Il controllo del
dolore e lumanizzazione del parto: 10 anni di esperienza
Prof. G. Vegna
Ospedale Buccheri La Ferla
F.B.F. , Palermo - Divisione di Ostetricia e Ginecologia
Primario: Prof. G. Vegna
Introduzione
Molti ritengono che il trattamento del dolore da parto
sia in antitesi con il concetto di umanizzazione della
prestazione sanitaria, posizione questa che concorda
perfettamente con quella corrente di pensiero che
vorrebbe un ritorno al "parto naturale" e che
considera la medicalizzazione che il trattamento del
dolore da parto comporta, un elemento di per sé
disumanizzante.
Ma, siamo certi che ciò che è "naturale" è
sempre buono ed auspicabile? Anche i terremoti e le
alluvioni sono eventi "naturali", ma non per
questo sono buoni ed auspicabili. L'idea di una natura
"amica" e di una tecnologia di per sé
"ostile" appartiene a un repertorio romantico
delle idee oggi definitivamente superato.
Forse sarebbe meglio dire, facendo nostra
largomentazione di S. Tommaso che definisce
"naturale" tutto ciò che è razionalmente
accettabile (natura ut ratio), che lantinomia
concettuale medicalizzazione - umanizzazione è solo
apparente e che, al di là delle argomentazioni
filosofiche, il trattamento del dolore, in genere, e di
quello da parto, in particolare, è di per sé un
elemento umanizzante. Ciò anche se fosse preso in
considerazione semplicemente il dolore fisico, che è
laspetto più vistoso del "dolore
totale", le cui componenti sono, al contrario,
molteplici. Come
affermava Lèriche, anticipando il concetto di
"dolore totale" della moderna algologia, "il
dolore non è solo questione di uno stimolo che corre su
di un nervo" . Sarebbe veramente riduttivo e non
si potrebbe parlare di vera umanizzazione della
prestazione sanitaria, se ci si occupasse di trattare
solo la componente organica del dolore, dimenticando di
prendere in considerazione tutte le altre componenti
"dolorose" ad essa legate che, per quanto
riguarda il dolore ostetrico, possono essere compendiate
in quel baglio di ansie, paure, incertezze che la
gestione della gravidanza si porta dietro, fin dalle
prime visite ambulatoriali.
Per questi motivi, abbiamo cercato di impostare nel
nostro Ospedale, l'analgesia ostetrica in termini
"globali" partendo dal primo approccio
della gestante in Ambulatorio fino alla dimissione dopo
il parto nel rispetto, per ciò che riguarda la
possibile opzione dell'analgesia peridurale, della
volontà della paziente e non volendo in alcun
modo svalutare le tecniche di psicoprofilassi che, a
nostro avviso, non solo non si oppongono ad essa,
potendovisi perfettamente integrare, ma possono anche
essere scelte come alternativa prioritaria.
Trattamento del dolore da parto
ed umanizzazione
Come è a tutti noto il trattamento del dolore da parto
oggi non può essere considerato esclusivamente
"comfort" per la paziente, al contrario, tale
punto di vista, largamente confermato in letteratura ed
ampiamente condiviso, costituisce uno dei punti più
qualificanti dellassistenza ostetrica moderna. Un
adeguato trattamento del dolore comporta infatti una
riduzione della scarica di catecolamine materne ed una
riduzione dello stress materno-fetale i cui effetti si
riverberano positivamente sullandamento del
travaglio, sullespletamento eutocico del parto e
sull "outcome" fetale. Molteplici sono le
tecniche di trattamento del dolore da parto che si sono
succedute nel tempo (tab.1) ma la sola tecnica capace
di garantire lo svolgimento tranquillo e non traumatico
di tutte le fasi dolorose del travaglio di parto con il
minor numero di complicanze e senza che si renda
necessario luso di analgesici per via endovenosa è
lanestesia peridurale continua. Questa
tecnica è quella che più di ogni altra ottempera a
quelli che sono i requisiti fondamentali di cui necessita
qualunque modalità di trattamento del dolore da parto;
essa infatti realizza
unanalgesia efficace e controllabile fin dalle
prime fasi del travaglio, è innocua
per la madre, non esercita nessun
effetto depressivo sul feto e, se ben gestita, interferisce
in modo trascurabile sia sulle forze del parto
che sul tono dei muscoli del pavimento pelvico anche
se, il monitoraggio che essa comporta, è da alcuni
considerato in antitesi con il concetto di umanizzazione
del parto.
