficile trovare prove a sostegno che questa metodologia sia superiore alle altre.
Nonostante la PCEA sia diventata un metodo standard in molti centri il suo ruolo rimane
da essere chiaramente definito anche se in una popolazione di pazienti
ostetriche questa tecnica dovrebbe migliorare almeno su base teorica la soddisfazione
materna 5 .
In genere si preferisce ottenere una valida e soddisfacente analgesia
epidurale prima di istituire il regime con la PCEA. Il catetere epidurale viene
collegato a una pompa contenente una miscela diluita di AL e oppiacei. La somministrazione
del farmaco per mezzo della pompa è controllata dalla madre mediante la
pressione di un pulsante che può essere premuto tante volte quanto lo si desidera anche
se la pompa è impostata ed abilitata a rilasciare il farmaco solo dopo che sia
passata una quantità di tempo prefissato (lock-out interval) che in genere nel caso
specifico dell’analgesia di parto è in genere di 10-25’. Tale intervallo di tempo
assicura al farmaco un tempo d’azione sufficiente per espletare i sui effetti (in
genere 5-10’) proteggendo la madre dal rischio di una somministrazione eccessiva. E’ di
fondamentale importanza, come in tutte le forme di analgesia controllata, che
sia la paziente a premere il pulsante perché solo lei è in grado di conoscere l’entità
del proprio dolore. Se la dose si rivela inadeguata, si possono modificare sia la
quantità della dose che il lock-out interval. Talvolta si usa associare alla tecnica
una infusione basale continua della miscela anestetica, ma questo oltre a comprometterne la
flessibilità, può comportare un aggravio dell’incidenza degli effetti
collaterali 3 .
Ovviamente, con l’evolversi del travaglio andranno valutate l’adeguatezza
del trattamento antidolorifico e l’entità del blocco sensitivo e motorio. Su
tali basi la tecnica è una alternativa sicura per l’analgesia nel travaglio purché le
dosi dei boli siano piccole e a bassa concentrazione, che sia impostato un intervallo
massimo di somministrazione oraria adeguato e che la donna sia valutata regolarmente
dall’anestesista 6 .
CONFRONTO TRA LE TECNICHE D’INFUSIONE EPIDURALE NEL TRAVAGLIO DI PARTO PCEA VS INFUSIONE CONTINUA
Sono diversi gli studi che hanno confrontato la PCEA con l’infusione
continua, nei quali la PCEA ha ottenuto risultati equivalenti in termini di qualità
analgesica e soddisfazione materna talora con una riduzione dell’impiego dell’AL 7,8
variabile dal 25-50% e/o con una minore richiesta di interventi assistenziali supplementari
9 .
La riduzione di dose complessiva del fabbisogno di bupivacaina, comporta in
ogni caso un minor rischio di tossicità farmacologica, ed è correlata con una
diminuzione del motor block 10, 11 . Analogo risultato
si ha impiegando la ropivacaina al 2% in PCEA o in IEC 12 , ma a seconda della
velocità d’infusione sono sempre necessarie dosi top-up supplementari in numero maggiore quanto minore è la velocità
d’infusione 13 .
La maggior parte degli studi che confrontano PECA alla IEC arrivano alla conclusione che con la prima, se non si utilizza una infusione basale, i
fabbisogni siano minori e che talora l’IEC necessiti d’interventi suppletivi con
dosi extra 9,14,15 . Addirittura Gambling afferma che per tali ragioni l'infusione continua non ha
senso e dovrebbe essere abbandonata in favore di una PCEA 16
.
PCEA ED INFUSIONE CONTINUA VS. BOLI INTERMITTENTI
I vantaggi della tecnica PCEA rispetto alla somministrazione tradizionale
epidurale a boli intermittenti sono meno evidenti . Questo confronto non ha confermato
le aspettative secondo cui la PCEA, consentendo un erogazione immediata della soluzione analgesica, potrebbe ridurre la latenza d’effetto tra boli
ripetuti e quindi consentire una analgesia più uniforme.
In uno studio recente che ha confrontato le 3 tecniche d’infusione
(continua, intermittente , PCEA), la qualità dell'analgesia é stata sovrapponibile nei
3 gruppi e così la soddisfazione materna 11, 17 .
Per quanto invece riguarda il consumo orario di bupivacaina, é risultato minore nel gruppo boli rispetto al gruppo IEC e
PCEA, ed anche il numero di boli extra necessari per le pazienti dell'IC era superiore
rispetto a quanto necessitavano le pazienti del gruppo PCEA. Relativamente al motor
block, che può in alcuni casi rivelarsi importante nel permettere o meno la
deambulazione materna si è rivelato anche più pronunciato con la tecnica IEC che con la
tecnica PCEA ed ancora minore con le dosi intermittenti 2,
8 . Anche in uno studio che mette a confronto le tre diverse tecniche d’infusione dopo una iniziale
somministrazione di miscela analgesica intratecale con la tecnica CSE, la continuazione dell’analgesia
peridurale ha trovato un profilo più favorevole nel gruppo che impiegava
boli intermittenti 18 .
