ISSN 1080-3521
EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY
and
CRITICAL CARE MEDICINE - Italia -
Il giornale Italiano online di anestesia Vol 9 No 03 Marzo 2004
Vincenzo Lanza, MDServizio di Anestesia e RianimazioneOspedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, ItalyE-mail: lanza@mbox.unipa.it |
Keith J Ruskin, MDDepartment of Anesthesiology Yale University School of Medicine333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USAE-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu |
Copyright (C) 1997 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine |
La redazione di Esia-Italia dedica
alcuni suoi numeri alla pubblicazione dei lavori che hanno costituito parte del
materiale didattico del Corso "Problemi Cardiologici in Anestesia e Terapia
Intensiva" tenutosi nel Marzo 2003 presso il CEFPAS (Centro per la Formazione
Permanente e l'Aggiornamento del Personale del Servizio Sanitario) sito in
Caltanissetta (Sicilia). Questo è uno dei corsi organizzati in collaborazione
con la FEEA (Fondazione Europea di Insegnamento in Anestesiologia) e rappresenta
uno dei diversi momenti formativi di un vasto percorso didattico che spazia
ampiamente tra le diverse aree di interesse nel campo dell'Anestesia e della
Terapia Intensiva.
In futuro Esia-Italia ospiterà altri iter formativi monotematici nella certezza
di incontrare la continua necessità di studio dei suoi Lettori che potranno così
soddisfare in modo sempre gratuito e immediato le proprie esigenze di formazione
anche non spostandosi dal proprio posto di lavoro.
dal Corso "PROBLEMI CARDIOLOGICI IN
ANESTESIA E TERAPIA INTENSIVA" - CORSO FEEA 2 - marzo 2003 CEFPAS
1 L'USO DELLA DOBUTAMINA IN PERIODO PERIOPERATORIO PER LA PREVENZIONE DELL'IPOPERFUSIONE D'ORGANO IN CHIRURGIA NON CARDIACA. MODALITA' DI SOMMINISTRAZIONE E MONITORAGGIO
2 ANESTESIA IN CARDIOCHIRURGIA DELL'ADULTO
3 LA DEFAILLANCE CARDIACA IN CARDIOCHIRURGIA
4
IPERTENSIONE ARTERIOSA DOPO CHIRURGIA CARDIACA
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L'USO DELLA DOBUTAMINA IN PERIODO PERIOPERATORIO PER LA
PREVENZIONE DELL'IPOPERFUSIONE D'ORGANO IN CHIRURGIA NON
CARDIACA. MODALITA' DI SOMMINISTRAZIONE E MONITORAGGIO
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Vincenzo Lanza
Estratto da Minerva Anestesiologica 1994
INTRODUZIONE
Lo stress anestesiologico trova nell'aumento della gittata cardiaca, il
meccanismo compensatorio più importante per fronteggiare una riduzione della perfusione d'organo.
Le tecniche anestesiologiche ,attualmente impiegate, hanno complessivamente un
effetto inotropo negativo, che in soggetti critici o comunque sottoposti ad interventi di lunga durata,
possono , sommandonsi all'aggressione chirurgica , impedire una risposta cardiaca
sufficiente a mantenere una buona perfusione d'organo. Nonostante l'uso di inotropi
venga comunemente attuato in terapia intensiva al fine di mantenere una corretta perfusione
in pazienti con patologie non cardiache, una simile azione di sostegno non trova riscontro
in anestesia tranne che in interventi di cardiochirurgia. Tuttavia il comune riscontro in corso di anestesia di pazienti critici della comparsa di
segni di ipoperfusione (oliguria, ipotensione,ipossiemia etc.) dovrebbe portare l'anestesista
ad usare come in rianimazione farmaci ad azione inotropica prima che i segni di
ipoperfusione d'organo compaiono. Scopo di questo lavoro è stato quello di valutare:
1) se l'uso di un inotropo di consolidata efficacia quale la dobutamina possa essere
impiegato in anestesia non cardiaca
2)se il monitoraggio paziente, usato routinariamente in sala operatoria, sia in grado di
rilevare variazioni significative dei parametri durante l'uso del farmaco, permettendone così
una somministrazione pilotabile.
Materiali e metodi
Sono stati selezionati per lo studio 186 pazienti in lista per essere sottoposti ad interventi
di chirurgia addominale ,ortopedica o ginecologica .I criteri di ammissione allo studio sono
stati stabiliti in relazione alle condizioni preoperatorie ed all'aggressività dell'intervento cui i
pazienti dovevano essere sottoposti.
Sono stati cosi inclusi nello studio :
Gruppo 1.
Pazienti con patologie la cui gravità permetteva di classificarli come appartenenti al
primo od al secondo gruppo della classificazione di gravità della società Americana
d'anestesia (ASA) in lista per interventi di alta chirurgia
Gruppo 2.
Pazienti appartenenti al terzo e quarto gruppo (ASA) in lista per interventi di durata
superiore ai 60 min.
La distribuzione per fasce d'età e tipo d'anestesia è esposta in tab.I.
Tabella I: - Distribuzione dei pazienti per fasce d'età e tipo d'anestesia praticata |
|
I pazienti del Gruppo 1 venivano premedicati con meperidina
0.7mg/kg,deidrobenzoperidolo 0,035mg/kg, diazepam 0.07 mg/kg,quelli del gruppo 2 con Fentanest
0.7mg/kg, deidrobenzoperidolo 0,035mg/kg, diazepam 0.07 mg/kg. I pazienti posizionati in
sala operatoria venivano monitorizzati secondo lo schema esposto in figura
1
Prima dell'induzione dell'anestesia generale o della esecuzione dell'anestesia rachidea
i pazienti del gruppo 1 e 2 sono stati suddivisi in due sottogruppi:
TRATTATI (T)
Un' infusione di dobutamina veniva iniziata alla velocità di
3mg/Kg/min in una vena periferica utilizzata solo per quest'infusione. L'infusione veniva continuata per tutta la durata
dell'intervento seguendo l'algoritmo esposto in fig.2
CONTROLLI (C)
I pazienti di questo sottogruppo non ricevevano alcun farmaco ad azione inotropica
durante l'esecuzione dell'intervento chirurgico.