|
Analgesia endovenosa: prevede
la somministrazione ev di oppioidi e/o tranquillanti a
dosaggi molto bassi consentono di attenuare ma non
eliminare il dolore
|
Anestesia inalatoria:a
concentrazioni subanestetiche realizzano analgesia
durante il primo e secondo stadio del travaglio. Il grado
di analgesia può risultare soddisfacente anche se non
paragonabile a quella realizzata dallanestesia
peridurale. Quando necessario, a dosi più elevate,
realizzano uno stato di ipnosi che si accompagna ad un
rilassamento uterino
|
Anestesia spinale: poco
utilizzato per il parto per via vaginale per
laccentuato blocco motorio che interferisce
pesantemente sulle forze del parto e sul tono dei muscoli
del pavimento pelvico
|
Blocco paracervicale: non
contempla il blocco delle fibre sensitive somatiche ed
inoltre può indurre bradicardia fetale e depressione
neonatale
|
Blocco dei pudendi: spesso
tale tecnica può risultare incompleta a causa delle
variazioni anatomiche del decorso del nervo e
dellinnervazione sensitiva del perineo
|
Infiltrazione locale del
perineo: utilizzabile esclusivamente per la
perineotomia e la perineorrafia
|
Anestesia generale: non è
la tecnica di scelta per il parto per via vaginale; essa
è riservata per espletare rapidamente il parto in caso
di sofferenza fetale acuta o per eseguire alcune
manipolazioni intrauterine che necessitano un notevole
rilasciamento del viscere
|
DINAMICHE
GESTIONALI
Le pazienti che
afferiscono al nostro Ambulatorio "Prenatale" ed a
quello della "Gravidanza a Rischio", in occasione del
controllo programmato alla 32^ settimana vengono informate sulla
possibilità di espletare il parto in analgesia peridurale o un
eventuale TC in anestesia periferica (spinale). A tal fine, le
pazienti vengono avviate allAmbulatorio di Anestesia dove
saranno accolte da un anestesista del nostro Servizio che, oltre
ad eseguire una tradizionale valutazione anestesiologica, le
informa accuratamente sulle tecniche di anestesia periferica
(peridurale e spinale). I dati emersi dalla visita vengono quindi
inseriti nel sistema informatico centralizzato del Servizio di
Anestesia, provvisto di terminali in sala parto e nelle sale
operatorie.
Quando una paziente si presenta al PS ostetrico viene
"accettata" dal ginecologo di guardia, che compila la
cartella di ricovero, esegue l'anamnesi e l'esame obiettivo
ostetrico, dispone l' esecuzione degli esami ematochimici di
routine, di un ECG e programma un esame CTG di base della durata
di 30 min. circa.
La paziente in fase prodromica di travaglio viene inviata in
Reparto ed esegue un controllo clinico ogni 90-120 min. o su
richiesta della stessa (fig.1). La paziente ad inizio di
travaglio (inizio della fase attiva) viene inviata presso
"l'Unità di Accoglienza alla Nascita", dizione che
sostituisce quella tradizionale di "sala parto" a
sottolineare l'elemento di umanizzazione che cerchiamo di
conferire all'evento parto (fig.2). A tal fine è consentito
l'ingresso nell'area di accoglienza alla nascita (sala travaglio,
sala parto), anche di un familiare (marito, madre) (fig.3). La
paziente candidata alla AP viene quindi presa in carico da
unéquipe ostetrico-anestesiologica costituita: dal
ginecologo di guardia, dall'ostetrica/o di sala parto,
dall'anestesista di guardia e dal tecnico di anestesia.
|
Figura 1
|
|
Figura 2
|
|
Figura 3 - Ingresso
nell'area di accoglienza alla nascita (sala travaglio,
sala parto), anche di un familiare (marito, madre) che
potrà assistere la paziente fino allespletamento
del parto
|
Previa diagnosi di inizio della
fase attiva del travaglio, il ginecologo richiede l'intervento
dell'anestesista che ricerca al computer della sala parto i dati
preoperatori raccolti durante la visita anestesiologica
ambulatoriale e, se questa è stata precedentemente eseguita,
rivalutato l'esame obiettivo, induce l'anestesia. Se, al
contrario, la paziente non è stata seguita nei nostri
Ambulatori, lanestesia viene indotta solo dopo accurata
visita preoperatoria e richiesta di eventuali esami ematochimici
non esibiti. La paziente viene quindi sottoposta a monitoraggio
continuo materno-fetale mediante registrazione di ECG, PA, CTG.
