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Il controllo del dolore e l'umanizzazione del parto: 10 anni di esperienza

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Il controllo del dolore e l’umanizzazione del parto: 10 anni di esperienza
Prof. G. Vegna
Ospedale Buccheri La Ferla F.B.F. , Palermo - Divisione di Ostetricia e Ginecologia
Primario: Prof. G. Vegna

Introduzione
Molti ritengono che il trattamento del dolore da parto sia in antitesi con il concetto di umanizzazione della prestazione sanitaria, posizione questa che concorda perfettamente con quella corrente di pensiero che vorrebbe un ritorno al "parto naturale" e che considera la medicalizzazione che il trattamento del dolore da parto comporta, un elemento di per sé disumanizzante.
Ma, siamo certi che ciò che è "naturale" è sempre buono ed auspicabile? Anche i terremoti e le alluvioni sono eventi "naturali", ma non per questo sono buoni ed auspicabili. L'idea di una natura "amica" e di una tecnologia di per sé "ostile" appartiene a un repertorio romantico delle idee oggi definitivamente superato.
Forse sarebbe meglio dire, facendo nostra l’argomentazione di S. Tommaso che definisce "naturale" tutto ciò che è razionalmente accettabile (natura ut ratio), che l’antinomia concettuale medicalizzazione - umanizzazione è solo apparente e che, al di là delle argomentazioni filosofiche, il trattamento del dolore, in genere, e di quello da parto, in particolare, è di per sé un elemento umanizzante. Ciò anche se fosse preso in considerazione semplicemente il dolore fisico, che è l’aspetto più vistoso del "dolore totale", le cui componenti sono, al contrario, molteplici.

Come affermava Lèriche, anticipando il concetto di "dolore totale" della moderna algologia, "il dolore non è solo questione di uno stimolo che corre su di un nervo" . Sarebbe veramente riduttivo e non si potrebbe parlare di vera umanizzazione della prestazione sanitaria, se ci si occupasse di trattare solo la componente organica del dolore, dimenticando di prendere in considerazione tutte le altre componenti "dolorose" ad essa legate che, per quanto riguarda il dolore ostetrico, possono essere compendiate in quel baglio di ansie, paure, incertezze che la gestione della gravidanza si porta dietro, fin dalle prime visite ambulatoriali.
Per questi motivi, abbiamo cercato di impostare nel nostro Ospedale, l'analgesia ostetrica in termini "globali" partendo dal primo approccio della gestante in Ambulatorio fino alla dimissione dopo il parto nel rispetto, per ciò che riguarda la possibile opzione dell'analgesia peridurale, della volontà della paziente e non volendo in alcun modo svalutare le tecniche di psicoprofilassi che, a nostro avviso, non solo non si oppongono ad essa, potendovisi perfettamente integrare, ma possono anche essere scelte come alternativa prioritaria.

Trattamento del dolore da parto ed umanizzazione
Come è a tutti noto il trattamento del dolore da parto oggi non può essere considerato esclusivamente "comfort" per la paziente, al contrario, tale punto di vista, largamente confermato in letteratura ed ampiamente condiviso, costituisce uno dei punti più qualificanti dell’assistenza ostetrica moderna. Un adeguato trattamento del dolore comporta infatti una riduzione della scarica di catecolamine materne ed una riduzione dello stress materno-fetale i cui effetti si riverberano positivamente sull’andamento del travaglio, sull’espletamento eutocico del parto e sull’ "outcome" fetale. Molteplici sono le tecniche di trattamento del dolore da parto che si sono succedute nel tempo (tab.1) ma la sola tecnica capace di garantire lo svolgimento tranquillo e non traumatico di tutte le fasi dolorose del travaglio di parto con il minor numero di complicanze e senza che si renda necessario l’uso di analgesici per via endovenosa è l’anestesia peridurale continua. Questa tecnica è quella che più di ogni altra ottempera a quelli che sono i requisiti fondamentali di cui necessita qualunque modalità di trattamento del dolore da parto; essa infatti realizza un’analgesia efficace e controllabile fin dalle prime fasi del travaglio, è innocua per la madre, non esercita nessun effetto depressivo sul feto e, se ben gestita, interferisce in modo trascurabile sia sulle forze del parto che sul tono dei muscoli del pavimento pelvico anche se, il monitoraggio che essa comporta, è da alcuni considerato in antitesi con il concetto di umanizzazione del parto.