Sia i pazienti del Gruppo 1, 2 trattati (Gruppo 1T,2T) che i pazienti controllo (Gruppo 1C,2C)
sono stati sottoposti ad anestesia utilizzando i seguenti protocolli:
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Figura 1 - Protocollo di monitoraggio dei pazienti |
Anestesia generale
Induzione con Propofol 2mg/Kg e succinilcolina 1,5mg/Kg.Il mantenimento veniva
ottenuto con un infusione di Propofol alla velocità di 11mg/Kg/ora.La miorisoluzione veniva
realizzata con vecuronio bromuro, la ventilazione era controllata con un volume min. di 100ml/kg ad
una frequenza di 14 atti/min ed una
FIO2 di 0.4 ed FIN2O di O.6.
Anestesia Rachidea
Dopo un `infusione di Gelatina (Hemagel r) di 14 ml/Kg le anestesie subaracnoidee
venivano effettuate con bupivacaina iperbarica alla dose di 15-20 mg ,mentre le anestesie
epidurali erano ottenute con l'uso di bupivacaina 0.5% alla dose di 1,5 ml per metamero da
coprire.Le anestesie venivano praticate con i pazienti in posizione laterale.
La valutazione del trattamento è stata realizzata analizzando in continuo le variazioni
dei parametri monitorizzati.Quest'ultimi vengono acquisiti automaticamente dal
sistema informatico adoperato routinariamente nel nostro servizio d'anestesia,che è costituito da
una rete locale di personal computer presenti in ogni sala operatoria.Ogni computer è
collegato ,attraverso una comunicazione seriale, al sistema di monitoraggio paziente,
permettendo così oltre alla scrittura da parte
dell'anestesista delle procedure effettuate, l'acquisizione
"real time " dei parametri
monitorizzati.Quest'ultimi vengono memorizzati nella cartella
informatica del paziente sotto forma di trend con una
risoluzione di 1 min.(1). I trend dei pazienti
selezionati , sono stati analizzati calcolando il
numero di volte per ora ,in cui il parametro è
risultato inferiore o superiore al valore che esso
presentava 10 min. dopo la premedicazione del paziente. Sono stati presi in esame la
pressione arteriosa omerale media (PAM), la
frequenza cardiaca (FC), la saturazione arteriosa
periferica (SpO2 ) misurata con pulsossimetro e
la
frazione di fine espirazione di CO2 misurata con capnografo
(FECO2 ).La PAM è stata rilevata in alcuni pazienti con metodica invansiva ,in altri con metodica non invasiva. In quest'ultimi
è stato utilizzato un metodo oscillometrico automatico con misurazioni ad intervalli di 10
min. Per confrontare omogeneamente le pressioni rilevate con metodica non invasiva e
quelle invasive anche di quest'ultime sono stati considerati i valori ad intervalli di 10 min. I limiti
della variazione affinché essa venisse considerata positiva o negativa sono mostrati in tabella II. I
dati ricavati sono presentati come media del numero di variazioni +-SEM e la loro
significatività è stata analizzata con il test X quadro. E' stato posto a p<0,01 il livello minimo di significatività.
TABELLA II |
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Figura 2: - Algoritmo di somministrazione della dobutamina durante l'anestesia |
Risultati
Gruppo 1
Variazioni della PAM e della FC. (Tab.IIIa)
In ogni fascia di età considerata si è osservata una PAM complessivamente superiore
nei trattati rispetto ai controlli. La frequenza di volte in cui è stata registrato un aumento della
PAM è significativamente superiore alla frequenza della sue diminuzioni nel gruppo trattati
,mentre questo rapporto s'inverte in maniera statisticamente significativa nei gruppi controllo
(tab.V). Non significative sono risultate solamente le variazioni alla
2a e 3a ora nel gruppo 51-60
anni ed alla seconda ora nel gruppo >70 anni. La FC ha mostrato un
comportamento sovrapponibile a quello della PAM con una frequenza di aumenti significativamente
superiore nei trattati rispetto ai controlli che hanno mostrato complessivamente una riduzione della
FC nei tempi considerati. Un' eccezione a questa tendenza è mostrata dal gruppo 41-50 anni
in cui i trattati hanno evidenziato una frequenza di incrementi della FC significativamente
minore dei controlli alla 1a ed alla
3a ora.
Variazioni della SpO2 e della
FECO2. (Tab.IIIb)
La SpO2 ha presentato in entrambi i gruppi valori superiori al 95% a tutti i tempi considerati.
Tabella IIIa : Gruppo 1 |
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Tabella IIIb: Gruppo 1 |
|
La CO2 espirata ha invece evidenziato delle notevoli differenze tra i due gruppi. Nel
gruppo trattati si è registrata una
CO2 superiore al 4% con frequenza notevolmente superiore
al gruppo controllo , che in tutte le fasce di età esaminate ha mantenuto un
CO2 intraoperatoria complessivamente inferiore al 4%.Le differenze sono statisticamente significative. (Tab.V).
Gruppo 2
Variazioni della PAM e della FC. (Tab.IVa)
Il gruppo 2 ha mostrato un comportamento sovrapponibile al gruppo 1. I valori di PAM sono risultati superiori nei trattati rispetto ai controlli .Tale differenza è omogenea non risentendo dell'età dei pazienti. Le variazioni sono statisticamente significative tranne alla prima ed alla terza ora nel gruppo 41-50 anni ed alla 2 ora nel gruppo 51-60 anni. La FC ha mostrato un andamento parallelo alla PAM, evidenziando nei trattati aumenti significativi a tutti i tempi considerati, tranne che alla seconda ora nel gruppo 51-60 anni.
Variazioni della SpO2 e della FECO2 . (Tab.IVb)
La SpO2 ha mostrato valori significativamente più elevati nei trattati del gruppo 61-70 anni
a tutti i tempi considerati e nel gruppo >70 alla seconda e terza ora. Negli altri gruppi la
SpO2 è risultata sempre superiore al 95% sia nei trattati che nei controlli.
La FECO2 è risultata superiore al 4% in tutti i pazienti trattati un numero di volte
significativamente più elevato,rispetto ai controlli. La significatività per fasce d'età è mostrata in Tab.V.