Un'eventuale riduzione dell'attività contrattile viene corretta
dalla somministrazione di ossitocina in infusione e.v. continua
ed in via profilattica, per prevenire possibili crisi ipotensive
la paziente viene "riempita", con le stesse modalità,
di gelatina. (Eufusin). Il controllo della paziente viene quindi
affidato allostetrica la quale provvederà a segnalare
all'anestesista eventuali scoperture analgesiche e terrà
informato il ginecologo di guardia circa levoluzione del
travaglio. Il trasferimento in sala parto avverrà quando la
parte presentata, giunta al piano perineale, sarà prossima
all'espulsione. Prima di procedere all'eventuale episiotomia,
viene eseguito un controllo del livello di analgesia del piano
perineale e, al termine della sutura perineale l'infusione di
anestetico viene sospesa. Il catetere peridurale viene rimosso
dall'anestesista di guardia dopo 24 ore; ciò per assicurare, nel
caso di insorgenza di vivo dolore nelle ore immediatamente
successive al parto, un adeguato comfort alla paziente che potrà
vivere serenamente nella sua interezza, lesperienza della
propria maternità. Inoltre, in caso di necessità emergenti, è
possibile somministrare anestetico locale attraverso il catetere
peridurale precedentemente posizionato ed ottenere uno stato
analgesico che può essere in ogni momento rapidamente
approfondito. Così operando, possiamo indurre anche più
pazienti contemporaneamente riuscendo a trattare il dolore da
parto in un gran numero di casi; come vedremo più avanti,
infatti, nel nostro Reparto, oltre il 50% delle pazienti
partorisce in anestesia peridurale.
NOSTRA
ESPERIENZA
Una delle maggiori
critiche fatte allanestesia peridurale in ostetricia è che
questa tecnica di analgoanestesia modifica i tempi del travaglio
nel senso che i vantaggi che si ottengono in fase dilatante
vengono vanificati dagli svantaggi che si ottengono in fase
espulsiva per un significativo aumento della lunghezza di tale
periodo con conseguente maggior rischio di acidosi fetale e parti
operativi rispetto alle pazienti in cui il dolore da parto non
viene trattato. In realtà sembrerebbe che tale maggior rischio
non si verifichi per un complessivo aumento del periodo espulsivo
(inteso come intervallo fra dilatazione completa e parto), ma per
un allungamento del tempo che essi chiamano "tempo di
espulsione della testa fetale" definito come
lintervallo tra il primo sforzo espulsivo ed il parto. A
tal proposito ci piace segnalare che già Denman nel 1817, allo
scopo di prevenire interventi inutili e potenzialmente rischiosi
raccomandò di attendere 6 ore prima di applicare un forcipe.
Segnalazioni dell' American College of
Obstetricians and Gynaecologists consigliano l'uso del forcipe
non prima di tre ore di vigile attesa durante la fase espulsiva
valutata nel suo complesso. A conferma di quanto detto riportiamo
di seguito l'analisi retrospettiva che abbiamo eseguito sulla
nostra attività di Sala Parto negli anni 1990-98 (fig.4).
|
Figura 4
|
Nel periodo considerato abbiamo
avuto 18773 parti, il 43.7% (8203) dei quali, è stato espletato
in anestesia peridurale, il 36.9% (6929), senza alcun trattamento
del dolore ed il 19.3% (3641), è stato espletato per via
addominale per indicazione di elezione. Abbiamo escluso dal
nostro campione le pazienti che sono state sottoposte a T.C.
elettivo per cui questo si è ridotto a 15132 pazienti e le
percentuali relative alla prevalenza del trattamento o meno del
dolore da parto sono conseguentemente passate rispettivamente al
54.2% ed al 45.8%. Fra le pazienti del nostro campione di studio
che hanno partorito in anestesia peridurale, lincidenza dei
parti operativi è stata dell13,8% rispetto al 9,6% dei
controlli. I parti spontanei hanno inciso rispettivamente per
l86,1% e per il 90,2% (fig.5) (tab. 2).