Tabella 1 - Tecniche di trattamento del dolore da parto

Analgesia endovenosa: prevede la somministrazione ev di oppioidi e/o tranquillanti a dosaggi molto bassi consentono di attenuare ma non eliminare il dolore

Anestesia inalatoria:a concentrazioni subanestetiche realizzano analgesia durante il primo e secondo stadio del travaglio. Il grado di analgesia può risultare soddisfacente anche se non paragonabile a quella realizzata dall’anestesia peridurale. Quando necessario, a dosi più elevate, realizzano uno stato di ipnosi che si accompagna ad un rilassamento uterino 

Anestesia spinale: poco utilizzato per il parto per via vaginale per l’accentuato blocco motorio che interferisce pesantemente sulle forze del parto e sul tono dei muscoli del pavimento pelvico

Blocco paracervicale: non contempla il blocco delle fibre sensitive somatiche ed inoltre può indurre bradicardia fetale e depressione neonatale

Blocco dei pudendi: spesso tale tecnica può risultare incompleta a causa delle variazioni anatomiche del decorso del nervo e dell’innervazione sensitiva del perineo

Infiltrazione locale del perineo: utilizzabile esclusivamente per la perineotomia e la perineorrafia

Anestesia generale: non è la tecnica di scelta per il parto per via vaginale; essa è riservata per espletare rapidamente il parto in caso di sofferenza fetale acuta o per eseguire alcune manipolazioni intrauterine che necessitano un notevole rilasciamento del viscere 

DINAMICHE GESTIONALI
Le pazienti che afferiscono al nostro Ambulatorio "Prenatale" ed a quello della "Gravidanza a Rischio", in occasione del controllo programmato alla 32^ settimana vengono informate sulla possibilità di espletare il parto in analgesia peridurale o un eventuale TC in anestesia periferica (spinale). A tal fine, le pazienti vengono avviate all’Ambulatorio di Anestesia dove saranno accolte da un anestesista del nostro Servizio che, oltre ad eseguire una tradizionale valutazione anestesiologica, le informa accuratamente sulle tecniche di anestesia periferica (peridurale e spinale). I dati emersi dalla visita vengono quindi inseriti nel sistema informatico centralizzato del Servizio di Anestesia, provvisto di terminali in sala parto e nelle sale operatorie.
Quando una paziente si presenta al PS ostetrico viene "accettata" dal ginecologo di guardia, che compila la cartella di ricovero, esegue l'anamnesi e l'esame obiettivo ostetrico, dispone l' esecuzione degli esami ematochimici di routine, di un ECG e programma un esame CTG di base della durata di 30 min. circa.
La paziente in fase prodromica di travaglio viene inviata in Reparto ed esegue un controllo clinico ogni 90-120 min. o su richiesta della stessa (fig.1). La paziente ad inizio di travaglio (inizio della fase attiva) viene inviata presso "l'Unità di Accoglienza alla Nascita", dizione che sostituisce quella tradizionale di "sala parto" a sottolineare l'elemento di umanizzazione che cerchiamo di conferire all'evento parto (fig.2). A tal fine è consentito l'ingresso nell'area di accoglienza alla nascita (sala travaglio, sala parto), anche di un familiare (marito, madre) (fig.3). La paziente candidata alla AP viene quindi presa in carico da un’équipe ostetrico-anestesiologica costituita: dal ginecologo di guardia, dall'ostetrica/o di sala parto, dall'anestesista di guardia e dal tecnico di anestesia.

Figura 1

Figura 2

 

Figura 3 - Ingresso nell'area di accoglienza alla nascita (sala travaglio, sala parto), anche di un familiare (marito, madre) che potrà assistere la paziente fino all’espletamento del parto