Complicanze ed effetti collaterali
L’incidenza è simile con tutte le tecniche d’infusione peridurale, uno
studio riporta tuttavia un maggior blocco unilaterale persistente con la PCEA 8
. Anche l’ipotensione con la PCEA non è di per sé motivo di preoccupazione, generalmente
associata con la loading dose 15 e valgono le comuni
attenzioni di un controllo periodico dei valori pressori 3 .
Non sono riportate differenze con l’uso della PCEA confrontata con metodi alternativi sulla durata del primo e del secondo stadio del travaglio e sulle
modalità del parto sia in gruppi di partorienti di parità mista 19,
20 che nullipare 13 .
QUAL’È LA MISCELA ANESTETICA PIÙ ADATTA?
Gli AL si sono dimostrati efficaci per mantenere un’adeguata analgesia in
qualsiasi tipo di somministrazione epidurale sia da soli, impiegando bupivacaina 0.25%
(che però provoca un blocco motorio superiore) 21 ,
sia impiegando varie combinazioni di AL a concentrazione ridotta (0.125-0.0625%) in associazione a fentanyl o
sufentanil
10, 16 . Con l’uso di tali basse concentrazioni
si riduce il motor block o il senso di pesantezza alle gambe anche dopo diverse ore d’impiego della PCEA in un
gran numero di donne che quindi sono in grado di poter deambulare 10
. Viceversa l’aggiunta di adrenalina alla soluzione aumenta l’intensità del motor
block già dopo 2-3 ore d’infusione e quindi il suo impiego andrebbe evitato 3,
22 . Un altro adiuvante impiegato recentemente nella miscela analgesica per PCEA bupivacaina 0.0625%
e fentanyl 2 mcg/ml è la clonidina che ha fornito rispetto ad un gruppo di
controllo un’analgesia migliore e con una riduzione sia dei dosaggi medi di AL ed
oppiacei, sia del numero di dosi supplementari, anche se con una modesta sedazione ed un
lieve calo pressorio però privi d’importanza clinica 23
.
Gli studi sulla minima concentrazione di anestetico locale efficace (MLAC)
hanno ormai stabilito che per ottenere una valida analgesia nel travaglio gli AL
possono essere impiegati a concentrazioni sensibilmente più basse di quanto avveniva
in passato nelle fasi iniziali, e che le concentrazioni necessarie per ottenere
una adeguata analgesia nelle fasi avanzate sono maggiori 24
. L’aggiunta degli oppiacei permette in genere di contenere e ridurre le concentrazioni di AL. La scelta
varia generalmente tra il fentanyl o il sufentanil: il primo in genere impiegato in
concentrazioni di 1-3 mcg/ml con dosi variabili orarie tra 8-25 mcg , il
secondo in concentrazioni di 0.3-1 mcg/ml con consumi orari variabili tra 1.5 e 20 mcg/h.
Forse il fentanyl, per il quale vi è maggior esperienza in letteratura e che si è
rivelato non provocare fenomeni di accumulo anche dopo infusioni prolungate fino a 15 ore
in associazione a bupivacaina 25 , potrebbe
esser più vantaggioso e sicuro per i minori effetti sul battito fetale e la minor depressione respiratoria, mentre gli
effetti di dosi cumulative di sufentanil non sono stati ancora pienamente valutati 3
.
QUALI SONO LE VARIABILI PIÙ APPROPRIATE PER LA PCEA
Bolus dose, volume e lock-out interval devono essere impostate in modo da permettere un’efficacia analgesica stabile senza latenze d’effetto
eccessive per ciascun bolo richiesto e senza esagerare con il dosaggio massimo orario, in
modo da minimizzare gli effetti motori. Non sono state trovate grandi differenze tra
una serie di varie combinazioni del settaggio di queste variabili 10
; sembrerebbe opportuno minimizzare la dose bolo ma con un volume sufficiente ad una sua ampia
diffusione.
Nella pratica clinica sono spesso impiegati volumi di 3-5 ml di bupivacaina
di 4-6 mg con un lock-out di 10’-15’ ed una dose massima oraria di 15 mg/ h di
bupivacaina e 30 µg/h di fentanyl 3 . In genere, si
somministra all’inizio una dose carico di 10 ml di bupivacaina 0.125% o ropivacaina 0.20 % oppure, se si utilizzano maggiori
diluizioni in volumi più ampi, 20 ml di bupivacaina 0.0625% o di ropivacaina 0.10 cui
si aggiungono fentanyl 50 µg o sufentanil 10 µg. Viene quindi impostata la
pompa in modalità solo PCEA con una soluzione di bupivacaina allo 0.0625% o allo
0.10% o di ropivacaina 0.10 o 0.05% con l’aggiunta di 2 µg/ml di fentanyl,. I boli
a domanda sono in genere di 5 ml e sono fruibili con un lock-out interval di 10 minuti.
