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Reazioni indesiderate e complicazioni dell'Anestesia Peridurale in ostetricia

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Vincenzo Lanza, Amedeo Pignataro
Servizio di Anestesia e Rianimazione - Ospedale Buccheri La Ferla - Palermo
lanza@unipa.it
ampigna@tin.it

L'anestesista, chiamato ad effettuare un'anestesia peridurale o epidurale (AP) in sala travaglio, si trova ad operare spesso in condizioni d'urgenza, in donne sofferenti e agitate, e a dovere approfittare delle fasi di assenza delle contrazioni uterine per eseguire il blocco. In queste condizioni l'insorgenza di reazioni indesiderate, di inconvenienti o di complicazioni dell'AP ha un impatto maggiore rispetto ad altre situazioni chirurgiche: il contesto in cui si opera, caratterizzato da una particolare coloritura emotiva, che non coinvolge soltanto la donna gravida e i suoi familiari ma a volte anche il  personale medico e ostetrico-infermieristico che se ne prende cura, richiede infatti all'anestesista una buona familiarità con le tecniche d'anestesia rachidea per prevenire e fronteggiare al meglio i problemi connessi con un'AP.
Le reazioni indesiderate e gli inconvenienti si verificano precocemente, sono generalmente di breve durata e facilmente ovviabili. Stabilire con esattezza il limite tra le reazioni indesiderate e le complicazioni dell'AP, tuttavia, non è sempre facile: così l'ipotensione, considerata in genere una complicazione, è per altri versi un inconveniente che accompagna l'AP.
Anche se schematica, la suddivisione tra reazioni indesiderate e inconvenienti da un lato, e complicazioni dell'AP dall'altro, è certamente utile in termini di gravità dell'evento e di trattamento anestesiologico, per cui sarà esaminata separatamente.

1. Reazioni indesiderate ed inconvenienti dell'AP

L'aspirazione di sangue è l'inconveniente più frequente (2.8-11.5%) durante l'esecuzione di una AP, ma di solito non richiede l'abbandono della tecnica. La particolare situazione anatomica della gravida (accentuazione della lordosi lombare, utero di grosse dimensioni, aumento della pressione venosa) determina un effetto compressivo sullo spazio peridurale, nel quale si assiste ad un particolare ingorgo venoso della già ricca vascolarizzazione dello spazio peridurale. La fuoriuscita di sangue dall'ago impone la sua estrazione e la puntura con una direzione differente. La presenza di sangue nel catetere peridurale, invece, se in piccole quantità, è facilmente risolvibile con l'iniezione di qualche ml di soluzione fisiologica e con l'attesa di 10-20 sec. senza aspirare, ma semplicemente deconnettendo la siringa dal catetere. Se si è incannulato un vaso, dopo 1-2 tentativi di "lavaggio" con fisiologica è possibile cambiare spazio, ricorrendo di solito a quello immediatamente superiore; se anche alla puntura in uno spazio differente si dovesse ripetere l'aspirazione di sangue nel catetere peridurale è prudente abbandonare l'AP. Alcuni autori sostengono che l'approccio mediano al rachide riduca l'incidenza di sanguinamento, mentre altri consigliano un approccio paramediano con la punta dell'ago diretta cranialmente e verso il rachide.

Le parestesie sono anch'esse comuni durante l'AP nella donna in travaglio. Quasi assenti con l'ago di Thuoy che viene arrestato subito dopo il legamento giallo, mentre la sol. fisiologica sfruttata per il mandrino liquido va ad ampliare lo spazio peridurale, le parestesie sono tipiche alla penetrazione del catetere nello spazio peridurale. Avvertite generalmente al sacro e agli arti inferiori, si esauriscono rapidamente e non necessitano di alcun provvedimento; se prolungate richiedono la cauta rimozione del catetere ed il suo posizionamento in un altro spazio. Alcuni anestesisti preferiscono somministrare piccole dosi (1-2 ml) di anestetico locale (lidocaina 2%), prima dell'inserimento del catetere peridurale attraverso l'ago di Thuoy; tale procedura se, da un lato elimina le paresteie al passaggio del catetere  attraverso l'ago nello spazio peridurale, dall'altro espone al rischio, peraltro raro, di lesioni traumatiche a piccole terminazioni nervose presenti nello spazio peridurale. 