Previa diagnosi di inizio della fase attiva del travaglio, il ginecologo richiede l'intervento dell'anestesista che ricerca al computer della sala parto i dati preoperatori raccolti durante la visita anestesiologica ambulatoriale e, se questa è stata precedentemente eseguita, rivalutato l'esame obiettivo, induce l'anestesia. Se, al contrario, la paziente non è stata seguita nei nostri Ambulatori, l’anestesia viene indotta solo dopo accurata visita preoperatoria e richiesta di eventuali esami ematochimici non esibiti. La paziente viene quindi sottoposta a monitoraggio continuo materno-fetale mediante registrazione di ECG, PA, CTG. Un'eventuale riduzione dell'attività contrattile viene corretta dalla somministrazione di ossitocina in infusione e.v. continua ed in via profilattica, per prevenire possibili crisi ipotensive la paziente viene "riempita", con le stesse modalità, di gelatina. (Eufusin). Il controllo della paziente viene quindi affidato all’ostetrica la quale provvederà a segnalare all'anestesista eventuali scoperture analgesiche e terrà informato il ginecologo di guardia circa l’evoluzione del travaglio. Il trasferimento in sala parto avverrà quando la parte presentata, giunta al piano perineale, sarà prossima all'espulsione. Prima di procedere all'eventuale episiotomia, viene eseguito un controllo del livello di analgesia del piano perineale e, al termine della sutura perineale l'infusione di anestetico viene sospesa. Il catetere peridurale viene rimosso dall'anestesista di guardia dopo 24 ore; ciò per assicurare, nel caso di insorgenza di vivo dolore nelle ore immediatamente successive al parto, un adeguato comfort alla paziente che potrà vivere serenamente nella sua interezza, l’esperienza della propria maternità. Inoltre, in caso di necessità emergenti, è possibile somministrare anestetico locale attraverso il catetere peridurale precedentemente posizionato ed ottenere uno stato analgesico che può essere in ogni momento rapidamente approfondito. Così operando, possiamo indurre anche più pazienti contemporaneamente riuscendo a trattare il dolore da parto in un gran numero di casi; come vedremo più avanti, infatti, nel nostro Reparto, oltre il 50% delle pazienti partorisce in anestesia peridurale.

NOSTRA ESPERIENZA
Una delle maggiori critiche fatte all’anestesia peridurale in ostetricia è che questa tecnica di analgoanestesia modifica i tempi del travaglio nel senso che i vantaggi che si ottengono in fase dilatante vengono vanificati dagli svantaggi che si ottengono in fase espulsiva per un significativo aumento della lunghezza di tale periodo con conseguente maggior rischio di acidosi fetale e parti operativi rispetto alle pazienti in cui il dolore da parto non viene trattato. In realtà sembrerebbe che tale maggior rischio non si verifichi per un complessivo aumento del periodo espulsivo (inteso come intervallo fra dilatazione completa e parto), ma per un allungamento del tempo che essi chiamano "tempo di espulsione della testa fetale" definito come l’intervallo tra il primo sforzo espulsivo ed il parto. A tal proposito ci piace segnalare che già Denman nel 1817, allo scopo di prevenire interventi inutili e potenzialmente rischiosi raccomandò di attendere 6 ore prima di applicare un forcipe. Segnalazioni dell' American College of Obstetricians and Gynaecologists consigliano l'uso del forcipe non prima di tre ore di vigile attesa durante la fase espulsiva valutata nel suo complesso. A conferma di quanto detto riportiamo di seguito l'analisi retrospettiva che abbiamo eseguito sulla nostra attività di Sala Parto negli anni 1990-98 (fig.4).

Figura 4

Nel periodo considerato abbiamo avuto 18773 parti, il 43.7% (8203) dei quali, è stato espletato in anestesia peridurale, il 36.9% (6929), senza alcun trattamento del dolore ed il 19.3% (3641), è stato espletato per via addominale per indicazione di elezione. Abbiamo escluso dal nostro campione le pazienti che sono state sottoposte a T.C. elettivo per cui questo si è ridotto a 15132 pazienti e le percentuali relative alla prevalenza del trattamento o meno del dolore da parto sono conseguentemente passate rispettivamente al 54.2% ed al 45.8%. Fra le pazienti del nostro campione di studio che hanno partorito in anestesia peridurale, l’incidenza dei parti operativi è stata dell’13,8% rispetto al 9,6% dei controlli. I parti spontanei hanno inciso rispettivamente per l’86,1% e per il 90,2% (fig.5) (tab. 2).

Figura 5

 

Tabella 2

 

PERIDURALE 8203 (54.2%)

CONTROLLI 6929 (45.8%)

PARTI OPERATIVI

1136 (13.8 %)

674 (9.6%)

PARTI SPONTANEI

7067 (86.1%)

6255 (90.2%)

Nel gruppo delle pazienti che hanno partorito in analgesia peridurale, l'incidenza di applicazione di forcipe al piano perineale è stata dello 0,7% e l'incidenza dei TC del 13,1%, mentre nel gruppo delle pazienti che ha partorito senza ricorrere all’ anestesia peridurale, l'incidenza di applicazione di forcipe è stata dello 0,1 % e l'incidenza di TC del 9.5% (Tab.3)

Tabella 3

 

PERIDURALE 8203 (54.2%)

CONTROLLI 6929 (45.8%)

FORCIPE

61 (0.7 %)

11 (0.1%)

T.C.