|
Figura 5
|
Tabella 2
|
|
PERIDURALE
8203 (54.2%)
|
CONTROLLI
6929 (45.8%)
|
PARTI OPERATIVI
|
1136 (13.8 %)
|
674 (9.6%)
|
PARTI SPONTANEI
|
7067 (86.1%)
|
6255 (90.2%)
|
Nel gruppo delle
pazienti che hanno partorito in analgesia peridurale, l'incidenza
di applicazione di forcipe al piano perineale è stata dello 0,7%
e l'incidenza dei TC del 13,1%, mentre nel gruppo delle pazienti
che ha partorito senza ricorrere all anestesia peridurale,
l'incidenza di applicazione di forcipe è stata dello 0,1 % e
l'incidenza di TC del 9.5% (Tab.3)
Tabella 3
|
|
PERIDURALE
8203 (54.2%)
|
CONTROLLI
6929 (45.8%)
|
FORCIPE
|
61 (0.7 %)
|
11 (0.1%)
|
T.C.
|
1075 (13.1%)
|
663 (9.5%)
|
TOTALE
|
1136 (13.8%)
|
674 (9.6%)
|
La bassa incidenza di applicazione
di forcipe al piano perineale è un dato che si discosta
nettamente dai dati riportati il Letteratura, e noi riteniamo sia
dovuto:
-
alla tecnica di analgesia
peridurale (uso di piccoli volumi di bupivacaina allo 0,3
% in infusione continua ) che consente di evitare il bolo
nella fase espulsiva, minimizzando la possibilità di
comparsa di inibizione del riflesso di Ferguson e di
blocco motorio della muscolatura addomino-pelvica, con
conseguente riduzione dell'intensità della spinta
espulsiva ed inadeguata rotazione della testa fetale;
-
alla corretta valutazione
della fase espulsiva: il nostro intervento, in presenza
di benessere materno-fetale, diventa "attivo"
solo dopo tre ore di attesa dal momento della avvenuta
dilatazione completa.
La prevalenza di T.C. (7.1%) nel
gruppo di pazienti che hanno richiesto lanestesia
peridurale, riferita al numero totale dei parti del nostro
campione di studio (15132), rispetto a quella delle pazienti che
hanno partorito senza far ricorso ad essa (4.4%), si inserisce,
poi, tra le percentuali più basse riportate in Letteratura
(fig.6)).
|
Figura 6
|
Tale dato acquista inoltre ancor più valore se si tiene conto :
-
che la maggior parte delle
pazienti che richiedono l'APP sono nullipare,
-
che in queste, le cause di
distocia sono più frequenti che nelle pluripare e
-
che nel nostro Ospedale,
anche per la presenza di un Reparto di Terapia Intensiva
Neonatale adiacente al nostro, afferiscono in gran numero
gravidanze a rischio.
Appare interessante la lettura dei
dati anno per anno nelle pazienti sottoposte ad
analgoanestesia peridurale (Tab.4): la prevalenza dei parti
operativi si abbassa dal 14,4% del 1990 al 9,8% del 1993, per
ritornare allo stesso valore dellanno di partenza (14,4%)
nel 1995, raggiungere il 17,% nel 1997 e ridiscendere al 13.3%
nel 1998 ; i parti operativi per via addominale dopo un
progressivo decremento fino al 1993 dall11,1% al
l9,4%, subiscono un successivo incremento raggiungendo una
prevalenza del 16.8% nel 1997 per ridiscendere al 13.2% nel 1998;
i parti operativi per via vaginale subiscono una costante
diminuzione passando dal 3,3% del 1990 allo 0,1% nel 1998.