La difficoltà all'avanzamento del catetere

La difficoltà all'avanzamento del catetere nello spazio peridurale può essere dovuta alla penetrazione dell'ago in uno spazio diverso da quello peridurale (es. pararachideo) o all'ostacolo di vasi, radici, grasso presenti nello spazio stesso. In questo casi è preferibile fuoriuscire l'ago, evitando di ruotarlo e riprovare (nello stesso spazio) facendo cambiare posizione alla paziente e modificando l'inclinazione dell'ago in senso craniale.

La comparsa di senso di "ebbrezza", tinniti, sapore metallico, diplopia e vertigini sono i chiari segni del passaggio intravascolare dell'anestetico locale (AL). Quest'incidente può verificarsi nonostante siano negative dose test e test di aspirazione, da effettuare sempre prima dell'iniezione di anestetico locale attraverso il catetere. Alla comparsa dei sintomi citati, va subito arrestata l'iniezione di anestetico locale e controllata la donna per valutare l'entità dei sintomi e la presenza o meno di segni di blocco. Se la sintomatologia consecutiva all'iniezione vascolare di AL è minima, non è necessario alcun provvedimento, ma è prudente abbandonare la tecnica. In caso di convulsioni o perdita della coscienza è ovvio il ricorso alla rianimazione cardiopolmonare.

Il brivido è un evento frequente (fino al 20%) nelle donne in travaglio. Abitualmente presente dopo il parto nelle donne senza AP, si manifesta precocemente, a volte ancora prima dell'installazione del blocco nelle gravide che ricevono un'AP. Attribuibile a diversi fattori (stress, iniezione di soluzioni fredde endovenose e peridurali, alterazione della termoregolazione ipotalamica), è un esperienza poco gradevole anche se abitualmente sottostimata dall'équipe medico-infermeristica di sala parto. In travaglio può essere utile somministrare piccole dosi di fentanyl (50 mcg) per via peridurale o endovenosa; il brivido dopo il parto può essere controllato con la somministrazione e.v. di clonidina (0.150 mg) o di meperidina (25-50 mg). Nonostante segnalazioni contrastanti, entrambi i farmaci sembrano efficaci. La clonidina, pur dando sedazione, bradicardia e lieve effetto ipotensivo non contribuisce, come la meperidina, al vomito, evento peraltro frequente nella donna in travaglio.

Blocco lateralizzato

Peridurografia che evidenzia l'opacizzazione del muscolo ileopsoas a conferma del cattivo posizionamento del catetere peridurale

Un blocco lateralizzato è l'espressione dello scorretto posizionamento del catetere, verosimilmente introdotto per più di 3-4 cm nello spazio peridurale e fuoriuscito attraverso un forame intervertebrale (vedi figura sopra). Il problema può essere ovviato sfilando il catetere peridurale di 1-2 cm, somministrando un dose supplementare di AL a maggiore concentrazione con la donna gravida sul fianco "scoperto" dall'analgesia. Se non si ottiene risultato, è preferibile non accontentarsi di un blocco peridurale imperfetto e conviene ripetere l'AP senza perdere ulteriore tempo.

Blocco segmentario

Peridurografia che mostra la distribuzione non uniforme del mezzo di contrasto nello spazio peridurale per la presenza di sepimenti

Il blocco segmentario, ovverossia la presenza nell'addome di aree (di solito a livello inguinale) "sensibili" a "macchia di leopardo" dopo il bolo peridurale di AL, si manifesta più frequentemente in ostetricia per via dell'impiego di soluzioni molto diluite di anestetico locale, insufficienti a bloccare le fibre sacrali, classicamente resistenti; non si dovrà ripetere l'AP, ma è sufficiente una piccola dose di rinforzo di AL (bupivacaina 0.5% 3-5 ml o ropivacaina). Può anche essere utile aggiungere 50 mcg di fentanyl all'anestetico locale.