I risultati sono stati anche esaminati cumulando i dati di tutti i trattati versus i controlli
,a prescindere dalle fasce di età. I risultati complessivi esposti in tabella
VI mostrano che nei
trattati si è evidenziato una PAM ed una FC più elevata a tutti i tempi considerati. Tale differenza
è risultata molto significativa tranne che per la terza ora del gruppo 1.Anche quest'ultima
tuttavia diviene molto significativa considerando cumulativamente il gruppo1 ed il gruppo2.La
SpO2 non differisce significativamente tra i trattati ed i controlli del gruppo 1,presenta un
valore statisticamente più elevato alla terza ora nei trattati del gruppo 2 rispetto ai controlli ed
infine confrontando nell'insieme trattati e controlli si presenta più elevata nei trattati alla prima ed
alla terza ora. La FECO2 risulta sempre più elevata nei trattati che nei controlli.
Tabella IVa Gruppo 2 |
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Tabella IVb Gruppo 2 |
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Tabella V - Significatività per fasce d'età dei valori di pressione arteriosa media, frequenza cardiaca, saturazione arteriosa periferica di ossigeno e frazione di fine espirazione di CO2 alla 1a,2a, e 3a ora d'intervento. |
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TABELLA VI - Significatività cumulativa trattati versus controlli |
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Discussione
L'ipoperfusione d'organo durante anestesia è stata segnalata da più autori(2,3,4). E' infatti evenienza frequente il riscontro di ipotensione ed oliguria in pazienti critici sottoposti a chirurgia non cardiaca o di pazienti in buone condizioni generali preoperatorie, che in corso di interventi aggressivi presentano segni clinici di ridotta perfusione periferica. Gli stessi eventi riscontrati in unità di terapia intensiva hanno portato diversi rianimatori all'uso di farmaci inotropici, anche in assenza di segni clinici di scompenso cardiaco, con il presupposto che la gittata cardiaca fosse inadeguata per un ottimale perfusione periferica. Tale comportamento nasce dall'evidenza, che l'organismo di fronte ad un'aumentata richiesta di O2 utilizza un aumento dell'apporto di sangue ai tessuti, piuttosto che un incremento di cessione dell'O2 come meccanismo di compenso. Va infatti notato che il sangue venoso misto contiene ancora il 70% di O2 contro il 98% presente nel versante arterioso. Dunque in condizioni normali solo il 18% dell'O2 viene ceduto dal sangue. Rapportato ad una gittata di 5l/min la quantità di O2 trasportata al minuto può essere così quantizzata :
DO2 = GCxHb (g/l) x 1.34 x SaO2 %
DO2 = 5x140 x 1.34 x 98% = 930 ml
(nella formula non viene considerata la quota disciolta di O2 ,insignificante in normobarismo)
Questo assicura all'organismo un consumo di O2 di circa 270ml/min ed una SO2 del sangue venoso del 70%.Un aumento del consumo viene coperto da un aumento della GC e solo in fase avanzata da una maggiore cessione di O2 e quindi da una riduzione della SO2 venosa. A questo stadio meccanismi come l'acidosi riescono spostando a destra la curva di dissociazione ad incrementare la cessione di O2.Quest'ultima fase di scompenso non viene raggiunta se la performance cardiaca è in grado con l'aumento della GC a sopperire l'aumentato fabbisogno di O2. Tuttavia oltre ad una deficienza della sistole cardiaca va tenuta in considerazione una possibile deficienza diastolica. Quest'ultima può essere considerata come l'incapacità per il cuore di rifornirsi adeguatamente di O2 durante la diastole. L'incremento della GC aumentando il consumo di O2 cardiaco richiede che durante la fase diastolica il cuore riceva una quantità superiore di O2.L'inotropo da utilizzare deve aumentare la contrazione cardiaca ma permettere un adeguato rilasciamento diastolico affinché il flusso coronarico risulti adeguato. La dobutamina tra i farmaci inotropici presenta questa proprietà favorevole consentendone quindi l'uso per lunghi periodi.L'uso della dobutamina in fase precoce per incrementare la GC è ormai riconosciuto di sicura utilità per scongiurare la fase di scompenso succitata. In anestesia la somministrazione dell'inotropo viene di solito praticata solo in fase di scompenso mentre un uso "profilattico" analogo a quello attuato in terapia intensiva viene ritenuto di difficile monitoraggio. Soprattutto mancano dati che dimostrino che la dobutamina influenzi in modo prevedibile e quantizzabile i parametri vitali comunemente monitorati in chirurgia non cardiaca. I nostri risultati mostrano come l'uso della dobutamina in anestesia sia sicuro e pilotabile con dei parametri non invasivi. Gli effetti riscontrati nei pazienti trattati evidenziano che la dobutamina può essere controllata attraverso la FC la PAM e soprattutto la capnografia. La somministrazione a dosaggi da 3 a 5mg/kg/min. comportano un aumento significativo della PAM e della FC. I valori di quest'ultima sono comunque contenuti entro le 90-100 b/m ed una aumento superiore a questi valori deve far considerare una riimpostazione della velocità di somministrazione (fig.1).Non sono stati notati episodi di aritmia o di tachicardia che hanno obbligato alla sospensione della somministrazione del farmaco. La FECO2 si è dimostrata un parametro specifico e sensibile dimostrando come in anestesia le sue variazioni siano connesse con quelle della gittata cardiaca(5). Tutti i trattati hanno mostrato delle CO2 superiori al 4% ed di facile riscontro osservare come l'infusione di dobutamina sia immediatamente seguita da un aumento della CO2 ,prima ancora che venga influenzata la PAM. Il controllo capnografico quindi permette degli aggiustamenti della posologia della dobutamina potendosi stabilire per esempio una posologia che faccia aumentare la FECO2 di due tre punti percentuale o comunque che permetta in un paziente critico di raggiungere FECO2 del 4% come indice di buona perfusione periferica. Quest'ultima è inoltre avvantaggiata dalla peculiare azione beta-agonista del dobutamina che non producendo una vasocostrizione periferica non maschera la necessità di somministrare liquidi ad un paziente ipovolemico anzi nei pazienti trattati sono state spesso necessarie infusioni più consistenti che nei trattati. In ultimo va segnalato come complessivamente sia stato possibile effettuare anestesia più profonde nei trattati rispetto ai controlli. Infatti la somministrazione di farmaci anestetici nei trattati non è seguita da cadute della PAM ed della FECO2 significative come accade nei controlli.