1075 (13.1%)

663 (9.5%)

TOTALE

1136 (13.8%)

674 (9.6%)

La bassa incidenza di applicazione di forcipe al piano perineale è un dato che si discosta nettamente dai dati riportati il Letteratura, e noi riteniamo sia dovuto:

  • alla tecnica di analgesia peridurale (uso di piccoli volumi di bupivacaina allo 0,3 % in infusione continua ) che consente di evitare il bolo nella fase espulsiva, minimizzando la possibilità di comparsa di inibizione del riflesso di Ferguson e di blocco motorio della muscolatura addomino-pelvica, con conseguente riduzione dell'intensità della spinta espulsiva ed inadeguata rotazione della testa fetale;

  • alla corretta valutazione della fase espulsiva: il nostro intervento, in presenza di benessere materno-fetale, diventa "attivo" solo dopo tre ore di attesa dal momento della avvenuta dilatazione completa.

La prevalenza di T.C. (7.1%) nel gruppo di pazienti che hanno richiesto l’anestesia peridurale, riferita al numero totale dei parti del nostro campione di studio (15132), rispetto a quella delle pazienti che hanno partorito senza far ricorso ad essa (4.4%), si inserisce, poi, tra le percentuali più basse riportate in Letteratura (fig.6)).

Figura 6


Tale dato acquista inoltre ancor più valore se si tiene conto :

  • che la maggior parte delle pazienti che richiedono l'APP sono nullipare,

  • che in queste, le cause di distocia sono più frequenti che nelle pluripare e

  • che nel nostro Ospedale, anche per la presenza di un Reparto di Terapia Intensiva Neonatale adiacente al nostro, afferiscono in gran numero gravidanze a rischio.

Appare interessante la lettura dei dati anno per anno nelle pazienti sottoposte ad analgoanestesia peridurale (Tab.4): la prevalenza dei parti operativi si abbassa dal 14,4% del 1990 al 9,8% del 1993, per ritornare allo stesso valore dell’anno di partenza (14,4%) nel 1995, raggiungere il 17,% nel 1997 e ridiscendere al 13.3% nel 1998 ; i parti operativi per via addominale dopo un progressivo decremento fino al 1993 dall’11,1% al l’9,4%, subiscono un successivo incremento raggiungendo una prevalenza del 16.8% nel 1997 per ridiscendere al 13.2% nel 1998; i parti operativi per via vaginale subiscono una costante diminuzione passando dal 3,3% del 1990 allo 0,1% nel 1998.

 

Tabella 4 - Modalità di espletamento del parto nelle pazienti sottoposte ad anestesia peridurale