2. Complicazioni dell'AP

Le complicazioni dell'AP possono riguardare il sistema nervoso centrale, quello periferico o altri organi ed apparati. Le complicazioni neurologiche possono essere dovute al trauma diretto dell'ago e/o del catetere, ad infezione, ad effetti tossici degli anestetici locali o di altre sostanze iniettate nello spazio peridurale, ad ischemia e a compressione.
In relazione al periodo in cui si manifestano, tali complicazioni vengono distinte in precoci e tardive, mentre sono indicate come maggiori o minori a seconda dell'entità del danno neurologico determinatosi. A queste cause, bisogna aggiungere altri fattori non in relazione all'anestesia ma dovuti ad errati posizionamenti della partoriente sul letto da parto, a traumi chirurgici, a malattie neurologiche non diagnosticate, anch'essi in grado di determinare lesioni neurologiche perioperatorie.

Complicazioni neurologiche maggiori. La paura di possibili complicanze neurologiche successive all’utilizzazione delle tecniche anestesiologiche rachidee ha avuto un’azione frenante sulla diffusione e sull'utilizzazione di queste tecniche in chirurgia e nel campo dell’analgesia del parto. In realtà, i rischi connessi alle tecniche d'anestesia regionale sono spesso esagerati; stando alle statistiche riportate, le complicanze neurologiche gravi e permanenti causate da AS (Anestesia Spinale o Subaracnoidea) o AP sono rarissime. Una metanalisi recente ('95) condotta per studiare l’incidenza di ematomi spinali dopo anestesia rachidea stima che il rischio è dello 0.0007% dopo AP e dello 0.0005 dopo AS (1). Anche in campo ostetrico le segnalazioni di incidenti neurologici "maggiori" in donne che hanno partorito in AP sono molto rare con una incidenza variabile tra lo 0 e lo 0.0006% (2, 3). Tra le sequele dell'AP e AS, in rapporto all'anestesia generale, non c'è evidenza che l'anestesia regionale sia associata ad un maggior numero di complicanze. In genere lesioni nervose perioperatorie sono da tempo segnalate in seguito all'anestesia generale e loco-regionale. Un elenco delle complicazioni consecutive ad AP è mostrato in tabella 1.

tabella 1
Causa Meccanismo Prognosi

Trauma Ematoma compressivo, parestesie, deficit motori Buona se evacuato
Infezione Dolore, paralisi Scadente
Compress. Midollare, meningoencefaliti Buona se evacuato
Mecc. tossico Mielomalacia Scadente
Neurite Buona
Ischemia Mielopatia segmentaria

Mielopatia generalizzata

Buona

Scadente

Compressione Deficit sensitivo-motori

Parestesie

Paralisi flaccida

Areflessia

Buona

Buona

Scadente

Buona se evacuata

Ematomi spinali e peridurali, evenienze tra le più gravi, d'altro canto, possono verificarsi anche spontaneamente, soprattutto in pazienti in trattamento anticoagulante, così come sequele neurologiche non in relazione con l'anestesia rachidea sono riportate dopo il parto o causate da lesioni nervose da divaricatori durante interventi addominali. Dall'analisi delle cause di rimborso per lesioni neurologiche associate all'anestesia, autori americani hanno constatato che spesso gli esatti meccanismi che determinano il danno neurologico sono poco chiari e, probabilmente intervengono fattori molteplici solo in parte riconducibili alla tecnica anestesiologica impiegata.

Un'attenta anamnesi e l'esame clinico preoperatorio della gravida per individuare eventuali fattori di rischio (turbe della coagulazione, terapia con farmaci che agiscono sull'emostasi) nei riguardi dell'AP, sono essenziali per minimizzare le complicazioni; durante il blocco va posta attenzione all'insorgenza di parestesie e/o dolore elicitate dall'ago o dal catetere. Particolare cura va dedicata al corretto posizionamento sul letto in sala travaglio e in sala parto degli arti inferiori della partoriente a blocco avvenuto, al fine di evitare posizioni scorrette. Dopo il parto, la donna deve essere controllata in sala risveglio, oltre che da un punto di vista strettamente ostetrico, fino alla completa risoluzione del blocco, tranne che non si pianifichi un'infusione continua d'anestetico locale, per problematiche ostetriche che nel postpartum necessitino di particolare impegno per il controllo del dolore. Controlli alla 12a e alla 24a ore di distanza dall'anestesia rachidea, sono imperativi della sorveglianza postoperatoria. Un ritardo prolungato nel recupero funzionale dell'area interessata dal blocco, soprattutto se associato a dolore lombare, impone un atteggiamento diagnostico deciso alla ricerca di eventuali fenomeni emorragici la cui individuazione e con trattamento precoce sono spesso risolutivi.