Tabella
4 - Modalità di
espletamento del parto nelle pazienti sottoposte ad
anestesia peridurale
|
Anno
|
N. Parti
|
Parti
Spontanei
|
Parti
Operativi
|
Tagli Cesarei
|
Forcipi
|
1990
|
629
|
538
|
83,9%
|
91
|
14,4%
|
70
|
11,1%
|
21
|
3,3%
|
1991
|
651
|
565
|
86,8%
|
86
|
13,2%
|
68
|
10,4%
|
18
|
2,8%
|
1992
|
823
|
742
|
90,1%
|
81
|
9,9%
|
73
|
8,9%
|
8
|
1%
|
1993
|
862
|
777
|
90,1%
|
85
|
9,8%
|
81
|
9,4%
|
4
|
0,4%
|
1994
|
959
|
831
|
86,6%
|
128
|
13,3%
|
125
|
13%
|
3
|
0,3%
|
1995
|
1050
|
899
|
85,6%
|
151
|
14,4%
|
150
|
14,3%
|
1
|
0,1%
|
1996
|
1303
|
1079
|
82,8%
|
224
|
17,2%
|
221
|
17%
|
3
|
0.2%
|
1997
|
892
|
740
|
83%
|
152
|
17%
|
150
|
16.8%
|
2
|
0.2%
|
1998
|
1034
|
897
|
86.7%
|
138
|
13.3%
|
137
|
13.2%
|
1
|
0.1%
|
Totale
|
8203
|
7067
|
86,2%
|
1136
|
13,8%
|
1075
|
13.1%
|
61
|
0,7%
|
Fino al 1993 notiamo una costante
diminuzione dei parti operativi che interessa sia le applicazioni
di forcipe che i tagli cesarei; dopo tale data, mentre
continuiamo ad osservare una diminuzione dei parti operativi per
via vaginale, assistiamo ad un incremento dei tagli cesarei.
Riteniamo che la spiegazione dellandamento di tali dati
fino al 1993, sia da mettere senza dubbio in relazione alla
maggiore esperienza via via maturata, ma soprattutto al buon
livello organizzativo che siamo riusciti a raggiungere e che ha
mirato soprattutto ad ottenere lindispensabile perfetto
affiatamento delle équipes coinvolte (ostetrici, anestesisti,
neonatologici, analisti, parasanitari) nella gestione del
trattamento del dolore da parto. Dopo tale data, la sempre
maggior connotazione di "Centro di riferimento per le gravidanze
a rischio" che il
nostro Ospedale ha acquisito nel tempo rende inoltre ragione
dellaumento di quantità e di qualità dei parti che ogni
anno siamo stati chiamati ad espletare. Il dover gestire un
sempre maggior numero di gravidanze a rischio giustifica
lincremento, registrato, del numero dei tagli cesarei che
nel 1997 ha raggiunto il 17%.
Altro motivo che ha contribuito a determinare il dato su riferito
è stato un atteggiamento di autoprotezione da inconvenienti
medico-legale che oggi, come sappiamo, sono sempre più
allordine del giorno.
Il lieve decremento della prevalenza dei TC nel 1998 (13.2%) si
deve, infine, ad un tentativo di ridimensionare il problema
medico-legale, riportandolo alle giuste dimensioni.
Nellintento di valutare il vissuto del travaglio e del
parto nelle pazienti che avevano partorito in anestesia
peridurale, abbiamo proposto alle donne che avevano partorito con
tale metodica un questionario sulle motivazioni e le opinioni
circa luso di tale tecnica.
Nel periodo Giugno-Dicembre 1994, in collaborazione con gli
anestesisti sono stati compilati nel corso della visita
anestesiologica preparto 339 questionari, 220 dei quali sono
stati completati con lintervista delle pazienti dopo il
parto (fig.7)
|
Figura 7
|
Dalla analisi delle riposte
ottenute è emerso che: il 79,6% delle pazienti non riteneva
necessario il dolore nel parto; il 69,9% era a conoscenza
delluso della tecnica di AP in travaglio di parto ; il
52% giudicava lAP complessivamente una tecnica buona, il
42% ottima e soltanto 6% la riteneva insufficiente ; il 72%
delle donne intervistate si era dichiarata disposta a ripetere
lesperienza, il 20% non era sicura della eventuale scelta
futura, mentre l8% non avrebbe voluto ripetere
lesperienza(fig.8).
|
|
|
Figura 8 |
In sintesi, alla luce di quanto su
esposto, ci sembra di potere serenamente affermare che Il
trattamento "del dolore da parto", dalla gran parte
delle pazienti non ritenuto necessario prezzo da pagare alla
maternità, oggi è un irrinunciabile traguardo di una moderna
Ostetricia. L'analgoanestesia peridurale in particolare, se
adeguatamente temporizzata e correttamente eseguita, consente una
serena partecipazione emotiva della donna e del familiare
all'evento parto, costituendo per se stessa un importante fattore
umanizzante.