Anno

N. Parti

Parti Spontanei

Parti Operativi

Tagli Cesarei

Forcipi

1990

629

538

83,9%

91

14,4%

70

11,1%

21

3,3%

1991

651

565

86,8%

86

13,2%

68

10,4%

18

2,8%

1992

823

742

90,1%

81

9,9%

73

8,9%

8

1%

1993

862

777

90,1%

85

9,8%

81

9,4%

4

0,4%

1994

959

831

86,6%

128

13,3%

125

13%

3

0,3%

1995

1050

899

85,6%

151

14,4%

150

14,3%

1

0,1%

1996

1303

1079

82,8%

224

17,2%

221

17%

3

0.2%

1997

892

740

83%

152

17%

150

16.8%

2

0.2%

1998

1034

897

86.7%

138

13.3%

137

13.2%

1

0.1%

Totale

8203

7067

86,2%

1136

13,8%

1075

13.1%

61

0,7%

Fino al 1993 notiamo una costante diminuzione dei parti operativi che interessa sia le applicazioni di forcipe che i tagli cesarei; dopo tale data, mentre continuiamo ad osservare una diminuzione dei parti operativi per via vaginale, assistiamo ad un incremento dei tagli cesarei. Riteniamo che la spiegazione dell’andamento di tali dati fino al 1993, sia da mettere senza dubbio in relazione alla maggiore esperienza via via maturata, ma soprattutto al buon livello organizzativo che siamo riusciti a raggiungere e che ha mirato soprattutto ad ottenere l’indispensabile perfetto affiatamento delle équipes coinvolte (ostetrici, anestesisti, neonatologici, analisti, parasanitari) nella gestione del trattamento del dolore da parto. Dopo tale data, la sempre maggior connotazione di "Centro di riferimento per le gravidanze a rischio" che il nostro Ospedale ha acquisito nel tempo rende inoltre ragione dell’aumento di quantità e di qualità dei parti che ogni anno siamo stati chiamati ad espletare. Il dover gestire un sempre maggior numero di gravidanze a rischio giustifica l’incremento, registrato, del numero dei tagli cesarei che nel 1997 ha raggiunto il 17%.
Altro motivo che ha contribuito a determinare il dato su riferito è stato un atteggiamento di autoprotezione da inconvenienti medico-legale che oggi, come sappiamo, sono sempre più all’ordine del giorno.
Il lieve decremento della prevalenza dei TC nel 1998 (13.2%) si deve, infine, ad un tentativo di ridimensionare il problema medico-legale, riportandolo alle giuste dimensioni.
Nell’intento di valutare il vissuto del travaglio e del parto nelle pazienti che avevano partorito in anestesia peridurale, abbiamo proposto alle donne che avevano partorito con tale metodica un questionario sulle motivazioni e le opinioni circa l’uso di tale tecnica.
Nel periodo Giugno-Dicembre 1994, in collaborazione con gli anestesisti sono stati compilati nel corso della visita anestesiologica preparto 339 questionari, 220 dei quali sono stati completati con l’intervista delle pazienti dopo il parto (fig.7)

Figura 7

Dalla analisi delle riposte ottenute è emerso che: il 79,6% delle pazienti non riteneva necessario il dolore nel parto; il 69,9% era a conoscenza dell’uso della tecnica di AP in travaglio di parto ; il 52% giudicava l’AP complessivamente una tecnica buona, il 42% ottima e soltanto 6% la riteneva insufficiente ; il 72% delle donne intervistate si era dichiarata disposta a ripetere l’esperienza, il 20% non era sicura della eventuale scelta futura, mentre l’8% non avrebbe voluto ripetere l’esperienza(fig.8).

 

Figura 8

In sintesi, alla luce di quanto su esposto, ci sembra di potere serenamente affermare che Il trattamento "del dolore da parto", dalla gran parte delle pazienti non ritenuto necessario prezzo da pagare alla maternità, oggi è un irrinunciabile traguardo di una moderna Ostetricia. L'analgoanestesia peridurale in particolare, se adeguatamente temporizzata e correttamente eseguita, consente una serena partecipazione emotiva della donna e del familiare all'evento parto, costituendo per se stessa un importante fattore umanizzante.

Considerazioni Conclusive
Non si può certo affermare che sia facile adeguare metodologie e comportamenti utili a perseguire una prestazione sanitaria al tempo stesso "efficace ed umana". In particolare gli ostacoli e le difficoltà che il trattamento e la gestione "del dolore totale" da parto comporta sono molteplici.
Crediamo che il primo sia da identificarsi nella pletora assistenziale che molti reparti si trovano a dover gestire. Se, infatti, da un lato, vi sono alcune strutture esuberanti rispetto al numero di parti, al tempo stesso ve ne sono altre sottoposte ad una esorbitante pressione quantitativa da parte dell'utenza. Non bisogna mai dimenticare che il rapporto tra quantità e qualità, oltre un certo valore-soglia, diventa decisamente negativo. Il secondo ostacolo è costituito dalla preparazione del personale frequentemente non adeguata, non sempre per cattiva volontà, ma perché le modalità di saper comunicare con il prossimo, il sapersi porgere nelle varie condizioni quotidianamente emergenti, non sono realtà che possono improvvisarsi o essere affidate alla buona volontà individuale. Se questi limiti possono essere risolti su un piano istituzionale con una più adeguata pianificazione degli interventi formativi, non altrettanto può dirsi per un altro limite dovuto alle difficoltà individuali sia abituali (carattere, temperamento, formazione personale) che accidentali (malattie, problemi familiari, difficoltà economiche, ecc.). Lo sforzo da fare in tal senso è essenzialmente "autoformativo" e fa leva sull'individuale senso di responsabilità da parte degli operatori. Bisogna stare attenti a non trasformare in alibi l’eccesso di lavoro o problemi tecnici che necessitano immediata risoluzione (urgenze emorragiche, emergenze rianimatorie, ecc.) o ancora problemi di ordine personale per giustificare un proprio comportamento inadeguato
Altra difficoltà ancora, è il contesto socioculturale che non sempre facilita gli sforzi di una più attenta modalità relazionale. Certo è difficile essere gentili e cortesi con chi ci insulta o non riconosce un diverso, più "umano" atteggiamento nei suoi confronti. Ma non bisogna dimenticare che, al di là dell'educazione individuale o del background culturale, tale comportamento è spesso il risultato di un inveterato malcostume sanitario di cui proprio tali fasce sociali sono state vittime preferenziali.
Infine non va sottovalutata la sindrome da burn-out che prima o poi colpisce l'operatore sanitario soprattutto in reparti di alto impegno tecnico ed emotivo, di elevato stress lavorativo e, tutto sommato, di gratificazione umana non sempre proporzionata. Tutto questo, ancora una volta, non ha la funzione di "giustificare" un operato deficitario da parte del personale, ma di comprendere un'ulteriore motivazione dell'insufficiente livello di umanizzazione che spesso viene lamentato nei nostri ospedali.
Alla fine di questa esposizione sul controllo farmacologico del dolore da parto e sulla possibilità che i tecnicismi che le singole procedure comportano, contrastino con il concetto della umanizzazione della prestazione medica, possiamo rispondere che tale contrasto, nella nostra esperienza, maturata in nove anni di pratica su più di 8000 analgoanestesie peridurali, non esiste e, se anche ci fosse, sarebbe giustificato dagli indubbi vantaggi che il trattamento del dolore da parto comporta. Se poi, non ci si limita a prendere in considerazione il solo "dolore fisico" e, al contrario, si considerano le varie componenti del "dolore da parto", trattando, con adeguati comportamenti, il "dolore totale", riteniamo che l’antinomia concettuale medicalizzazione-umanizzazione sia difficilmente sostenibile. Siamo anzi fermamente convinti che l’adeguato trattamento anche del solo "dolore fisico", durante il travaglio ed il parto, costituisca, per se stesso, un fattore umanizzante di grande valore, che consente alla donna di vivere intensamente e condividere con il familiare prescelto, nella pienezza delle proprie emozioni, la sempre nuova esperienza della nascita del proprio figlio.