Complicanze neurologiche minori post-partum

Se per le complicanze neurologiche maggiori è difficile spesso attribuirne la causa alla tecnica anestesiologica, per le complicanze neurologiche definite "minori" un attento esame neurologico permette quasi sempre di individuare cause ostetriche o chirurgiche e di escludere cause strettamente anestesiologiche.

Il fenomeno della nascita è infatti accompagnato da un intrinseco rischio di complicanze neurologiche variabili per tipo e gravità. La testa fetale può infatti durante la sua progressione nel canale del parto determinare una compressione sulle strutture nervose presenti nella piccola pelvi (plesso lombosacrale), soprattutto nel caso di sproporzione materno-fetale, determinando nel post-partum alterazioni sensitivo-motorie agli arti inferiori e/o disturbi vescicali di durata variabile. Tali alterazioni sono anche più frequenti in casi di travaglio prolungato o di applicazione di forcipe.

Un certo numero di neuropatie sono inoltre causate da posizioni scorrette e prolungate assunte dalla partoriente nel periodo del peripartum o da una patologia a coinvolgimento neurologico, conosciuta o sconosciuta, aggravata comunque dalla gravidanza (sclerosi a placche, diabete, malformazioni vascolari rachidee,etc.)

1. Neuropatie periferiche

Valutare l’incidenza di alterazioni neurologiche periferiche da cause intrinseche al parto è molto difficile. I dati della letteratura stimano l’incidenza di complicanze neurologiche materne tra lo 0.04% e lo 0.03% (4,5,7).

  Il tronco lombo-sacrale, che scende anteriormente all’articolazione sacro-iliaca, è generalmente ben protetto dal promontorio del sacro e non può essere compresso dalla testa fetale o dalle valve del forcipe. In caso però di bacino appiattito (platipeloide) allora la compressione può interessare il tronco lombo-sacrale e soprattutto le fibre provenienti da S1.

Clinicamente questa compressione si tradurrà in un deficit cutaneo e muscolare nel territorio del n.sciatico popliteo esterno (ipoestesia della faccia esterna della gamba e deficit della flessione dorsale del piede) della durata variabile tra 1-12 settimane.

  Il n.femorale ed il n.otturatorio sono raramente compromessi durante il parto vaginale (accade più facilmente in corso di TC) mentre relativamente più frequenti sono i traumi riportati a carico del n.femoro-cutaneo che può subire, nel suo passaggio dietro il legamento inguinale, uno stiramento importante durante una prolungata posizione ginecologica delle gambe sulle staffe. La sintomatologia sarà dominata da una parestesia o disestesia della parete laterale della coscia . Una posizione litotomica scorretta, con una eccessa rotazione esterna delle anche può provocare uno stiramento del n.sciatico. La sintomatologia sarà dominata da una paralisi dei muscoli della gamba e dei muscoli della loggia posteriore della coscia con ipoestesia della metà laterale del polpaccio e del piede (6).

Anche il n.tibiale posteriore può subire delle lesioni soprattutto se si utilizzano, in posizione litotomica, delle staffe metalliche poste dietro il ginocchio. La compressione eccessiva sul cavo popliteo provoca un deficit nella flessione plantare del piede ed anestesia della superficie volare delle dita e della pianta del piede.

Bisogna dunque fare in modo che la partoriente possa cambiare la sua posizione durante il travaglio ed evitare che venga mantenuta per periodi lunghi in posizione litotomica. Ciò è ancora più importante se la paziente si trova in AP in quanto, in questa condizione, la normale reazione a cambiare la propria posizione in risposta ad una sensazione di intorpidimento può essere attenuata.

Le neuropatie associate all’utilizzazione dell’AP riguardano generalmente un singolo nervo spinale o periferico, appartenenti al plesso lombare o sacrale, e vengono riportate nell’ordine dello 0.04% (7). Esse sono causate da un trauma prodotto dall’ago e soprattutto dal catetere peridurale su una terminazione nervosa sensitiva. L’introduzione del catetere nello spazio peridurale determina infatti nel 20-40% dei casi parestesie transitorie lungo il territorio di distribuzione del nervo interessato.