Conclusioni
L'uso della dobutamina in corso di chirurgia non cardiaca è pilotabile con il monitoraggio paziente correntemente usato in sala operatoria .In particolare la CO2 espirata è un parametro sensibile per valutare l'efficacia della somministrazione intraoperatoria dell'inotropo. E' possibile somministrare quest'ultimo già in fase di premedicazione del paziente e modularne l'infusione durante l'atto chirurgico. Questa esperienza dimostra, quindi ,come sia possibile utilizzare anche in anestesia , analogamente a quanto viene fatto in terapia intensiva, la somministrazione di dobutamina per prevenire ipoperfusione periferica .L'infusione di questo inotropo nel periodo perioperatorio risulta semplice e sicura.
BIBLIOGRAFIA
1)Lanza V. Full information of the anaesthesiological activity. Int. J. Clin.Monit.Comput. 1994 ;11:131-133
2)Shoemaker WC.,Appel PL.,Kram HB.,Waxman K.,Lee TS.Prospective trial of supranormal values of survivors as therapeutic goals in high-risk surgical patients. Chest.1988;94:1176-1186
3)Fry DE.Multiple system organ failure.Mosby Year Book St.Louis USA,1992
4)Boyd O.,Grounds RM.,Bennett ED.Perioperative mortality is reduced by cardiovascular optimization.In Vincent J.L.,editor YearBook of intensive care and emergency medicine. Berlino:Springer-Verlag,1994:325-336
5)Smalhout B.,Kalenda Z.The capnogram as a guide to the circulation In :An atlas of capnography.Utrecht:Kerckebosch-Zeist The Netherlands,1975:Vol.1,20-28
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ANESTESIA IN CARDIOCHIRURGIA DELL'ADULTO
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A. Locatelli, M. Maurelli
Introduzione
L'anestesia in cardiochirurgia presenta delle peculiarità e delle problematiche
specifiche legate essenzialmente a due ordini di problemi:
1) la necessità di privilegiare sempre e comunque l'equilibrio
emodinamico, talvolta
estremamente precario, del paziente;
2) il ricorso nella quasi totalità dei casi ad una
circolazione extra-corporea (CEC).
All'Anestesista è pertanto richiesto di conoscere
approfonditamente:
Verranno brevemente descritte alcune di queste problematiche fisiopatologiche, con particolare riferimento ai quadri dell'adulto che deve subire un intervento in CEC. Verranno tralasciate quindi tutte le nozioni di carattere generale non di stretto interesse per quanto concerne l'anestesia nel paziente cardiopatico.
VALUTAZIONE PRE-OPERATORIA GLOBALE
La valutazione pre-operatoria del paziente candidato all'intervento cardiochirurgico deve considerare:
1. l'analisi dei dati cardio-circolatori (anamnestica, clinica, funzionale NYHA, elettrocardiografica, emodinamica, ecografica, ergometrica, radioisotopica): questa analisi consente all'anestesista di conoscere il tipo ed il grado di compromissione funzionale della cardiopatia. |
2. l'analisi degli altri distretti anatomo-funzionali:
|
3. una valutazione chimico-clinica di minima che preveda almeno: esame emocromocitometrico, PT, PTT, piastrine, fibrinogeno, AT III, ionogramma, azotemia, glicemia, creatininemia, enzimi, proteine totali ed elettroforesi, esame urine. Esami supplementari vanno richiesti sulla base dei risultati forniti dall'esame anamnestico-clinico. |
4. la terapia farmacologica in corso, con particolare attenzione ai farmaci in grado di interferire: con la coagulazione (trattamento con antivitamine-K o con antiaggreganti anche, ad es., in caso di autosomministrazione di salicilati), con lo svolgimento dell'anestesia (beta-bloccanti, calcio-inibitori, digitalici). |
5. la presenza di pace-maker a permanenza |
6. l'anamnesi trasfusionale |
7. la valutazione del circolo collaterale dell'arcata palmare (test di Allen) in previsione del cateterismo dell'arteria radiale |
1.2 Valutazione della funzione cardiaca
E' di fondamentale importanza in tutti i pazienti cardiopatici e comprende:
Ecg: pregressa necrosi, segni di ischemia, blocchi di conduzione, segni di ipertrofia e sovraccarico, turbe del ritmo, segni di preeccitazione ventricolare | Ergometria: soglia e sede delle alterazioni ischemiche, comparsa di aritmie, tempo di recupero, ischemia silente | Ecocardiografia e Doppler: struttura e funzione degli apparati valvolari, dimensioni delle cavità e spessori parietali, alterazioni diffuse o segmentarie della cinetica parietale, stima dei gradienti transvalvolari e delle pressioni |
Cateterismo cardiaco dx e sn: portata cardiaca, pressioni, gradienti transvalvolari, parametri derivati di funzione ventricolare, alterazioni della cinetica e delle dimensioni delle cavità (fig. 1). | Coronarografia: sede ed entità delle lesioni ostruttive e condizioni dell'albero arterioso (fig. 2). |
2. EFFETTI EMODINAMICI DEI PRINCIPALI FARMACI IMPIEGATI
Gli effetti cardiovascolari dei farmaci anestetici di più largo impiego possono essere così schematizzati:
Oppioidi: fentanil
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Benzodiazepine: diazepam, flunitrazepam
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Barbiturici: tiopentone
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Ketamina
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Propofol
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PROTOSSIDO D'AZOTO (N2O)
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Alogenati: (Alotano: A, Isoflurano: I, Enflurano: E)
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Miorilassanti Succinilcolina:
Pancuronio: Vecuronio: Atracurium:
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Figura 1 - Anomalie di cinesi segmentarie delle pareti ventricolari regulation beta recettoriale) | Figura 2 - Rappresentazione schematica dell'anatomia coronarica relativa ai piani interventricolari ed atrioventricolari. RAO = obliqua anteriore dx; LAO = obliqua anteriore sinistra. |
3. FISIOPATOLOGIA DELLE CARDIOPATIE
Le cardiopatie dell'adulto di interesse chirurgico comprendono: la cardiopatia ischemica, valvolare (congenita o acquisita), congenita (DIA, DIV), ipertrofica, dilatativa, aritmica.
3.1 Cardiopatia ischemica
L'ischemia é condizionata da uno squilibrio tra il fabbisogno e l'apporto di ossigeno al miocardio: in ogni momento va pertanto ottimizzata la bilancia dell'O2 miocardico (fig.3). Il fabbisogno di O2 miocardico (MVO2) é determinato da:
L'apporto di O2 al miocardio é determinato da:
Nel periodo perioperatorio la bilancia
dell'O2 può squilibrarsi per:
a) aumento del fabbisogno: in genere da aumentato tono simpatico
b) riduzione dell'apporto arterioso:
* ipotensione sistemica (induzione, sovradosaggio di anestetici, ipovolemia, eccesso di vasodilatatori e di riduzione delle resistenze periferiche)
* aumento della tensione parietale (bradicardia eccessiva, eccessivo riempimento,
inadeguato scarico ventricolare durante CEC, brusco incremento del post-carico da
somministrazione di vasopressori, narcosi superficiale).