Uno studio recente trova invece più favorevole l’impiego di boli di volume maggiore
ma con un intervallo di tempo più lungo di 25 minuti 26 .
Ovviamente se necessario si può integrare una analgesia insufficiente con boli di AL a concentrazione più
bassa a discrezione dell’anestesista e tenendo conto che le necessità durante l’andamento
del parto possono variare 18 . Sulla
scarsa opportunità di una infusione accessoria basale su cui vi sono elementi contrastanti si è già accennato.
SICUREZZA DELLA PCEA
Dopo anni e ampie casistiche di applicazione le ipotetiche perplessità sulla
sicurezza della tecnica sono state ridimensionate e il metodo risulta sicuro 27
.
Ipoteticamente i boli accessori di AL sono più pericolosi, e sarebbe
opportuno fossero minori di 25 mg, dose che anche se somministrata accidentalmente per
via endovenosa non dovrebbe procurare problemi. Analogamente impiegando boli piccoli con una dose massima oraria prefissata < 15 mg di bupivacaina,
anche pur sempre possibili iniezioni intratecali non dovrebbero provocare blocchi
elevati con conseguenze pericolose. Lascia semmai qualche perplessità l’ipotesi di una
possibile iniezione accidentale intratecale sia di fentanyl che di sufentanil per il
quali sono riportati effetti depressivi respiratori materni 28,
29 . L’importanza di una valutazione regolare da parte dell’anestesista, già stigmatizzata, eviterà la
possibile abnorme estensione del blocco 30 .
EFFETTI DELLE VARIE TECNICHE INFUSIVE SULLA DINAMICA DEL PARTO
L’effetto delle tecniche di analgesia sull’outcome del parto è da sempre
argomento dibattuto e controverso nella letteratura anestesiologica ed ostetrica
poiché è influenzato da molte variabili 31 .
I tipi di tecnica analgesica epidurale, boli intermittenti, infusione
continua o PCEA, l’aggiunta del fentanyl o del sufentanil alla miscela analgesica, non hanno
in genere mostrato di influenzare la durata del primo stadio del travaglio. Qualche
studio riporta una durata complessivamente più breve con la PCEA, anche se non sono
riportate separatamente la durata del primo e del secondo stadio del
travaglio 9 .
Nel secondo stadio è fondamentale, nel determinismo delle cause che maggiormente possono influenzare l’outcome del travaglio, ovvero la
dinamica della fase espulsiva e il parto, il tipo e la concentrazione di farmaco impiegata
nella peridurale : le concentrazioni maggiori, di fatto quelle impiegate fino a
qualche anno fa, sono quelle che rallentano maggiormente il travaglio e danno luogo ad una
maggior incidenza di parti strumentali 21, 32 .
Impiegando concentrazioni anestetiche di uso corrente, (bupivacaina 0.0625% più fentanyl 0.0002% (2 µg /ml) ) in
infusione continua mantenuta fino all’espletamento del parto non vi erano differenze
in durata del secondo stadio o incidenza di parti strumentali verso un gruppo di
controllo in cui la precedente infusione era stata sostituita con soluzione fisiologica 33
, a differenza di quanto lo stesso autore aveva riscontrato in uno studio precedente impiegando
bupivacaina 0.125% 34 .
Circa l’impiego di tecniche di infusione peridurale continua o mediante
boli, gli studi danno risultati contrastanti. In genere viene impiegata per l’infusione
continua una concentrazione minore se non dimezzata di AL rispetto a quell’usata per
i boli intermittenti. Alcuni autori non hanno riscontrato differenze nella durata
del secondo stadio, motor block, tipo di parto o qualità dell’analgesia 35
, altri hanno rilevato solo una qualità di analgesia migliore nel gruppo infusione continua 36
, altri nessuna differenza in qualità dell’analgesia, durata e tipo di parto, ma solo un
motor block più pronunciato nel gruppo infusione continua. 37 .
I diversi studi che hanno confrontato l’infusione epidurale continua e la PCEA non hanno rilevato differenze di
durata o outcome del travaglio 6, 19, 22 , solo lo
studio di Viscomi riporta una durata più breve nel gruppo PCEA 9 . E’ stata inoltre
dimostrata l’importanza dell’aggiunta degli oppiacei nel poter ridurre la concentrazione degli AL conservandone l’efficacia.