La frequenza di parestesie è associata al tipo di catetere ed al disegno della sua punta. Solo comunque in un ristretto numero di casi queste parestesie elicitate all’atto della AP esitano, nel post-partum in sintomi di durata superiore alle 24-72 ore.

2. Cefalea

La cefalea è una complicanza che può seguire ad una infrazione durale accidentale durante l’esecuzione dell’AP (8,9). L'AP tecnicamente ben eseguita, infatti, di per sè non aumenta l’incidenza di cefalea nel postoperatorio di pazienti chirugici o nel post-partum di pazienti ostetriche. L’incidenza di puntura durale accidentale, variabile dallo 0.2 al 4%, dipende principalmente dall’esperienza dell’operatore e secondariamente dalla tecnica utilizzata per identificare lo spazio (la perdita di resistenza utilizzando la fisiologica è la tecnica più sicura). Viene generalmente ritenuta accettabile una incidenza non superiore l’1%.

A differenza dell’AS dove l’attraversamento della dura madre per iniettare l’anestetico locale viene realizzato con aghi molto sottili (22-25G) e poco traumatici (a punta di matita) che causano cefalea in una percentuale praticamente trascurabile, nell’infrazione durale realizzata con gli aghi normalmente utilizzati per l’AP (16-17 G) la comparsa di cefalea è quasi la regola (50-90%).

La causa della cefalea è la perdita di liquor cefalorachidiano dallo spazio subaracnideo attraverso la breccia causata dall’ago sulla membrana durale.

Se la perdita di liquor supera la sua produzione si determina una riduzione della sua pressione a livello intracranico che provoca uno stiramento verso il basso delle strutture sovratentoriali con conseguente cefalea.

Le partorienti hanno un rischio più elevato rispetto alla popolazione generale di soffrire di cefalea successiva ad una perforazione durale accidentale.

La sintomatologia, insorgente in 2a-3a giornata, è caratterizzata classicamente da dolore fronto-occipitale presente in posizione seduta o in piedi e che scompare con la posizione supina. L’entità del dolore è generalmente di grado medio-severo e obbliga la paziente alla posizione supina.

In alcuni casi vi possono essere associati, nausea, vomito e disturbi visivi o auditivi. Le misure preventive dopo una puntura durale accidentale nota sono rappresentate normalmente dal decubito supino per le prime 24 ore, da una idratazione intravenosa, dalla somministrazione di antinfiammatori non steroidei. Più raramente la profilassi viene effettuata con una infusione epidurale di soluzioni saline o colloidali (Destrano).

La terapia prevede normalmente il riposo a letto e la somministrazione di antinfiammatori non steroidei somministrati ogni 8-12 ore almeno per i primi 3 giorni. Misure aggiuntive sono rappresentate dall’utilizzazione di sostanze ad azione vasocostrittrice cerebrale come la caffeina. Il presupposto teorico all’uso della caffeina si basa su studi che evidenziano, in corso di acuta ipotensione liquorale, una venodilatazione cerebrale. In effetti la caffeina, usata in infusione lenta intravenosa ad alte dosi (50-100mg), ha un’azione efficace ma transitoria.

E’ anche prevista l’utilizzazione di ansiolitici e di farmaci ad azione antidepressiva (amitriptilina).

Queste misure terapeutiche sono in grado di contrastare bene la sintomatologia e di ottenerne una regressione completa e senza reliquati entro una settimana.

Una misura terapeutica assai efficace e definitiva è rappresentata dalla somministrazione di sangue nello spazio epidurale dove è avvenuta l’infrazione durale (blood patch) (10). La tecnica consiste nell’iniettare 15-20 ml di sangue prelevato sterilmente alla paziente da una vena periferica nello spazio peridurale al fine di realizzare un " tappo" sul foro durale ed un aumento di pressione peridurale, restaurando la normale pressione liquorale. Generalmente la cefalea si attenua rapidamente (3-15 min) e scompare entro poche ore quasi sempre definitivamente. La tecnica del blood patch, sebbene molto efficace, non è comunque senza rischi. A parte la possibilità di ripetere per una seconda volta una infrazione durale involontaria, non sono infrequenti rachialgie persistenti e nevralgie periferiche. Più raramente sono stati segnalati casi di radicolite, meningite e di ematomi peridurali.