Figura 3 - Fattori determinanti l'apporto e la domanda di O2 miocardico |
|
3.2 Valvulopatie
3.2.1 Valvola aortica
Stenosi
La portata cardiaca (CO) viene mantenuta grazie ad
un aumento delle pressioni ventricolari che
condizionano una ipertrofia concentrica. Il sub-endocardio é
sempre a rischio di ischemia che può svilupparsi anche in
assenza di lesioni coronariche, sia per la ridotta pressione
di perfusione coronarica che per l'aumento della massa ventricolare. Una stenosi aortica
si definisce serrata se il gradiente pressorio transvalvolare supera 80 mmHg.
Insufficienza
Il sovraccarico di volume determina in questo contesto una ipertrofia di tipo eccentrico
che si associa sempre a dilatazione del ventricolo sinistro. L'entità del rigurgito
valvolare aumenta se si riduce la frequenza cardiaca e se si incrementano le resistenze
periferiche.
La CO é in funzione del precarico. Per tale motivo farmaci che aumentano la
capacitanza venosa (BDZ, fentanil, nitroderivati, etc.) riducono la portata cardiaca.
Ipertrofia asimmetrica del setto
Questa forma di cardiopatia veniva in precedenza definita come "stenosi
sub-aortica ipertrofica idiopatica". L'ipertrofia coinvolge il setto interventricolare in corrispondenza
della porzione di efflusso del ventricolo sinistro. Frequentemente questa parte di setto
viene raggiunta in diastole dal lembo anteriore della valvola mitrale. In questo modo si vengono
a creare, all'interno della camera ventricolare due zone dinamicamente differenti tra le
quali può generarsi un gradiente pressorio a volte molto rilevante.
La riduzione del precarico, l'aumento della contrattilità e la riduzione delle
resistenze periferiche aggravano l'ostacolo dinamico all'efflusso.
3.2.2 Valvola mitrale
Stenosi
L'entità della stenosi condiziona la portata cardiaca che viene mantenuta solo
grazie all'instaurarsi di un gradiente transvalvolare. La stenosi é definita serrata quando
l'area mitralica é inferiore ad 1
cm2 o quando il gradiente transvalvolare supera i 25 mmHg.
Il gradiente é direttamente proporzionale al flusso ed inversamente proporzionale
all'area valvolare (fig. 4) ed alla durata della diastole. Ciò condiziona, poichè la stenosi è fissa,
il rischio di edema polmonare ogni qualvolta aumentano: il precarico, il CO e la
frequenza cardiaca. La presenza della sistole atriale é condizione essenziale per il mantenimento di
un adeguato riempimento ventricolare. L'instaurarsi di una fibrillazione atriale (specie se ad
alta risposta ventricolare) rappresenta la più frequente causa di scompenso. La coesistenza
di ipertensione polmonare rende fondamentale la prevenzione di tutti i fattori in grado
di determinare un aumento delle resistenze vascolari polmonari (acidosi, ipossiemia,
ipercapnia, N2O, alfa-agonisti,
CaCl2) e del precarico (es. posizione di Trendelemburg!).
Insufficienza
L'insufficienza mitralica provoca un sovraccarico di volume del ventricolo sinistro.
Ciò determina ipertrofia eccentrica con dilatazione. La portata cardiaca efficace é
condizionata dall'entità del rigurgito. I fattori che aumentano l'entità del rigurgito sono: la riduzione del
pre-carico ventricolare sinistro, la riduzione della frequenza cardiaca e l'aumento delle
resistenze vascolari sistemiche. La progressiva dilatazione atriale, propria delle forme
croniche, protegge dallo sviluppo di edema polmonare acuto. Nelle forme acute (disfunzione
ischemica di un m. papillare, rottura di corde tendinee post-infartuale o post-endocarditica) la
presenza di un atrio di piccole dimensioni e poco compliante condiziona la comparsa di
edema polmonare acuto.
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Figura 4 - Comparazione tra flusso attraverso la valvola mitrale ed il grandiente di pressione diastolica media in funzione dell'area mitralica. Al di sotto dell'area critica (1 cm2 un incremento del gradiente transvalvolare determina minimi incrementi di flusso. Al di sopra di 35 mmHg si manifesta edema polmonare acuto. |
3.2.3 Difetto del setto inter-atriale (DIA)
E' la cardiopatia congenita di più frequente osservazione nell'età adulta. Riconosce
diverse forme anatomiche a seconda della localizzazione del difetto. Dal punto di vista
fisiopatologico si verifica un sovraccarico di volume delle sezioni destre con ipertensione polmonare
da iperafflusso.
4. MONITORAGGIO
Il monitoraggio del paziente sottoposto ad intervento cardiochirurgico deve prevedere:
4.1 Ecg
Si impiega un sistema di superficie a 5 elettrodi
che consente di visualizzare 7 derivazioni (D1, D2,
D3, AVR, AVL, AVF, precordiale V5). Permette di valutare: ritmo e
frequenza cardiaca, alterazioni della conduzione,
alterazioni ischemiche e di precisarne le sedi. Gli
strumenti più moderni consentono il monitoraggio
simultaneo di due derivazioni (solitamente D2 e precordiale V5) e
l'analisi computerizzata delle alterazioni del segmento
ST. Oltre all'ECG di superficie esiste la possibilità di
registrare ECG endocavitario (Swan-Ganz
Multipurpose), transtracheali e transesofagei.
4.2 Pressione Arteriosa (PA) cruenta
Viene misurata con l'ausilio di cateteri
intravascolari posizionati in arteria radiale o femorale. L'analisi
della traccia, oltre a fornire in continuo i valori di PA sistolica, media e diastolica fornisce informazioni circa:
volemia, volume sistolico, contrattilità ventricolare e resistenze sistemiche.