 

Letture consigliate

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EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia
costituisce la parte Italiana della versione Americana, pubblicata su Internet da Keith J Ruskin, Professore di Anestesia alla Università di Yale. I lavori saranno accettati sia in lingua Italiana che Inglese. In quelli di lingua Italiana un corposo riassunto in Inglese verrà preparato dalla redazione, qualora l'autore non fosse in grado di fornirlo. A cura della redazione sarà inoltre la traduzione in Italiano dei manoscritti inviati in lingua Inglese. La rivista sarà inviata gratuitamente a tutti quelli che ne faranno richiesta, inviando il seguente messaggio "Desidero ricevere ESIA versione italiana" indirizzato a LANZA@UNIPA.IT

La rivista pubblica rewiews e lavori originali compiuti nei campi dell'anestesia e della medicina critica. I lavori originali riguardano ricerche cliniche, di laboratorio e la presentazione di casi clinici. Le reviews includono argomenti per l'Educazione Medica Continua (EMC), articoli di revisione generale o riguardanti le attrezzature tecniche. ESIA pubblica le lettere all'Editore contenenti commenti su articoli precedentemente publicati ed anche brevi comunicazioni. La guida per gli autori può essere consultata collegandosi al sito ANESTIT all'indirizzo: http://anestit.unipa.it/ utilizzando la sezione riservata ad ESIA-Italia; oppure può essere richiesta inviando un messaggio a lanza@unipa.it EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE Sezione Italiana
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Riccardo Campodonico
Responsabile dell'Unità di Terapia Intensiva Cardiochirurgica - Azienda Ospedaliera di Parma
ricrob@mbox.vol.it

Anestesia e malattie epatiche

Andrea De Gasperi
Gruppo trapianti epatici / CCM - Ospedale Niguarda - Milano

Medicina critica e dell'emergenza

Antonio Gullo
Professore di Terapia Intensiva - Direttore del Dipartimento di Anestesia e Terapia Intensiva -Università di Trieste

Anestesia ed informatica

Vincenzo Lanza
Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione - Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli - Palermo

Tossicologia

Carlo Locatelli
Direttore del Centro di Informazione Tossicologica Centro antiveleni di Pavia - Fondazione Scientifica "Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione"- Pavia

Terapia Antalgica e Cure Palliative

Sebastiano Mercadante
Responsabile dell' Unità d'Anestesia e di Terapia del Dolore e Cure Palliative - Dipartimento Oncologico La Maddalena - Palermo terapiadeldolore@la-maddalena.it