La pratica corrente prevede dunque il riposo a letto per 1-2 gg. ed un trattamento farmacologico che associa l’uso di caffeina intravenosa associata ad antiinfiammatori non steroidei (diclofenac,ibuprofen,etc). L’utilizzazione del blood patch è in genere riservato a quei casi di cefalea severa e persistente non responsivi alla terapia tradizionale.

3. Lombalgia

La lombalgia è una eventualità frequente nel post-partum della popolazione ostetrica. Infatti sia nelle pazienti che partoriscono per via vaginale che in quelle sottoposte a taglio cesareo l’incidenza di mal di schiena di nuova comparsa sarebbe tra il 20 ed il 40%, soprattutto tra le pluripare, con una persistenza della sintomatologia ad un anno in circa il 15-20% dei casi (11,13).

La sintomatologia insorge solitamente nella prima settimana dopo il parto, ma non è infrequente un suo esordio nelle settimane successive.

Si tratta di un dolore tipicamente posturale, esacerbato dai movimenti di flessione della colonna, e associato qualche volta a cervicalgia ed a cefalea. Rararamente però necessita di un trattamento farmacologico continuo.

La lombalgia è presente comunque in almeno il 50% delle pazienti già durante la gravidanza. Durante la gravidanza si verificano delle modificazioni osteoarticolari della colonna vertebrale e delle ossa e del bacino, che si accentuano nelle ultime settimane. La causa principale risiederebbe nell’influenza esercitata dagli ormoni gravidici sui tendini, sui legamenti e sulle articolazioni, strutture tutte che risulterebbero più lasse e più predisposte a traumi. Studi effettuati con la RMN evidenzierebbero però anche delle alterazioni (rigonfiamento, protrusione) a carico dei dischi intervertebrali del tratto lombare in un’alta percentuale di donne in stato di avanzata gravidanza e tali modificazioni coinciderebbero frequentemente con il mal di schiena accusato dalle pazienti.

Altre importanti cause di dolore lombare sono rappresentate dalla flogosi dell’articolazione sacro-iliaca (durante la gravidanza) e dalle dislocazioni o fratture del coccige che sono rare ma riconosciute complicanze del parto.

La diffusione negli ultimi anni delle tecniche di anestesia rachidea in ostetricia ha posto il problema di un'eventuale associazione tra AP e lombalgia nel post-partum.

Gli studi più recenti danno dei risultati che non sono uniformi (12). Vi sarebbe per alcuni autori una maggiore incidenza di lombalgie nel post-partum di pazienti che partoriscono per via vaginale in AP (soprattutto in caso di travaglio prolungato) rispetto alle pazienti non in AP. Tale differenza non verrebbe riscontrata nelle pazienti che partoriscono per taglio cesareo, sia eseguito in AP che in AG. Tale risultato farebbe dunque pensare a cause legate alla postura della partoriente durante il travaglio ed il parto. Prolungate ed anomale posizioni assunte dalla paziente sul lettino non verrebbero percepite, a causa dell’abolizione del dolore successiva ad AP, e dunque sarebbero all’origine di affezioni muscolo-legamentose responsabili della lombalgia.

Altri lavori non hanno riportato risultati simili. Sembra comunque poco probabile che l’AP di per sè possa essere la causa di una tale sintomatologia visto che nella popolazione chirurgica non ostetrica, sottoposta ad AP o ad altre tecniche rachidee non si riscontra un’incidenza di lombalgia post-operatoria maggiore rispetto agli altri pazienti sottoposti a tecniche di AG.

Uno studio recente, nel quale veniva studiato poche ore dopo il parto il tratto lombare della colonna con la RMN, evidenziava dei segni di edema tissutale a livello discale di molti segmenti spinali, su tutte le pazienti che avevano partorito sia per via vaginale che per TC, a prescindere dalla tecnica anestesiologica utilizzata.