4.3 Pressione venosa centrale (PVC)
Misura la pressione dell'atrio destro ed é influenzata dalla volemia, dalla funzione
ventricolare destra, dal tono venoso e dalla pressione intratoracica. Il monitoraggio della PVC é
indicato in tutti i pazienti sottoposti ad interventi cardiochirurgici. Va tenuto presente che, specie
nei pazienti cardiopatici, difficilmente esprime la pressione di riempimento del ventricolo sinistro.
4.4 Cateterismo cardiaco destro
(CCD)
Il catetere di Swan-Ganz consente di misurare: PVC, pressione arteriosa polmonare
(PAP), pressione di incuneamento (PCWP), CO con il metodo della termodiluizione, calcolo
delle resistenze vascolari sistemiche (RVS) e polmonari (RVP), temperatura del sangue.
Le indicazioni al CCD in cardiochirurgia sono controverse: per alcuni autori andrebbe
impiegato in tutti i pazienti, secondo altri soltanto in sottogruppi di pazienti selezionati. Il CCD
permette
di diagnosticare un'insufficienza ventricolare destra o sinistra, un'ipertensione
polmonare, un'alterazione della volemia, un'ischemia acuta (aumento delle pressioni di
incuneamento per riduzione della compliance ventricolare e per disfunzione sistolica),
un'insufficienza valvolare mitralica o tricuspidale. Nuovi modelli di catetere consentono inoltre la misura
della saturazione venosa mista (SvO2), della frazione di eiezione del ventricolo destro oppure
di effettuare una elettrostimolazione endocavitaria (catetere Multipurpose).
4.5 Ecografia trans-esofagea (TEE)
E' una tecnica di monitoraggio di recente introduzione nella pratica clinica che sta
subendo enorme sviluppo. Necessita tuttavia di apparecchiature estremamente sofisticate, per
ora molto costose e di notevole ingombro. L'ecografia consente di effettuare, anche in fase
per-operatoria, valutazioni degli apparati valvolari, della cinetica ventricolare globale e
segmentaria, dell'esistenza di shunts, di diagnosticare dissezioni dell'aorta toracica, di evidenziare
la presenza di aria all'interno delle camere cardiache, di valutare le aree ventricolari (indici
di precarico, indici di funzione sistolica). L'impiego della tecnica Doppler consente di
misurare i flussi transvalvolari ed il Color-Doppler consente una più facile visualizzazione
e quantificazione delle turbolenze (rigurgiti valvolari, DIA, DIV) (fig.
5).
4.6 Pulse-ossimetria
Consente una valutazione della saturazione arteriosa e della perfusione periferica
mediante l'analisi della curva pletismografica. In condizioni di intensa vasocostrizione
(ipotermia, bassa portata) o di perdita del flusso pulsatile (CEC) il segnale perde la sua affidabilità.
4.7 Capnometria
Facilita la ottimizzazione della ventilazione e fornisce indici indiretti di portata
cardiaca (aumentato gradiente alveolo arterioso di
CO2). L'analisi della curva capnometrica
consente di differenziare eventuali alterazioni polmonari di tipo restrittivo da quelle di tipo
ostruttivo intraoperatorie.
4.8 Flusso urinario
La valutazione della diuresi rappresenta uno dei più importanti parametri clinici di
perfusione. In corso di interventi cardiochirurgici é necessario monitorizzare frequentemente la
diuresi anche in considerazione degli elevati gradi di emodiluizione e della possibile comparsa
di emolisi (emoglobinuria).
4.9 Temperatura
E' indispensabile monitorizzare almeno due temperature. Solitamente si ricorre al
monitoraggio della temperatura rinofaringea (temperatura centrale, cioè temperatura di
distretti molto vascolarizzati) e di quella rettale (temperatura periferica, cioè di distretti
meno vascolarizzati); la marcata riduzione del flusso ematico polmonare in corso di CEC
rende inutilizzabile il termistore del catetere di Swan-Ganz come monitor di temperatura.
La misurazione della temperatura intramiocardica rappresenta un importante parametro
di adeguata protezione miocardica qualora si ricorra ad una soluzione cardioplegica.
5. PREMEDICAZIONE
I farmaci più comunemente impiegati nel paziente cardiopatico sono:
- morfina: 0.1 mg/Kg i.m.
- scopolamina: 5-6 µg/Kg i.m.
- diazepam: 0.15-0.20 mg/Kg per os
- droperidolo: 0.25 mg/Kg i.m.
I dosaggi riportati vanno opportunamente ridotti in pazienti con funzione
ventricolare sinistra compromessa, stenosi valvolari
serrate, in caso di patologie associate e nei pazienti anziani. Un
sovradosaggio farmacologico può determinare
depressione cardiaca, ipotensione, depressione
respiratoria, poussés di ipertensione
polmonare. Una premedicazione insufficiente
favorisce le reazioni adrenergiche da ansia,
paura, dolore: ciò può condizionare un rischio
di ischemia miocardica nei coronaropatici, di scompenso acuto nelle stenosi serrate
per aumento della frequenza cardiaca e delle resistenze polmonari e sistemiche.
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Figura 5 - Sezione sagittale che mostra la sonda eco in esofago ed i tre assi ottenibili: 1 aortico, 2 quattro camere, 3 asse corto transpapillare. |
6. INDUZIONE E MANTENIMENTO DELL'ANESTESIA
6.1 Induzione
Rappresenta una fase particolarmente delicata per ogni paziente cardiopatico; viene
di norma effettuata su pazienti adeguatamente ossigenati e monitorizzati (ECG,
pressione arteriosa cruenta, pulse-ossimetro).