Considerazioni Conclusive
Non si può certo
affermare che sia facile adeguare metodologie e comportamenti
utili a perseguire una prestazione sanitaria al tempo stesso
"efficace ed umana". In particolare gli ostacoli e le
difficoltà che il trattamento e la gestione "del dolore
totale" da parto comporta sono molteplici.
Crediamo che il primo sia da identificarsi nella pletora
assistenziale che molti reparti si trovano a dover gestire.
Se, infatti, da un lato, vi sono alcune strutture esuberanti
rispetto al numero di parti, al tempo stesso ve ne sono altre
sottoposte ad una esorbitante pressione quantitativa da parte
dell'utenza. Non bisogna mai dimenticare che il rapporto tra
quantità e qualità, oltre un certo valore-soglia, diventa
decisamente negativo. Il secondo ostacolo è costituito dalla preparazione
del personale frequentemente non adeguata, non sempre per
cattiva volontà, ma perché le modalità di saper comunicare con
il prossimo, il sapersi porgere nelle varie condizioni
quotidianamente emergenti, non sono realtà che possono
improvvisarsi o essere affidate alla buona volontà individuale.
Se questi limiti possono essere risolti su un piano istituzionale
con una più adeguata pianificazione degli interventi formativi,
non altrettanto può dirsi per un altro limite dovuto alle
difficoltà individuali sia abituali (carattere, temperamento,
formazione personale) che accidentali (malattie, problemi
familiari, difficoltà economiche, ecc.). Lo sforzo da fare in
tal senso è essenzialmente "autoformativo" e fa leva
sull'individuale senso di responsabilità da parte degli
operatori. Bisogna stare attenti a non trasformare in alibi
leccesso di lavoro o problemi tecnici che necessitano
immediata risoluzione (urgenze emorragiche, emergenze
rianimatorie, ecc.) o ancora problemi di ordine personale per
giustificare un proprio comportamento inadeguato
Altra difficoltà ancora, è il contesto socioculturale
che non sempre facilita gli sforzi di una più attenta modalità
relazionale. Certo è difficile essere gentili e cortesi con chi
ci insulta o non riconosce un diverso, più "umano"
atteggiamento nei suoi confronti. Ma non bisogna dimenticare che,
al di là dell'educazione individuale o del background culturale,
tale comportamento è spesso il risultato di un inveterato
malcostume sanitario di cui proprio tali fasce sociali sono state
vittime preferenziali.
Infine non va sottovalutata la sindrome da burn-out
che prima o poi colpisce l'operatore sanitario soprattutto in
reparti di alto impegno tecnico ed emotivo, di elevato stress
lavorativo e, tutto sommato, di gratificazione umana non sempre
proporzionata. Tutto questo, ancora una volta, non ha la funzione
di "giustificare" un operato deficitario da parte del
personale, ma di comprendere un'ulteriore motivazione
dell'insufficiente livello di umanizzazione che spesso viene
lamentato nei nostri ospedali.
Alla fine di questa esposizione sul controllo farmacologico del
dolore da parto e sulla possibilità che i tecnicismi che le
singole procedure comportano, contrastino con il concetto della
umanizzazione della prestazione medica, possiamo rispondere che
tale contrasto, nella nostra esperienza, maturata in nove anni di
pratica su più di 8000 analgoanestesie peridurali, non esiste e,
se anche ci fosse, sarebbe giustificato dagli indubbi vantaggi
che il trattamento del dolore da parto comporta. Se poi, non ci
si limita a prendere in considerazione il solo "dolore
fisico" e, al contrario, si considerano le varie
componenti del "dolore da parto",
trattando, con adeguati comportamenti, il "dolore
totale", riteniamo che lantinomia concettuale
medicalizzazione-umanizzazione sia difficilmente sostenibile.
Siamo anzi fermamente convinti che ladeguato trattamento
anche del solo "dolore fisico", durante il travaglio ed
il parto, costituisca, per se stesso, un fattore umanizzante di
grande valore, che consente alla donna di vivere intensamente e
condividere con il familiare prescelto, nella pienezza delle
proprie emozioni, la sempre nuova esperienza della nascita del
proprio figlio.
Letture
consigliate
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benefits of obstetric epidural analgesia: A review. Birth 1985;
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AA.VV.: Le culture del parto, Feltrinelli, Milano 1985, 63-72;
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Blunt J. : Man-Midwifery Dissertation, London 1793, 173;
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