Queste alterazioni del tratto lombare riscontrate alla RMN, secondarie verosimilmente alla ritenzione idrica tipica della gravidanza, sarebbero comunque transitorie (3-6 mesi) e non sono peggiorate dalla puntura e incannulamento dello spazio epidurale.

L’elevata incidenza di lombalgia post-partum che si registra in tutta la popolazione ostetrica trattata o meno con l’AP impone comunque, a prescindere della sua causa, di prestare la massima attenzione alle posizioni assunte dalla paziente durante tutta la fase del travaglio, invitandola ad effettuare dei frequenti cambi posturali, ed agli spostamenti della stessa sul lettino alla fine del parto.

Quello che invece si osserva nelle pazienti che hanno partorito in AP, se la realizzazione della tecnica è stata difficoltosa, è una dolenzia a livello lombosacrale causata dal possibile trauma ai legamenti, alle fasce o al periostio vertebrale che è comunque di breve durata (1-7gg.) e non richiede in genere alcun trattamento.

In conclusione, il parto è associato ad un rischio intrinseco di complicazioni neurologiche di gravità variabile, indipendente da qualsiasi trattamento anestesiologico. L’utilizzazione della AP può comportare di per sè il rischio, estrinseco, di sequele neurologiche. Questo enfatizza l’importanza, anche al fine di distinguere cause ostetriche da cause anestesiologiche, di effettuare, al verificarsi di una eventuale complicanza, un’accurata e tempestiva valutazione neurologica per giungere rapidamente ad una diagnosi ed al trattamento terapeutico.

In relazione ai risultati dell’anamnesi e dell’esame fisico occorrerà effettuare le indagini radiologiche e i test neurologici ritenuti più idonei (TAC, RMN, etc).

In particolare, nel caso di neuropatie periferiche accompagnate da disturbi motori, l’elettromiografia degli arti inferiori e dei muscolo paraspinosi è un test molto utile perchè può accertare l’evoluzione della lesione e stabilire se essa risiede all’interno del canale spinale oppure è distale ai forami intervertebrali.

Tra le complicazioni non neurologiche dell'anestesia midollare, l'ipotensione arteriosa rappresenta quella più frequente. La vasoplegia, con conseguente caduta del ritorno venoso, secondaria al blocco delle fibre autonome pregangliari simpatiche, dipende principalmente dall'estensione del blocco simpatico e dalla conseguente predominanza vagale. Molto più frequente e pressocchè immediata (3-5 min.) dopo AS, incostante, tardiva e solitamente meno pronunciata dopo AP, l'ipotensione può determinare, se non adeguatamente trattata, ripercussioni sulla perfusione d'organo; in ostetricia, la riduzione del flusso utero-placentare consecutiva all'ipotensione materna può avere effetti negativi fetali. Il pre-riempimento con soluzioni colloidi o cristalloidi e l'uso dell'efedrina, oltre ad un adeguato posizionamento della gravida dopo il blocco (gambe sollevate, dislocazione a sinistra dell'utero in gravidanza), permette di ridurre considerevolmente l'incidenza e l'entità del calo pressorio. Nausea e vomito sono direttamente riconducibili all'ipotensione, anche se talvolta sono il risultato di manovre di trazioni viscerali in blocchi d'estensione insufficiente. La bradicardia, oltre che alla riduzione del precarico, è ascrivibile al blocco delle fibre simpatiche cardio-acceleratrici, quindi ad una AP estesa solitamente oltre T4. L'inavvertita somministrazione subaracnoidea di una quota di AL richiesta per ottenere un blocco peridurale, oppure un grossolano errore nel dosaggio dell'AL per via spinale, determinano il blocco spinale totale con brutale arresto respiratorio e cardiocircolatorio. Questo grave incidente può essere evitato, durante AP, con l'esecuzione costante della dose test, l'aspirazione prima di ogni iniezione dell'AL, la somministrazione lenta e a dosi frazionate della dose totale di AL e l'attenta e continua sorveglianza della gravida; in AS con la lenta iniezione nel liquor, l'attenzione agli eccessivi "barbotage" e la scrupolosa osservanza delle dosi raccomandate; queste ultime per regola generale vanno adattate al paziente (riduzione della dose negli dose negli anziani, negli obesi, e nelle donne gravide, considerando anche altezza e peso del soggetto), nonchè al sito d'iniezione, alla postura e al peso specifico (baricità) dell'AL.