La tecnica con oppioidi ad alte dosi (fentanil 50 - 150 mcg/kg) ha trovato larga diffusione
in campo cardiochirurgico a causa della notevole stabilità emodinamica; non esiste,
tuttavia, un farmaco o una tecnica in assoluto ideale: la scelta dei farmaci va fatta
essenzialmente sulla base della funzione ventricolare sinistra, del tipo di patologia, della prevista facilità
di mantenere la pervietà delle vie aeree, della prevista durata dell'intervento e della
possibile necessità di una ventilazione post-operatoria prolungata. In ogni caso l'aspetto prioritario
é il mantenimento della stabilità emodinamica. Più in particolare, i pazienti coronaropatici necessitano il mantenimento di una
favorevole bilancia dell'O2 miocardico: quelli con scadente funzione ventricolare sinistra
richiedono prioritariamente il mantenimento di un adeguato apporto di
O2 (indicazione alla tecnica con oppiodi ad alte dosi); il rischio é infatti quello di indurre cadute della pressione di
perfusione coronarica non tollerabili. In presenza invece di una conservata funzione ventricolare
sinistra é, al contrario, necessario limitare l'incremento del consumo di ossigeno miocardico
tramite una narcosi sufficientemente profonda e stabile. A tale scopo possono essere
impiegate diverse associazioni farmacologiche, ad esempio BDZ + oppioidi, tiopentone +
oppioidi, vapori (spec. alotano). La tecnica con oppioidi é anche indicata in pazienti con
stenosi valvolari serrate (aortiche e mitraliche) che non tollerano anche minimi gradi di
depressione miocardica o di alterazione delle condizioni di carico ventricolari. Nei pazienti con
ipertensione polmonare é necessaria una estrema attenzione al fine di prevenire le
situazioni (ipossiemia, ipercapnia, acidosi) ed i farmaci (ketamina,
N2O) in grado di esacerbare l'incremento delle resistenze vascolari polmonari. I pazienti con insufficienze
valvolari (aortica e/o mitralica) traggono beneficio dalla riduzione delle RVS e dall'incremento
di frequenza cardiaca, a patto che venga mantenuto il precarico: trova quindi
indicazione l'impiego di BDZ, pancuronio, morfina, isoflurano. La ketamina trova elettiva indicazione
per l'induzione di pazienti con grave ipovolemia o tamponamento cardiaco.
6.2 Mantenimento dell'anestesia
Nei pazienti con funzione ventricolare depressa o con portata fissa (es: stenosi
serrate, pericardite costrittiva) la narcosi viene in genere mantenuta con dosi supplementari
di oppioidi. Negli altri pazienti possono essere impiegati anche altri anestetici endovenosi o
per inalazione, a patto di rispettare sempre il quadro fisiopatologico di base della cardiopatia.
La ventilazione artificiale deve garantire una corretta ossigenazione ed una
normocapnia mantenendo le pressioni intratoraciche più basse possibile per ridurre al minimo le
ripercussioni emodinamiche della ventilazione artificiale. Dopo la sternotomia l'applicazione di
una PEEP può risultare fastidiosa per il chirurgo, in quanto i polmoni iperespansi
ostruiscono parzialmente il campo operatorio. Nella fase successiva alla CEC, in tutti i pazienti, anche piccole dosi di anestetico
possono essere poco tollerate, per cui generalmente si ricorre soltanto a bassi dosaggi di BDZ
(effetto amnesico, ipnotico) e oppioidi (analgesia). Dopo la CEC é assolutamente controindicato
il N2O per il rischio di aumentare il volume di eventuali emboli gassosi.
7. CIRCOLAZIONE EXTRA-CORPOREA (CEC)
La CEC assicura la circolazione e lo scambio dei gas durante la fase di inattività
cardiaca dell'intervento chirurgico. Lo schema di una macchina cuore-polmoni é illustrato nella fig.
6. Il sangue proviene dal paziente attraverso la linea venosa, per gravità, dopo essere
stato drenato dall'atrio destro ("cannulazione singola") o separatamente dalla vena cava
superiore ed inferiore ("cannulazione doppia"). Raggiunge l'ossigenatore (che possiede
uno scambiatore di calore integrato) dove avviene lo scambio dei gas. Esistono
fondamentalmente due tipi di ossigenatori:
a) a bolle, nei quali l'O2 viene fatto gorgogliare a contatto del sangue
b) a membrana, nei quali sangue e miscela gassosa sono separati da una
membrana artificiale che simula la membrana alveolo-capillare.
Il sangue arterializzato proveniente dall'ossigenatore viene spinto da una pompa
peristaltica o da una pompa centrifuga nella linea arteriosa e, attraverso questa, raggiunge
l'albero arterioso del paziente (aorta ascendente o, in alcuni casi, arteria femorale).
In corso di CEC:
1. la velocità di rotazione della pompa determina il flusso (cioè la portata circolatoria)
che generalmente viene mantenuto a 2.0 - 2.4
l/min/m2.
2. il flusso di gas freschi e la
FiO2 determinano la qualità degli scambi gassosi.
Con l'interposizione di un reservoir, all'ossigenatore giunge anche il sangue
proveniente dagli aspiratori del campo operatorio, nonché il sangue proveniente dal "vent"
("scarico") ventricolare sinistro, impiegato durante l'intervento per impedire una eccessiva
distensione della cavità ventricolare.
"PRIME"
Il circuito extracorporeo viene riempito con un volume di circa 1.5-2 litri di liquido,
la composizione del quale é molto variabile. Nella maggior parte dei casi si impiega
una soluzione elettrolitica bilanciata con o senza mannitolo; in pazienti che presentano valori
di Hb < 12 g%, si devono generalmente aggiungere globuli rossi concentrati, al fine di
evitare eccessive emodiluizioni (Hct < 18-20%). Una emodiluizione moderata (Hct > 20 < 30 %)
é non solo tollerata, ma benefica, in quanto é in grado, per effetto della ridotta viscosità,
di preservare il flusso ematico nel microcircolo (cioè migliorare la perfusione
tissutale).
Nonostante i continui sviluppi tecnologici, la CEC continua ad essere una
situazione spiccatamente antifisiologica e buona parte delle complicanze della chirurgia cardiaca
sono direttamente correlate a questa procedura. Più in particolare comprendono:
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Figura 6 - Schema della macchina cuore-polmone |
7.1 Ruolo dell'anestesista-rianimatore nello svolgimento della CEC
L'Anestesista svolge diversi ruoli essenziali nel corso della fase di CEC:
7.1.1 Garantire la corretta anticoagulazione del paziente
Il contatto del sangue con le superfici artificiali della macchina cuore-polmoni innesca
la cascata coagulativa che viene prevenuta anticoagulando il paziente. A questo scopo,
prima della cannulazione dell'aorta e dell'atrio destro,
viene somministrata, in una vena centrale, eparina sodica
alla dose di 3 mg/Kg. La corretta anticoagulazione del
paziente viene controllata attraverso il tempo di coagulazione attivato
(ACT), misurato con apparecchiature automatizzate
(tipo Hemocron). L'ACT deve sempre essere > di 450". Ogni ora successiva viene somministrata una dose
supplementare di eparina, tale da mantenere livelli "sicuri" di ACT. Al termine della CEC l'eparina
residua viene antagonizzata con solfato di protamina, la cui infusione va effettuata
lentamente, preferibilmente in una vena periferica, a causa delle possibili reazioni
emodinamiche avverse causate da questo farmaco (vasodilatazione sistemica, intensa
vasocostrizione polmonare).