Molti autori non hanno riscontrato con l’aggiunta di vari oppiacei nessun effetto
sulla durata del secondo stadio o sulle modalità del parto 35,
38 , 39 , mentre altri due studi randomizzati in doppio cieco hanno dimostrato che l’aggiunta del sufentanil
ai boli epidurali intermittenti non influenzava la durata del secondo stadio o il
numero di tagli cesarei e riduceva l’incidenza di parti strumentali e del motor block 40,
41 .
IL PARERE DELLA EVIDENCE BASED MEDICINE
Un recente articolo dell’American Society of Anesthesiologists Task Force on Obstetrical Anesthesia sulle linee guida nella pratica della anestesia ostetrica, ricavate da una sintesi dell’opinione di esperti, da commenti di forum d’opinione, e da dati di praticabilità clinica, costituisce una metanalisi della letteratura medica riguardante le tecniche di infusione peridurale. La Letteratura indica che un’analgesia efficace possa essere mantenuta mediante un’infusione peridurale con basse concentrazioni di AL che possono divenire ancora più piccole, minori dello 0.125%, quando venga aggiunto un oppioide.Non vi sono differenze per quello che riguarda l'incidenza di parti strumentali. La Letteratura non fornisce dati sicuri riguardo alla relazione tra differenti regimi infusivi e l'incidenza di nausea o riguardo all'outcome neonatale, suggerisce solo che l'infusione di AL associata ad oppiacei provochi una maggiore incidenza di prurito 42 .
QUALI SONO LE INDICAZIONI DELLA PCEA
Eisenach conclude in un suo editoriale, che la PCEA rimane per lo più un’entità
utile per la ricerca perché non è stato dimostrata la sua superiorità nei
confronti di una analgesia epidurale titrata con cura dall’anestesista 6
. Tuttavia la tecnica con il passare degli anni ha guadagnato indubbiamente popolarità e direi fiducia
sia tra il personale che l’ha impiegata sia tra le donne che l’hanno potuta
sperimentare, anche se un suo uso routinario non risulta particolarmente diffuso 43
. Il presupposto base è che a tutto lo staff medico e paramedico impegnato siano chiari i
principi e la pratica della tecnica, il funzionamento della pompa ed i modi appropriati per
supplementarne le carenze, nonché le opportune misure di monitoraggio.
Andrà scelta la pompa più opportuna, evitando possibilmente quelle più
ingombranti che incrementano la sensazione di medicalizzazione nella donna o quelle che vanno
continuamente in allarme per piccoli problemi e che infastidiscono la
partoriente. Le pompe elettroniche dell’ultima generazione di dimensioni più compatte sono
anche quelle che favoriscono la deambulazione, anche se va tenuto conto che il loro
costo non è indifferente ed è stato uno degli elementi che ne ha rallentato una
diffusione più ampia.
E’ necessario che l’uso di una pompa d’infusione venga discusso tempestivamente nei momenti più opportuni, precedenti al travaglio o
immediatamente al suo inizio: è poco appropriato proporre tale tecnica nelle
fasi avanzate di un parto ben avviato specie di una multipara o a donne talvolta
poco in grado di comprenderne l’uso. Ci sono donne inadatte ad assumersi la
responsabilità di una somministrazione epidurale di analgesico ed altre che prive tale
motivazione e che poi son quelle che ricorrono all’analgesia di parto come ultima risorsa
quando sono ormai provate da un lungo ed estenuante travaglio. Coloro che temono
particolarmente il dolore del travaglio e che desiderano la garanzia di un’analgesia
eccellente, probabilmente sono le meno indicate per una tecnica d’autosomministrazione 44 .
Probabilmente le donne che comprendono meglio il concetto su cui si basa la tecnica della PCEA o le pluripare che hanno
sperimentato in precedenza tecniche peridurali magari con concentrazioni di AL che
procuravano un più denso motor block sono anche coloro che l’accettano meglio ed hanno
i risultati e la soddisfazione migliori 3 .
BIBLIOGRAFIA
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Informazioni sulla rivista
ESIA-Italia
EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia
costituisce la parte Italiana della versione Americana, pubblicata su Internet
da Keith J Ruskin, Professore di Anestesia alla Università di Yale. I lavori
saranno accettati sia in lingua Italiana che Inglese. In quelli di lingua
Italiana un corposo riassunto in Inglese verrà preparato dalla redazione,
qualora l'autore non fosse in grado di fornirlo. A cura della redazione sarà
inoltre la traduzione in Italiano dei manoscritti inviati in lingua Inglese. La
rivista sarà inviata gratuitamente a tutti quelli che ne faranno richiesta,
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La rivista pubblica rewiews e lavori originali
compiuti nei campi dell'anestesia e della medicina critica. I lavori originali
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Le reviews includono argomenti per l'Educazione Medica Continua (EMC), articoli
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EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and
CRITICAL CARE MEDICINE Sezione Italiana
Il numero della rivista è anche ottenibile
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LA REDAZIONE DI ESIA ITALIA
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Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla
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