L'iniezione vascolare accidentale durante un AP determina un quadro di tossicità acuta da AL con manifestazioni a carico del sistema nervoso centrale e cardiovascolare. L'entità dei sintomi dipende dalla dose somministrata e va dalla comparsa di sapore metallico, all'intorpidimento di labbra e lingua alle vertigini, per colmare in convulsioni e coma.

L'infrazione della dura madre è legata ad una tecnica di AP scorretta. La sua frequenza è variabile (0,2-4%) e dipende essenzialmente dall'abilità dell'anestesista. La breccia della dura madre che si determina con l'ago di grosso calibro utilizzato per l'AP, determina nella maggior parte dei casi (75%), come già detto, la cefalea. I provvedimenti da adottare in questo caso sono due: o cambiare spazio, utilizzando quello immediatamente superiore e ritentare l'AP, oppure "approfittare" della breccia per eseguire un'anestesia spinale. In entrambi i casi non si eviterà, ovviamente, la cefalea.

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EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia
costituisce la parte Italiana della versione Americana, pubblicata su Internet da Keith J Ruskin, Professore di Anestesia alla Università di Yale. I lavori saranno accettati sia in lingua Italiana che Inglese. In quelli di lingua Italiana un corposo riassunto in Inglese verrà preparato dalla redazione, qualora l'autore non fosse in grado di fornirlo. A cura della redazione sarà inoltre la traduzione in Italiano dei manoscritti inviati in lingua Inglese. La rivista sarà inviata gratuitamente a tutti quelli che ne faranno richiesta, inviando il seguente messaggio "Desidero ricevere ESIA versione italiana" indirizzato a LANZA@MBOX.UNIPA.IT

La rivista pubblica rewiews e lavori originali compiuti nei campi dell'anestesia e della medicina critica. I lavori originali riguardano ricerche cliniche, di laboratorio e la presentazione di casi clinici. Le reviews includono argomenti per l'Educazione Medica Continua (EMC), articoli di revisione generale o riguardanti le attrezzature tecniche. ESIA pubblica le lettere all'Editore contenenti commenti su articoli precedentemente publicati ed anche brevi comunicazioni. La guida per gli autori può essere consultata collegandosi al sito ANESTIT all'indirizzo: http://www.unipa.it/~lanza utilizzando la sezione riservata ad ESIA-Italia; oppure può essere richiesta inviando un messaggio a lanza@mbox.unipa.it EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE Sezione Italiana
Il numero della rivista è anche ottenibile attraverso World-WideWeb WWW: l'URL per questo numero di ESIA è: http://www.unipa.it/~lanza/esiait/esit0001.txt
Il nome della rivista è esitaamm, dove aa è l'anno ed mm il mese (per esempio questo numero è esit9912.txt)

LA REDAZIONE DI ESIA ITALIA

DIRETTORE: Vincenzo LANZA
Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo
LANZA@MBOX.UNIPA.IT

Terapia Intensiva

Antonio Braschi
Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione 1 - Policlinico S. Matteo - IRCCS Pavia

Anestesia Cardiovascolare

Riccardo Campodonico
Responsabile dell'Unità di Terapia Intensiva Cardiochirurgica - Azienda Ospedaliera di Parma
ricrob@mbox.vol.it

Anestesia e malattie epatiche

Andrea De Gasperi
Gruppo trapianti epatici / CCM - Ospedale Niguarda - Milano

Medicina critica e dell'emergenza

Antonio Gullo
Professore di Terapia Intensiva - Direttore del Dipartimento di Anestesia e Terapia Intensiva -Università di Trieste

Anestesia ed informatica

Vincenzo Lanza
Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione - Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli - Palermo

Tossicologia

Carlo Locatelli
Direttore del Centro di Informazione Tossicologica Centro antiveleni di Pavia - Fondazione Scientifica "Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione"- Pavia

Terapia Antalgica e Cure Palliative

Sebastiano Mercadante
Aiuto del Servizio d'Anestesia e Rianimazione
- Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli - Palermo mercadsa@mbox.vol.it