7.1.2 Assicurare l'adeguatezza della perfusione
Il controllo dell'adeguatezza della perfusione si raggiunge attraverso:
1) controllo dei flussi della pompa (che non devono mai scendere al di sotto dei valori
teorici calcolati in funzione della superficie corporea del paziente e del grado di
ipotermia raggiunto).
2) controllo dell'adeguatezza della diuresi.
3) verifica dell'assenza di acidosi metabolica.
4) verifica di una adeguata saturazione del sangue venoso.
La perfusione può essere migliorata:
- ottimizzando i flussi e le pressioni di perfusione (mantenute solitamente tra 50 e 80
mmHg).
- ricorrendo a vasodilatatori ad azione prevalentemente arteriolare (DBP, Nitroprussiato
di Na, Fentolamina).
7.1.3 Controllare l'adeguatezza degli scambi gassosi
Dato il pressocchè costante ricorso all'ipotermia in corso di CEC,
si pone il
problema dell'interpretazione dei dati emogasanalitici (che vanno raccolti regolarmente, al
massimo ogni 30'). Esistono due strategie di analisi dei gas ematici in corso di ipotermia:
1) pH-stat: pH e PCO2, corretti per la temperatura attuale del paziente, devono
essere mantenuti rispettivamente a 7.40 e 40. Ciò impone la somministrazione di
CO2. Era il metodo più utilizzato in passato.
2) alfa-stat: pH e gas ematici del paziente vengono misurati a 37°C e mantenuti ai
valori fisiologici, indipendentemente dalla temperatura raggiunta dal paziente. E' la metodica
oggi di più larga diffusione ed i suoi vantaggi consistono in:
- conservazione dell'autoregolazione cerebrale
- miglior protezione miocardica
- preservazione dell'omeostasi intracellulare (ottimizzazione delle attività enzimatiche).
7.1.4 Garantire l'anestesia durante CEC
All'inizio della CEC, la diluizione dei farmaci anestetici precedentemente
somministrati provoca un improvviso alleggerimento della narcosi. Questo va prevenuto mediante
la somministrazione di ipnotici (es: flunitrazepam 0.5-1 mg) e/o anestetici (es: tiopentone
100-150 mg) e/o oppioidi (es: fentanil 0.25-0.5 mg). E' altresì importante
somministrare miorilassanti (es: pancuronio 4-8 mg) per prevenire il brivido intenso (e
conseguente aumento marcato del VO2) che accompagna la rapida riduzione della temperatura
corporea. Durante la fase di ipotermia il fabbisogno di anestetici e di miorilassanti risulta molto
diminuito per la riduzione delle attività metaboliche provocata dall'ipotermia. Il piano di narcosi ed
il livello di miorisoluzione verranno nuovamente "rinforzati" durante la fase di riscaldamento.
7.1.5 Dirigere la sospensione della CEC
Al termine della procedura chirurgica, dopo aver ottenuto il completo riscaldamento
del paziente e la ripresa della attività elettrica del cuore (che può richiedere la
defibrillazione), si procede alla progressiva sospensione della CEC:
1) il drenaggio venoso viene progressivamente ostacolato così da favorire
l'aumento progressivo delle pressioni di riempimento cardiaco;
2) quando il cuore inizia ad espellere una certa quota di volume sistole, la portata della
pompa viene progressivamente ridotta e viene ripresa la ventilazione polmonare;
3) nel momento in cui il cuore è in grado di mantenere autonomamente la funzione di
pompa (pressioni e portata adeguate in presenza di normali pressioni di riempimento) la CEC
viene arrestata.
La facilità con cui si effettua lo svezzamento di un cuore dalla CEC è estremamente
variabile e dipende sostanzialmente da:
- condizioni cardiache pre-operatorie
- adeguatezza della protezione miocardica
- qualità della correzione chirurgica.
7.2 Protezione miocardica in corso di CEC
La tecnica attualmente più utilizzata consiste nell'arresto cardiaco indotto con
soluzione cardioplegica. Lo scopo è quello di:
- ottenere un cuore immobile e non irrorato, così da facilitare la procedura chirurgica;
- abolire l'attività elettromeccanica del cuore in modo da ridurre drasticamente le
necessità metaboliche e tollerare il periodo di ischemia (fase di clampaggio aortico).
La composizione della soluzione cardioplegica è variabile da centro a centro. Vengono generalmente sfruttate le azioni favorevoli del freddo (temperatura di 4 °C per ridurre il metabolismo) e delle elevate concentrazioni di potassio (induzione dell'arresto cardiaco in diastole). Vengono poi aggiunti in soluzione altri componenti con scopi differenti:
La soluzione cardioplegica viene generalmente iniettata nel bulbo aortico (subito dopo
il clampaggio dell'aorta ascendente) in condizioni di flusso e pressione controllata. Ogni 30
- 40 minuti di clampaggio aortico ne viene reinfusa una certa quota. Nei pazienti
con insufficienza aortica è necessario procedere all'infusione direttamente negli osti
coronarici. In questi pazienti e nei coronaropatici con lesioni gravi e diffuse dell'albero
arterioso coronarico può essere indicata la perfusione retrograda attraverso il seno coronarico.
Negli ultimi anni si sono sviluppate tecniche complesse di riperfusione controllata
del miocardio, il cui scopo ultimo è la limitazione del danno miocardico da riperfusione.
Bibliografia
- Cardiac Anesthesia, II Edition, Edited by Joel A. Kaplan W.B. Saunders Company, Philadelphia 1987
- The practice of Cardiac Anesthesia, Edited by F.A. Hensley and D.E. Martin, Little Brown, Boston 1990
- L'anesthésie et la réanimation dans la chirurgie cardiaque de l'adulte, Desmonts JM et al: Encycl. Méd. Chir. (Paris, France), Anesthésie-Réanimation 1987
- Monitorage cardio-vasculaire, P. Foex: Encycl. Méd. Chir. (Paris, France), Anesthésie-Réanimation 1987
- Anesthésie en chirurgie cardiaque de l'adulte, JM Desmonts: Conferences d'actualisation 1987, Comité Scientifique SFAR
- Précis d'Anesthésie par G. François et al. Masson 1985.